Grande Schiavone, un ruggito eterno (Crivelli), Vamos baby Francesca (Valesio), Intramontabile Schiavone la Leonessa graffia a Rio (Mancuso), (Giorni), Ma nessuno può dirgli quando è il momento di ritirarsi (Pennetta)

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Grande Schiavone, un ruggito eterno (Crivelli), Vamos baby Francesca (Valesio), Intramontabile Schiavone la Leonessa graffia a Rio (Mancuso), (Giorni), Ma nessuno può dirgli quando è il momento di ritirarsi (Pennetta)

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Rassegna a cura di Daniele Flavi

 

Grande Schiavone, un ruggito eterno

 

Riccardo Crivelli, la gazzetta dello sport del 22.02.2016

 

No, non svegliateci, no. Non ancora. Serve la colonna sonora di Ivano Fossati per festeggiare due settimane da sogno, incredibili, mai viste. La banda delle donne d’Italia suona un rock meraviglioso e dopo la Vinci in Russia e la Errani a Dubai, s’alza pure l’acuto dell’antica leonessa, quella Schiavone tutto cuore che non si piega alla forza del declino e torna a vincere un torneo dopo quasi tre anni (da Marrakech 2013) sulla terra di Rio de Janeiro. Generazione di fenomeni, per rimanere in tema musicale: adesso mancherebbe soltanto che la Pennetta annunciasse il ritorno e potremmo pensare di vivere in paradiso. UMILTA’ Non era mai accaduto che le giocatrici italiane vincessero tre tornei in due settimane. Una risposta perentoria, di classe, urlata a gran voce dopo la delusione in Australia e soprattutto la sconfitta senza se e senza ma contro la Francia in Fed Cup, che pareva il sipario su una storia decennale di straordinari successi Roberta Sara e 3 I tornei vinti dalle azzurre nelle ultime 2 settimane: è la prima volta che accade ed è la prima volta che le donne italiane vincono 2 tornei in sette giorni Francesca sono vive, vivissime. E la Schiavone aggiunge al successo carioca la forza dell’orgoglio e dell’esempio, una vittoria che andrebbe condensata semplicemente in due parole: umiltà e passione. Perché ci vuole amore per se stesse e per il gioco a girare il mondo in tornei che sono cosí lontani dai fasti e dalla gloria di un Roland Carros, che solo un lustro fa si inchinava deferente al talento senza limiti della milanese. Francesca ha vinto uno Slam, prima italiana a riuscirci, è stata numero 4 del mondo, eppure il peso di un fantastico passato non ne ha ancora schiacciato la voglia ardente e la ricerca del divertimento in campo, nonostante il mancato record dei Major consecutivi (si è fermata a 61 non passando le qualificazioni a Melbourne). EMOZIONATA Così, malgrado il set e il break di svantaggio contro l’americanotta Rogers, bella campagnola tornita e rubiconda del South Carolina, la leonessa risale, tornando a disegnare il campo e approfittando dei troppi errori di misura dell’avversaria, che finisce per arrendersi ormai svuotata. E l’apoteosi è un impasto di sorrisi e lacrime, con una Schiavone emozionata come se avesse vinto di nuovo a Parigi: «Sono felice, io so quante ne abbiamo passate, vamos!», griderà inebriata alle telecamere. Di più: al momento della premiazione, estrae da chissà dove un foglietto scritto di proprio pugno e saluta il pubblico, in verità scarsi-no, con un breve monologo in portoghese: «Lo avrei fatto anche se avessi perso, perché questo è un posto meraviglioso e spero abbiate apprezzato la mia prestazione. Ringrazio tutti e mi auguro che possiate godere di una splendida Olimpiade». TOP 100 Per Francesca è il settimo torneo in carriera, il sesto sulla terra, arrivato dopo aver annullato un match point all’olandese Burger nei quarti: «Quando ho scelto di venire a Rio, l’ho fatto soprattutto per la superficie, anche se so che qui le condizioni sono dure e infatti non è stata una settimana fad-le, nonostante mi fossi preparata benissimo…..

 

Vamos baby Francesca

 

Piero Valesio, tuttosport del 22.02.2016

 

