Italia, quanti dubbi. Ma Barazzutti «Io non mollo» (Martucci), Essere Fognini, il genio della sregolatezza (Perrone), Mayer e Souza, svelateci il vostro segreto (Valesio)

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Italia, quanti dubbi. Ma Barazzutti «Io non mollo» (Martucci), Essere Fognini, il genio della sregolatezza (Perrone), Mayer e Souza, svelateci il vostro segreto (Valesio)

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Rassegna a cura di Daniele Flavi

 

Italia, quanti dubbi. Ma Barazzutti «Io non mollo»

 

Vincenzo Martucci, la gazzetta dello sport del 10.03.2015

 

Due batoste in un mese. E da favoriti. Le due nazionali maggiori del tennis, quella di Fed Cup, 4 volte campione (in 5 finali) dal 2006, e quella di Davis, semifinalista uscente, deludono gli appassionati, dopo averli infiammati con spirito battagliero e vincente. Stavolta azzurre ed azzurri hanno perso contro nomi non altisonanti, facendosi rimontare e finendo tutt’e due agli spareggi per non retrocedere dalla serie A. L’accoppiata non si verificava dal 2008 (donne k.o. a Napoli con la Spagna, uomini in Croazia), anche se i playoff in sé non sono un disonore, se pensiamo che le azzurre sfidano gli Stati Uniti delle sorelle Williams (vincitrici del Gruppo II) e che gli azzurri si ritrovano con nazioni come la Spagna. Del resto, queste due sconfitte, in casa con la Francia e in Kazakistan, stridono col discreto inizio di stagione, soprattutto degli uomini, nei tornei. Azzurre ed azzurri hanno perso per demeriti propri o per meriti degli avversari? Sara Errani non era in un gran momento di forma, la «gemella», Roberta Vinci, ha problemi alla spalla, Camila Giorgi è in crescita, tecnico-tattica e alterna fiammate clamorose a cali eclatanti, e Karin Knapp sta stentando. Così sono state travolte dalle giovani ed atletiche francesi, Garcia e Mladenovic, facendosi rimangiare il 2-0 e subendo lo sconvolgente cappotto delle «Cichi» in nemmeno un’ora. I ragazzi erano in condizioni molto migliori, soprattutto Andreas Seppi e Simone Bolelli, ma hanno denunciato limiti tecnico-tattici-caratteriali contro Mikhail Kukushin, cagnaccio che batti solo se lo attacchi. Mentre Fabio Fognini, non ha chiuso il match all’inizio del quarto set contro il picchiatore «Sasha» Nedovyesov. Ed è stato travolto. Le ragazze avevano problemi fisici, ma il k.o. in doppio resta sconcertante Purtroppo succede, ma ha dato tutto se stesso su un campo violato una sola volta in 8 partite (nel 2013 dai cechi). Memorandum: l’ultima vittoria dell’Italia fuori casa nel quinto e decisivo match risale al Seul 1987, con l’eroico Paolo Cané. 2 I capitani di Francia e Kazakistan hanno trovato il jolly, perché Corrado Barazzutti non ne ha tirato fuori qualcuno anche lui? «Barazza» non è un attaccante alla Adriano Panatta, non lo era da atleta e non lo è nella vita. Attenzione, sembra dimesso e anonimo, ma ha personalità ed è uomo onesto e stimato dai ragazzi. Come capitano, di Davis dal 2001 e di Fed Cup dal 2006, ha esperienza specifica in un ruolo delicato ed agognato. E’ stato accusato di fare la formazione seguendo solo la classifica mondiale, ma nel caso specifico non aveva alternative. Anche col senno di poi, a Genova, come poteva sostituire, sulla terra, la Errani, finalista del Roland Garros 2012 e già numero 5 del mondo? Come rinunciare al doppio numero 1 del mondo e campione di tutti gli Slam? Come escludere la Giorgi per lanciare una Knapp oggi opaca? E, ad Astana, con Fognini che è arrivato dalla terra sudamericana al cemento solo mercoledì (per la visita medica annuale), ha fatto bene ad allenarlo un po’, evitandogli il primo singolare a favore di chi aveva appena battuto Raonic (Bolelli), affidandogli il doppio e quindi il singolare decisivo, sul 2-2. Non ha avuto la freddezza di mascherare le carte e far riscaldare anche Bolelli – titolare sulla carta -, ha svelato subito le sue mosse, ma le scelte sono incontestabili. 3 Magari Barazzutti non trasmette, o non trasmette più, quella carica extra, che Amelie Mauresmo ha dato a Garcia e Mladenovic. Corrado non è un istrione. Ma – non dimentichiamolo -, come persona seria, posata, silenziosa, affidabile e non appariscente -, insieme a Renzo Furlan, ha accompagnato Francesca Schiavone alla conquista del primo Slam del tennis donne italiano al Roland Garros 2010, ed ha aiutato l’altro purosangue, Fabio Fognini, l’anno scorso, in delicatissime tappe di Davis. Come domenica ad Astana davanti a una quindicina di chiamate sbagliate – ad arte? – dei giudici di linea ha esaurito tutta la carica e anche un po’ del carisma? E’ l’ora di tecnici più giovani e moderni? Forse Diego Nargiso e Flavia Pennetta sono già pronti. Ma Barazzutti non ha perso l’affetto e la stima del gruppo. Come gli ha pubblicamente detto Fognini…..

