ITF Prato: "Oggi chi c'era si è divertito!", 4 azzurri in semifinale

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ITF Prato: “Oggi chi c’era si è divertito!”, 4 azzurri in semifinale

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Jacopo Stefanini
 

TENNIS – Frase abusata ma obbligatoria per riassumere la giornata di oggi a Prato: il torneo si tinge, si è anzi già in parte tinto di azzurro, perché piazziamo tre semifinalisti su quattro al maschile e avremo comunque un finalista, anche se il titolo è tutt’altro che in cassaforte per via di un quarto incomodo. Meno bene le cose al femminile, dove delle tre italiane oggi impegnate si sono perse per strada Chinellato e, inopinatamente, Lombardo, ma accede alle semifinali, con una ennesima prova entusiasmante e superlativa, Tatiana Pieri.

Al primo sole veramente caldo di questo mese di maggio il quarto alto maschile tutto italiano si è giocato sul centrale tra Bonacia e Giacomini. Il simpatico e combattivo Giacomini sopperisce alle sue manchevolezze fisiche con notevole mobilità, grande reattività di braccio e rapidità di esecuzione dei colpi, armi con le quali sorprende da principio Bonacia e che gli valgono il primo set. Ma il maturo giocatore romano rimette subito le cose a posto nel secondo vinto a zero. Si crede a questo punto che Giacomini abbia ormai sparato tutte le sue cartucce, anche perché subito perso il secondo set chiede l’intervento del fisioterapista, di solito un segnale non troppo incoraggiante. L’incontro riprende ma Giacomini non è affatto domo, e comunque Bonacia porta a casa il match aggiudicandosi il set per 6/3. Giacomini, provenuto dalle retrovie,  si conferma in certo senso la rivelazione italiana del torneo. Subito dopo sullo stesso campo Mosciatti, scarico e ormai pago, ha lasciato via libera a Cutuli racimolando solo tre giochi. Cinque ne ha lasciati Turchetti al lungo watusso prevedibilmente nero nero Iradukunda, sinora aiutato da un tabellone amico.

È un peccato che Turchetti e Bonacia si debbano scontrare in semifinale domani e uno solo possa andare in finale: sia l’uno che l’altro sono giocatori non brillantissimi ma dotati di grande resistenza, una dote preziosa a fine torneo, come purtroppo sperimenta Jacopo Stefanini che pur trascinato a gran voce dal pubblico della sua città viene surclassato dal canadese Tabilo in un match senza storia (6/1 6/0 lo score). Jacopo può dire nemo propheta in patria, ma avevamo avvertito nei giorni scorsi che questo mancino di radici sudamericane, che tira tutti i colpi con grande nonchalance, era da tenere seriamente in considerazione; non ha infatti ancora perso un set, pochi i giochi che ha ceduto agli sconfitti, e il più alto numero, cinque, lo ha riscosso Merzetti prima di ritirarsi”. Domani con Tabilo si misurerà Cutuli, mentre come detto l’altra semifinale è Bonacia-Turchetti.

 

Venendo al femminile i primi due quarti sono stati di quella categoria di match che Rino Tommasi definiva spesso “francamente modesti”. Una Lombardo sciupona e discontinua, in giornata negativa come di recente le accade con frequenza preoccupante, ha lottato timidamente nel primo set, ma ceduto nettamente nel secondo alla anonima Mikulskyte. Una gara di pallonetti, rallentati come solo si vede nei tornei aziendali, risultava per larghi tratti il match tra la tds n. 1 Parazinskaite e la gridolante Chinellato, salvo qualche cauta, velleitaria accelerazione. Parazinskaite, giocatrice piuttosto sexy ma dal fisico già un po’ seduto, non è apparsa almeno oggi irresistibile, forse perché si è assuefatta quasi subito al gioco di rimessa intentato dalla Chinellato. Quanto al match clou Pieri-Mendez sin dal palleggio preliminare si era diffusa nel pubblico numeroso (il campo era uno secondario) l’idea che la giovane messico-australiana (al momento ancora quattordicenne!) fosse ingiocabile e l’incontro fosse destinato a risolversi rapidamente in un suo monologo.

