Kyrgios, il futuro del tennis. Colpi duri e poche emozioni (Clerici). Watson illude gli inglesi, ma sarà Serena-Venus (Crivelli). Giorgi, con la Wozniacki si può. Seppi: Murray fa paura (Bertolucci). Williams, il ruggito dopo la paura (Marcotti)

Rassegna stampa

Kyrgios, il futuro del tennis. Colpi duri e poche emozioni (Clerici). Watson illude gli inglesi, ma sarà Serena-Venus (Crivelli). Giorgi, con la Wozniacki si può. Seppi: Murray fa paura (Bertolucci). Williams, il ruggito dopo la paura (Marcotti)

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Kyrgios, il futuro del tennis. Colpi duri e poche emozioni (Gianni Clerici, La Repubblica)

Nell’ammirare l’attività dei miei colleghi americani, della cui sezione il mio banco fa parte, mi sorprendo di tecniche che a scuola, anni fa, non mi avevano insegnato. Basta, infatti, aver dinanzi agli occhi il supercomputer in uso a Wimbledon, e potrete leggere tutto quel che la mia nipotina Lea, nove anni e appassionata di tennis, può desiderare. Con un tocco (touch ) potrete infatti collegarvi ad ogni campo, con un altro rivedere il palleggio al rallentatore, con un terzo verificare le statistiche e, alla fine del match, ascoltare le importanti dichiarazioni dei campioni, non solo dalla vicinissima sala delle interviste, ma su un altro paio di canali. Mi sono così sorpreso, verso mezzogiorno, nel vedere alzarsi il mio amico Steve Flink, che, abbandonato il computer, si avventurava verso il campo N.2, per seguire dal vivo una partita. Steve è infatti l’autore di un libro dal titolo “The Greatest Tennis Matches of All Time “, più volte rieditato, e, alla mia domanda «Vai a vedere un nuovo great match ?» rispondeva divertito «Raonic contro Kyrgios, non si sa mai». Decidevo dunque che valeva la pena di evitare una mediocrissima colazione in favore di un sandwich, e lo seguivo, verso il campo N. 2. Non avevo scritto ieri che, per essere un campione, bisogna essere nati nella ex-Jugoslavia, e avere un nome che termina in IC? Raonic fa parte, infatti, di simile etnia, anche se gira il mondo con un passaporto canadese. Ma, chiaccherando con il mio collega, avrei avuto conferma di una origine ancor più complessa di Kyrgios. Infatti, nel ventennio in cui gli Australiani avevano vinto quasi sempre la Coppa Davis, dal 1950 al 70, i campioni “aussies” vantavano cognomi di carcerati o civil servants britannici, sbarcati in quel continente nel 1760, e via via inciviliti sino a scambiare le doppiette con le racchette. Oggi, il rappresentante australiano, e perché no, futuro vincitore di Wimbledon, è figlio di un papà greco, e di una mamma malese. Della mamma indossa una pelle che lo avrebbero fatto scambiare, ad alcuni miei vicini, per un aborigeno. Del papà la stravaganza che, mi dice un mio amico dell’Economist, sarebbe una caratteristica di Tsipras. E, se il mio amico ha ragione, avrei sentito ogni termine proibito dello slang aussie uscire dalle labbra di Kyrgios, così come dalle sue mani usciva spesso la racchetta, una volta addirittura finita in tribuna, sfiorando solo, fortunatamente, il cappello con i fiorellini di un’anziana lady. Ma tutti questi sono dettagli, di certo graditissimi al gruppo dei ‘Fanatics” australiani che, in maglietta verde e gialla, accompagnano il loro campione con eccessi sonori molto insoliti per questo nobile Club. Kyrgios, cosi come Raonic, mi sarebbe parso un modello del tennis contemporaneo, e certo del futuro, connotato da 1) fortissime battute, quasi mai seguite a rete 2) violentissimi diritti arrotati 3 ) rovesci bimani. Il tutto prodotto in serie nella Fabbrica chiamate curiosamente Academy. Sarei lieto di aver individuato in simile ripetitività la principale ragione della vittoria di un futuro Wimbledon Winner ( chissà ) ma sono costretto a limitarmi ad indicare in un tallone malguarito di Raonic la principale ragione della vittoria del gre-aus-lese, Kyrgios. Che ora, eliminato uno dei favoriti del Torneo, incontrerà il francese Gasquet, vincitore del boy-friend della Sharapova, Dimitrov. Ma, senza ritenermi lontanamente simile a un australiano Fanatic, oso pronunziarmi fin d’ora in favore di Kyrgios.

