Caro Sascha, sarai campione. Ma adesso impara da me

Al maschile

Caro Sascha, sarai campione. Ma adesso impara da me

Parafrasi dell’exploit di Mischa Zverev, che battendo il n.1 Andy Murray ha raggiunto i quarti di finale e dice di dovere tutto al fratello Alexander, prodigio in attesa di consacrazione

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È nell’ordine naturale delle cose che un fratello maggiore faccia da chioccia al fratello minore. In modo diverso da quanto può riuscire a fare l’affetto vigile ma comunque autoritario di un padre, un fratello maggiore è la vera avanguardia del tuo mondo e delle tue esperienze. Sbaglia e impara prima di te, ti ricorderai ogni cazzotto scherzoso che ti avrà rifilato e probabilmente dovrai anche ringraziarlo per le battaglie combattute e le conquiste “familiari” che ti avrà servito su un piatto d’argento. Ogni tanto proverai a convincerti di odiarlo o semplicemente sarai pervaso da un misto d’invidia e ammirazione quando assisterai ai suoi successi. E magari ti ritroverai a mimare in tribuna il suo gesto di giubilo sul campo, braccia al cielo, con lo sguardo commosso che cerca di incrociare l’espressione svuotata di energie dipinta sulla faccia di tuo fratello che ha appena compiuto l’impresa sportiva della sua vita.

L’incredibile successo di Mischa su Murray ha in qualche modo ristabilito – seppur temporaneamente – il corso naturale degli eventi in casa Zverev, dove i prodigi di Alexander sembravano avere ormai invertito le gerarchie. “Sascha” aveva rotto per primo la barriera dei top 25 e sempre Sascha aveva portato alla corte del babbo Alexander Sr – ex tennista dei tempi in cui la dinastia Zverev giocava per l’Unione Sovietica – il primo trofeo ATP. L’impertinente Alexander Jr, già numero 1 tra gli junior e a detta di più o meno tutti futuro numero 1 anche tra i grandi, è diventato il cavallo di punta perché a 20 anni – da compiere – come si fa a essere così quadrati, così maturi senza avere le stimmate del vero campione? A Melbourne però il ragazzino è stato rimandato dal professor Nadal e il fratello maggiore si è sentito in dovere di mostrargli come si fa a battere un Fab Four al meglio dei cinque, dove quei tre set da vincere possono apparire insormontabili come l’Alpe d’Huez quando sei appena un passista decente. E anche di regalargli una lezione di gioco di rete, dove il piccolo difetta ancora assai.

Non sono certo le volée a fare difetto a Mischa, classe ’87 destinato ad emergere ormai una vita – tennistica – fa a cavallo tra 2008 e il 2009, quando a Roma si arrampicava fino ai quarti di finale prima di arrendersi a Federer (ci torneremo alla fine). Pur senza i numerosi endorsement collezionati da Alexander, Mischa ha sempre avuto i mezzi per costruirsi una carriera di buon livello. Dice, però: “Forse non mi sono anche concentrato abbastanza sul tennis”. Anche. Perché il suo storico racconta di un polso operato due anni fa, di ernie al disco, di costole fratturate. E le quattro vittorie con cui a Melbourne ha appena polverizzato il best ranking – n.45 – raggiunto 8 anni fa (mal che vada fra una settimana sarà alla posizione 35) rappresentano un punto per andare a capo. Ma in queste quattro vittorie c’è anche un po’ di Alexander. “È stato mio fratello a dirmi che potevo farcela e che potevo tornare nei primi 100 ed essere ancora un gran giocatore. Ero sceso alla posizione 1100 credo all’inizio del 2015. Non è stato facile. Devo dirgli davvero grazie”. Sascha non è stato d’esempio solo sul campo, si è proprio vestito da fratello maggiore. E quando il primogenito ha ritrovato la fiducia necessaria lui è tornato a fare il fratello minore, ha lasciato la luce dei riflettori per assistere seduto in tribuna alla prima qualificazione di uno Zverev a un quarto di finale Slam. Difficilmente sarà l’ultima.

Un exploit giunto grazie a un tennis atipico e radicalmente diverso rispetto a quello del fratello, così diverso che sul campo pare impossibile riconoscere i legami di sangue. Tanto regolari e prototipiche le esecuzioni da fondo di Sascha, tanto estrose e non convenzionali – specie dal lato del diritto – quelle di Mischa. Tanto improntato sulla solidità e sulla pressione da fondocampo il tennis di Sascha, tanto proiettato all’attacco quello di Mischa, che contro Murray ha difeso la rete in modo semplicemente perfetto. “Devi avere un atteggiamento mentale diverso per essere un giocatore d’attacco. Devi farti passare per due set se necessario e continuare ad attaccare. Come contro Isner dove ho perso due set e mi sono attenuto al piano comunque. Alla fine è cambiato. Se non succede, semplicemente esci dal campo e ti dici che sei stato bravo e che lui ti ha passato troppo bene”. Pare superfluo aggiungere qualsiasi cosa alle parole dello stesso Zverev. Parafrasando l’avambraccio di Wawrinka:Ever tried. Ever failed. No matter. Try again. Fail again. Fail better”.

In qualche modo, comunque, sul campo esiste un filo rosso che collega i due Zverev. E il fatto che siano la terza coppia di fratelli della storia a raggiungere nello stesso Slam il terzo turno non è sufficiente a spiegarlo. “Quando vedo Alexander giocare così bene trasmette tante sensazioni positive, dentro e fuori dal campo. Anche se io non gioco bene, lo vedo battere Roger in semifinale ad Halle e questo mi dà la carica positiva che porto con me nel torneo successivo per poter fare bene lì“. Ironia di questo complesso legame fraterno, adesso è Mischa che deve nuovamente attingere da Sascha perché il prossimo avversario sui campi di Melbourne si chiama proprio Roger Federer, battuto nuovamente dallo Zverev minore in Hopman Cup. Mentre nel 2013, sempre sull’erba di Halle, Mischa riceveva dal campione di Basilea un roboante doppio 6-0.

Magari a un fratello che ha sposato la filosofia dell’attacco senza condizioni – e non la tradirà certo contro lo svizzero – Alexander non può dispensare consigli tattici per battere Federer. Ma c’è quella sinergia. Mischa potrebbe avere voglia di sentirsi un’altra volta fratello maggiore prima che Alexander inizi a correre troppo veloce per ascoltare tutti i suoi consigli. Battere il quattro volte campione a Melbourne e guadagnarsi la semifinale. Sembra impossibile, ma non lo era anche sopravvivere ai passanti di Murray?

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