FOGNINI & CO. IN ARGENTINA PER IL COLPACCIO

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FOGNINI & CO. IN ARGENTINA PER IL COLPACCIO

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TENNIS – Dopo i quarti raggiunti nella scorsa edizione la nostra nazionale riparte dalla trasferta di Mar Del Plata. L’assenza di Del Potro rende la sfida accessibile, ma terra rossa e fattore ambientale consigliano grande cautela. In caso di vittoria si giocherà in casa nei quarti contro la vincente di USA-GBR. Stefano Tarantino

In sede di sorteggio per il tabellone principale della Davis 2014 sapevamo che su 8 teste di serie da affrontare, con ben 6 avevamo il vantaggio del fattore campo, con il Kazakhstan la sede sarebbe stata decisa dal sorteggio mentre l’unica trasferta che ci sarebbe toccata sarebbe stata quella in Argentina. A livello percentuale insomma c’erano tutte le premesse per iniziare con un sorteggio che quanto meno ci regalasse un ottavo di finale casalingo. Ed invece la sorte ci ha consegnato proprio l’unico team che potevamo affrontare fuori casa, l’Argentina.

 

Da subito si capì che molte delle nostre chance di vittoria sarebbero dipese dalla presenza o meno di Juan  Martin Del Potro, indiscusso nr. 1 argentino ma al contempo personaggio molto discusso nell’ambiente Davis sudamericano. Proprio le numerose polemiche legate alle passate partecipazioni del gigante di Tandil alla manifestazione a squadre hanno indotto Del Potro (che oltretutto non ha un buon rapporto con il capitano non giocatore Jaite e con buona parte dei membri della federazione argentina) a declinare (nonostante i tentativi dei suoi compagni di squadra) la convocazione per la sfida degli ottavi di finale, rendendo di conseguenza accessibile la sfida per la squadra italiana.

Già, perché i convocati di Jaite, Berlocq, Monaco, Zeballos ed il doppista Schwank (elencati in rigoroso ordine di ranking) sono sicuramente degli avversari ostici e che sono capaci di trasformarsi nella Davis, ma al contempo seppur sulla terra rossa ed in casa non sono da considerare ostacoli insormontabili.

Corrado Barazzutti dal canto suo è andato sul sicuro. Imprescindibili Fabio Fognini e Andreas Seppi per i singolari, recuperato Bolelli per il doppio (dove probabilmente giocherà insieme all’abituale compagno del circuito Fognini), il nostro capitano ha chiamato come quarto uomo Filippo Volandri, che nonostante abbia passato la trentina, sul mattone tritato può sempre dire la sua e può rappresentare una valida alternativa in situazioni di emergenza.

I PRECEDENTI

ARGENTINA-ITALIA 1-0

8-10 LUGLIO 1983, Quarti di Finale, Roma, Foro Italico

Italia-Argentina 0-5

Vilas-Panatta 6-2 6-2 6-1

Clerc-Barazzutti 12-10 6-2 7-9 3-6 6-4

Clerc/Vilas-Bertolucci/Panatta 7-5 6-3 6-4

Vilas-Barazzutti 6-3 6-1

Arguello-Cancellotti 7-5 6-4

Italia e Argentina si sono affrontate una sola volta in Davis, nel 1983 al Foro Italico. Quel match sarà dai più ricordato come l’ultimo incontro giocato nella manifestazione da Adriano Panatta e Paolo Bertolucci e fu per i nostri colori una sonora (e annunciata) disfatta.

Gli argentini ci rifilarono un pesante cappotto, guidati dagli indomiti Guillermo Vilas e Josè Luis Clerc, due nomi storici del tennis sudamericano che a stento si parlavano ma che in Davis superavano qualsiasi contrasto.

Quella sfida fu preceduta da molte polemiche. Panatta era oramai da tempo fuori forma ed era prossimo al ritiro, la stampa italiana avrebbe per la maggior parte voluto che a scendere in campo fossero state le nuove leve, che Vittorio Crotta (il nostro capitano non giocatore) aveva già in alcuni casi schierato in precedenti match di Davis. Claudio Panatta e Francesco Cancellotti scalpitavano alle spalle dei nostri big, tra i quali l’unico ancora in ottima condizione era Corrado Barazzutti. Ma a Reggio Calabria nel match di ottavi di finale proprio Claudio Panatta perse inopinatamente i suoi due singolari contro gli irlandesi che battemmo a stento 3-2.