Va premesso che questa giocatrice veniva a Prato, trascurando il prestigioso palmarés a cui si accennava ieri, avendo raggiunto due settimane fa la finale all’importante torneo francese Grade 1 di Beaulieu-sur-Mer, dove ha perso in tre set lottati dopo aver sconfitto facilmente in semifinale, per 6/3 6/2,  Bianca Turati, e cioè la vincitrice domenica scorsa del torneo di Salsomaggiore. In altre parole un eloquente biglietto da visita.

Fisico non eccezionale, ma già atleticamente formato, con muscoli già sagomati, la Mendez è già alla sua età una piccola professionista e mette in mostra una forte personalità in campo. È inoltre giocatrice sempre grintosa, attaccante, che si carica ad ogni punto e vuole prendersi ogni punto. Ora tutto questo passa in secondo piano rispetto al suo effettivo braccio tennistico e alle sue già notevoli potenzialità. Mendez fa delle incornate di diritto realmente paurose, e le esplode da tutte le posizioni, contro tutte le rotazioni, e anche da ferma. Avesse il rovescio bimane e il servizio anche solo un po’ meno stratosferici del diritto si dovrebbe subito annotare il suo nome su un taccuino pronosticandola una top player WTA nell’anno 2019: e forse lo diventerà comunque. Fortunatamente per la Pieri il rovescio bimane della Mendez è al momento un normale colpo di appoggio su cui è bene insistere ossessivamente perché alla fine, sette su dieci, ti dà il punto; e il servizio è letteralmente deficitario: poche le prime e tutti fuori o quasi i tentativi di ace a sorpresa, e qualche doppio fallo di troppo.

L’incontro è cominciato con quattro autentici ruggiti leonini della Mendez, davanti ai quali ogni altra giocatrice avrebbe messo l’anima in pace. Pieri è probabilmente la più rapida di tutte le giocatrici viste qui a Prato nell’entrare in partita, ma ha dovuto veramente gestire dieci minuti di panico corrispondenti ai primi tre games. È qui che è venuta fuori la sua tranquillità da veterana unitamente alla sua sagacia tattica. Le bordate della Mendez finivano via via contro un muro di gomma senza provocare danno, e se alcune lasciavano ferma la nostra altre cominciavano piano piano a uscire dalle righe.

Nei primi tre servizi di Tatiana la Mendez si piazzava addirittura tre metri dentro il campo per ribattere aggressiva il servizio troppo lento e appoggiato di Tatiana; ma in definitiva la mossa si rivelava un boomerang in termini di punti effettivamente raccolti.

Sia come sia Tatiana, sotto dapprima di 0-1, strappava il servizio all’avversaria, teneva il proprio miracolosamente e si trovava a condurre 3-1. Mentre Tatiana anche nei momenti difficili non faceva una smorfia, la Mendez si innervosiva via via anche per alcune chiamate contro, ed entrando in serie negativa, facendo e disfacendo, si trovava addirittura sotto 1-5. Sembrava fatta, sennonché il pubblico si metteva quasi subito a tremare perché, con uno scatto di orgoglio, la Mendez tornava in cattedra e con una serie di vincenti spettacolari risaliva sino a 3-5, quando con un sospiro di sollievo Tatiana conquistava il set.

Il primo gioco del set successivo veniva perso addirittura a zero dalla Mendez sul proprio servizio, e l’incontro buon per noi sembrava incanalato; ma non era così perché l’australiana ristrappava immediatamente il servizio a Tatiana, si portava 2-1, veniva raggiunta  e si procedeva tenendo i servizi sino al 3-2 Pieri: qui il break che dava via libera alla nostra giocatrice che chiudeva trionfalmente il set e il match per 6/2. Pieri ha giocato in conclusione un match favoloso in difesa, ma aveva abituato tutti a riprendere l’impossibile già nei giorni scorsi.

Sul 4/2 del secondo si è giocato il punto probabilmente più emozionante dell’intero torneo femminile (ed è un peccato che mancassero le telecamere per immortalarlo), con Pieri spostata ripetutamente da un angolo all’altro del campo alla disperata e capace di acciuffare poi con la punta della racchetta una micidiale smorzata dell’australiana, e di rispondere con una rimessa in lungolinea che l’avversaria impotente poteva solo steccare. Pieri ha comunque raggiunto due semifinali su due negli ultimi due tornei disputati, e sapremo domani, la classica prova del nove, se ha ancora fame. Nell’ultimo quarto facile vittoria della biondissima norvegese Stokke, cosicché gli accoppiamenti domani in semifinale sono Pieri-Parazinskaite e Stokke-Mikulskyte.

