Delusione Italia Fognini crolla per stanchezza (Crivelli), Fognini stremato, l'Italia non ce la fa (Clerici), Coppa Davis, Fognini maratoneta non basta: Italia k.o. (Piccardi), Davis, cade Fognini e l'Italia si scioglie "Una sconfitta amara" (Semeraro), «Ci ho rimesso 100mila euro, ma sto già pensando alla Fed cup» (Pedini)

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Delusione Italia Fognini crolla per stanchezza (Crivelli), Fognini stremato, l’Italia non ce la fa (Clerici), Coppa Davis, Fognini maratoneta non basta: Italia k.o. (Piccardi), Davis, cade Fognini e l’Italia si scioglie “Una sconfitta amara” (Semeraro), «Ci ho rimesso 100mila euro, ma sto già pensando alla Fed cup» (Pedini)

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Rassegna a cura di Daniele Flavi

 

Delusione Italia Fognini crolla per stanchezza

 

Riccardo Crivelli, la gazzetta dello sport del 18.07.2016

 

Un sogno interrotto, che si scioglie in quella caldaia ribollente che sono diventate le tribune d’acciaio del Circolo Baratoff proprio quando sembra che Fognini, stoico gladiatore più forte della fatica, possa regalare alla folla osannante, depressa solo un’ora prima, un’altra di quelle magie che hanno costellato la sua storia in Davis. E invece finisce qui, con Delbonis che infila Fabio con un lob dalla volée e manda in paradiso l’Argentina e la sua chiassosa torcida, confermando che le sfide con i gauchos vanno sempre controcorrente (3 incroci, tutte vittorie della squadra in trasferta). Tre punti a uno, gli avversari volano in semifinale: perché stavolta Fogna non basta, nonostante un sacrificio lungo 9 ore e 2′, come il tempo che ha trascorso in campo tra sabato e ieri. LEADER E non vale, adesso, immaginare che il c.t. avrebbe potuto risparmiargli il doppio, anche se la scelta di una sede priva di impianto di illuminazione alla fine può aver indirettamente pesato, perché avrebbe permesso di decidere orari più potabili (contro il caldo e per il pubblico) e nello sfortunato venerdì del diluvio, di completare comunque il programma lasciando al nostro leader più tempo per il riposo: la verità nuda e cruda, comunque, è che l’Italia, in Coppa, ora più che mai non può prescindere da Fognini. Volenti o nolenti, lui è l’anima di questa nazionale. La stanchezza di una due giorni massacrante si fa sentire subito, con un break già nel 2 game, e in ogni caso con 2 set in cui, se si gioca a tennis, non c’è partita, tanta è la differenza di soluzioni, tagli e talento a favore di Fabio, ma se si corre sono guai. Il dritto fuori che offre il secondo parziale all’argentino suona come una sentenza, ma incredibilmente l’orgoglio adesso può più della fatica: «Paradossalmente, mi sono sentito più stanco all’inizio — racconterà il ligure — e poi mi sono sciolto con il passare dei game». RIMONTA E OCCASIONI E cosi risale, disegnando il campo, mentre l’altro comincia a sbagliare di più, a cercare forzature che non gli appartengono, a non sopportare le scaramucce tra il pubblico tricolore e l’assatanata band albiceleste. Terzo set senza storia, 4 in cui Fabio va a servire sul 5-3 e perde la battuta a zero, prima dello psicodramma decisivo. Decimo game, Fabio si procura 4 set point sul servizio di Delbonis per allungare miracolosamente la sfida e soprattutto cambiarla radicalmente per psicologia e pressione, ma l’altro li gioca, va detto, con enorme coraggio (perfino un ace a 203 all’ora). L’occasione mancata, adesso si, spegne definitivamente gli ardori di Fabio, che si consegna stremato dopo 3 ore e 34′ in apnea: «Ovviamente sono molto deluso, ci ho messo tutto me stesso ma stavolta non è bastato. Più che il rimpianto per quel 1 set in cui ero avanti 4-2, e che ha finito per allungare la partita, mi dispiace davvero per quei 4 set point. L’avessi portato al quinto, nonostante la fatica, la musica sarebbe stata diversa, in quel momento io avevo giocato 12 set in due giorni ma lui sembrava ne avesse sulle spalle venti». FUTURO Si può consolare con le tenerezze della Pennetta («Sono molto contenta per lui, ancora una volta ha dimostrato che persona è: ha dato tutto quello che aveva») e gli applausi che comunque l’hanno accompagnato ad ogni passo: «Sapete quanto tenga alla Davis, farò davvero fatica a cancellare questa sconfitta». Capitan Barazzutti, non senza qualche ragione, cerca conforto nella cattiva sorte (la pioggia di venerdì e l’infortunio di Seppi hanno rivoluzionato le strategie), ma il nucleo dell’Italia, che resta competitivo, in attesa della maturazione di Cecchinato fa leva su tre ultratrentenni (Seppi, Bolelli e Lorenzi) e sul rendimento straordinario in Davis di Fognini, l’unico insostituibile quando il livello si alza. Un gruppo solido e compatto, che tuttavia ha bisogno di essere sempre al top della condizione….

