Del Potro il redivivo oscura Wawrinka. Nole, acqua amica (Crivelli). La rivale di Serena che non c'è: un peccato (Bertolucci). Fognini, litigi e k.o. Lopez lo rimonta e vince al quinto set (Crivelli). Del Potro è tornato "Delpo" (Marcotti). Incubo Djokovic, è sotto di due set! Gioia Del Potro, che resurrezione (Azzolini). Del Potro, rinato dalle sue ceneri (Clerici)

Rassegna stampa

Del Potro il redivivo oscura Wawrinka. Nole, acqua amica (Crivelli). La rivale di Serena che non c’è: un peccato (Bertolucci). Fognini, litigi e k.o. Lopez lo rimonta e vince al quinto set (Crivelli). Del Potro è tornato “Delpo” (Marcotti). Incubo Djokovic, è sotto di due set! Gioia Del Potro, che resurrezione (Azzolini). Del Potro, rinato dalle sue ceneri (Clerici)

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Del Potro il redivivo oscura Wawrinka. Nole, acqua amica (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Lacrime di vita. Lacrime di pioggia. La rinascita e la paura. Del Potro piange e si fa il segno della croce, perché la fine del calvario doveva essere marchiata da una vittoria dal sapore antico, contro un avversario al top e di valore come Wawrinka, l’altro che come lui (miracolo Cilic a parte) ha saputo opporsi negli Slam alla dittatura dei Fab Four. Djokovic invece se ne va scurissimo in volto, mentre il centesimo scroscio di giornata arriva a innaffiare il campo numero uno non appena Querrey, 41 del mondo, vince anche il secondo set: fino a lì, la partita di Nole è stata un pianto. Solo la notte dirà se è stata acqua benedetta per il campione di quattro Slam consecutivi, davvero in difficoltà, che come l’anno scorso, proprio qui con il sudafricano Anderson, si ritrova a dover recuperare un match delicatissimo il giorno dopo da due set sotto (anche se allora fu l’oscurità a interrompere e Nole aveva già vinto il terzo). BENTORNATO Sto vivendo senza vivere, sto morendo senza poter morire. Sono i versi della canzone preferita di Delpo («Manda una senal» dei Manà) e la fotografia degli ultimi tre anni, un viaggio nella disperazione tra le corsie di un ospedale per guarire quel polso sinistro martoriato da mille e mille battaglie: «Dopo la terza operazione, nel 2015, ho davvero pensato di non poter più tornare: per questo adesso mi godo ogni momento. Sono tornato ad amare il tennis». II ricordo dell’ultima volta sul Centrale di Wimbledon, nel 2013, è solo un’ombra che trattiene i rimpianti di ciò il destino avrebbe potuto riservargli senza la malasorte degli infortuni, perché fu una semifinale epica persa contro Djokovic: «Che emozione ritrovarmi di nuovo sul quel campo, ma è inutile voltarsi indietro. Questa è la mia seconda o terza carriera, non so se ritornerò ad altissimo livello, ma l’importante adesso è che mi sento di nuovo vivo». Pur con un colpo a metà, quel rovescio che per necessità e anche per un po’ di timore adesso gioca soprattutto in slice, la Torre di Tandil piega uno Stani-mal confusionario e falloso, immagine riflessa della sua stagione fin qui deludente. Lo fa con la solidità al servizio e la spinta sul dritto, riducendo gli errori e benedicendo i 48 gratuiti dello svizzero: «A volte ho paura a tirare il rovescio a due mani, è un lascito di tutto quello che ho passato, per fortuna l’erba è la superficie perfetta per giocare il back, anche perché mi permette di scendere a rete più spesso e di accorciare gli scambi. Però sono ancora lontano dal livello dei migliori, ma sto lavorando duro e l’anno prossimo proverò ad arrivare al cento per cento». LUNGA NOTTE Intanto gode per la vittoria più importante, soprattutto psicologicamente, dopo la discesa nell’abisso, oltre quel buio che nella notte avrà invece accompagnato i pensieri di Djokovic, clamorosamente dominato da Querrey che nel primo set concede appena quattro punti sul suo servizio. E’ una costante, nella marcia inarrestabile di Nole negli ultimi quattro Slam, un match con la spina staccata: appunto Anderson l’anno scorso, Simon in Australia a gennaio (quando vinse nonostante 100 errori gratuiti) e Bautista Agut a Parigi il mese scorso, anche li con l’aiuto della pioggia. Di solito, aver troppo tempo per meditare sfavorisce il giocatore più debole e con minor forza mentale, ma per inseguire la riconferma a Wimbledon e soprattutto la leggenda del Grande Slam, oggi il Djoker dovrà vincere tre set di fila senza concedersi il minimo calo. Se c’è uno che può riuscirci, quello è Robotovic. Ma sarà una lunga vigilia