Così alla fine prevalse la voglia di Panatta e Bertolucci di chiudere la loro stupenda esperienza in Davis davanti al pubblico romano, anche perché sulla carta la sfida era alquanto improba e anche con le nuove leve (come racconta Bertolucci nel libro a lui dedicato “Braccio d’oro” di Stefano Meloccaro) il risultato difficilmente sarebbe cambiato.

Così si giocò per l’appunto a Roma. Nel primo singolare Vilas rifilò una durissima lezione ad Adriano Panatta, sommerso 6-2 6-2 6-1. Lontanissimi i tempi della finale vinta contro l’argentino agli Internazionali del ’76, il nostro tennista capì durante quel match che non ne aveva più. Lo si vide chiaramente ad inizio terzo set fare un segno con la mano verso la panchina come a dire basta, è inutile continuare a combattere. Ed a fine match l’intervista con Galeazzi fu abbastanza eloquente:”Quando lui gioca così c’è ben poco da fare”.

La sorte non ci aiutò invece durante il secondo singolare. Clerc andò avanti due set a zero, ma Barazzutti, notoriamente duro a morire riuscì ad impattare le sorti e portare il match al quinto. L’inerzia era dalla parte del nostro attuale capitano non giocatore, ma sopraggiunse l’oscurità che fece interrompere il match ed al contempo salvò con ogni probabilità il nr.2 argentino. L’indomani un Clerc rilassato e ritemprato non perse tempo e vinse 6-4 il quinto set portando il secondo punto agli argentini.

A quel punto il doppio divenne una formalità, anzi una passerella per la nostra mitica coppia che tante soddisfazioni ci aveva dato in Davis e nel circuito. Gli azzurri ebbero anche un set point nel primo set prima di venire sconfitti in 3 dignitosi parziali. Subito dopo in conferenza stampa i nostri eroi sancirono il loro addio al tennis giocato.

Dopo 31 anni sarebbe il caso di vendicare la sconfitta del Foro.

IL PRONOSTICO

E’ una sfida molto equilibrata, forse quella più incerta del 1° turno di questa edizione della Davis. Abbiamo due singolaristi con punti di forza ideali per provare a venire a capo della trasferta argentina ma che al contempo hanno punti deboli che potrebbero prestare il fianco ad una sonora sconfitta.

Ci spieghiamo meglio.

Delle potenzialità di Fabio Fognini non abbiamo più dubbi, un estro ed una forza di volontà fuori dal normale, il tennista spezzino in situazioni da bolgia (vedi match contro Monfils al Roland Garros alcuni anni fa) si galvanizza e se in forma non rifiuta il ruolo da leader e le relative responsabilità nei match decisivi (vedi vittoria con Dodig l’anno scorso a Torino negli ottavi di finale). Il problema sono le giornate negative, quelle nelle quali Fabio dà il peggio di sé, non reggendo da un punto di vista nervoso il più semplice dei match, quelle nelle quali è capace di prenderle anche dal nr. 200 del mondo. Ma l’anno scorso lo abbiamo visto dare il massimo sia con la Croazia che nella sfortunata trasferta canadese (dove avrebbe fatto a botte con tutti durante il doppio). Ci basterebbe rivederlo così e il buon Australian Open disputato ci induce una certa fiducia. Questa è l’occasione buona per diventare l’eroe del week-end.

Andreas Seppi caratterialmente è l’esatto opposto. Tennista dalla grandissima regolarità, mai una parola fuori dalle righe, il suo match se lo gioca fino alla fine, altissima capacità di rimanere in partita mentalmente al di là dei fattori ambientali (basti pensare alla vittoria contro Hewitt al 1° turno degli Australian Open). Gli unici difetti del tennista altoatesino sono le notorie partenze soft e quella incapacità di chiudere i match che gli sono costati qualche rimpianto in più nel circuito ed anche qualche dispendio ulteriore di energie pagato poi caro nei turni seguenti (vedi contro Young a Melbourne). Ma proprio l’affidabilità di Seppi nelle partite sulla distanza dei 5 set e la capacità di essere ben centrato durante i suoi match ci fanno ben sperare.