 

Watson illude gli inglesi, ma sarà Serena-Venus (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Quando l’ineffabile Heather, che da piccola aveva il suo poster in camera, sale 3-0 nel terzo set contro un’irriconoscibile Serena Williams e ha addirittura la palla del 4-0 e probabilmente dell’intera carriera, a spingerla non ci sono soltanto i 15.000 del Centrale, ma una nazione intera che si riscopre impero per un pomeriggio. LACRIME E invece la Watson, numero 59 del mondo che qualche anno fa venne addirittura minacciata di morte per il colore della pelle (il padre è british ma la madre è di Papua Nuova Guinea), nonostante una partita di straordinario livello, pian piano si fa risucchiare dall’aura della numero uno, dalla sua presenza più che dal suo livello di gioco, e si lascia rimontare fino al 4-4. Finita? Macché, Serena sciagurata perde il servizio, l’inglesina può chiudere ma arriva solo a due punti dal match e per due volte, prima di arrendersi al 12 gioco, piangente per l’adrenalina, la tensione e la delusione. NIENTE SLAM Se nella storia solo cinque giocatori hanno ottenuto il Grande Slam, significa che si tratta di un’impresa sovrumana. Ed è normale che Serena, regina in Australia e Parigi, cominci ad avere la testa annebbiata man mano che si avvicini al cuore di Wimbledon. E infatti, tre ore dopo il match, a mente lucida, gela i giornalisti: «Non risponderò a domande sul Grande Slam o sul Serena Slam (se vince qui, avrà trionfato in quattro Major di fila ma su due stagioni diverse, ndr), vi dico soltanto che ora sono molto negativa con me stessa e felice per aver vinto una partita così difficile». SFIDA IN FAMIGLIA Chissà se il tuffo in famiglia riuscirà a confortarla di nuovo. Già, negli ottavi di lunedì Serena si troverà di fronte la sorella Venus, per il 26 episodio di una saga cominciata addirittura nel 1998, con la minore avanti 14-11. A Wimbledon, si sono affrontate cinque volte giocando quattro finali (3-1 per Serena). Venere ha faticato meno contro la serba Krunic, già giustiziera di Errani e Vinci, forte di una condizione atletica più che dignitosa e di un gioco a rete senza fronzoli e molto redditizio, come dimostrano i 21 punti su 29 discese. Negli Slam, non si incrociano da sei anni e quindi Serena non fa pronostici: «Io so soltanto che Venus è la giocatrice più forte e più pericolosa che io possa affrontare». Ma intanto dall’altra le arriva una carezza: «Una partita è una partita, noi saremo ancora sorelle». Cuore di casa Williams.

 

Giorgi, con Woznicki si può. Seppi: Murray fa paura (Paolo Bertolucci, La Gazzetta dello Sport)

Nelle prove di singolare abbiamo ancora in gara Camila Giorgi nel femminile e Andreas Seppi nel maschile. Niente di nuovo. Sull’erba i nostri due rappresentanti trovano il proprio ambiente naturale e pur con qualità tecniche differenti riescono ad estrarre il massimo dal loro arsenale. Camila trasmette un tennis fatto di energia pura, mantiene un ritmo forsennato aggredisce fin dalla risposta e si muove alla velocità della luce evitando con destrezza le insidie del manto erboso. Adesso che ha dilatato gli inciampi e che si dimostra concreta anche nelle partite da vincere, affronta con fiducia la temuta Caroline Wozniacki. Per demolire il muro della danese dovrà essere in grado di provare la giusta continuità evitare la ragnatela di scambi e proseguire con il consueto tema tattico. Andreas alle prese con Andy Murray avrà di fronte uno scoglio quasi impossibile da superare. Il nostro numero uno adora gli appoggi bassi procurati dal rimbalzo sull’erba e possiede un timing invidiabile. Rischia però con il suo tennis piatto e lineare di favorire il gioco dell’avversario e dovrà essere bravo a gestire i cambi di ritmo proposti dallo scozzese. Per non essere destabilizzato fin dalla risposta avrà bisogno di tenere alta la percentuale di prime palle e di usare maggiormente le diagonali inserendo improvvise accelerazioni lungo linea