 

La rivale di Serena che non c’è: un peccato (Paolo Bertolucci, La Gazzetta dello Sport)

Lo sport in generale e il tennis in particolare si nutrono di rivalità. Il settore maschile con Agassi e Sampras, Borg e McEnroe, Federer e Nadal, ne è l’esempio più lampante. Da molto tempo le ragazze, invece, non riescono a proporre una giocatrice in grado di rivaleggiare con Serena Williams e l’unico tentativo è stato fatto con Maria Sharapova. Sicuramente eravamo stati abituati male e le gagliarde sfide tra la Evert e la Navratilova, tra la Graf e la Seles, tra la Henin e la Clijsters avevano a lungo coinvolto e, per certi versi, convertito molti appassionati che fin li concepivano il tennis solo al maschile. Con la repentina uscita a Wimbledon della Muguruza, recente vincitrice a Parigi, si è avuta la conferma che, al momento, non esiste una tennista in grado di lanciare il guanto di sfida alla campionessa americana. La spagnola ha rimarcato la difficoltà che hanno le attuali giocatrici nel dare continuità ai risultati. A parte la Pennetta, che purtroppo si è ritirata, le altre che si erano messe in luce negli ultimi Slam (Radwanska, Cibulkova, Halep, Safarova, Kerber e appunto Muguruza) sono state, ben presto, costrette a fare le valigie nei successivi tornei. Alcune mancano di personalità, altre pagano lo scarso talento, ma quello che preoccupa è l’assenza, in prospettiva, di giocatrici in grado di ricreare rivalità e quindi interesse

 

Fognini, litigi e k.o. Lopez lo rimonta e vince al quinto set (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Paradiso e inferno. Nello stesso giorno. Anzi, nel giro di un’ora e un quarto. Prendere o lasciare, questo è Fognini. Due set, in particolare il primo (10 passanti vincenti di rovescio), da favola, poi lo spirito da battaglia e la concentrazione si annacquano dopo l’interruzione per pioggia sul 4-2 per Lopez nel terzo set: da lì, in campo c’è quasi solo lo spagnolo, con Fabio aggrappato al match più per disperazione che per costanza, come certificano i tre doppi falli in un game con cui regala il quarto set. LITIGIO E il finale è da luci rosse, perché Feliciano vomita addosso a José Perlas, coach dell’italiano, tutta la rabbia repressa durante le 3 ore e 8 minuti del match. I due, da maestro e allievo per qualche mese alcuni anni fa, si sono lasciati male e così sono rimasti rancori mai sopiti. Il giocatore dirà di essere stato offeso all’inizio del terzo set, l’allenatore durante il match invece lo punzecchierà più volte invitandolo a non parlare continuamente dopo ogni scambio. Tensioni che Fabio, peraltro punito con un warning che lo ha fatto piuttosto incavolare («Ho aperto bocca mezza volta, lui non ha mai smesso»), preferisce non commentare in conferenza stampa, limitandosi all’analisi del match: «Ci sono state due partite, e nella prima ho giocato benissimo. Mi ha fatto male l’interruzione, perché anche se ero sotto di un break, mi sentivo bene ed ero in fiducia. Non posso essere felice, è davvero strano fare completare due turni in cinque giorni: però questa partita mi dà il conforto di essere tornato ad alti livelli». FAVORITO Peccato, il terzo turno contro Kyrgios sarebbe stato davvero stuzzicante, anche se il Kid australiano si cava d’impiccio solo al quinto set contro Dustin Brown, il rasta del tennis che a Wimbledon sa sempre esaltarsi. Il tedesco di Giamaica si inventa addirittura una palla corta sotto le gambe, Nick si adegua ma è più solido quando bisogna chiuderla: «Io tra i favoriti del torneo? Certo che sì, ho tutto per vincerlo». .