Dal lato argentino Juan Monaco ha avuto la sua stagione migliore nel 2012 (è stato anche Top10), ma complici anche alcuni infortuni patiti nel 2013, appare al momento lontano dai suoi standard migliori. Vanta comunque un eccellente 3-0 nei confronti diretti con il nostro Fognini, segno che comunque possiede il gioco ed il temperamento per mettere in difficoltà il nostro numero 1. Monaco è in vantaggio anche nei confronti di Andreas Seppi (2-1, unica vittoria di Seppi nel 2008 ad Amburgo) e di conseguenza appare se schierato il tennista con le capacità maggiori per darci fastidio.

Horacio Zeballos, in svantaggio nei confronti diretti sia con Fognini (0-2) che con Seppi (1-2) è quello che si dice un “fighter”, un gran lottatore, soprattutto sulla terra rossa. Ma forse dei 3 singolaristi argentini è quello con minori potenzialità e con minore esperienza, potrebbe soffrire l’atmosfera e le responsabilità della Davis.

Carlos Berlocq (sotto 0-1 nei precedenti sia con Seppi che con Fognini) è invece da un punto di vista emotivo il più pericoloso degli argentini. L’anno scorso ha letteralmente trascinato la sua squadra alla vittoria nel primo turno con la Germania. E’ rimasta impressa ai più il suo strappo della maglietta dopo la vittoria su Kohlschreiber al quinto set, un’immagine che faceva tornare in mente le trasformazioni dell’Incredibile Hulk, insomma un vero e proprio animale da Davis, capace di scatenare il pubblico amico e farlo diventare un fattore. Forse anche per stato di forma il più temibile dei suoi, probabile singolarista al fianco di Juan Monaco.

Eduardo Schwank come abbiamo detto è il doppista del gruppo, fido compagno di David Nalbandian fino ad un paio di anni fa, a fine 2012 si dovette operare al polso e da allora era un po’ uscito dal giro della Davis. Jaite ha deciso di richiamarlo per il match contro l’Italia, in doppio sicuramente ha grande esperienza ed ottime doti, bisognerà vedere da chi sarà affiancato.

Doppio che come al solito nelle sfide equilibrate potrebbe diventare decisivo. Di Bolelli e Fognini abbiamo detto. Sono affiatati, giocano il doppio in modo anomalo, nel senso che chi batte non scende a rete. Da verificare il pieno recupero di Bolelli dopo i problemi al polso, anche se i match disputati a Melbourne sembrano aver fugato i dubbi residui.

Gli argentini sulla carta potrebbero schierare Zeballos e Schwank, ma chiunque sia il compagno di quest’ultimo l’affiatamento non sarà mai pari a quello della nostra coppia. Basterà questo per farci portare a casa il punto del doppio? Difficile da dire, il fattore ambientale potrebbe essere decisivo. Non si gioca al Parque Roca di Buenos Aires, sede storica del tennis argentino in Davis, ma la struttura di Mar del Plata sembra più raccolta e più vicina al campo, indi per cui il pubblico saprà come farsi sentire (e non ne dubitiamo).

Necessario comunque non toppare la prima giornata, un punteggio di parità lascerebbe apertissimo il discorso qualificazione e forse metterebbe un po’ di pressione sulla coppia argentina per la sfida del sabato, match nel quale come detto i nostri sulla carta sono più affiatati, in Davis cosa non da poco.

Certo sarebbe un peccato non portare a casa il risultato, ci attenderebbe infatti un quarto di finale casalingo contro la vincente della sfida Usa-Gran Bretagna. Quarto che sarebbe sicuramente giocato sulla terra (Foro Italico?) e che ci potrebbe addirittura portare in semifinale dopo ben 16 anni. Stiamo correndo troppo con la fantasia? Forse, ma sognare non costa nulla. Prima però c’è da superare l’esame argentino.

