"Del Potro? Non pressiamolo", parla Grimaldi della Federazione Argentina

Interviste

“Del Potro? Non pressiamolo”, parla Grimaldi della Federazione Argentina

Pubblicato

il

 

TENNIS INTERVISTE – Il presidente della Federtennis Argentina Arturo Grimaldi chiarisce la posizione di Juan Martin Del Potro verso la squadra di Coppa Davis. L’assenza del giocatore argentino infatti ha riacceso la polemica: manca in Davis dal settembre 2012.

La sconfitta dell’Argentina contro l’Italia in Coppa Davis ha riacceso la polemica: il ritorno o meno di Juan Martín Del Potro nel gruppo biancoceleste. Il numero 4 del mondo non fa parte della squadra dal settembre 2012. E lo scorso novembre ha reso pubbliche le note divergenze con la dirigenza dell’Associazione Argentina di Tennis (AAT) e con il capitano Martín Jaite. Attraverso una lettera, il campione dello US Open 2009 li ha accusati di dar voce ad un “doppio discorso ipocrita”.

Qual è la situazione attuale della (non) relazione fra Del Potro, la dirigenza e il capitano? Arturo Grimaldi, presidente della AAT, fornisce il suo punto di vista. L’istituzione che dirige è aperta al dialogo, dice. Ma non cercherà un riavvicinamento. Non chiamerà il giocatore. Non chiarirà faccia a faccia le accuse. Tuttavia aspetterà la risposta del tennista,  “per non scocciarlo”.

Qui l’intervista originale, di seguito la traduzione:

Qual è il piano per parlare con Del Potro? Cercherete di parlare con lui questa settimana o ad aprile?
Noi abbiamo già parlato con Juan Martín e con la sua squadra e abbiamo già detto tutto e parlato di tutto. Juan Martín ha preso una decisione e sono convinto che non bisogna pressarlo o disturbarlo, non bisogna stargli addosso. Ha il diritto di considerare la possibilità di raggiungere il suo obiettivo più importante che è raggiungere il numero 3 del mondo, un obiettivo molto difficile, da coniugare con la Coppa Davis. Noi aspettiamo e siamo aperti al dialogo, però non possiamo fare di più. Semplicemente, siamo aperti al dialogo quando lo considererà conveniente e quando vorrà prendere in considerazione la possibilità di giocare. Dobbiamo aspettare e vedere quale decisione sia a lui più congeniale. L’Associazione rispetterà quella decisione e lo appoggerà in tutto ciò che vorrà o chiederà.

Ma dopo che Del Potro ha reso pubblica la sua lettera, avete avuto la possibilità di parlare con lui?
No. Dopo quella lettera pubblica noi abbiamo risposto, abbiamo risposto di conseguenza, e ti ripeto, abbiamo messo tutto nel comunicato: noi siamo a disposizione per parlare, analizzare la situazione e cercare di vedere se si possono conciliare i suoi obiettivi con la Coppa Davis. Se questo sarà possibile, e lui capirà che non è un ostacolo per raggiungere il suo principale obiettivo, noi saremo aperti al dialogo e cercheremo di farlo sentire a suo agio il più possibile. È questa l’idea dell’associazione. Più di questo non possiamo fare. E nemmeno dobbiamo, perché il fatto di parlare pubblicamente di questa situazione non fa bene né a Juan Martín né alla AAT.

Nella situazione in cui siete attualmente, sperate sia Del Potro a prendere l’iniziativa e dire “sono disponibile”, oppure dovreste essere voi i primi a contattarlo?
Lo dico pubblicamente come presidente della AAT e come amante del tennis: non c’è nulla che mi farebbe più felice del fatto che Juan Martín possa prendersi la squadra sulle spalle e possa tornare ad essere un membro del team di Coppa Davis. Ma dovrei davvero ripeterti ciò che ho detto prima…

No, io ho capito quello che mi ha detto.
Dobbiamo rispettare la sua decisione. Siamo a sua disposizione. Quando lo riterrà opportuno, siamo disponibili a sederci, parlarne, e trovare la formula migliore affinché tutto si risolva. Ma noi non possiamo disturbarlo, parlare e stargli addosso come se fossimo… No, non è conveniente, non va bene. Non possiamo importunarlo continuamente.