 

Del Potro è tornato “Delpo” (Gabriele Marcotti, Il Corriere dello Sport)

Il meglio deve ancora venire. Ma per adesso è abbastanza per esclamare: «Mi sento vivo». Non tanto, non solo per la vittoria, ottenuta contro il n. 4 al mondo. Quanto per essere tornato sul Centrale dell’All England Qub, e aver completato e vinto un match importante. Un ritorno, dopo tre anni dall’ultima apparizione, che segna un nuovo inizio, l’ennesimo per Juan Martin Del Potro. Che ieri, superando in quattro set Stan Wawrinka, ha staccato il biglietto per il terzo turno dei Championships. Una piccola grande impresa per l’argentino, ancora lontano dai suoi livelli migliori, eppure incoraggiante considerati gli ultimi due anni. Costellati di infortuni e soprattutto operazioni. Addirittura tre, una al polso destro, due a quello sinistro. Una maledizione che sembrava averlo definitivamente allontanato dal tennis di alto livello. Così depresso che un anno fa, di questi tempi, neppure riusciva a trovare la voglia di seguire i tornei in tv. Ieri è tornato, e sembra non aver intenzione di sprecare un solo attimo «È una sensazione fantastica per me – le parole di “Delpo” – Ero così felice in campo che neppure mi interessava il punteggio. È iniziata la seconda o la terza carriera della mia giovane vita. E’ stata durissima a casa negli ultimi due anni. Mi sono divertito a condividere questi momenti con il pubblico, mi hanno incitato a ogni punto, ed è per questo che ho trovato la forza di lottare fino alla fine». Ha ragione, il Centre Court era all’unanimità con lui e anche l’abbraccio finale, lungo e sincero, con Wawrinka, sta a sottolineare la simpatia che accompagna l’argentino. Perseguitato dalla sfortuna, ma ieri capace di superare il numero 4 del monda. Lo stesso ranking che “Delpo” aveva raggiunto nel gennaio 2010, pochi mesi dopo aver vinto gli US Open. «Ma non sono ancora la meglio delle mie possibilità, e il primo a saperlo sono io. Il mio rovescio non è ancora al 100%, gioco ancora molti slice perché ho paura. Ma vedo che ogni giorno, settimana dopo settimana, sto sempre meglio e questo mi dice che sono sulla strada giusta». Il primo obiettivo, raggiunto, era di tornare a giocare. Il secondo è di tomare competitivo ai più alti livelli in maniera costante. «Sto lavorando duramente per essere un giocatore pericoloso la prossima stagione. Mi è mancato molto il tennis, sono felice anche solo di giocare, ma ovviamente quando batti giocatori così forti cambia tutto in meglio». Anche perché avendo eliminato Wawrinka gli si apre davanti un corridoio invitante. Al terzo turno lo attende il francese Lucas Pouille, 32esima testa di serie. «Dipenderà molto da come mi sentirò fisicamente e mentalmente perché dal mio ritorno ho giocato pochi tornei, ogni match mi sfinisce. E questo sul Centrale mi ha prosciugato ogni energia,. L’ultima volta che aveva calpestato la nobile erba era il 2013 quando era stato sconfitto in semifinale da Novak Djokovic. Un anno dopo un’altra semifinale, epica, quella olimpica, persa contro Roger Federer 19-17 nel set decisivo. Scampoli di un glorioso passato che “Delpo”, rientrato nel circuito solo a febbraio a Delray Beach, vuole attualizzare. Cogliendo tutte le chance die avrà, a cominciare dal confronto di Coppa Davis tra due settimane contro l’Italia. A Pesaro l’argentino ci sarà di sicuro. Non solo peeché in palio c’è la semifinale di Davis, ma soprattutto perché è obbligato se vuole partecipare all’Olimpiade. La strada della redenzione passa anche dal Brasile. Non si sa se passerà da Pesaro quella di Fabio Fognini, che ieri s’è fatto rimontare due set e battere da Feliciano Lopez in una partita sul filo del rasoio emotiva A fine match lo spagnolo frenato a fatica dall’arbitro Bernardes, s’è preso di brutto con Jose Perlas, coach di Fabio. In una giornata ancora stravolta dalla pioggia (per la quarta volta nella storia, si giocherà anche nella domenica di pausa), il n. 1 Novak Djokovic ha quasi compromesso il suo torneo: è sotto di due set contro Sam Querrey, oggi dovrà vincerne tre per salvarsi

