Nikolay Davydenko saluta il tennis con la "leggerezza" dei campioni

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Nikolay Davydenko saluta il tennis con la “leggerezza” dei campioni

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TENNIS PERSONAGGI – Quest’oggi, in una conferenza stampa, Nikolay Davydenko annuncerà l’addio al tennis. Il tennista russo, ex numero 3 della classifica mondiale, vincitore di una Masters Cup e di tre tornei 1000, ormai da anni non era più competitivo

I propositi di ritiro già erano chiari da inizio anno, dichiarazioni che si rincorrevano ed un fisico ormai non più competitivo come un tempo. Quando si sono scalate le vette e si è vissuto il tennis dei grandi non è mai facile dire basta, ma, a seguito di una stagione praticamente inesistente, era difficile sperare in un ritorno del tennista russo e il 2015 non poteva prospettarsi tanto diverso dal 2014.

Quel primo turno perso al Roland Garros contro Robin Haase e l’incapacità di poter risalire da un abisso profondo tanto quanto la 244esima posizione mondiale, sono stati in qualche modo decisivi nel tirare le somme di una carriera che meritava un epilogo certamente meno opaco. Kolya non ha giocato a Wimbledon, e ha tenuto fede al proposito dichiarato: “Salterò completamente i tornei sull’erba; sono in tabellone principale a Wimbledon e normalmente andrei a giocare ma quest’anno salterò il torneo. Non ho interesse a giocare lì“. Per lui il 2014, e col senno del poi la sua carriera da professionista, sì è fermato a quel primo turno a Parigi.

L’aveva detto ad inizio anno, “Se sarò fuori dai top 100, se non sarò nei tabelloni dei tornei ATP, a quel punto appenderò la racchetta al chiodo. Non voglio ritornare a giocare le qualificazioni. Non sto giocando bene, non mi alleno quanto dovuto per colpa degli infortuni, eppure sono tra i primi 50. Ciò è sorprendente. Vorrei godere di questo ancora per molto tempo”. I primi di giugno l’uscita dai primi 100, poi il silenzio, “Quando sarà il momento di dire basta, non andrò in conferenza e dirò ‘Mi ritiro.’ Mi fermerò”.

Ma la conferenza stampa, con la sua inevitabilità, arriverà oggi pomeriggio, secondo quanto riferito dal presidente della Federazione Russa, Shamil Tarpischev.

Kolya, un personaggio che ha sempre giocato nell’ombra, poco affascinante, poco commerciale, ma capace di esprimere un gran tennis e di incantare all’apice della sua forma. Un personaggio che mancherà a molti, anzi, che è già mancato in questi anni di silenzio, quando con un po’ di amarezza si assisteva a sconfitte che in cuor nostro erano ancora date per improbabili. Succede così. Davydenko si ritira dal tennis giocato in un giovedì a sua volta opaco, senza ultimi match da giocare, senza scalpore, in un silenzio la cui unica voce è quella dell’ufficialità.

Sfortunato per esser passato sotto i nostri occhi in una generazione di fenomeni; coetaneo di Federer, una definizione che potrebbe bastare ad immaginare le occasioni sfumate di una carriera non altrettanto longeva, orfana nell’ultimo periodo di quel gioco pulito, geometrico ed elegante che gli ha regalato tante soddisfazioni.

L’apice lo raggiunse a Londra 2009. Una splendida semifinale vinta contro Roger Federer – il primo match in cui riuscì a dimostrare allo svizzero quanto valesse – e poi il culmine della sua perfezione e della concentrazione contro l’artiglieria di Del Potro, a coronare l’anno migliore della sua carriera. In quel Master fu capace di battere tutti i vincitori Slam in carica, a partire da Nadal (Australian Open), passando per Federer (Roland Garros e Wimbledon), per finire proprio con Del Potro, vincitore del suo primo Slam a Flushing Meadows. Unico russo ad essere incoronato Maestro, unico ad aver finito l’anno nella top-10 per cinque anni consecutivi (2005-2009), uno dei pochi giocatori a poter vantare un head-to-head positivo con Rafael Nadal. Perché se Federer è stato la sua “bestia nera” (2-19), il maiorchino, che contro il russo ha ceduto sei volte – tre delle quali in finale (Miami 2008, Shanghai 2009 e Doha 2010) – si è fatto spesso ingarbugliare le carte da quegli anticipi talvolta esasperati.

Vincitore di 21 titoli su 28 finali disputate, fra cui tre Master 1000 (alle due finali contro Nadal di Miami e Shanghai, si aggiunge Bercy 2006 in finale contro Hrbaty), ex numero tre del mondo, ma nessuna finale Slam, con quattro semifinali – Roland Garros 2005 e 2007, US Open 2006 e 2007 – e lo scoglio dei quarti a Wimbledon che non è mai riuscito a superare. Incompleto, nel suo non essersi realizzato in un Major, col rammarico di quell’ultima occasione mancata in Australia nel 2010, quel maledetto quarto di finale in cui ancora una volta nulla ha potuto contro un Federer che a differenza sua può ancora ignorare lo spettro dell’età.

Senza un fisico imponente o un servizio devastante, che pare essere una prerogativa del tennis odierno, gran professionista, della sua leggerezza e fluidità in campo ha saputo farne un’arma. Con altrettanta “leggerezza”, oggi Nikolay ci saluta, sperando che sia solo un arrivederci e che il suo contributo al tennis non si fermi qui.

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