 

Fognini stremato, l’Italia non ce la fa

 

Gianni Clerici, la repubblica del 18.07.2016

 

Osca più che il valor poté fatica. Mi pare re di poter così ricordare l’affermazione di un giovane collega di passaggio nella sala stampa in cui mi ero rifugiato, vittima dello stesso sole che ha infierito sul povero Fognini, portando la sua presenza in campo a nove ore e due minuti, tra ieri e sabato. Per precisione e non per sadismo, ricorderò come nei 5 set di doppio Fabio abbia trascinato il volonteroso Lorenzi per 5 ore e 28 minuti di un vano tentativo sepolto al quinto set. E ieri si sia opposto a Delbonis, appena battuto a Wimbledon, riuscendo quasi a trascinarlo al final set, dopo 4 set point nel quarto, che avrebbero condotto l’eroe di un giorno al quinto set e, temo, al pronto soccorso. Nell’esprimere la mia ammirazione al valoroso, mi permetto di riferire quanto ieri non ho dato alle stampe, per paura di essere importuno con il mio eccesso di protagonismo, ma avevo comunicato al collega argentino Guillermo Salatino. Non ho mai pensato ad una cartiera di capitano di Davis, dopo che un contagio di tifo mi impedì di dirigere, per così dire, i miei amici Pietrangeli e Sirola, nel glorioso match di Perth , in cui batterono gli australiani nel 1960. Simile precedente mi ha perd consentito di immedesimarmi nella parte del capitano. Sabato sera, subito dopo il doppio, avevo condiviso, col collega, un’opinione. Avrei perduto con l’improbabile coppia Lorenzi-Cecchinato il doppio per 3-0, e offerto a Fognini un pomeriggio di riposo. Mi sarei così giocato la Davis con un Fognini meno stanco, e con Seppi Cesto, l’ipotesi non è una critica al buon Barazzutti, che potrebbe rispondere: gE se il doppio l’avessimo vinto?». Tutto sarebbe stato possibile, con un’ Argentina che balbetta in Davis. Rimane però la delusione di aver assistito a un solo match che il pur ammirevole Fognini non era in grado di vincere, cosi come un corridore che cammina non può raggiungerne uno capace di sgambare. Mi perseguita tuttavia il ricordo del match di Wimbledon, nel quale Fognini aveva sì faticato contro Delbonis, ma gli aveva preso le misure per far sì che l’argentino mettesse assieme solo 5 games negli ultimi due set. Che posso aggiungere a simili chiacchiere da caffè bar? Che Del Bonis ancora non si è emancipato dalle materne sottane e gioca uno stupendo tennis mancino ed atletico, privo della minima riflessione? Mi pare quasi inutile, ricordare che Fabio ha prevalso negli scambi chiamiamoli così digitali, mentre la possa del suo avversario si imponeva in quelli muscolari. Nel primo set Del Bonis è risalito grazie alla violenza da 2-4 a 64, superando un settimo game determinante di 18 punti, in cui Fabio ha ottenuto due palle breack. Secondo set per Del Bonis sempre in testa ma costretto a un long set, T-6. Terzo set per Fabio 6-3 con 8 punti a 4 negli ultimi due games. E infine il quarto, a tratti grottesco se non prevalesse la pietà per Fognini, spesso seduto tra un punto e l’altro sull’ovale della racchetta o sul seggiolino di un giudice di linea, un set in cui il nostro eroe ha avuto, sul 5-4, quattro set point non certo fortunati Aggiungo che in una squadra di trentenni, sarebbe bene trovare una riserva con una decina d’anni in meno del bravo Lorenzi L’osservazione riguarda anche lo scriba? Forse, ma il mio è uno sport che si effettua comodamente seduti.

 

Coppa Davis, Fognini maratoneta non basta: Italia k.o.