 

Incubo Djokovic, è sotto di due set! Gioia Del Potro, che resurrezione (Daniele Azzolini, Tuttosport)

La pioggia tiene in ostaggio il torneo. Lo indirizza. Ne detta i tempi, i modi, persino i risultati. Succede a Fognini, che gioca due set sopra le righe e dopo la sosta perde al quinto da Lopez (e il finale è al calor bianco con parole grosse che volano fra i due e lo spagnolo che accusa il coach di Fabio, Josè Perlas, di averlo insultato). E succede a Djokovic, che è sotto due set contro Sam Querrey. Il messaggio che le divinità del tennis recapitano al numero uno è chiaro: niente può essere dato per scontato nel tennis di oggi, nemmeno un match con un americano già battuto otto volte su nove incontri. Successe qualcosa di simile anche l’anno scorso, con il sudafricano Anderson, un altro spilungone tutto servizio. In ritardo di due set, Djokovic fu bravo ad agganciarne uno prima della sosta per oscurità. II giorno dopo vinse a mani basse. Stavolta si vedrà. Nole è apparso sfiduciato, incapace di trovare i giusti appoggi, e Querrey conosce il gioco a rete, e finora non ha avuto pentimenti. Chissà se gli verranno stanotte, ripensandoci. Potrebbe essere lui, al maschile, la Robertina Vinci di turno. Quello che mette a soqquadro la carriera del n.1, che gli frantuma tutti i sogni di Grand Slam. Oggi sapremo. Erba indoor, sul Centrale. È un altro tennis, però. Ovattato, quasi soffice. Serena gioca metà partita all’aperto e metà al chiuso. Vale la pena di chiedersi se sia regolare, un match così. Sotto il tetto, se non altro, riscopriamo Del Potro. Quanto tempo è passato? Tre anni. L’ultimo Wimbledon di Delpo è datato 2013. Semifinale contro Djokovic, cinque set, una sconfitta amara. Quando ne parla, si vede che la nostalgia lo stringe alla gola. Fu una delle ultime volte in cui riuscì a giocare il suo tennis. II polso sinistro lo piantò in asso ai primi tornei del 2014. Ne giocò quattro quell’anno. E appena due l’anno scorso. Tre interventi chirurgici, dopo quelli subito all’altro polso. Un’odissea. Oggi Delpo gioca senza un obiettivo immediato. Vincere o perdere, e non sentire la differenza. Non è il massimo. Ma lui sta al gioco. Va in campo per esserci, per provarci ancora. Per sentirsi ancora Del Potro . Eppure batte Wawrinka, non uno qualsiasi. E ne va fiero, perdinci, solo che è costretto a chiedersi se domani festeggerà ancora, o se tutto si metterà nuovamente di traverso. Reggerà fino in fondo il suo polso distrutto? Quest’anno si è presentato a Delray Beach, e fin qui ha svolto, fra molte precauzioni, un’attività quasi regolare. Ma il polso fa male, addirittura molto male sul movimento del rovescio bimane. E così, Delpo sferruzza in back, e gli va bene perché si gioca sull’erba e Wawrinka lo soffre. Ma non è ancora lui, e lo sa «Al dolore ci sono abituato. Tiro avanti nella speranza di riuscire a completare la stagione. Se andrà tutto bene, vorrà dire che il polso è tornato a posto, e l’anno prossimo potrò puntare alle prime posizioni». Ora è il numero 165 della classifica che lo ha visto quarto nel 2010. Vuole giocare tutto, però. Anche la Davis contro l’Italia, sul rosso, dove i colpi diventano pesanti. O la va o la spacca. «Inutile accontentarsi. Ho sofferto sin troppo. O torno competitivo, o torno a casa».

