Rafael Nadal, il toro ferito

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Rafael Nadal, il toro ferito

Con la vittoria di Djokovic, la SABR di Federer, i profondi problemi di Rafael Nadal sembravano passati in secondo piano per la stampa. Peter Bodo su tennis.com esamina il momento buio del campione spagnolo, in seguito al fallimento agli US Open

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Vista la stagione che Rafael Nadal sta attraversando, il suo grande rivale e amico Roger Federer, sembra avergli fatto un enorme favore, nella seconda metà del 2015. Tirando fuori dal cilindro la brillante SABR come pezzo forte della sua offensiva, Federer si accaparrato tutti i titoli di giornali. E questo è stato un grande regalo da parte del vincitore di 17 titoli Slam, poiché i titoli che Nadal avrebbe generato a seguito dello US Open, sarebbero stati sgradevoli. Deprimenti. Devastanti per l’anima.

È stato uno US Open eccezionalmente tranquillo per Nadal, seppur guidato dall’ansia; relativamente anonimo a causa del fatto che è stato estromesso al terzo turno. Una volta la sua nemesi aveva il nome di Novak Djokovic. Oggi si chiama Fabio Fognini. Oh, quanto sono caduti in basso i potenti. È stato semplice dimenticare, ammaliati come eravamo tutti dall’opera di Djokovic, il campione, e dall’esplosività di Federer, secondo classificato, di quanto Nadal si trovi nei guai. La migliore considerazione che possiamo tirare fuori è che per una volta Rafa si presenta alla stagione autunnale in una condizione fisica soddisfacente, e non sopraffatto dal tennis. È ancora il n. 7 del mondo e con una solida conclusione della stagione, potrebbe anche risalire in classifica.

Ma non ci scommetterei. Nadal non vince un Masters in autunno dalla stagione 2005, quando ancora Madrid era un torneo indoor. Ed anche quando era al massimo della sua forza, Nadal ha sempre fallito nel torneo conclusivo di fine anno, la coppa dei Maestri. L’incapacità di conquistare quel titoli resterà l’unica, accecante falla nella sua carriera. Anche i rivali di Nadal hanno cercato di sostenere la sua annaspante sicurezza. Poco prima che Djokovic iniziasse la sua campagna agli US Open, parlò di Nadal alla stampa: “Sono sicuro sia davvero motivato a vincere questo torneo. Riesce sempre a crearsi un’opportunità. Non si può tagliare fuori Nadal, uno che ha vinto 14 Slam. Merita di stare tra i favoriti”.

Nonostante gli incoraggiamenti, Nadal non è mai stato percepito come favorito a Flushing Meadows; e fattore più allarmate, non si è comportato come tale. Il pedaggio di un anno oppresso dai problemi e dallo stress, sembra essersi posato pesantemente sulle sue spalle. Mentre le opinioni espresse in sala stampa difficilmente sono cose su cui poter fare affidamento, i giocatori spesso si rivelano, intenzionalmente o meno, quando sono soggetti agli incontri con il cosiddetto quarto potere.

Nadal ha sempre avuto un buon rapporto con la stampa. Hanno sempre apprezzato e valorizzato la sua sincerità, la sua umiltà, così come le sue espressioni colorate (“We gonna see, no?). Ma mentre questa stagione volge al termine, la disponibilità di Nadal a rivelare i suoi dubbi e la sua mancanza di fiducia, ad alcuni è sembrata un’eccessiva voglia di condivisione. Alcuni hanno iniziato a mettere in dubbio la sua capacità di competere. Nadal si è sempre dimostrato positivo – fino alla conferenza stampa della vittoria al secondo turno degli US Open.

“Sono il n.8 del mondo, non il n. 100”, ha protestato. “Non sono poi così male. Quando arrivo qui dopo una vittoria, torno negli spogliatoi e sento sempre chi sta fuori parlare di quanto io vada male. Ogni giorno… Sembra che anche se io vengo qui raccontando la verità, onestamente, questo non vada bene. Non capisco cosa vogliate da me”.

Ed eccolo qui allo scoperto. Si va di male in peggio. Il buon umore finisce a Flushing Meadows, e Nadal inizia a mostrare il suo dolore. È una citazione commovente, come molte ce ne sono state da parte di questo sensibile 29enne il cui atteggiamento in campo è sempre stato accostato a quello di un toro scatenato. È tutt’altra cosa rispetto all’uomo che poche settimane prima a Montreal , ha assicurato ad un interlocutore di come cerca sempre di mantenere un atteggiamento solare, positivo. “Solitamente non perdo il sorriso”, aveva aggiunto. “Non ho un solo motivo per perdere il sorriso, anche se dovessi perdere 100 partite di tennis in futuro”.
Nadal ha indossato quel sorriso a New York, è poi sceso in campo e ha vinto due set contro Fognini, conquistato un break per portarsi 3-1 nel terzo – e poi la sua fiamma si è spenta, perdendo quel set e due successivi. Nadal prima di allora non aveva mai perso in un major trovandosi con due set di vantaggio. E ovviamente c’è una prima volta per tutto. Ma potendo scegliere, non è certo la prima volta che Nadal avrebbe voluto che accadesse.
Eppure, neanche questa sconfitta ha distrutto la sua apparente determinazione. Il 14 volte campione di uno Slam si è rifiutato di definire ‘dura’ questa sconfitta, anche quando questo voleva dire chiudere l’anno per la prima volta in una decade, senza vincere uno Slam.

Anziché lamentarsi, si è aggrappato con le unghie alla speranza:

“La mia mente mi ha permesso di lottare fino all’ultimo (contro Fognini). È qualcosa che avevo perso per un po’, quella sensazione di poter essere lì. A causa del nervosismo, dell’ansia che ho avuto per gran parte della stagione, non ero stato in grado di farlo. Non riuscivo a lottare come avrei voluto, come sono riuscito a fare oggi. Per me questo è un miglioramento significativo”.

È difficile dire se Nadal stesse cercando di tirare fuori qualcosa di buono da una situazione difficile. Da una parte, tutti dovremmo cercare di non stargli così addosso. D’altra parte, i critici dal grilletto facile hanno gli hanno già sparato addosso per la maggior parte dell’anno.

Coloro che credono che Nadal abbia perso mezzo passo, o che non stia più colpendo con la consueta velocità e ferocia, hanno ragione – ma sbagliano. Poiché i problemi che Nadal ha avuto a lungo sulla fiducia sono di certo un fattore inibitorio per il suo gioco. Questo ha avuto ripercussioni strategiche e tattiche che si sono manifestate in modo sottile, subdolo.

“Se colpisci la palla più corta, l’avversario ha più spazio”, spiegava Nadal. “Se colpisci la palla con minore convinzione, allora non c’è abbastanza topspin come prima. Se colpisci più corto, sarai meno veloce. Ma non solo sei più lento; l’avversario colpirà la palla in anticipo, e quindi sembrerà che tu sia ancora più lento. È facile da capire, facile da spiegare, difficile da mettere in atto. Ma ci proverò”.

Rafa Nadal ha fatto questa stessa promessa molte volte durante l’anno. Non l’ha ancora soddisfatta, e sembra difficile che possa riuscire a realizzarla nei prossimi mesi. Questo vuol dire che il 2016 sarà un anno critico per Nadal – e potete essere certi che una volta iniziato, i riflettori saranno puntati ancora una volta su di lui.

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