Clonatele. Ci sarà pure, nel deserto del Negev, in quello dei Gobi o in quello del Nevada a fianco dell’Area 51, un laboratorio dove certe peculiarità di qualcuno possono diventare patrimonio dell’umanità. E essere poi consegnate (sotto stretto controllo governativo, ovvio) a qualcun altro che se ne sia dimostrato degno. E’ assolutamente necessario che le moschettiere del tennis azzurro vengano sottoposte a tale trattamento perché lo meritano loro e lo meritiamo noi italiani: come potremmo sopravvivere in futuro senza una quindicina tennistica come quello che si è conclusa quando in Italia era sera inoltrata? Ha vinto la Schiavone, a Rio: ha vinto, ha vinto, ha vinto. E che nessuno si azzardi a sussurrare che di fronte aveva una americanotta birracciosa che dovrà mangiarne di pagnotte per imparare qualcosa di diverso dal tirare drittoni da ferma. Non bisogna forse vin-cede le partite contro le americanotte minacciose? Specie quando ce le si trova di fronte dopo una settimana di torneo? E, alfine, dopo aver perso il primo set, per tensione, stanchezza e qualche antico fantasma interiore da mandare al diavolo? Inutile guardare i punteggi Wta in una circostanza del genere. Guardiamo le carte di identità: a 35 anni suonati la Schiavone ha Versione spagnola La Leonessa ha scelto Io stesso linguaggio adottivo di Sara e Flavia battuto una che di anni ne ha 23. E’ tornata a vincere un torneo dopo tre anni ma ci è riuscita da Schiavone: e questo ci basta. La sua palla nel primo preoccupatissimo set si fermava più o meno dove si è sempre fermata negli ultimi anni: a metà campo. Poi, magicamente. E’ tornata a toccare terra molto più in profondità. Francesca ha ripreso a mutare la rotazione e gli angoli dei suoi colpi e ha quasi cambiato volto riuscendoci: è stato come vederla ringiovanire di colpo. Rovescio dopo rovescio, volèe dopo volèe, smash dopo smash ha ripreso a fare ciò che voleva. Forse è stata solo una sensazione ma a tratti è sembrato che avesse voglia di ridere mentre costringeva la sua imberbe avversaria a trattare palle di cui pareva ignorare l’esistenza. Dopo Vinci ed Errani riecco la Schiavone. Che pure lei si è messa a parlare spagnolo. Pazzesco. Manco dopo aver vinto il Roland Garros è esplosa come ieri sera. Una gioia che è diventata lacrime come quella di una ragazzina (normale, non un macchina da punti) che vince il suo primo torneo giovanile. Che l’ha portata a commuoversi anche mentre leggeva un messaggio di ringraziamento in portoghese. L’avete osservata bene ragazzine di belle speranze di tutti i circoli d’Italia? L’avete vista rimettere in carreggiata un match che pote *** va finire in fretta e malissimo? L’avete vista sbattersi su ogni palla come se da ogni singola palla dipendesse il suo destino? Quello è il tennis che dovete imparare. Ora e sempre. Non fermerà il tempo la Schiavone, non c’è mai riuscito nessuno. Ma che ci importa di Serena-Azarenka e dei loro urli belluini: noi stiamo dalla parte di quell’ “ahhh-hu n” che è la colonna sonora di Francesca. Non ci importano gli inchini della Radwanka, le bombe della Kvitova. Noi vogliamo gli stracci bagnati della Schiavo, le palle corte della Errani, il gioco pinkfloydesco (nel senso di colorato) della Vinci. Vogliamo tutto ciò oggi e lo desidereremo anche domani. E poi ci poniamo anche una domanda. Dopo quindici giorni così cosa sta passando nella testolina di Flavia Pennella? Vinci vince, Errani risorge, Schiavone riesplode. E lei pensa solo al matrimonio? Mumble mumble. Dai Flavia sei ancora la numero 7 del mondo. Le tue amiche ti hanno lanciato un messaggio: ti aspettiamo. Firmato Roberta, Sara e Francesca. Quelle di sempre. E noi siamo qui ad aspettare la reunion.

 

Intramontabile Schiavone la Leonessa graffia a Rio

 

Angelo Mancuso, il messaggero del 22.02.2016

 

«È una sfida con me stessa». Un paio di settimane fa a Marsiglia, Francesca Schiavone rifletteva sul perché andare avanti a 35 anni, sul perché continuare pur essendo scivolata fuori dalle top 100 dopo 15 stagioni. Lei, l’azzurra a vantare la miglior classifica nell’era open: n.4. La risposta è arrivata a Rio de Janeiro dove è tornata a conquistare un miracoloso titolo (il settimo in carriera) in un International a quasi 3 anni di distanza dal successo di Marrakech dell’aprile 2013. Non era tra le teste di serie e ha vinto un paio di maratone nonostante il caldo in-female contro avversarie più giovani come la colombiana Duque Marino e l’olandese Burger (alla quale ha annullato un match point). È per queste emozioni che Francesca gioca ancora. ACUTO FINALE Ha completato la festa battendo in finale la statunitense Shelby Rogers (12 anni in meno), che fisicamente ricorda l’ex n.! americana Lindsay Davenport. La milanese si è imposta in tre set 2-6 6-2 6-2. «Sono felice», ha urlato emozionata alla telecamera che la inquadrava in primo piano, prima di leggere un discorso in portoghese che si era preparata e che avrebbe letto anche in caso di sconfitta. «Questa vittoria è una splendida sorpresa – ha aggiunto – era da parecchio che non ottenevo un bel risultato». Abbiamo rivisto una Schiavone competitiva, capace di sorprendere con il suo tennis ricco di inventiva. Anche contro la solida Rogers, grande ‘