 

Del Potro rinato dalle sue ceneri (Gianni Clerici, La Repubblica)

E’ stata questa una giornata spinta sino al tramonto da una lunghissima interruzione per la pioggia, nella quale si sono verificati non meno di tre eventi sui quali il povero scriba non ha certo il tempo di riflettere. Sovrattutti il ritorno di Del Potro, capace di battere Wawrinka, testa di serie n. 4. ll salvataggio in extremis di Serena Williams, insidiata sino a una palla di 4-5 al terzo set da Christina Mc Hale, connazionale cresciuta a Hong Kong, capace di affrontare la conferenza stampa rispondendo non solo in americano, ma in mandarino e spagnolo. Infine il match di Fognini contro il veterano Feliciano Lopez, che di spagnolo ha soltanto il nome, ma gioca quasi fosse un inglese di altri tempi, attaccato alle rete. Ma cominciamo dal primo. Non lo vedevo più da anni, Juan Martin Del Potro, da quando aveva vinto lo US Open nel 2009, e io mi ero entusiasmato credendolo non solo una sorta di nuovo Safin, ma anche un nipotino di una dimenticata famiglia di emigranti. Avevo in seguito letto dei suoi guai, di una sorta di cedimento dei tendini dei polsi, e di quattro consecutivi interventi operatori a Rochester, nel Minnesota, dove esiste una clinica specializzata, tanto da aver ospitato anche un famoso violinista del quale né il campione, né i suoi biografi, ricordano il nome. Ora suonare il violino, e maneggiare una racchetta, sono due attività che non mi pare abbiano molto in comune. Soprattutto da quando il giovanotto aveva imparato a Tandil, famoso centro tennistico argentino, un colpo a due mani. E da quando i chirurghi di Rochester erano dovuti intervenire non solo sul polso sinistro, fondamentale per il rovescio bimane, ma anche sul destro. Andò cosi che Juan Martin si rassegnò a ricominciare quasi da zero, come un bambino, nonostante una statura di due metri, e apprese un rovescio tagliato, che gli è servito oggi a limitare l’esplosività dei rimbalzi di Wawrinka. La partita ha quindi assunto un andamento quasi attendibile, tra uno che teneva bassa la palla, l’argentino, e l’altro che mirava a farla esplodere, nel suo modo tipico dei rimbalzi ad una mano. Mi è parso che nella differenza degli opposti stili prevalesse la riflessione di Del Potro. Wawrinka è irresistibile, nella sua felice imitazione dei campioni che precedettero il ’68, inteso come inizio del professionismo, e non della mancata rivoluzione. Di quei fenomeni, alla Kramer, Del Potro usava oggi non certo il rovescio, ma il servizio, che scendeva dall’alto, sempre diretto verso il centro, per non essere colpito slice, ma invece piatto, spesso oltre le 130 miglia. C’era in lui un atteggiamento che non finiva di sorprendermi, e che gli avrei visto ribadire nella conferenza stampa. L’umiltà di chi ha sofferto, ed è alla fine pervenuto ad accettare una sventura, superandola. Insomma, un tipo che pareva scomparso, ricordato solo dagli amici, come il decano degli scribi argentini Guillermo Salatino, o dall’ex Presidente della Federazione e coraggioso giudice arbitro di Italia-Cile Enrique Morea, oggi salutato sulla sua carrozzella.

 

 

 

 

 

 

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