Fognini, fine del sogno ma quanti applausi (Clerici). Federer e Nadal non tradiscono, Nole è un diesel (Crivelli). Fognini, “Brucia troppo perdere così” (Viggiani). Andy e Serena, fantasmi del Foro (Stoppini, Calabresi).

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Fognini, fine del sogno ma quanti applausi (Clerici). Federer e Nadal non tradiscono, Nole è un diesel (Crivelli). Fognini, “Brucia troppo perdere così” (Viggiani). Andy e Serena, fantasmi del Foro (Stoppini, Calabresi).

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Fognini, fine del sogno ma quanti applausi (Gianni Clerici, La Repubblica).

Fabio Fognini ha perduto un match ammirevole, degno degli illustri antenati che l’avevano preceduto sul campo ora intitolato a Nicola Pietrangeli. Lo ha perduto contro un insolito avversario, un tipo che ancora non ha vinto uno Slam per ragioni che collego all’esistenza di un personaggio quale il Soldato Schweick, ben noto protagonista del romanzo di Hasek che è riuscito a sintetizzare le caratteristiche di alcuni grandi tennisti boemi, da Jaroslav Drobny a Ivan Lendl. Più volte sconfitti per ragioni freudiane prima che muscolari, e vincitori dopo aver alfine approfondite le cause dell’impotenza agonistica. Cause che Berdych non sembra ancora essere riuscito ad analizzare. Avrei desiderato anch’io ammirare dal vivo la partita di Fabio. Ero riuscito a raggiungere a stento il primo gradino superando il muro umano dei tifosi, quando un controllore mi ha urlato “Non vede che non ci sono più posti?”. Preoccupato a causa della sua irata determinazione, mi sono allontanato, per informarmi. Angelo Mancuso, capo ufficio stampa, mi ha gentilmente comunicato che sul Pietrangeli non era più prevista una tribunetta per i giornalisti. Di ciò informato, il Direttore dell’impianto, Fabrizio D’Emilio, aveva pensato di riservare 20 posti ai cronisti, pur senza indicazione nominativa. Come non ritenermi complice, a causa di un mancato anticipo di una mezz’oretta, oltreché di una antica consuetudine con i tornei europei? Mi dilungo in quello che può apparire un eccesso di protagonismo, per l’insoddisfazione di non aver seguito l’incontro che su un televisore. Qualche decina d’anni di esperienza televisiva mi hanno convinto che le immagini di uno schermo sono ben lontane dalla realtà dalla verità della vita. Credo infatti di aver seguito qualcosa di simile ad un film, privo dei sospiri e delle esclamazioni dei protagonisti, della loro fatica, dei commenti degli spettatori. Segnavo su un grosso taccuino tutti i punti, ma se mi si domandasse seccamente “Perché ha perso Fabio?”, avrei qualche incertezza nel rispondere: “Perché in un tie-break decisivo vince chi serve meglio, più potente, e Fognini ha messo una sola prima, tra l’altro mandando poi out la volée”. Quanto a servizi, quel caso clinico di Berdych si distingue per uno dei lanci di palla più alti del circuito, lui che già è 1 metro e 96. Questo apparente dettaglio fa sì che nei giorni di vento il lancio divenga autolesionistico. Oggi non è stato così e forse, la differenza tra le rispettive battute è valsa soltanto ad affaticare ancor di più Fognini, oltre che a superarlo nel decisivo tie-break. Occorre adesso dare una minima informazione sui ritiri. Serena si è ritirata per un gomito dolente, mentre Murray è stato probabilmente visitato dalla non troppo misteriosa sindrome del Roland Garros, torneo che spera di vincere affrontandolo più riposato. Si è rivisto un Nadal che appare quasi risanato, e un magnifico Federer, aiutato dalla distanza breve. Infine, questo articolo più volte ricostruito, ha rischiato il doveroso cestino, quando un gregario quale Thomas Bellucci ha dominato il primo set contro un Djokovic irriconoscibile, per riavvicinarsi pericolosamente nel terzo da uno svantaggio che pareva definitivo. Già in difficoltà nel primo incontro con Almagro, Nole sarà costretto a un vivo miglioramento, se pensa di vincere il torneo, come gli riesce ormai settimanalmente.

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Federer e Nadal non tradiscono, Nole è un diesel (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport).