Il pronostico resta difficile, a livello di ranking i nostri sono messi meglio ed anche l’inizio di stagione arride ai nostri colori, ma in Davis sappiamo che tutte questi ragionamenti lasciano il tempo che trovano. Ed allora preferiamo non sbilanciarci, sfida da tripla, ma in fondo in fondo la speranza del colpaccio c’è.

Argentina 50% – Italia 50%

 

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Coppa Davis, Jannik Sinner “caso Nazionale”: per me è colpevole

Immagine, uguaglianza e spirito di squadra: perché pensiamo che Jannik Sinner abbia sbagliato a rifiutare la convocazione in Coppa Davis

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Jannik Sinner - US Open 2023 (foto Ubitennis)

“Sfortunatamente non ho avuto abbastanza tempo per recuperare dopo i tornei in America e purtroppo non potrò far parte della squadra a Bologna. È sempre un onore giocare per il nostro paese e sono convinto di tornare in nazionale al più presto. Un grosso in bocca al lupo ai ragazzi, ci vediamo” recitava il tweet di Jannik Sinner.

LEGGI ANCHE: Jannik Sinner “caso Nazionale”: per me è innocente

Immagine pubblica, modelli e confronti

Nonostante la chiusura con un cuore e la bandiera italiana e il durissimo match allo US Open perso con Zverev dopo 4 ore e 41 minuti, a molti la decisione non è affatto piaciuta, una motivazione giudicata insufficiente, una scusa. Tra le critiche, ha ventidue anni, c’era più di una settimana per recuperare, e allora Djokovic, che di anni ne ha trentasei e a New York ha disputato tre match in più, eppure ci sarà? Il confronto a prima vista impietoso in realtà dimentica che Novak gioca un circuito a parte in cui si presenta quando gli fa comodo (come le regole gli permettono). Nole era ancora nella fase di riposo post-Wimbledon quando Jannik vinceva Toronto, lo slam americano è stato il suo decimo torneo dell’anno (diciassettesimo per Sinner) e avrebbe poi saltato l’intera tournée asiatica.

 

Nonostante tutti i distinguo elencati, pensiamo (questa e ogni altra prima persona plurale da intendersi come opinione di chi scrive) che Jannik abbia sbagliato a chiamarsi fuori. Non perché l’Italia abbia rischiato l’eliminazione (quello che è successo dopo il rifiuto qui non ci interessa) e nemmeno, a prescindere da quanto detto, dalla presenza di Djokovic. Questo secondo motivo ha invero una sua validità, poiché la percezione spesso conta quanto e più di una realtà articolata. E la percezione di molti appassionati e addetti ai lavori si è risolta in un pollice verso. In alcuni casi superando il limite (sempre a nostro avviso), con frasi come quelle apparse su Sport Week della Gazzetta: “E se Jannik Sinner, il Peccatore, chiedesse scusa del suo peccato? Non all’Italia o agli italiani ma a se stesso”.

Parliamo della programmazione sportiva di un giovane atleta, non di rappresentanti delle istituzioni che calpestano la Costituzione. Perché finché si scherza sul cognome di Jannik è un conto, ma usarlo impropriamente (Sinn in tedesco significa senso, non peccato) per montare quella che sa di stantia retorica cattolica, anche no. Al contempo, troviamo ragionevole il concetto di fondo.

Tornando alla percezione, all’immagine pubblica – oltre all’innegabile fatto che un top player è anche un modello per giovani e giovanissimi –, non possiamo non rilevarne l’importanza per un professionista, anche in forza della correlazione tra apprezzamento dei tifosi e sponsor, tanto che valutazioni commerciali possono mettersi di traverso con quanto hanno in mente coach, fisio e preparatori atletici. Citiamo solo i recenti casi di Matteo Berrettini, ancora non in condizione al Boss Open di Stoccarda, e di Emma Raducanu, che ha saltato la BJK Cup (se non rimandato gli interventi chirurgici) in favore del Porsche Tennis Grand Prix di… Stoccarda. A proposito di Berrettini, l’assenza bolognese di Jannik è stata ancor più rumorosa per la presenza in panchina di Matteo: “Il suo è stato un comportamento da leader” ha commentato il presidente della FITP Angelo Binaghi.

