Incredibile Fognini, sembra un film (Clerici). Fognini, il gladiatore geniale (Valenti). Fognini croce e delizia, ieri solo delizia (Lombardo). Rovesci a una mano e pallonetti, è il tennis per i palati più fini (Giua)

Rassegna stampa

Incredibile Fognini, sembra un film (Clerici). Fognini, il gladiatore geniale (Valenti). Fognini croce e delizia, ieri solo delizia (Lombardo). Rovesci a una mano e pallonetti, è il tennis per i palati più fini (Giua)

Pubblicato

il

 

Incredibile Fognini, sembra un film (Gianni Clerici, La Repubblica)

Gliela daranno una racchettina d’oro a Fognini? Era il giorno, oggi, nel quale in seguito ad una lontana iniziative di uno scriba, Lino Cascioli, questo premio, simile alla Hall of Fame, o se leggete al Pulitzer, veniva assegnato a due tennisti, Martina Hingis e Michelino Chang. II premio, per un ritardo di Michelino, che allatta Nishikori, veniva consegnato sul Campo Centrale, la sera, e non su quello delle Statue, ora giustamente chiamato Pietrangeli. Centralino esistente dal 1935, sul quale i più vecchi ricordano le grandi affermazioni di Nicola, Gardini e Panatta, per non parlare dell’oriundo Mulligan. Il senso storico di Sergio Palmieri, figlio di quel Giovannino che vinse a Milano nel 1934, prima che Mussolini imparasse il diritto – da cui lo slogan Noi tireremo diritto – aveva forse previsto che la nuova vittoria di un italiano, per ora meno irresistibile degli antenati, si verificasse sul Pietrangeli, e non sull’Innominato, com’è definito il nuovo Centrale, in attesa del perdono vaticano a Panatta.

Fabio Fognini, eguale al se stesso delle giornate-sì, è riuscito a immaginare un terzo set che è apparso, anche ai tifosi più entusiasti, simile allo happy end di un regista tanto ottimista da sfiorare un’aurea banalità. Simile set è giunto dopo due prime partite molto equilibrate, in cui Dimitrov prevaleva grazie a battuta e diritto, mentre Fabio appariva più creativo e vario nelle rotazioni. È stato nel terzo che, mentre il bulgaro non si scostava troppo dall’abituale efficienza, Fognini si è servito delle sue traiettorie solide ma attendibili per trapungerle di qualche ricamo consentito soltanto a una manina benedetta. E, nel dichiarami lieto non soltanto del risultato, ma di un unico lancio di racchetta, passo ad annunziare che il match di oggi, contro un tipo in grande condizione quale Berdych, non vede Fabio privo di speranze di potersi ripetere, Simile felice pomeriggio è stato purtroppo offuscato dalle sfortune di Sara Errani. La sua abituale regolarità, il suo senso tattico, non sono stati sufficienti per arginare l’aggressività di una bambinaccia americana, Christina McHale, che qualcuno si era permesso di paragonare a McEnroe, temo soltanto per il prefisso. Al di là di una insolita tendenza all’errore, Sara ha sofferto sin dal lancio di palla, che le esce di mano in modo tale che mi permetterei, coach dilettante, di suggerirle con cinque dita, e non con tre. E, probabilmente, non ha concorso ad aiutarla la temperatura estiva, che le aveva imporporatole guance sino a farla apparire mascherata. È seguita l’abituale apoteosi di Federer, o meglio il suo tipico allenamento contro una regolarista falloso quale Cuevas (…)

——————————————

Fognini, il gladiatore geniale (Gianni Valenti, Gazzetta dello Sport)

Il cuore oltre l’ostacolo. Bravo Fabio, hai fatto emozionare l’Italia del tennis che una volta di più ha capito di avere un potenziale campione pronto ad esplodere da un momento all’altro. Quella con Dimitrov poteva essere la partita della svolta. Dentro lo splendido catino dello stadio Pietrangeli con il fiato e la passione dei tifosi sul collo non potevi ne dovevi sbagliare. E così è stato, domando nel miglior modo possibile la pressione del torneo di casa che così tante vittime ha fatto tra i nostri colori negli ultimi due giorni. Vincere l’effetto Roma è come passare un esame di maturità. Le gambe non tremano più, comandano il cuore e la testa. Come un gladiatore nel suo Foro, hai condotto il match dall’inizio alla fine. Forse potevi anche chiuderlo prima, ma poco importa di fronte a questo risultato. Quando in campo usi la racchetta per ricamare e non come una clava i risultati si vedono, eccome. Davanti avevi un signor avversario, uno tosto che ha fame di risultati e gloria. L’hai demolito tirando fuori dal cilindro anche una dote che poche volte avevamo ammirato, la pazienza. Quella di costruire la vittoria punto dopo punto, non demoralizzandosi per un colpo giocato male. Confessiamo che abbiamo tremato al primo gesto di rabbia: «Adesso ci ricasca, ed è finita». Invece ci hai smentito e ne siamo felici. La gente ti ha trascinato e tu hai cavalcato l’onda caricandoti e caricandola. In un copione meraviglioso che solo lo sport può scrivere. Una giornata da incorniciare, già nei libri di storia del nostro tennis. Ma, caro Fabio, è un capitolo chiuso. Oggi è un nuovo giorno (…)