 

Gaia Piccardi, il corriere della sera del 18.07.2016

 

Delbonis batte il numero uno azzurro e regala all’Argentina la semifinale con la Gran Bretagna Cotto dal sole come un tedesco in riviera, con dodici set nelle gambe per un totale di 9 ore e 2’ di tennis giocato, Fabio Fognini è quel piccolo eroe paonazzo che si ferma per sfinimento sulla soglia del quinto set con Federico Delbonis, alzando bandiera bianca. Italia Argentina 1-3, bye bye semifinale di Davis (come nel 2014). Avanti vanno i gauchos, che in settembre troveranno la Gran Bretagna di Andy Murray. È stato tutto maledettamente difficile dall’inizio. La tempesta su Pesaro di venerdì, che ha consentito lo svolgimento di un solo match (Seppi sconfitto da Delbonis) e che ha costretto Fognini a posticipare a sabato mattina il suo primo singolare (triturato Monaco) per poi giocare, a ruota e da regolamento, il doppio con Paolo Lorenzi. Una maratona di quasi quattro ore contro quel che resta di Juan Martin Del Porto e Pella (che giocavano in coppia per la prima volta), recuperando da due set a zero sotto e cedendo sul filo di lana del quinto. Tanto rumore (e fatica) per nulla. Sul 2-1 per l’Argentina si è capito che l’impresa di rimandare a casa scornati gli avversari sarebbe stata improba. Segnali di fumo, ombre di presagi, piccole sensazioni, fatti oggettivi: la logica stanchezza del numero uno azzurro Fognini, che sabato aveva mulinato dritti e rovesci per cinque ore abbondanti; gli acciacchi assortiti di Seppi (schiena, polso) che avrebbero reso difficile un suo impiego, eventualmente, sul 2-2; l’inerzia de l match passata dalla parte di Del Porto & Co., rinvigoriti dall’aria di mare e sempre più arrembanti. Il Fognini che ieri ha ceduto a Delbonis nel match del 3-1 per l’Argentina non era il Fognini che aveva battuto Delbonis tre settimane fa a Wimbledon. Era spompato e meno lucido, tanto da fallire quattro occasioni per allungare la partita al quinto set su una superficie, la rovente terra di Pesaro, che nulla ha a che vedere con l’erbetta fresca di Church Road. Non c’è molto da recriminare . L ’Italia ci ha provato con quello che ha a disposizione, insomma. Il Fognini reduce da infortunio e matrimonio con Flavia Pennetta, ancora in cerca della forma migliore («Mi dispiace però ho dimostrato di poter giocare per la Nazionale anche in condizioni critiche »), nervosetto ma se non altro generoso; un Seppi che sembra avere più voglia di sposarsi (tu quoque) che di giocare a tennis, un Lorenzi che si spreme nei confini dei suoi limiti . Con Simone Bolelli in bacino di carenaggio (ciao Rio), altro il convento non passa….

 

Davis, cade Fognini e l’Italia si scioglie “Una sconfitta amara”

 

Stefano Semeraro, la stampa del 18.07.2016

 

«E andato tutto male per un soffio». La sintesi di tre giornate di Coppa Davis nate così così e finite peggio la fornisce la signora Fognini, al secolo Flavia Pennetta, alla fine di 3 ore e 34 minuti di battaglia persa dal marito contro il gaucho Federico Delbonis in quattro set. II punto del 3-1, quello che decide il quarto di finale di Pesaro. L’Argentina va in semifinale – a settembre, contro la Gran Bretagna che senza Murray a Belgrado ha sconfitto una Serbia senza Djokovic – e l’Italia rosica. Quante occasioni perse Sulla jella e sulle occasioni perse. Sul sorteggio, che venerdi ha deciso che Fognini avrebbe giocato per secondo. Sulla pioggia, che lo ha costretto a stare in campo sabato 6 ore fra singolo (vinto contro Monaco) e doppio (perso a fianco di Lorenzi). Sull’infortunio al polso di Seppi, sull’intervento chirurgico che ha tolto di squadra il doppista designato Bolelli. Tutti «fatti», come dice capitan Barazzutti. Che però oggi conterebbero meno, poco, magari nulla: se Seppi non si fosse fatto scivolare via il match venerdì; se Fognini e Lorenzi avessero completato una rimonta possibile contro una coppia inedita e zoppa come Del Potro-Pella; se Fabio ieri avesse sfruttato gli assist forniti da Delbonis nel primo (dove conduceva 4-2), nel secondo, e soprattutto nel quarto set, quando il Fogna ha servito sul 5-3 e scialato almeno tre dei quattro set-point sul 5-4 che gli avrebbero permesso di approdare al quinto e domare – probabilmente – l’avversario innervosito dai battibecchi con il pubblico. Mancano i ricambi Ma la storia, anche quella minima del tennis, non si fa con i se e con i ma. Cosi l’eroe (con la minuscolissima) di questo quarto di Coppa diventa Delbonis, numero 40 Atp, famoso soprattutto per aver maramaldeggiato tre anni fa ad Amburgo su un Federer quasi zoppo. Non il divo annunciato Del Potro, che si è limitato al doppio, non Fognini, che pure a Pesaro ha sfiorato l’epica, confermando le sue doti di Davisman, di conducator, di lottatore grintoso capace di restare in campo 9 ore (e 12 set) in due giorni. «Fabio è così – dice la Penna – solo che la gente non sempre se ne rende conto». Dopo la maratona di sabato si è presentato in campo con i gambaletti conte-nitivi, in tre giorni «ha più giocato che dormito», come dice babbo Fognini. Tutto inutile. Il tennis, come la vita, è fatta di occasioni. Se le sciupi, adiòs muchachos. «Mi spiace, ho dato tutto», dice Fabio. «Paradossalmente mi sentivo più stanco all’inizio che alla fine, se l’avessi portato al quinto sarebbe stata un’altra partita. Cosi è una sconfitta amara, difficile da digerire». Un’Italia di Davis composta da ultratrentenni e senza rincalzi credibili, l’anno prossimo ripartirà da lui. Al momento l’unico, fragile tesoretto del nostro tennis maschile.