Uno per tutti, tennis per uno

A favore della scelta di Sinner, l’obiezione per cui il tennis è uno sport individuale: il giocatore rappresenta sé stesso e decide il meglio per la propria carriera. Forse a un calciatore del Napoli non importa della propria carriera solo perché durante quei novanta o quaranta minuti passa (o non passa) la palla a un compagno libero? Calciatori, cestisti, pallavolisti, tutti possiedono verosimilmente il cosiddetto “spirito di squadra”, caratterizzato dal senso di appartenenza, dalla condivisione degli obiettivi, dalla cooperazione. Però, la squadra che si nutre di questo spirito è l’Inter, è la Virtus, è il Modena Volley, non la nazionale. Dopotutto, se il pallavolista gioca lo stesso sport che si tratti di Serie A o Mondiali, lo stesso vale per il tennista in un torneo individuale o in un incontro a squadre: Musetti era in campo da solo allo US Open ed era in campo da solo a Bologna in Davis. E, probabilmente, rappresenta più l’Italia uno dei nostri tennisti in giro per il Tour che un club del pallone in Coppa dei Campioni. Non si chiama più così? Sta’ un paio d’anni senza seguire il campionato e ritrovi un altro mondo.

Al passo con i tempi

Senza dunque grosse differenze a seconda che in campo ci siano uno o più atleti, la convocazione dovrebbe in ogni caso essere percepita come un onore: scelto per rappresentare tutti i giocatori, dagli amatori a salire, e, in ultima analisi, il Paese stesso di fronte al mondo. Se l’obiezione è, sai che sorpresa, sono il più forte di tutti, in genere le primedonne non riscuotono i favori del grande pubblico. Ma ci torneremo.

Prima è necessario considerare anche la possibile diversa percezione di questo onore tra le nuove generazioni. Perché il fatto che le critiche più aspre siano arrivate da Adriano Panatta e da Nicola Pietrangeli, il capitano della “Squadra”, quella che ha vinto la Coppa Davis nel 1976, fa nascere questo dubbio. Qui però si corre il rischio di generalizzare, di nascondere “tutte le facce dietro una sola, che è quella dei sondaggi di opinione: i giovani qua, i giovani là, i giovani un gran paio di maroni” (citazione a memoria di Ligabue, 1995) e non possiamo fare molto più che interrompere l’allenamento dei ventenni con cui condividiamo la palestra per scoprire che preferirebbero giocare nel Milan (o quella che è) che nella Nazionale. Resta vero, e lo riconoscono gli stessi Paolo Bertolucci e Tonino Zugarelli, che il calendario e le priorità sono cambiate rispetto a quei tempi. Quando c’era ancora la mezza stagione, signora mia.

Restando in tema di (bei?) tempi andati, c’è poi la scusante “non è più la Davis di una volta”, quindi a chi importa se ci va o no. Perché regga, però, non può essere immaginata, vale a dire che il tennista di turno lo deve dichiarare, “questo formato è una schifezza, rifiuto di esserne parte”. Novantadue minuti di applausi, poi succeda quel che succeda.

Regole: per molti ma non per…

Dallo Statuto FITP 2023: “Gli atleti selezionati per le rappresentative nazionali sono tenuti a rispondere alle convocazioni e a mettersi a disposizione della FITP, nonché ad onorare il ruolo rappresentativo conferito” (art. 10, c. 2). La violazione della norma prevede che siano “puniti con sanzione pecuniaria e con sanzione inibitiva fino ad un massimo di un anno” (Regolamento di Giustizia, art. 19, c. 1). In caso di sanzione definitiva, stessa punizione per il coach (c. 3).