—————————————-

Fognini croce e delizia, ieri solo delizia (Marco Lombardo, Il Giornale)

Il campo dedicato a Nicola Pietrangeli è un pezzo da museo del tennis: un catino di marmo circondato da statue che di solito si riempie per le cose importanti. Ed in effetti ieri l’evento meritava: in campo infatti è scesa la versione Dottor Jekyll di Fabio Fognini e quando è così non ce n’è per nessuno. Neppure per Grigor Dimitrov, il predestinato del dopo Federer che dovrebbe fare sfracelli e spesso combina disastri. Ma in realtà ha fatto tutto Fabio, croce e delizia del nostro tennis. Tanto delizia, ieri, che intorno al Pietrangeli si contavano appunto cinque file di gente in piedi per riuscire a spiare anche solo un angolo di campo. Ne è valsa la pena: per il tie-break vinto al primo set 11-9 da Fognini-Jekyll e per il 6-0 del terzo (dopo il 4-6 del secondo), chiuso con un rovescio da manifesto: «È vero, sono più tranquillo in campo, ci ho lavorato su: cosa ho fatto per diventarlo però non ve lo dico. È stata una bella partita, battere uno come lui non è poco, credo che il pubblico di Roma abbia notato che sono diverso rispetto al passato».

Davvero diverso da riprovarci oggi contro Berdych, uno dei big – come Murray e Nadal – ancora in gara in tabellone: «Lui tira forte, ma io ce la posso fare. È difficile, ma vedremo». E Mister Hyde? C’era purtroppo e in versione Miss, così alla fine negli occhi di Sara Errani – quasi più azzurri del solito – si leggeva un’aria insolita. Sarà perché perdere così – con un doppio 6-4 dall’americana McHale – non è da lei. E sarà soprattutto perché è Sara e non siamo abituati a vederla così. C’è qualcosa nell’aria insomma, forse tutto è cominciato con il divorzio di qual- che mese fa con l’amica-compagna di doppio Roberta Vinci e ancora nessuno ha ben capito come mai: c’è chi dice che in fondo non è successo nulla, c’è chi dice che adesso mangiano perfino in tavoli separati, però insomma in quegli occhi azzurri qualcosa è cambiato. Soprattutto quando Sara ti dice «questi risultati rendono l’idea di quanto ho fatto negli anni passati». E così sembra quasi una resa, forse no. Però… «Però mi sono sentita senza forze e in un circuito dove le tenniste sono sempre più competitive (…)

————————————–

Rovesci a una mano e pallonetti, è il tennis per i palati più fini (Claudio Giua, repubblica.it)

Il rovescio a una mano segnala l’attitudine alla diversità, al gesto tecnico che resta nella memoria perché ormai raro. I ragazzi che imparano a giocare e decidono, con i loro maestri, che per loro è meglio colpire così, con una mano, non immaginano quanto questa scelta potrebbe influenzare la loro vita sui campi da tennis. Diventassero Top 100, se ne renderebbero conto. I campioni che si citano quando si parla di tennis bello da vedere non usano due mani per dare direzione e forza al rovescio: come Roger Federer, Stan Wawrinka, Grigor Dimitrov, Philip Kohlschreiber e Richard Gasquet. Tutti tra i primi 25 del ranking ATP. E come un austriaco di 21 anni e un grande futuro ad attenderlo, Dominic Thiem, numero 49 al mondo, avversario oggi di Simone Bolelli, il nostro giocatore tecnicamente più attrezzato ed elegante: non per niente anch’egli colpisce di rovescio impugnando con la sola destra.