I1 pubblico di Roma, se non ci fosse, bisognerebbe inventarlo. Perché in una giornata caratterizzata dall’ottima prestazione di Fognini e dai ritiri di Murray e Serena, alle nove di sera la battuta della settimana sgorga improvvisa dal genio di uno spettatore non particolarmente attizzato, come tanti del resto, dai 4 match fin lì andati in scena sul campo principale: “Aho, ma nun ce potevate mette la Bellucci vera?”. Le risate che come un diapason cominciano ad allargarsi a tutta la tribuna hanno il potere di risvegliare dal letargo un Djokovic sonnacchioso, che contro il Bellucci giocatore, numero 68 del mondo, ha appena regalato il primo set e sembra incapace di leggere le velenose traiettorie di dritto del brasiliano. La seconda ora di gioco, così, torna a non avere storia come era nei pronostici, anche se il numero uno continua ad essere troppo falloso e nervoso pur con gambe assai reattive. Nole, al 19 successo consecutivo in stagione, avrà bisogno di ben altra consistenza contro Nishikori, il giapponese di Florida re dell’understatement ma ormai rivale assai tignoso sulla terra. Un quarto nobile, che rivaleggia per blasone con quelli della parte bassa del tabellone, degni davvero di un quinto Slam, con tre vincitori di Major e un finalista di Wimbledon, in soldoni Nadal contro Wawrinka e Federer contro Berdych. Roger, che manco doveva starci a Roma, ha già fatto meglio dell’anno scorso (uscì al 2 turno da Chardy) e sta mostrando una condizione atletica spumeggiante. Il numero due del mondo si incarta un po’ al momento di mettere all’angolo lo spilungone Anderson, facendosi recuperare da 5-2 a 5-5 nel secondo set, ma non dà mai l’impressione di trovarsi in pericolo: “Perché ho deciso di giocare questo torneo? Nella testa di un tennista passano tante cose, dopo Madrid mi sono reso conto che poteva essere un’opportunità, credo occorra essere flessibili e proporre aggiustamenti al proprio programma e al proprio fisico, questo era lo scenario ideale dopo l’eliminazione precoce a Madrid”. Lo si sussurra ancora a bassa voce, ma l’idea di una semifinale vecchio stile e vecchi tempi contro Nadal comincia a far tremare la terra del Foro. Rafa stampa due break chirurgici in faccia all’altro gigante Isner, uno per set, diventando il primo a strappare il servizio all’americano dopo 86 turni di battuta( l’ultimo, peraltro, era stato sempre lui, a Montecarlo). Un altro passo verso il paradiso perduto: “Ho giocato bene da fondo, ho limitato gli errori, ho recuperato buone palle soprattutto con il passante”. Era la sua 50′ partita a Roma, il bilancio è un abbacinante e incredibile 47-3: “In passato, quando vincevo moltissimo sul rosso, non l’ho mai considerata una cosa normale, ma qualcosa di assolutamente speciale. Per questo devo accettare tutte le sfide che mi si presentano, sapendo che arrivano settimane buone ed altre cattive, però con la motivazione di trovare sempre la via giusta”. L’ultima volta che incrociò Wawrinka, il rivale di oggi, in palio c’era un torneo dello Slam, gli Australian Open 2014, e lo svizzero lo batté per l’unica volta in 13 incontri. Allora, peraltro, pareva che Stan potesse insediarsi stabilmente nel meraviglioso mondo dei Fantastici Quattro, ma il 2015 non è stato altrettanto prodigo di sorrisi, con il doloroso strascico del divorzio condito da polemiche e accuse (a lui) di adulterio. Per dire: lo svizzero di scorta, prima di ieri, non aveva vinto due partite consecutive nello stesso torneo da Rotterdam in febbraio. Malgrado pantaloncini rivedibili, Stan the Man rinfodera le velleità dell’austriaco Thiem, talentino che si farà. Nei 2008, proprio a Roma, Wawrinka giocò la finale e per la prima volta entró nella top ten. L’ispirazione, a volte, può tornare dal passato.

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Fognini, “Brucia troppo perdere così” (Mario Viggiani, Corriere dello Sport).