Ammettiamo di non aver letto l’intero Statuto neanche ai tempi dell’esame da ufficiale di gara e non possiamo quindi escludere l’esistenza di un’eccezione. Il riferimento è alle parole “assolutorie” di Angelo Binaghi: “Se l’obiettivo continua ad essere, e deve continuare ad essere, quello di vincere gli Slam – il giorno in cui questo mostro che si chiama Djokovic che tra tre, quattro anni avrà circa quarant’anni e giocherà un po’ meno – bisognerà farsi trovare pronti […]. Dunque, in questi casi bisogna fermarsi..

Una disparità di trattamento che non può e non deve essere legittimata, non solo in quanto l’uguaglianza di fronte alle regole è un principio basilare, bensì perché rischia di minare il citato spirito di squadra e la passione per la rappresentativa azzurra, arrivando a far percepire il “giustificato” come una primadonna che impone e antepone i propri capricci ai compagni.

Tra l’altro, se il metro di giudizio che vogliono vendere è “chi potrebbe vincere Slam fa quello gli pare”, sarebbe quantomeno opportuno che venisse delegato uno bravo a fare previsioni, dal momento che Simone Bolelli, nel 2008 oggetto di pubbliche ire binaghiane per il suo “no” alla convocazione, uno Slam l’ha poi vinto. Mentre Sinner (con quelli della sua generazione) è stato invero certificato dal proclama federale al pari dei componenti della Lost Generation e degli Original Next Gen: tennisti che per vincere titoli pesanti altro non possono fare che attendere il ritiro dell’essere mitologico chiamato Big 3, pur rimasto con una sola testa.

Fraintendimenti faziosi

Anche se non dovrebbe esserci bisogno di chiarirlo, tifare per la nazionale o sentirsi onorati di vestirne i colori nulla ha a che fare con il peggior lato del nazionalismo, che invece di bearsi dell’unicità della propria nazione la ritiene superiore a tutte le altre, quel nazionalismo che ha portato alle relative dittature del secolo scorso e alla seconda guerra mondiale, quell’ideologia che ora ritrova nuova linfa anche grazie alle risposte ignoranti (al)le sfide della globalizzazione e del nuovo millennio. No, sperare che la rappresentativa del proprio Paese vinca i mondiali di pallavolo, gli ori alle Olimpiadi, la Coppa Davis, così come credere che Jannik abbia sbagliato a rifiutare la convocazione, non c’entra nulla con quanto sopra e con il Deutschland über alles urlato dagli spalti a Zverev (gran presenza di spirito da parte di Sascha nella reazione, peraltro).

Perché, parlando con un amico, una persona può scherzare sul proprio figlio, definirlo anche un po’ scemo, ma mai accetterebbe che a chiamarlo così fosse l’altro. Allo stesso modo, quando Pietrangeli parlando “in generale” ha avuto quell’uscita infelice, quel “se non sei fiero di giocare per il tuo Paese fatti fare un certificato medico fasullo” all’interno di un discorso altrimenti sensato – condivisibile o meno, siamo qui per questo –, noi possiamo spingerci nella satira dicendo che quel certificato è forse il vero simbolo dell’italianità. Ma se ce lo rinfacciassero un francese, un russo, un americano, beh, non gliele manderemmo a dire.

In conclusione, a dispetto degli infiniti episodi di becera quotidianità, non viviamo nel caos e accettare con entusiasmo la convocazione significa anche rappresentare un ideale di cooperazione alla cui altezza nessuno di noi è in grado di vivere. Per questo, pur rifiutando la dicotomia innocentisti/colpevolisti, soprattutto nella parte in cui si addossano colpe, riteniamo che Jannik abbia sbagliato. E che Volandri sbaglierebbe se lo chiamasse per la fase finale di Malaga. Poi, il 2024 è un altro anno.

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Coppa Davis: Italia in orbita Djokovic in campo il 23 novembre contro l’Olanda

Si comincia martedì 21 novembre con Canada contro Finlandia. La sfida tra gli azzurri di capitan Volandri e i Paesi Bassi giovedì 23 dalle 10 di mattina

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Matteo Arnaldi e Matteo Berrettini (foto Roberto dell'Olivo)
Matteo Arnaldi e Matteo Berrettini (foto Roberto dell'Olivo)

Ufficializzato il programma della fase finale di Coppa Davis che si disputerà a Malaga dal 21 al 26 novembre. Ad annunciarlo l’International Tennis Federation che ha reso noti orari e date dei quarti di finale.

