Le mille sconfitte di Roger Federer

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Le mille sconfitte di Roger Federer

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TENNIS RACCONTI – La nuova sconfitta di Federer è arrivata a Wimbledon contro Djokovic. Cosa succede ad un campione dopo ogni sconfitta? C’è un mondo dove vivono tutte le sconfitte di Roger Federer?

Acqua. Acqua e buio. Acqua fredda che scende nei polmoni e conati di vomito mentre le braccia si agitano spasmodicamente cercando un appiglio.
“Sto annegando! Com’è possibile?”
Sott’acqua, agitandosi cercando di ritrovare il ‘sopra’ ed il ‘sotto’ l’uomo apre gli occhi. Nel buio una piccola luce taglia le onde di traverso. Agitando le gambe, mentre altra acqua gli entra nello stomaco e nei polmoni, l’uomo si lancia in quella direzione. Un pensiero corre ai figli ed alla moglie. La corrente, gelida e violenta, cerca di portarlo via.
“Non adesso. Non adesso. Non adesso.”
Una mano si tuffa dalla superficie delle onde afferrando l’uomo per la maglietta, trascinandolo a riva. Pochi istanti dopo è tutto finito.
Ansante, con la faccia rivolta al suolo e le braccia che tremano, l’uomo ritrova il respiro, il contatto con l’erba bagnata sulla riva.
“Cos’è l’ultima cosa che ricordi?” dice una voce.
“Odio perdere.” ansima l’uomo.
“Lo so. Benvenuto.”

L’uomo alza la testa, a scrutare il volto del suo salvatore. Un volto familiare.
“Tu sei…”
“Con calma, Roger, respira. Va tutto bene. Cos’è l’ultima cosa che ricordi?”
Sempre fissando il suolo l’uomo mette a fuoco i pensieri.
“Stavo giocando a tennis. Sono un tennista. Stavo giocando una partita… ed ho perso.”
L’uomo, Roger Federer, alza la testa a guardare in faccia l’altro uomo, che lo ha salvato, Roger Federer.
“Non è possibile.” mormora.
Il salvatore lo guarda con espressione compassionevole, sorridendo.
“Eppure” gli dice con voce calma poggiandogli una mano sulla spalla “eccoci qua. Io sono te.”
“Ma…”
“E guarda là.”
Seguendo con lo sguardo la direzione indicata dal suo compagno, Federer scorge altri due uomini, seduti sulla rive dal fiume. Entrambi sono Roger Federer. Uno di loro, quello più vicino, è giovane, ha il codino ed un sorriso spavaldo, li guarda e fa un cenno di saluto con la mano. L’altro ha un aspetto serio, lo sguardo concentrato sulle onde del fiume, si volta verso di loro per una frazione di secondo soltanto, senza mutare espressione.
“Che sta succedendo?”
“Posso dirti quello che so. Ce la fai a camminare? Bene, vieni con me, avrai bisogno di mangiare qualcosa.”
I due Roger Federer si alzano e si incamminano nella foresta di conifere che si stende di fianco al fiume. Il nuovo arrivato si guarda attorno. In ogni direzione, a perdita d’occhio si stendono boschi di pini. L’aria è fresca e satura di ossigeno. In lontananza si vedono picchi innevati. Il paesaggio è tagliato in due dal torrente in cui poc’anzi ha rischiato di annegare.
Non sono le alpi svizzere.” gli dice l’altro Federer. “Abbiamo controllato. Non c’è alcun segno di civiltà per chilometri e chilometri in ogni direzione. A quanto ne sappiamo siamo gli unici esseri umani qui. E siamo tutti Roger Federer. Non so come sia possibile. So che siamo tutti qui. Ogni sconfitta che ho patito in carriera. Ogni partita persa, porta qui uno di noi. Nell’istante in cui il vero Federer, perchè suppongo ci sia un Federer che continua a vivere e giocare a tennis da qualche parte, senza sapere della nostra esistenza, nel momento in cui lui perde una partita uno di noi compare qui, sputato fuori dalle acque del fiume. Io sono Nalbandian 2005. Il masters. Ci identifichiamo con anni, nome di chi ci ha battuto o torneo in cui abbiamo perso. O una combinazione di queste cose. E tu? Dov’è successo? Chi ti ha battuto?”
“Io…” Federer guarda Nalbandian 2005 per un secondo “Te lo dico dopo, va bene?”
“Certamente, quando vuoi. So che sei un po’ frastornato adesso.”
“L’altro me sulla riva del fiume…il ragazzo…”
“Rafter 2001?”
“È giovane. Com’è possibile? Non invecchiate qui?”
“No, no, invecchiamo eccome, la barba cresce, il tempo passa. È che siamo arrivati tutti da poco, relativamente. Io sono qui da circa un mese. Ne arrivano in media tre o quattro al giorno. Certi giorni di più, certi giorni di meno. Il più giovane ha otto anni e sarà arrivato circa tre mesi fa. Ci sono un bel po’ di ragazzini qua.”
“Otto anni?” Roger assume un’espressione seria ricordando la gelida corrente del fiume ed immaginando un ragazzino di otto anni vestito solo in pantaloncini e maglietta scaraventato tra i flutti.
“Quanti?”
Nalbandian 2005 abbassa lo sguardo.
“Alcuni. Non tutti.”
“Oh mio Dio.”
“Per loro è stata dura, da soli, senza aiuto, senza capire che stava succedendo. Appena hanno cominciato ad arrivare quelli più grandi le cose sono migliorate. Ora siamo organizzati. Hai visto? Ci sono sempre un paio di noi di pattuglia sul fiume per aiutare i nuovi arrivati.”
“Dove porta il fiume?”
“Non lo sappiamo, stiamo costruendo un’imbarcazione per seguire la corrente, poco più a valle il fuime diventa più calmo. Il clima sta cambiando, forse sta arrivando l’inverno. Certo che fa più freddo, c’è un vento gelido che scende dalle montagne.”