 

Essere Fognini, il genio della sregolatezza

 

Roberto Perrone, il corriere della Sera del 10.03.2015

 

Eroe da Slam, inaffidabile in Davis: il tennista azzurro non trova mai un equilibrio «Abbiamo vinto uno Slam, ca..o». Francesismo concesso per la vittoria del doppio, con il sodale Simone Bolelli, agli Australian Open, 56 anni dopo Orlando Sirola e Nicola Pie-trangeli, Roland Garros 1959. L’uso della parolaccia è una costante in Fabio Fognini, the Fab Fabio, il tennista numero 1 d’Italia che passa dalla polvere di stelle alla polvere. E viceversa. Un anno fa a Napoli, alla rotonda Diaz, era «o surdato ‘nnammurato», eroe della clamorosa rimonta (da 1-2 a 3-2) ai danni della Gran Bretagna. Davanti all’amata Flavia Pen-netta accorsa sulle tribune a sostenerlo, stroncò il campione di Wimbledon Andy Murray e avviò l’inaspettato successo. Due settimane fa, a San Paolo, ha superato Rafa Nadal. Domenica è crollato con lo sconosciuto Aleksandr Nedovyesov, ucraino naturalizzato kazako, ex maestro di tennis richiamato in servizio, sotto Fabio in classifica più di too posizioni. Brutta sconfitta, certo, anche se in Coppa Davis spesso i Nedovyesov siamo stati noi, grazie a campi, giudici (mai come quelli kazaki,), pubblico, patriottismo. La Davis trasforma brocchi in eroi e noi ne abbiamo approfittato tante volte. • Fabio, 28 anni il 24 maggio, si colloca nel solco di quei tennisti italiani sempre in precario equilibrio tra genio e sregolatezza. Scuro e tenebroso, con la faccia da eroe romantico di un romanzo di Dumas, padre e pure figlio, Fabio è ligure di Ponente, essenzialmente un ibrido. Genovese ma non troppo, piemontese così così, una scorza di nizzardo. Non gli place l’etichetta del bad boy, preferirebbe quella del bravo ragazzo, ma ha bisogno di essere sempre contro. Basta guardare gli “sguardi taglienti come certi rovesci che rifila ai giornalisti. È capace di grandi slanci, è un pessimo elemento che, Amburgo 2014, dà al serbo Filip Krajinovic dello «zingaro di…» («Ma non sono razzista, non ce l’avevo con lui, sono pentito»). Un tennista con grandi colpi, avvezzo all’impresa, il primo dopo Panatta a vincere due tornei Atp di seguito (Stoccarda e Amburgo 2013). Uno specialista nei maltrattamenti alla racchetta, in linea con la grande tradizione nostrana del «racket abuse». Solo a Wimbledon 2014, 27.500 dollari di multa. Insomma Fabio, che giocava mezzapunta e tifa Genoa (e Inter), bisogna prenderlo così. Bello e impossibile, pigro ma geniale, esplosivo e indolente, di mugugno facile e di grande generosità. In ogni caso, visto l’arbitraggio in Kazakistan, ha dimostrato di essere, da un punto di vista comportamentale, in netto miglioramento. Quei giudici di linea truffaldini altro che «francesismi» avrebbero meritato.

 

Mayer e Souza, svelateci il vostro segreto

 

Piero Valesio, tuttosport del 10.03.2015

 

E’ un altro sport, ovviamente. Quello che si pratica sulla terra in Coppa Davis. Se poi mettete uno di fronte all’altro due giocatori che tendenzialmente non schiodano i loro piedini dalla riga di fondo nemmeno se rincorsi da un branco di rottweiler affamati allora si è anche di fronte alla sublimazione di quell’altro sport Leonardo Mayer (argentino) e Joao Souza (brasiliano) hanno dato vita al match più lungo della storia della Coppa Davis: alla fine ha vinto Mayer per 15-13 al quinto. Dopo 6 ore e 42 minuti di gioco. Siamo lontani dal record assoluto che è, come i più ricorderanno, quello firmato da Isner e Mahut a wimbledon 2010 quando raggiunsero le undici ore e 15 minuti spalmate nell’arco di tre giorni. Ma la loro fu un’impresa sì ad alto livello di fatica psicologica ma meno dispendiosa sul piano fisico, come superficie erbosa impone: Mayer e Souza si sono scannati da veri terraioli ed è per questo che il loro record ha un sapore particolare. Certo sarebbe bello se i due svelassero (dato che oltretutto nessuno dei due è un ragazzino) come sono riusciti a ra. p ungere una condizione fisica tanto mirabile. Souza in particolare: nella giornata di venerdì il brasiliano aveva conquistato il primo punto del match superando al quinto Berlocq dopo cinque-ore-cinque di gioco. Mayer se l’era cavata in due ore e 39 minuti per battere Bellucci. D’accordo: entrambi hanno avuto una giornata, il sabato, per dare requie alle stanche membra Ma undici ore di gioco in 72 ore di vita non sono cosa da nulla Tanto per dire. in Belgio-Svizzera Bemelmans è andato in crisi, con tanto di crampi, dopo si e no due ore di gioco: permettendo a Laaskonen di vincere il match e tenere vive le speranze svizzere di raggiungere una clamorosa qualificazione. In questo caso diciamo così, la preparazione non era stata ottimale: di certo quella di Souza era invece ammirevole. Certo è che quando il tennis viola i tempi televisivi che purtroppo si sono arrogati il diritto di regolare, senza che ce ne accorgiamo, il nostro vivere quotidiano è sempre una gran bella sensazione. Si prova lo stesso piacevole spaesamento di quando all’improvviso ci si trova ad avere a che fare con una sorpresa positiva: un evento che si polunga nel tempo, vive di vita propria, trasmette la nitida sensazione di non voler finire. E poi qualcuno dice che la Coppa Davis è vetusta e non dà emozioni: le emozioni le trasmette eccome restando ciò che è. E meritandosi per questo la passioni di milioni di persone. Qualcosavorrà pur dire.

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