Gli azzurri scenderanno in campo contro l’Olanda giovedì 23 novembre. Difficile fare previsioni sulla squadra che avrà disposizione capitan Filippo Volandri per l’ultimo tassello importante della stagione. In orbita Italia ci sarà Novak Djokovic che difenderà i colori della Serbia opposta alla Gran Bretagna di Andy Murray a Daniel Evans. Le vincenti di queste due sfide si affronteranno sabato 25 novembre.

Si comincia martedì 21 novembre al Palazzo dello Sport “Josè Maria Martin Carpena” dove si sfideranno Canada e Finlandia, rispettivamente vincitrice del Gruppo A e seconda del Gruppo D la scorsa settimana. Le due squadre daranno il via alle Final Eight di Coppa Davis. Anche per quanto riguarda i canadesi, non è semplice prevedere chi schiereranno. Riusciranno a recuperare Denis Shapovalov? Qualche progresso fisico lo farà Felix Auger-Aliassime? Nel frattempo il Canada ha potuto applaudire Gabriel Diallo, dotato di un ottimo servizio e che domenica compirà 22 anni.

 

Il giorno successivo, il 22 novembre, l’Australia, capeggiata da Lleyton Hewitt se la vedrà con la Repubblica Ceca. Alex de Minaur è apparso in gran forma e pronto a trascinare con Thanasi Kokkinakis la sua squadra. Per i cechi occhi puntati sul giovane Jiri Lehecka.

La vincente di questi due incontri scenderà in campo venerdì 24 novembre per la semifinale di Coppa Davis.

La finalissima si terrà domenica 26 novembre.

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Coppa Davis

Coppa Davis, quote antepost: Serbia e Italia le grandi favorite, poco dietro l’Australia. Finlandia come cenerentola?

A due mesi dalle Finals di Malaga, gli azzurri e il team di Nole i principali indiziati alla vittoria finale

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Italia – Coppa Davis 2023 (foto di Roberto dell'Olivo, Bologna 2023)

I pronostici son fatti per essere sbagliati, recitava una vecchia massima. E se si sbagliano previsioni fatte il giorno stesso, si provi ad immaginare cosa può succedere se questo giochino lo si fa con due mesi di anticipo. Le Final Eight di Coppa Davis, in quel di Malaga, inizieranno infatti il 21 novembre, una data che sembra lontana anni luce, e che potrebbe essere preceduta da vari cambiamenti in corso d’opera. Specie se si parla di una competizione a squadre, in cui tanto è importante la forma, e soprattutto la presenza, dei singoli. Basti pensare, come esempio, alla Serbia: favorita principale alla vittoria finale, quotata in maniera unanime a 3,50 su Efbet, Snai e Better. Dando, è chiaro, per scontata la presenza in campo di Novak Djokovic. Opzione certamente probabile, visto il legame del n.1 al mondo con la propria nazione, ma da qui a due mesi gli stravolgimenti che potrebbero esserci, in uno sport come il tennis, sono davvero difficili da calcolare. E una Serbia senza Nole non sarebbe certamente la prima favorita…ma neanche la seconda. E anche le speranze italiane, per intenderci, sono legate a doppio filo a ciò che deciderà Jannik Sinner, oltre che alla nazionale balcanica stessa, eventuale avversaria in semifinale.