 

Williams, il ruggito dopo la paura (Gabriele Marcotti, Tuttosport)

Le lacrime di sollievo di Serena, quelle di delusione di Heather, Montagne russe di emozioni. Un match che presto si è trasformato in uno psicodramma tra due tenniste che non volevano perdere senza sapere come vincere. Così le occasioni si sono susseguite, puntualmente sprecate, senza soluzione di continuità. Errori gratuiti e vincenti. Allunghi nel punteggio, e recuperi. Un continuo saliscendi di tensione, con climax nel terzo set quando la più giovane delle Williams ha seriamente rischiato di perdere. Non solo il match contro la britannica Watson, ma soprattutto il sogno di completare il Grand Slam dopo i trionfi a Melbourne a Parigi. Certo, la numero 1 Wta vista ieri sul Centrale è apparsa una controfigura confusa e pasticciona. Fatta eccezione per il primo set, che si conclude in 25′, le quasi due ore successive annullano la distanza in classifica (58 posizioni) così come il gap tra i palmarès (67 tornei e 20 Slam da una parte, 2 tornei minori dall’altra).  Pareggiati i conti nel secondo set, nel terzo la Watson scappa subito avanti 3-0. Ha la palla per il 4-0, ma non sa sfruttarla. Ormai nel baratro, Serena trova la forza per rialzarsi ma non per cavalcare l’inerzia quando si porta a condurre 4-3. Nel frattempo il Centrale si trasforma in una bolgia, non mancano schiamazzi e persino qualche fischio all’indirizzo di Serena. «Non avevo mai vissuto un’esperienza simile, c’era un frastuono incredibile, anche durante gli scambi», ha detto poi l’americana. II nuovo ritorno della Watson si spegne quando va a servire per il match: per due volte si trova a due punti dal successo. Il limite tra una sconfitta piena di rimpianti e una vittoria da raccontare. «La cosa che fa più male è che sono arrivata così vicina – le parole di Heather – Ma ho imparato che posso giocarmela anche con le migliori». Soprattutto quando queste ultime incappano in una giornata storta, e si salvano solo grazie ad un misto di esperienza, determinazione mentale e superiorità tecnica. «Non so come sono rientrata in partita». «Francamente a un certo punto non credevo più di poter vincere – l’ammissione di Serena – Non so proprio come sono rientrata in partita. Anche perché in quei momenti più che al match pensavo a cosa avrei fatto domani in caso di sconfitta Mi sono distratta complicando ancor più la situazione». Rischiando di pregiudicare la corsa al Grand Slam. «Ma di quello non parlo. Non pensavo che fosse il mio giorno, anche perché Heather ha disputato un match incredibile, ha giocato benissimo». Più che mai, quest’incontro dimostra come la forza mentale in certi casi possa più di un dritto vincente. «Ho sempre detto che la mia voglia di vincere, o di non perdere, è la mia arma in più. Penso che si sia visto chiaramente anche stavolta». La stessa voglia che giura metterà in campo lunedì, quando negli ottavi dall’altra parte della rete troverà la sorella Venus (autorevole in poco più di un’ora contro la serba Aleksandra Krunic), 5 titoli a testa a Wimbledon. «E un peccato che ci incontriamo così presto. Cercheremo di dare il meglio di noi stesse una volta in campo. Ma al di là del match, lei resta sempre mia sorella. Un legame molto più importante di qualsiasi partita di tennis». L’ennesima riedizione della sfida tutta in famiglia, il “derby Williams” n. 26 in 17 anni, con Serena avanti sia nel computo totale (14-11) che nei match disputati a Wimbledon (3-2). «Ma Venus sta giocando benissimo, la vedo tutti giorni allenarsi. Se fossi neutrale, farei il tifo per lei per tutto quello che ha dato al tennis», sorride Serena.

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