 

«Ci ho rimesso 100mila euro, ma sto già pensando alla Fed cup»

 

Francesca Pedini, il resto del Carlino Pesaro del 18.07.2016

 

Non è bastato il miglior Fognini per regalare all’Italtennis il sogno delle semifinali in Coppa Davis. Tre incontri e quasi nove ore di gioco nelle gambe in poco più di un giorno sono troppi anche per lui. E così l’Italia deve inchinarsi all’Argentina e rivolgere ora lo sguardo alle Olimpiadi di Rio. Dopo l’eroica sconfitta del campione ligure con Delbonis, l’arena della Baratoff si svuota rapidamente, tra la delusione dei 4.000 spettatori paganti che se ne vanno mesti, e i cori instancabili degli albicelesti. Per loro è grande festa, per noi solo rammarico, per un traguardo che era a portata di mano. A guardarla ora, questa immensa arena degna del Foro Italico, c’è da essere orgogliosi, perché ha regalato a Pesaro un sogno internazionale. SODDISFATTO, nonostante i tanti intoppi, è anche il patron della manifestazione Ernesto De Filippis, di Mca Events. «E’ stata sicuramente un’esperienza positiva — afferma il manager — purtroppo venerdì (giorno del diluvio ndr.) è stato tutto difficoltoso, sia sotto l’aspetto organizzativo che al botteghino. Ieri però si è vista la qualità che siamo abituati a garantire. Nessun problema in nessun settore e grandi complimenti per la gestione dell’hospitality». Quanto ci ha rimesso a livello economico? «A spanne direi circa 100.000 euro, ma sono un imprenditore, se centrassi tutte le operazioni sarei miliardario». Da dove viene il buco? «Dal botteghino, dove io speravo di incassare almeno 400.000 euro, invece non abbiamo superato i 180.000. Nei 3 giorni abbiamo registrato 13.500 paganti e i biglietti andati alla grande sono state le gradinate (a 18 euro) e le tribune laterali (a 36). Questo ci deve far riflettere, perché a Milano vanno via prima i biglietti più costosi. Lo stadio sembrava vuoto perché nel parterre (a 60 e 80 euro) erano in pochi». E in salute…? «Sono molto stanco, abbiamo avuto problemi di tutti i generi, ma ne valeva la pena. Alla faccia dei gufi, penso che abbiamo fatto un grande evento, in primis per Pesaro, con alberghi pieni, bel pubblico e tanta gente. Però ho capito che è un’esperienza da ripetere in modo diverso». In che senso? «Bisognerà organizzare cose importanti, ma non durante la stagione. Abbiamo scelto Pesaro perché pensavamo anche ai turisti, ma è difficile distrarli dal mare. Inoltre in città ci sono tante manifestazioni e la gente non sa cosa scegliere». Vuole dire che non tornerà più a Pesaro? «Vuole scherzare? Certo che sì, ma fuori stagione. Sto pensando alla Fed cup, c’è un turno ad aprile». L’evento in città ha portato anche un indotto… «Abbiamo coinvolto 135 persone, tutti locali, tra autisti, hostess, segreteria, security, tutti con alta professionalità. Con Pesaro è un arrivederci»…

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