 

Schiavone torna Leonessa

 

Alberto Giorni, il giorno del 22.02.2016

 

Non c’è due senza tre. È una settimana da ricordare per il tennis azzurro: dopo il successo di Roberta Vinci a San Pietroburgo, in questo weekend abbiamo assistito a una doppietta da incorniciare. Sabato Sara Errani ha trionfato al Premier di Dubai e ieri è arrivato il ruggito della leonessa: Francesca Schiavone si è imposta al Wta di Rio de Janeiro battendo in rimonta la statunitense Shelby Rogers, di dodici anni più giovane, con il punteggio di 2-6, 6-2, 6-2. E il settimo titolo in carriera per l’irriducibile milanese, che a 35 anni ha ancora voglia di stupire: erano quasi tre anni che non conquistava un torneo, l’ultimo risaliva all’aprile 2013 quando vinse a Marrakech. LA GENERAZIONE d’oro ha colpito ancora: all’appello manca solamente Flavia Pennetta, che ha appeso la racchetta al chiodo (ma il presidente del Coni, Giovanni Malagò, spera sempre di farle cambiare idea in vista delle Olimpiadi in programma proprio a Rio). La brindisina non si è cancellata dalla classifica mondiale; occupa il numero 9 e oggi avremo tre azzurre tra le prime venti, con la Vinci per la prima volta al n.10 e la Errani al n.17. Grazie all’exploit brasiliano, la Schiavone torna tra le prime cento. LA FINALE sull’amata terra rossa è stata uno scontro generazionale con la Rogers, classe 1992, n.131 del ranking. Francesca ha impiegato un po’ di tempo a prendere le misure all’avversaria; ha ceduto nettamente il primo set 6-2 ed era indietro di un break nel secondo. Poi però ha preso con decisione l’iniziativa imponendo il suo ritmo da fondocampo e concedendo solo altri quattro game. Come la Errani sabato, anche la Schiavone non è riuscita a trattenere la commozione durante la premiazione; ha tirato fuori un foglietto e ha letto un ringraziamento in portoghese al pubblico di Rio (che le ha dedicato un sentito applauso) prima di dar sfogo alla sua gioia inondando tutti di champagne. A gennaio aveva vissuto una grande delusione: eliminata nelle qualificazioni degli Australian Open, non è riuscita a eguagliare il record di 62 Slam consecutivi che appartiene alla giapponese Ai Sugiyama, a cui teneva molto. Ma, invece di farsi prendere dallo sconforto, si è rimboccata le maniche per l’ennesima volta. Prima o poi la vedremo capitana in arrurro, intanto è bello godersela ancora in campo a regalare magie.

 

Ma nessuno può dirgli quando è il momento di ritirarsi

 

Flavia Pennetta, il Corriere della sera del 22.02.2016

 

Nessuno, nemmeno un’amorevole moglie, può dire a un campione quando ritirarsi. Nel mio caso, è stato un processo lungo. La decisione è matu rata nei mesi, cercavo di non pensarci e invece l’idea del ritiro s ’infilava di continuo nella mia testa. Poi, la vita mi ha offerto l’occasione perfetta: la finale dell’Open Usa, l’anno scorso, a New York. L’apice della carriera. Avrei annunciato il ritiro anche se avessi perso da Roberta Vinci. Farlo da campionessa Slam, lo ammetto, è stata la ciliegina sulla torta. Per noi donne, forse, smettere è meno difficile: siamo pragmatiche, organizzate, predisposte a fare progetti, desiderose di allargare la famiglia. E poi, rispetto al calcio, il mio è uno sport individuale: decidendo di ritirarmi, non dovevo rendere conto a nessuno, se non a me stessa. Ero pronta, l’ho fatto. Totti è Totti. Un grandissimo, una bandiera giallorossa, l’ottavo re di Roma. Quando Francesco si ritirerà, non smetterà di essere Totti. Quello che ha dato al calcio rimarrà nella storia per sempre. Sono sicura che Totti abbia piena consapevolezza di questo. E, da atleta, capisco che quei pochi minuti in cui è stato schierato in Champions contro il Real lo abbiano fatto sentire messo da parte. È umano, non lo merita. Comunque vada la vicenda del rinnovo del contratto, arriverà il giorno in cui dire basta. Mi permetto di dirgli di non avere paura del futuro: tra Totti e Roma c’è una storia d’amore che non finirà mai.

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