Il rovescio a una mano del ragazzo cresciuto nella Tennis Academy di Gunter Bresnik a Vienna è quasi perfetto: piega appena le ginocchia, si prepara con la linea delle spalle quasi perpendicolare al fondo campo, impatta con la palla davanti a sé arretrando con il braccio sinistro, chiude con la testa della racchetta che quasi raggiunge e tocca, da dietro, la spalla sinistra. A insegnargli ad eseguire così il fondamentale (per me) più complesso non è stato papà Wolfgang e neanche mamma Karin, entrambi maestri. Il merito è di Bresnik – ha raccontato tempo fa Dominic – che lo ha convinto poco per volta a rinunciare al colpo bimane perché “il massimo dell’aggressività si ottiene colpendo con una mano”. La mutazione, tanto drastica da apparire drammatica, comincia quando il ragazzo è già il più premettente junior austriaco. Va in crisi ma non torna indietro. Una volta ritrovato l’equilibrio tecnico-psicologico, Thiem torna a eccellere. Nel 2011 vince l’Orange Bowl, sorta di mondiale juniores, e pochi mesi dopo disputa la finale giovanile al Roland Garros.

Il passaggio al professionismo è travagliato ma in costante upgrading. Spesso fuori ai primi turni di Futures e Challenger, dopo parecchi inutili tentativi di entrare via qualificazioni nei tabelloni dei Masters ATP arrivano isolati exploit con giocatori titolati come Jurgen Melzer. Nel 2013 Dominic raggiunge i quarti a Kitzbuhel e Vienna e comincia ad allenarsi con un talento naturale come Ernst Gulbis. Nel 2014 ottiene il passaggio al secondo turno a Rotterdam e poi, al secondo turno di Madrid, sconfigge Stan Wawrinka, reduce dal trionfo a Monte Carlo. In agosto conquista la sua prima finale ATP a Kiztbuhel, persa contro il belga David Goffin. In settembre approda al quarto turno a Flushing Meadows. Dominic fa passi avanti anche tecnicamente, migliora il diritto che diventa efficacissimo nell’incrociato ad uscire, rinforza il servizio che ormai gli viaggia a oltre 210, è più preciso. Poche settimane fa incassa il suo miglior risultato in carriera, i quarti a Miami persi con Andy Murray in tre set.

È con uno così che Simone Bolelli s’è perso sul Centrale del Foro Italico, pur giocando un tennis di alta qualità e determinazione. Il bolognese, ATP 57, quasi trent’anni, quest’anno s’è installato con Fognini al vertice della classifica “race” del doppio e, in singolare, s’è tolto la soddisfazione di costringere Federer al quarto set nel secondo turno degli Australian Open. L’altroieri ha chiesto con Fabio l’appoggio del pubblico romano, che ha risposto in forze e a pieni polmoni. Silenzioso, sugli appalti, anche Corrado Barazzutti. Ma non è bastato. Primo set equilibrato, senza break e ben controllato dall’austriaco nel tiebreak, secondo set con il break di Dominic al quarto gioco e il controbreak di Simone al decimo, che è come dire all’ultimo tuffo. Al tie la storia si ripete, con Thiem che negli istanti decisivi mostra di avere il quid che Simone ha sfoggiato solo di tanto in tanto in carriera: dove per quid intendo un mix di sicurezza nei propri mezzi e di culo. (Pensate solo che, se misurata in “quindici”, la vittoria sarebbe toccata a Bolelli per 86 a 85).

Solo apparentemente altrettanto equilibrato il confronto serale (finito 7-6 6-3) tra Fabio Fognini e Steve Johnson, 25 anni, appena un gradino sotto Thiem nella classifica ATP. Il californiano ha un gioco sicuro e costante, sbaglia poco e rischia meno. Il ligure s’è adeguato, forse per tenere bassa la tensione che si sente crescere dentro soprattutto a Roma. Ma l’impressione è costantemente stata che, non appena avesse voluto alzare il ritmo, avrebbe avuto facilmente ragione dell’avversario. Il che è avvenuto solo in due occasioni: durante il tie break del primo set (con Johnson rimasto a secco) e nell’ottavo game del secondo set, quando ha ottenuto il break decisivo. Il colpo della vittoria è stato “alla Fognini”, con un pallonetto che a molti è sembrato il “cucchiaio” di Totti. La classe non è acqua.

Continua a leggere
Commenti
Advertisement

⚠️ Warning, la newsletter di Ubitennis

Iscriviti a WARNING ⚠️

La nostra newsletter, divertente, arriva ogni venerdì ed è scritta con tanta competenza ed ironia. Privacy Policy.

 

Advertisement
Advertisement
Advertisement