Consapevoli delle tante variabili intervenienti da qui al 21 novembre, analizziamo le probabilità di vittoria, secondo i bookmakers, delle otto nazioni che hanno strappato il biglietto per l’Andalusia. Detto della Serbia, la seconda favorita è la nostra Italia, forte della squadra (se al completo) probabilmente più varia e ricca di talento tra singolare e doppio, capace di reggere tanti impegni in pochi giorni, e decisamente davanti ad un “ora o mai più”. La seconda insalatiera della storia azzurra è a 4,00 su Snai ed Efbet, 5,00 su Better, l’unico sito che dà più chance all’Australia. I canguri, finalisti uscenti e 28 volte vincitori (ma il trofeo manca dal 2003), sono quotati a 4,00 contro il 5,00 degli altri due siti, accreditandosi quindi come terza favorita alla vittoria finale. Una certezza come De Minaur, un cavallo pazzo come Kokkinakis e il doppio Ebden-Purcell, insieme allo spirito che contraddistingue gli australiani quando vestono la maglia della propria nazionale, sono affermazioni di certo valide per giocare un ruolo da protagonisti a Malaga. Certamente anche l’accoppiamento è di favore: dopo l’esordio con l’onesta Repubblica Ceca, gli Aussies troveranno la vincente di Canada-Finlandia, mentre le due principali rivali, dovessero battere Olanda e Gran Bretagna, si stancherebbero a vicenda in semifinale.

SnaiEfbetBetter
Serbia3,503,503,50
Italia4,004,005,00
Australia5,005,004,00
Canada6,006,005,50
Gran Bretagna6,006,005,50
Repubblica Ceca15,0015,0016,00
Olanda20,0020,0021,00
Finlandia25,0025,0031,00

Proprio i britannici, insieme ai campioni uscenti, sono la quarta forza secondo le quote, uguali per le due nazioni: 6,00 su Snai ed Efbet, 5,50 su Better, seppur con sottili differenze. Chiaramente ci si aspetta un Canada al completo, con singolaristi Auger-Aliassime e Shapovalov, contro l’ “ultima ruota del carro“, la sorprendente Finlandia. Nonostante le belle prestazioni di Diallo e Galarneau, infatti, saranno necessari coloro che hanno portato alla vittoria dello scorso anno per provare a progredire di nuovo. Ed è chiaro che questo è il pensiero dei bookmakers. La Gran Bretagna, dal canto suo, dispone di tanti ottimi singolaristi e un doppio di livello, senza possedere grandi acuti, ma tanto spirito di squadra. L’ostacolo Serbia sarà ripido, ma se Norrie, Evans, Skupski e Murray (entrambi preferibilmente) ci saranno, al loro top, ecco come la quota dei britannici appare tutt’altro che da buttare.

 

Veniamo infine al capitolo sorprese, quelle nazioni che “ma come, sono ancora in gara?“. La Repubblica Ceca è, tra tutte, l’unica ad arrivare alle Final 8 con nove vittorie su nove incontri nella fase a gironi, e con uno dei giocatori più intriganti del circuito, Jiri Lehecka. Per il resto, tanti buoni mestieranti e il talentino Mensik, pronto a mettersi ancora di più in mostra. Il sorteggio l’ha posta all’esordio contro l’Australia, avversario ostico ma non imbattibile, e non a caso le quote dei cechi sono le “più basse”, se confrontante a Olanda e Finlandia: 15,00 su Snai ed Efbet, 16,00 su Better. Gli olandesi, che debutteranno contro gli azzurri nel quarto più sbilanciato (sulla carta), sono la classica squadra che, a causa di un pessimo sorteggio, potrebbe dover accontentarsi della gloria: una prima, storica Davis, con l’obbligo di disporre di un Van de Zandschulp versione 2022 e il poter schierare Koolhof-Rojer in doppio, è a 20,00 su Snai ed Efbet, 21,00 su Better.

Questi ultimi propongono la quota più alta in assoluto, pagando 31 volte la posta la vittoria finale della Finlandia, contro il 25,00 delle altre due. Ruusuvuori, Virtanen e Heliovaara sono già eroi in patria, questa prima volta tra le migliori otto al mondo è di per sé un sogno. Ma saranno anche coloro che giocheranno col cuore più leggero, contro un’avversaria che delle prime quattro sulla carta è più in difficoltà. E, con l’entusiasmo della maglia azzurra, e guardando alla stagione finora trascorsa, i due finnici possono battere anche talenti appannati come Auger-Aliassime e Shapovalov. E scrivere una delle più belle favole del tennis recente. Appuntamento tra due mesi a Malaga: il conto alla rovescia è partito.

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