Il pubblico del Foro Italico ha sostenuto fino all’ultimo Fabio Fognini, contro Tomas Berdych, negli ottavi degli Internazionali BNL d’Italia. Il Pietrangeli era ancora più gremito del giorno prima, quando Fabio aveva battuto il bulgaro Dimitrov. Stavolta però l’ha spuntata il ceco al tie-break del terzo set. I numeri della partita dicono che il numero 1 azzurro ha collezionato più punti del rivale (99 a 97), tanto al servizio quanto alla risposta, solo che alla fine ha vinto l’altro, più abile a sfruttare le poche palle-break (2 su 4, 50%) rispetto alle tante del nostro (2 su 10, 20%). Un vero peccato, perché Fognini avrebbe meritato di affrontare oggi Roger Federer nei quarti. E invece la chance se la giocherà Berdych, che da lunedì diventerà 4 del mondo per la prima volta in carriera. Un inizio strano, con Berdych filato subito sul 3-0 nonostante sia stato costretto ai vantaggi nel game di apertura e soprattutto nel terzo, quando Fognini non è riuscito a trasformare ben tre palle-break nonostante il rivale fosse praticamente nullo con la prima di servizio. Che invece nel settimo gioco gli ha evitato di far risalire Fabio sul 3-4 con un ace che il ligure ha commentato alla romana (“’Cci tua!”). Sembrava quasi che il secondo set fosse una replica del primo, con Tomas sfrecciato sul 2-0 dopo il break piazzato nel game di apertura. E invece a quel punto Fognini ha tirato fuori tutto il suo estro: solido al servizio, dominante negli scambi, protagonista dei punti più belli di tutta la partita, ha collezionato cinque giochi di fila e ha chiuso per 6-3. Il set decisivo è andato avanti sui binari dell’equilibrio fino al tie-break, dove Tomas è stato quasi inappuntabile e Fabio invece ha avuto una flessione fatale, con quattro errori di troppo: 7-2 e l’onore delle armi. Fognini lascia Roma contento anche più che a metà. “La sconfitta brucia, ci mancherebbe, anche perché avevo l’acquolina in bocca… Brucia per come è maturata, solo al tie-break del terzo set, e magari brucia due volte perché è arrivata qui a Roma. Ma ho lottato fino alla fine, non ho nulla da recriminare se non quelle chance nel primo game del terzo set. Esco a testa alta dal torneo, con un gran feeling di gioco e un rapporto splendido con il pubblico di Roma, dopo le incomprensioni dello scorso anno. In queste due partite sul “Pietrangeli” mi hanno aiutato tantissimo”. E adesso? “Vado a Parigi con una gran voglia di far bene, al Roland Garros. Sono in un momento quasi ottimale di forma, molto buono, sia tecnicamente che fisicamente, sui livelli del best ranking di un anno fa. E poi gioco bene quando i match sono al meglio dei cinque set: a me piace, può anche servirmi quando faccio fatica a entrare subito in partita. Sulla terra ho vinto tutti i miei tornei, ho ottenuto i successi più importanti: cercherò di stare sul pezzo per sfruttare ogni opportunità”.

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Andy e Serena, fantasmi del Foro (Davide Stoppini, Marco Calabresi, La Gazzetta dello Sport).

I 70 minuti che hanno sconvolto gli Internazionali d’Italia iniziano alle 13.40, quando viene annunciata l’imminente conferenza stampa di Andy Murray: si capisce subito che c’è qualcosa di strano, i giocatori parlano dopo la partita, non prima. Il motivo è presto spiegato: lo scozzese deve ritirarsi. Pazienza, avrà pensato chi sul Grandstand ha appena finito di vedere Ferrer battere il connazionale Garcia-Lopez: adesso restiamo qui e ci godiamo Serena Williams. Che però sul quel campo non arriverà mai: dopo i trionfi del 2013 e del 2014, non gioca neppure gli ottavi. Lì dovevano giocarsi 5 incontri, diventano 3: per riempire, viene spostato il match tra Kvitova e Jankovic, previsto sul campo n 1, ma è una beffa, tanto che c’è persino chi si informa negli info point per chiedere il rimborso del tagliando. Su Twitter, però, comincia a infoltirsi l’esercito delle malelingue: e se Serena si fosse ritirata perché non le è stato riservato il Centrale? La versione ufficiale, invece, è un problema al gomito destro, “cominciato a Madrid – spiega Serena -. Non è stata una decisione facile, ma in chiave futura è la migliore per me. Amo Roma e i tifosi sono speciali: volevo difendere il titolo, ma devo fare il meglio per la mia carriera”. Che, tradotto, vuol dire non rischiare di saltare il Roland Garros: si torna al solito problema, di un calendario sulla terra troppo compresso (con Roma che, non a caso, da anni chiede più spazio), che porta i giocatori a dover fare delle scelte. Prima Madrid, poi il Foro Italico, infine Parigi in un tabellone a 128. Tanti sono macchine, non tutti. Andy Murray, da Madrid, ci era arrivato da vincitore e da vincitore aveva iniziato gli Internazionali, battendo il francese Chardy. Tutto bene mercoledì, non ieri mattina: “Dopo 40 minuti di allenamento, ho accusato molta stanchezza. Sono state settimane intense per me: ho giocato 10 match in 12 giorni, non mi era mai capitata una stagione così sulla terra. Ho bisogno di andare a casa e dormire, poi andrò a Parigi”. Nel 2013, fu Maria Sharapova a lasciare Roma, sempre prima dei quarti, sempre per un malessere non meglio precisato. Nei quarti ci sono il belga Goffin che ha approfittato del ritiro di Murray e oggi affronterà Ferrer, e l’americana McHale, che in una sfida tra qualificate se la vedrà con la Gavrilova, che l’altro ieri aveva fatto fuori Ana Ivanovic. Due forfait eccellenti esattamente nello spicchio dei tabelloni dove c’erano gli italiani: non tanto Arnaboldi, che se avesse battuto Goffin si sarebbe trovato davanti Tsonga (un altro che se incrocerà Murray, proverà a vendicarsi), quanto Sara Errani, che battendo la McHale si sarebbe qualificata ai quarti e nello stesso tempo evitato di riaffrontare Serena Williams, con cui l’anno scorso giocò una finale da infortunata. Durò 74 minuti, quattro in più del doppio misto di ritiri di ieri, ma nessuno si azzardò a pensar male.

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