La lunga di notte di chi non ha mollato

US Open

La lunga di notte di chi non ha mollato

Lungo racconto, non poteva essere altrimenti, di una notte di tennis. Durata, tra attesa e match, quasi sette ore, trascorse tra un tweet, una risata con Panatta e ovviamente con Federer e Djokovic

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Roger Federer e Novak Djokovic - F US Open 2015 (foto di Art Seitz)
 

Ci sono i racconti degli inviati, quelli che vale la pena leggere veramente, e poi ci sono i racconti di chi sceglie di non dormire per una notte, solo (si fa dire) per alimentare la passione spasmodica per il tennis. È il caso della notte appena andata in porto, lunga, lunghissima, che in tanti incollati alla tv hanno speso a guardare Federer e Djokovic dare vita al 42esimo duello personale su campo da tennis.

Iniziata con ben tre ore e diciotto minuti di ritardo la partita si è protratta quasi fino alle cinque del mattino “regalando”, a chi aveva la sveglia presto e a chi prestissimo, appena un paio di ore di sonno, magari da farsi anche con la delusione della sconfitta.
Ma una cosa alla volta. Dalle 22 italiane fino alle fatidiche 1.18 è stato un susseguirsi di tweet, commenti (il Live di Ubitennis ne vantava già 1000 prima dell’inizio del match) e vagonate di pagine aperte sul web. Addirittura qualcuno ha osato intraprendere la ricerca di tutte le webcam di New York all’unico scopo di capire se questa pioggia era reale o no. La spola tra TV e social network è stata estenuante. Eurosport mandava in loop la finale femminile, un bel vedere per carità ma dopo un po’ si faceva fatica a esultare ancora per il successo di Flavia. Allora la scelta non poteva che ricadere sui tanto amati social network alla ricerca di tutti gli inviati possibili e immaginari in giro per Flushing Meadows. Una guerra all’ultimo tweet insomma, anche quello dell’inserviente. Ll’importante era constatare le condizioni atmosferiche sullo sfondo della foto. Si gioca non si gioca. Tra un’ora, anzi no. Forse adesso iniziano… Più stancante della partita stessa. Bisogna ammettere che l’organizzazione del torneo in tutto ciò non è stata impeccabile. Hanno posticipato a volte di soli  quindici minuti, quasi a farsi beffa di chi probabilmente aveva mandato giù già due caffè e soprattutto con una veridicità pari al 5%, per essere larghi di manica.

In pratica lo spettatore da divano la prima partita l’ha già giocata prima dell’inizio vero e proprio, consumando anche un sacco di energie. Qualcuno non ha retto, bisogna dirlo, ma onore anche ai vinti. Del resto non ce l’ha fatta neanche Federer a vincere il suo 18esimo slam, non ci sembra il caso prendercela con chi non è riuscito a stare sveglio. Non potrà raccontarlo certo, non potrà dire “ho passato una notte a vedere una bellissima partita”. Non potrà neanche millantarlo perché al giorno d’oggi se non lo twitti non esiste, quindi occhio quando andate al bar oggi. La gente sa tutto!

Il match non ha deluso, è stato di certo più facile stare svegli. A tratti ci si poteva anche dimenticare del costante valzer tra Morfeo e gli Us Open, con l’occhio che come per magia si assopiva e si spalancava (un po’ come la partita di Federer, inutile dire come è stata quella di Nole). Il segreto per evitare che la vita faccia il suo corso e che il sonno sopraggiunga è la scomodità della posizione assunta sul divano, più lo è meno si rischia (ricordatevelo). Piccoli appunti, probabilmente inutili.

Il vero eroe della notte italiana ad ogni modo è stato Adriano Panatta, senza di lui sarebbe stata senza dubbio un’altra partita. Genuino come pochi. Poco prima dell’inizio della finale il nostro Giulio Fedele si chiedeva su twitter se Adriano fosse in commento nonostante l’ora tarda. Puntuale il tweet di Adriano: “mi sono messo il pigiama”. Il buongiorno si vedeva dal mattino. Talmente gradevole nel commento che forse neanche i tifosi di Nole hanno storto il naso per delle affermazioni un po’ di parte. Federer al servizio: “Dai, adesso ci vuole un bel ace. Siiii, è arrivato”. La perla migliore l’ha regalata a fine del secondo parziale: “Sono le tre, e io mi vado a fare un bel caffè”. Non sarà stato l’unico di certo ma per dover di cronaca dobbiamo mettere a verbale che qualche utente di Ubi ha scelto di intrattenersi con birrozzo gelato, a lui tutta la stima della redazione.

In tutto sono state tre ore e mezza di partita, più le tre ore e diciotto di attesa fanno quasi sette ore di tv, pc, tablet e smartphone. Ha vinto Djokovic, secondo successo a New York e decimo slam in cascina, trionfo non schiacciante come a Wimbledon ma pur sempre trionfo. Federer impiegava un’ora a vincere un set ed un minuto a perderlo, ma fatto sta che il serbo era sempre lì, ad aspettarlo al varco. Cannibale.

Il tennis ha nuovamente regalato spettacolo e questo è quello che interessa maggiormente, dichiarazione dei Rogeriani. Ma la realtà è un’altra, recita vagonate di chanche sprecate per lo svizzero e passaggi a vuoto fatali contro questo Nole che renderanno la giornata dei tifosi rossocrociati un inferno in terra. Il risveglio degli sconfitti poi non sarà stato certamente dolce come quello dei vincitori che probabilmente si saranno concessi anche la premiazione e le interviste fino alla prime luci dell’alba. Ah, senza dimenticare che una volta fatte le cinque del mattino non è che poi si prenda sonno così facilmente. Chi scrive, e scusatemi per parentesi personale, ad un certo punto faceva la conta delle ore che mancavano prima di dover “alzarsi” per portare il bimbo all’asilo. The Walking Dead è stato nulla a confronto.

Insomma abbiamo aspettato, tifato, gufato, esultato (in silenzio magari per l’ora tarda), sperato, imprecato, realizzato, riso (per la tifosa di Federer ubriaca senza dubbio), bevuto caffè, fumato nervosamente, di certo non dormito e infine? Infine sarebbe stato bello chiudere con un bel “Buonanotte a tutti”. Sarebbe stato bello…

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