I due Roger Federer sono arrivati ad una radura. Ci sono delle capanne rudimentali, un grande fuoco al centro, delle pelli di animale stese accanto a pantaloncini da tennis e magliette. E ci sono svariati Roger Federer affaccendati in ogni genere di attività, cucinare, costruire, chiaccherare, giocare a tennis con rudimentali racchette di legno e palline di pelle di animale.
“Cos’è? Una specie di villaggio indiano Roger Federer?”
“Noi la chiamiamo Basilea.”
“Basilea?”
“È stato Djokovic Basilea 2009 ad avere l’idea. Prima questo posto era semplicemente la base… immagino che da Base a Basilea il passo sia breve.”
Roger Federer sorride mentre si avvicina al grande fuoco al centro dell’accampamento. Un altro Roger Federer, giovane, molto giovane, gli viene incontro con una rudimentale ciotola di pietra.
“Tu sei nuovo, eh? Siediti qui, la zuppa non è terribile, aspetta, ti porto un po’ di carne. Intanto puoi mettere i vestiti ad asciugare davanti al fuoco.”
Il ragazzo si allontana. Nalbandian 2005 appoggia una mano sulla spalla del nuovo arrivato.
“Devo tornare al fiume. Non è neanche mezzogiorno, ce ne saranno altri in arrivo. Se hai bisogno di qualcosa chiedi pure a Lopez 1998.”
“Aspetta.”
“Cosa?”
Roger Federer esita per un momento. Si guarda attorno.
“Nulla, va pure. Me la caverò.” Sorride mentre Nalbandian 2005 si allontana. Poco dopo Lopez 1998 arriva con un pezzo di carne fumante.
“Dovrai usare le mani temo, stiamo ancora lavorando sulle posate.”
Federer lo guarda, se stesso di così tanti anni addietro.
“Klosters?”
“Sì, subito dopo aver vinto Wimbledon junior. Confesso che la sconfitta mi ha bruciato meno di altre.”
“Ricordo.”
“Quando sono uscito dal fiume ero convinto di essere in Svizzera, Klosters non è molto diverso da qui.”
“Non sei biondo.”
“No. Siemerink 1998 forse, il colore va via in fretta. Anche la barba cresce, ma abbiamo affilato qualche lama.”
“Siete tutti qui? Tutte le mie sconfitte?”
“Grosso modo.” Lopez 1998 esita un momento. “Alcuni di noi non sono qui, vivono in un altro accampamento sulle montagne.”
“Perchè sulle montagne? Qui sembra che ve la caviate benissimo.”
“Sulle montagne è più sicuro. Qui ci sono… predatori. Alcuni in passato sono stati presi, uccisi probabilmente, da… qualcosa. Potrebbe essere un grosso orso. O qualcos’altro. È stato Wimbledon 2008 a dividerci. È egoista, ha spaccato il gruppo e se fosse per lui i nuovi arrivati potrebbero morire annegati. Non gli importa.”
“Non posso crederci.”
“Ma è così, Wimbledon 2008 non è come gli altri. È cupo, autodistruttivo, divorato dai suoi demoni. Da quando è arrivato non ha fatto che litigare. Dopo che Ancic 2002 è stato ucciso dal predatore, ha deciso che restare qui era troppo pericoloso. E partito verso le montagne, ed in molti lo hanno seguito. Per noi è stato un sollievo quando se ne è andato. Noi non possiamo abbandonare Basilea però. Andare via sarebbe come condannare a morte i nuovi arrivati. Lui adesso vive in cima a quel picco laggiù, come un eremita, circondato da un piccolo gruppo di fedelissimi.”
Federer scuote la testa incredulo, mentre addenta un morso di carne.
“Cervo.” dice Lopez 1998.
“Non male. Non male davvero.”
Lopez 1998 sorride. Federer gli sorride di rimando.
“Che mondo assurdo.”

La mattina seguente Federer si sveglia con un brivido quando un refolo di aria gelida entra dalla tenda. Aprendo gli occhi si trova di fronte a Nalbandian 2005.
“Come stai?”
“Ancora un po’ stordito ma meglio, molto meglio.”
“È successo qualcosa di strano ieri.”
“Cosa?”
“Dopo di te non è arrivato nessuno. Non capitava da un po’ di avere una giornata con un solo nuovo venuto.”
Federer si tira a sedere con un sospiro di dolore.
“Ti eri forse infortunato?”
“No, non che io ricordi.”
Nalbandian 2005 annuisce pensoso.
“Fa freddo oggi, copriti bene quando esci.”
“Devo andare a parlare con Wimbledon 2008.”
“Cosa?”
“È importante. Ti spiegherò quando torno. Come faccio a trovarlo?”
“Può essere importante quanto vuoi ma non ti ascolterà. Abbiamo provato in tanti a convincerlo a tornare.”
“Chi c’è con lui?”
“Non sono pochi, saranno una trentina, tutti quelli arrivati prima e dopo di lui lo hanno seguito. Ci sono Melbourne 2008, Melbourne 2009, Parigi 2008, Blake 2008 ed i due Simon 2008, Karlovic 2008. Tutti quelli che hanno vissuto quei mesi di frustrazione. E ci sono parecchi giovani che sono rimasti affascinati dalla sua personalità.”
“Devo andare a parlargli. Non cercare di fermarmi, per favore.”
Nalbandian 2005 scuote la testa.
“Come vuoi. Ti serviranno cibo e acqua. La strada più semplice è lungo il fiume.”

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