Io capisco ciò che dice, ma non crede che dopo quella lettera, il problema non sia più quello di Juan Martín che predilige la sua carriera nel circuito, e sia più una questione di rapporti fra il giocatore e la AAT e il capitano?
No, io non credo. Davvero, non penso sia così. Io ho un’ottima opinione di Juan Martín. Non credo ci siano motivi per i quali debba essere arrabbiato con la AAT, oltre alle osservazioni che ha fatto. E abbiamo risposto dicendo che siamo a sua disposizione e disposti a fare autocritica. Più di questo non si può chiedere all’associazione. E se ci siamo sbagliati, siamo disposti a scusarci. Non torneremo a pressarlo, perché pensiamo che non sia positivo. Questa è la nostra posizione.

Lei ha detto “cambieremo ciò che si deve cambiare”, ma il concetto è molto più complesso. Questo significa anche rinnovare?
L’idea è questa, anche se più complessa. Siamo disposti a fare le necessarie modifiche. Sederci con Juan Martín e vedere ciò che si può fare. La AAT sa perfettamente quello che si deve fare. Dobbiamo avere la certezza che Del Potro voglia o possa far coincidere il suo calendario con gli impegni di Davis. Una volta saputo questo, vedremo cosa fare e come.

Si, ma come farete a sapere se…
Ciò che deve essere chiaro è che noi siamo molto contenti del lavoro di Martín Jaite e di Mariano Zabaleta. Oggi essere capitano di Davis significa molto più che sedersi su una sedia. Martín ci segue in tutti i Futures, che sono 20 in tutto l’anno. Ci accompagna nei Challengers, nei Master minori, e nei G1. Ha un programma da seguire con Mariano. Il lavoro è molto più dell’essere semplicemente un capitano, e questo sarà il programma che dovrà seguire anche il prossimo capitano.

Però anche questo capitano ha un problema con il giocatore migliore.
Volete che vi dica che il capitano attuale  verrà allontanato?

No.
Questa è una domanda che dovreste fare al capitano. Non capisco cosa mi sta chiedendo.

Quello che le sto chiedendo è se in quel “cambieremo ciò che si deve cambiare”  ci sia la volontà di allontanare qualcuno. Non dico necessariamente Jaite. Ma le chiedo: lo ha considerato?
Significa quello che ho detto, fare delle modifiche.

Esatto. Allora, se è necessario sedersi a parlarne con Juan Martín ma nessuno prende l’iniziativa, come si fa a parlarne?
Quando lui deciderà che è possibile far coincidere la sua carriera con la Coppa Davis. Noi siamo molto vicini a Juan Martín. Si allena nel mio stesso club. Passo di li e parlo con lui, conversiamo. Passo e parlo con Franco (Davín, coach di Del Potro). Abbiamo un buon rapporto. Il giorno in cui decideranno che è arrivato il momento ce lo faranno sapere. Basta alzare la mano e ci prenderemo un caffè. Non continueremo a pressarlo. Così lo stiamo disturbando. I mezzi di comunicazione lo disturbano e così noi. Questo per lui non è positivo. Credo siano delle pressioni non necessarie. Questo è il mio punto di vista. Bisogna rispettare le sue scelte e così non lo facciamo. Stargli dietro costantemente non è rispettarlo. Lui deve prendere la sua decisione e farci sapere che è disposto a giocare in Davis. Punto. Niente di più. Questo è sufficiente. È normale che venga citato ogni volta che si gioca la Davis. Ovviamente noi abbiamo un dialogo e l’unica cosa che voglio è che giochi in Davis. Per questo la faccenda deve restare privata, non deve essere resa pubblica. Come ho detto quando ho sentito i fischi: è una mancanza di rispetto per tutti gli argentini. Una persona che ci rappresenta tutte le settimane nel mondo come fa Juan Martín, che significano i fischi. Noi argentini abbiamo un comportamento molto particolare.

Ora, conviene che ci sono stati dei cori anche lo scorso anno? E non dei tifosi, ma dei giocatori?
No. I giocatori non hanno mai fatto dei cori contro Juan Martín. Mai.