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Coppa Davis

Coppa Davis, Jannik Sinner “caso Nazionale”: per me è colpevole

Immagine, uguaglianza e spirito di squadra: perché pensiamo che Jannik Sinner abbia sbagliato a rifiutare la convocazione in Coppa Davis

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Jannik Sinner - US Open 2023 (foto Ubitennis)

“Sfortunatamente non ho avuto abbastanza tempo per recuperare dopo i tornei in America e purtroppo non potrò far parte della squadra a Bologna. È sempre un onore giocare per il nostro paese e sono convinto di tornare in nazionale al più presto. Un grosso in bocca al lupo ai ragazzi, ci vediamo” recitava il tweet di Jannik Sinner.

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Immagine pubblica, modelli e confronti

Nonostante la chiusura con un cuore e la bandiera italiana e il durissimo match allo US Open perso con Zverev dopo 4 ore e 41 minuti, a molti la decisione non è affatto piaciuta, una motivazione giudicata insufficiente, una scusa. Tra le critiche, ha ventidue anni, c’era più di una settimana per recuperare, e allora Djokovic, che di anni ne ha trentasei e a New York ha disputato tre match in più, eppure ci sarà? Il confronto a prima vista impietoso in realtà dimentica che Novak gioca un circuito a parte in cui si presenta quando gli fa comodo (come le regole gli permettono). Nole era ancora nella fase di riposo post-Wimbledon quando Jannik vinceva Toronto, lo slam americano è stato il suo decimo torneo dell’anno (diciassettesimo per Sinner) e avrebbe poi saltato l’intera tournée asiatica.

 

Nonostante tutti i distinguo elencati, pensiamo (questa e ogni altra prima persona plurale da intendersi come opinione di chi scrive) che Jannik abbia sbagliato a chiamarsi fuori. Non perché l’Italia abbia rischiato l’eliminazione (quello che è successo dopo il rifiuto qui non ci interessa) e nemmeno, a prescindere da quanto detto, dalla presenza di Djokovic. Questo secondo motivo ha invero una sua validità, poiché la percezione spesso conta quanto e più di una realtà articolata. E la percezione di molti appassionati e addetti ai lavori si è risolta in un pollice verso. In alcuni casi superando il limite (sempre a nostro avviso), con frasi come quelle apparse su Sport Week della Gazzetta: “E se Jannik Sinner, il Peccatore, chiedesse scusa del suo peccato? Non all’Italia o agli italiani ma a se stesso”.

Parliamo della programmazione sportiva di un giovane atleta, non di rappresentanti delle istituzioni che calpestano la Costituzione. Perché finché si scherza sul cognome di Jannik è un conto, ma usarlo impropriamente (Sinn in tedesco significa senso, non peccato) per montare quella che sa di stantia retorica cattolica, anche no. Al contempo, troviamo ragionevole il concetto di fondo.

Tornando alla percezione, all’immagine pubblica – oltre all’innegabile fatto che un top player è anche un modello per giovani e giovanissimi –, non possiamo non rilevarne l’importanza per un professionista, anche in forza della correlazione tra apprezzamento dei tifosi e sponsor, tanto che valutazioni commerciali possono mettersi di traverso con quanto hanno in mente coach, fisio e preparatori atletici. Citiamo solo i recenti casi di Matteo Berrettini, ancora non in condizione al Boss Open di Stoccarda, e di Emma Raducanu, che ha saltato la BJK Cup (se non rimandato gli interventi chirurgici) in favore del Porsche Tennis Grand Prix di… Stoccarda. A proposito di Berrettini, l’assenza bolognese di Jannik è stata ancor più rumorosa per la presenza in panchina di Matteo: “Il suo è stato un comportamento da leader” ha commentato il presidente della FITP Angelo Binaghi.

Uno per tutti, tennis per uno

A favore della scelta di Sinner, l’obiezione per cui il tennis è uno sport individuale: il giocatore rappresenta sé stesso e decide il meglio per la propria carriera. Forse a un calciatore del Napoli non importa della propria carriera solo perché durante quei novanta o quaranta minuti passa (o non passa) la palla a un compagno libero? Calciatori, cestisti, pallavolisti, tutti possiedono verosimilmente il cosiddetto “spirito di squadra”, caratterizzato dal senso di appartenenza, dalla condivisione degli obiettivi, dalla cooperazione. Però, la squadra che si nutre di questo spirito è l’Inter, è la Virtus, è il Modena Volley, non la nazionale. Dopotutto, se il pallavolista gioca lo stesso sport che si tratti di Serie A o Mondiali, lo stesso vale per il tennista in un torneo individuale o in un incontro a squadre: Musetti era in campo da solo allo US Open ed era in campo da solo a Bologna in Davis. E, probabilmente, rappresenta più l’Italia uno dei nostri tennisti in giro per il Tour che un club del pallone in Coppa dei Campioni. Non si chiama più così? Sta’ un paio d’anni senza seguire il campionato e ritrovi un altro mondo.

Al passo con i tempi

Senza dunque grosse differenze a seconda che in campo ci siano uno o più atleti, la convocazione dovrebbe in ogni caso essere percepita come un onore: scelto per rappresentare tutti i giocatori, dagli amatori a salire, e, in ultima analisi, il Paese stesso di fronte al mondo. Se l’obiezione è, sai che sorpresa, sono il più forte di tutti, in genere le primedonne non riscuotono i favori del grande pubblico. Ma ci torneremo.

Prima è necessario considerare anche la possibile diversa percezione di questo onore tra le nuove generazioni. Perché il fatto che le critiche più aspre siano arrivate da Adriano Panatta e da Nicola Pietrangeli, il capitano della “Squadra”, quella che ha vinto la Coppa Davis nel 1976, fa nascere questo dubbio. Qui però si corre il rischio di generalizzare, di nascondere “tutte le facce dietro una sola, che è quella dei sondaggi di opinione: i giovani qua, i giovani là, i giovani un gran paio di maroni” (citazione a memoria di Ligabue, 1995) e non possiamo fare molto più che interrompere l’allenamento dei ventenni con cui condividiamo la palestra per scoprire che preferirebbero giocare nel Milan (o quella che è) che nella Nazionale. Resta vero, e lo riconoscono gli stessi Paolo Bertolucci e Tonino Zugarelli, che il calendario e le priorità sono cambiate rispetto a quei tempi. Quando c’era ancora la mezza stagione, signora mia.

Restando in tema di (bei?) tempi andati, c’è poi la scusante “non è più la Davis di una volta”, quindi a chi importa se ci va o no. Perché regga, però, non può essere immaginata, vale a dire che il tennista di turno lo deve dichiarare, “questo formato è una schifezza, rifiuto di esserne parte”. Novantadue minuti di applausi, poi succeda quel che succeda.

Regole: per molti ma non per…

Dallo Statuto FITP 2023: “Gli atleti selezionati per le rappresentative nazionali sono tenuti a rispondere alle convocazioni e a mettersi a disposizione della FITP, nonché ad onorare il ruolo rappresentativo conferito” (art. 10, c. 2). La violazione della norma prevede che siano “puniti con sanzione pecuniaria e con sanzione inibitiva fino ad un massimo di un anno” (Regolamento di Giustizia, art. 19, c. 1). In caso di sanzione definitiva, stessa punizione per il coach (c. 3).

Ammettiamo di non aver letto l’intero Statuto neanche ai tempi dell’esame da ufficiale di gara e non possiamo quindi escludere l’esistenza di un’eccezione. Il riferimento è alle parole “assolutorie” di Angelo Binaghi: “Se l’obiettivo continua ad essere, e deve continuare ad essere, quello di vincere gli Slam – il giorno in cui questo mostro che si chiama Djokovic che tra tre, quattro anni avrà circa quarant’anni e giocherà un po’ meno – bisognerà farsi trovare pronti […]. Dunque, in questi casi bisogna fermarsi..

Una disparità di trattamento che non può e non deve essere legittimata, non solo in quanto l’uguaglianza di fronte alle regole è un principio basilare, bensì perché rischia di minare il citato spirito di squadra e la passione per la rappresentativa azzurra, arrivando a far percepire il “giustificato” come una primadonna che impone e antepone i propri capricci ai compagni.