Non hanno cantato nello spogliatoio? (dopo il trionfo contro la Germania, nel 2013)
No, no, no. Non è andata così. Lo smentisco categoricamente. Dai giocatori non è mai partito alcun coro. Nel modo più assoluto.

Mi fido della sua parola.
Quello che più di ogni altra cosa vogliono gli altri giocatori è che Juan Martín torni a far parte del gruppo.

Quando ha detto che avete analizzato la situazione dopo la lettera di Del Potro, a che conclusione siete arrivati? Cosa avreste potuto fare meglio per non arrivare a questa situazione?
Quello che penso da molto tempo è che forse c’è una mancanza di comunicazione con i giocatori professionisti. Fra la dirigenza e i giocatori professionisti c’è un cortocircuito sul quale si deve lavorare. E abbiamo pensato con il nostro Direttore Esecutivo che bisogna lavorare su questo fin da quando sono piccoli. Stargli più vicino, passare del tempo con loro. Anche partecipare ai viaggi dei più piccoli. Lo avete visto in Coppa Davis con questo ragazzo che ha avuto un problema importante con un furto, ed è stato ferito da un proiettile. (Héctor) Romani è stato portato in ospedale, a Venado Tuerto. E dopo lo abbiamo invitato in  Coppa Davis. Stiamo creando un programma per i ragazzi di 18-22 anni e pranziamo con loro. Devono capire che la AAT è con loro e non contro di loro. E che se ci sono delle problematiche economiche bisogna parlarne apertamente. Mettere le carte in tavola e parlarne nel modo più trasparente possibile. Devono sentirsi sicuri di ciò che facciamo, di quello che offriamo e del fatto che siamo partecipi. Questo è il cambiamento che deve avvenire nella dirigenza, e mi includo come presidente, in modo che si sentano meglio con i dirigenti.

Si pente di qualcosa per come è stato trattato questo problema che ha portato all’esclusione di Del Potro dal team? Qualcosa che avrebbe voluto fare diversamente?
Avrei voluto avere una relazione più stretta con Juan Martín. Si, senza dubbio. E in questo il responsabile principale sono io, anche perché ho una personalità sempre conciliante e basata sul dialogo. E vedermi in una situazione in cui ci sono dei dubbi sul dialogo, o su questa vicinanza, mi dispiace molto. Dispiace principalmente a me, perché è una mia responsabilità e credo anche una delle mie maggiori qualità. Riuscire ad avvicinarmi alla gente, riuscire a comprenderli, parlare e saper cedere. Però è anche vero che in questo caso non ho avuto l’abilità di farlo, e questa è una critica che rivolgo a me stesso.

Crede che ci sarebbe potuta essere una comunicazione migliore fra capitano e giocatore?
A questo non posso rispondere. Non posso e non voglio. È una domanda che dovrebbe essere rivolta a Martín (Jaite).

Beh, ma lei in quanto presidente può valutare anche il lavoro del capitano in questo caso.
No. Non pubblicamente.

Ma in privato lo valuta? Perché ciò che si evince dalla lettera di Del Potro è uno scontro tra giocatore, dirigenza e capitano.
Bene, ma lo stesso Del Potro ha detto che ha fatto autocritica per quanto riguarda la comunicazione, no? Quindi è anche vero che non ci prenderemo a sberle come se fossimo responsabili al 100%. E credo che in tutta questa situazione la percentuale di responsabilità è condivisa da tutti. Io mi sono assunto le mie, e lo faccio senza alcun problema. Non è facile. È come se parli con un figlio. È difficile essere responsabili al 100% di questo problema. Non credo sia giusto. E anche nel caso di Martín credo sia lo stesso. Non credo sia giusto dargli tutta la colpa. Assolutamente. È una cosa che bisogna valutare tutti insieme e risolvere al meglio insieme. Tanto Martín come Juan Martín e tutta la dirigenza.

Continua a leggere
Commenti
Advertisement

⚠️ Warning, la newsletter di Ubitennis

Iscriviti a WARNING ⚠️

La nostra newsletter, divertente, arriva ogni venerdì ed è scritta con tanta competenza ed ironia. Privacy Policy.

 

Advertisement
Advertisement
Advertisement