Tra l’altro, se il metro di giudizio che vogliono vendere è “chi potrebbe vincere Slam fa quello gli pare”, sarebbe quantomeno opportuno che venisse delegato uno bravo a fare previsioni, dal momento che Simone Bolelli, nel 2008 oggetto di pubbliche ire binaghiane per il suo “no” alla convocazione, uno Slam l’ha poi vinto. Mentre Sinner (con quelli della sua generazione) è stato invero certificato dal proclama federale al pari dei componenti della Lost Generation e degli Original Next Gen: tennisti che per vincere titoli pesanti altro non possono fare che attendere il ritiro dell’essere mitologico chiamato Big 3, pur rimasto con una sola testa.

Fraintendimenti faziosi

Anche se non dovrebbe esserci bisogno di chiarirlo, tifare per la nazionale o sentirsi onorati di vestirne i colori nulla ha a che fare con il peggior lato del nazionalismo, che invece di bearsi dell’unicità della propria nazione la ritiene superiore a tutte le altre, quel nazionalismo che ha portato alle relative dittature del secolo scorso e alla seconda guerra mondiale, quell’ideologia che ora ritrova nuova linfa anche grazie alle risposte ignoranti (al)le sfide della globalizzazione e del nuovo millennio. No, sperare che la rappresentativa del proprio Paese vinca i mondiali di pallavolo, gli ori alle Olimpiadi, la Coppa Davis, così come credere che Jannik abbia sbagliato a rifiutare la convocazione, non c’entra nulla con quanto sopra e con il Deutschland über alles urlato dagli spalti a Zverev (gran presenza di spirito da parte di Sascha nella reazione, peraltro).

Perché, parlando con un amico, una persona può scherzare sul proprio figlio, definirlo anche un po’ scemo, ma mai accetterebbe che a chiamarlo così fosse l’altro. Allo stesso modo, quando Pietrangeli parlando “in generale” ha avuto quell’uscita infelice, quel “se non sei fiero di giocare per il tuo Paese fatti fare un certificato medico fasullo” all’interno di un discorso altrimenti sensato – condivisibile o meno, siamo qui per questo –, noi possiamo spingerci nella satira dicendo che quel certificato è forse il vero simbolo dell’italianità. Ma se ce lo rinfacciassero un francese, un russo, un americano, beh, non gliele manderemmo a dire.

In conclusione, a dispetto degli infiniti episodi di becera quotidianità, non viviamo nel caos e accettare con entusiasmo la convocazione significa anche rappresentare un ideale di cooperazione alla cui altezza nessuno di noi è in grado di vivere. Per questo, pur rifiutando la dicotomia innocentisti/colpevolisti, soprattutto nella parte in cui si addossano colpe, riteniamo che Jannik abbia sbagliato. E che Volandri sbaglierebbe se lo chiamasse per la fase finale di Malaga. Poi, il 2024 è un altro anno.

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ITIA: sospeso Madaras, il tennista dei record nel circuito ITF

L’Agenzia anticorruzione del tennis ha confermato la sospensione provvisoria del giocatore svedese numero 220 ATP, che avrebbe dovuto essere un avversario degli azzurri in Coppa Davis a Bologna

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Dragos Madaras (SWE) - Sofia 2022 (foto Ivan Mrankov)

Non esattamente l’età dell’oro per quanto riguarda il tennis svedese. Negli ultimi mesi lo sport della racchetta ha visto da quelle parti un brusco cambiamento, avviato in primis dal numero uno Mikael Ymer. Come si sa, dopo la sospensione del tennista svedese che aveva mancato, secondo l’ITIA, i tre controlli antidoping con conseguente interruzione istantanea dalle competizioni, l’ex 50 al mondo ha deciso di ritirarsi dal tennis lasciando tutti di sasso. Poi, nella parentesi Coppa Davis la nazionale traghettata dal fratello di Mikael, Elias, non ha certamente brillato in quel di Bologna, dove è arrivata con la squadra meno attrezzata di tutti ed è sprofondata malamente in fondo alla classifica, arrivando quindi quarta nel girone.

Ora, invece, un altro tennista svedese deve fare i conti con l’ITIA (International Tennis Integrity Agency), e si tratta dell’attuale numero 220 al mondo (ex 191) Dragos Nicolae Madaras. Il mancino rumeno, naturalizzato svedese, è stato protagonista di un’annata da record che l’ha visto come leader indiscusso del circuito ITF. Infatti, Madaras è diventato il primo tennista della storia a trionfare in ben dieci tornei Futures nello stesso anno e ci è riuscito con l’ultimo titolo nel mese di luglio, quindi poco dopo metà stagione. Dichiarato come un obiettivo di quest’anno, il giocatore svedese aveva aperto il 2023 vincendo quattro titoli consecutivi con ben ventuno successi filati, che l’hanno condotto partita dopo partita a un’impressionante cifra di, appunto, dieci allori, sessantasette vittorie e solo cinque sconfitte. Inoltre, quest’anno ha partecipato per la prima volta a uno Slam, Wimbledon, dove è riuscito a superare un turno nel tabellone cadetto. Come ciliegina sulla torta, Madaras era perdipiù stato convocato per la Coppa Davis a Bologna ma, infine, non vi ha preso parte. E chissà perché…

Una stagione più che positiva, dunque, per il ventiseienne svedese, salvo il fatto che dal 17 agosto gli è stato vietato di partecipare ai tornei professionistici per “non aver ottemperato a una richiesta”, recita il TACP – Tennis Anti Corruption Program – in riferimento al suo caso. Una sospensione provvisoria, però, che attende accertamenti dall’ITIA. Il giocatore ha già provveduto a presentare ricorso contro il provvedimento, ma il 22 settembre è stata respinta, ed è questo il motivo per cui nel frattempo non ha potuto – e per ora non potrà – presenziare in Coppa Davis e nemmeno in qualunque altro torneo approvato dagli organi di governo dello sport. Rimaniamo quindi attesa di un’eventuale sentenza per ulteriori novità sul caso Madaras.

 

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In corso a Parma i Campionati Europei under 16

La città emiliana si conferma capitale italiana del tennis, tra il WTA 125 appena terminato e l’importante manifestazione giovanile

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Jacopo Vasami, Parma 2012 (Foto Sposito)

Da lunedì 25 settembre Parma è stata invasa da 150 giovani tennisti, equamente ripartiti tra maschi e femmine, che si stanno dando battaglia per conquistare il titolo di Campione Europeo under 16. Nella manifestazione sarà coinvolto tutto il territorio cittadino perché i 22 campi necessari per lo svolgimento del torneo saranno messi a disposizione, in sinergia tra loro, da TC Parma, TC President Montechiarugolo, Circolo del Castellazzo e Sporting Club Parma. Dai quarti di finale in poi tutte le partite saranno centralizzate al TC Parma, dove tra l’altro è da poco terminato il WTA 125 ‘Parma Ladies Open’, organizzato da MEF Tennis Events.

Le giovani promesse cercheranno di iscrivere il proprio nome in un albo d’oro che solo negli ultimi dieci anni può vantare nomi illustri come Carlos Alcaraz e Andrej Rublev. Ma risalendo a ritroso di qualche anno troviamo anche il nostro Fabio Fognini, Yannick Noah, Mats Wilander e Stefan Edberg, non male eh? Per non parlare del torneo femminile che ha visto vincere giovani tenniste come Simona Halep e Daria Kasatkina, mentre l’attuale n.2 Iga Swiatek dovette accontentarsi della finale.

All’Italia il record dei partecipanti in quanto, come nazione ospitante, potrà schierare quattro ragazzi (Pierluigi Basile, Andrea De Marchi, Jacopo Vasamì e Antonio Marigliano) e quattro ragazze (Galatea Ferro, Ilary Pistola, Carolina Gasparini e Lucrezia Musetti). Al momento in cui scriviamo tutti i nostri ragazzi sono ancora in corsa, a parte Ilary Pistola che nel secondo turno ha perso col punteggio di 4-6 7-6(2) 6-3 una partita combattutissima contro la svizzera Sarina Schnyder. Ricordiamo che i vincitori dell’evento emiliano riceveranno l’invito a partecipare al Tennis Europe Junior Masters che si terrà dal 2 al 5 novembre sui campi del Country Club di Montecarlo.

 

Segui su Instagram: @massimogaiba

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