Errani-Vinci tra sfortuna e voglia di stupire (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)
Forse era meglio rimanere nello spazio. Un anno e mezzo di lontananza dopo tanti trionfi, la coppia che si ricompone per inseguire il sogno olimpico e cullare pensieri d’oro dopo i cinque Slam insieme e il sorteggio, maledetto, ti mette subito nell’orbita delle Williams. Che complicazione, l’Olimpiade di Errani e Vinci: viaggio da incubo, valigie smarrite e poi, come se non bastasse, l’ombra greve delle sorellone, con il ricordo di quel 6-1 6-1 a Londra, quattro anni fa, per Venus e Serena, due che quando respirano l’aria dei Giochi diventano marziane per davvero: tre ori in coppia dal 2000 al 2012, con l’unica eccezione del 2004, ma solo perché Serena era ferma per un infortunio al ginocchio sinistro. Per fortuna, le ragazze fin qui l’hanno presa sul ridere, un’armonia che addolcisce considerando com’era finita l’avventura nel febbraio di un anno fa, con la sconfitta dolorosa in Fed Cup e poi la rottura sancita da un comunicato che grondava solo distacco e freddezza. Così, hanno trasformato la disavventura delle tre ore di ritardo del volo da Montreal, che ha impedito di prendere la coincidenza per Rio da New York, nell’occasione di uno scherzo social che ha fatto il giro della Rete: loro due in un video in cui si lamentavano di essere finite in Giappone, l’unico scalo da cui sarebbe stato possibile raggiungere il Brasile, salvo l’alternativa di un razzo da una stazione spaziale. Un fake molto ben riuscito e spiritoso, tanto che qualcuno perfino ha chiamato il fratello di Sara, Davide, per avere spiegazioni, mentre più semplicemente è stato un volo con transito a Houston ad averle portate finalmente a Rio, pur se i bagagli, come da tweet della romagnola, per il momento sono rimasti a New York. Tra l’altro, l’incrocio pericolosissimo con le Williams sarebbe tutto da conquistare, perché già il primo turno delle nostre portacolori non ha avuto troppo rispetto per la loro storia e il loro passato, e del resto un torneo anomalo e breve come quello olimpico nasconde moltissime insidie: il debutto prevede la sfida con le tedesche Kerber e Petkovic, certamente non specialiste ma singolariste di grande valore (Angelique è numero due del mondo). Insomma, la riunificazione della speranza, verso quell’oro che varrebbe una carriera perfetta, non si presenta affatto comoda, nonostante Robertina, prima della partenza, avesse riportato indietro le lancette dell’affetto e della storia: «Con Sara non è cambiato nulla, e mi fa molto piacere essere ai Giochi con lei. Ovviamente manca ancora un po’ di affiatamento, i meccanismi a Montreal non erano quelli ideali. D’altronde certi aspetti si affinano solo giocando». Senza dubbio un quarto Cichis contro Williams illuminerebbe i Giochi di una sostanza tecnica dal sapore Slam, anche se fin qui le sorelle si sono dovute soprattutto guardare indirettamente da Trump, che non manca mai nelle domande della vigilia: «Non mi interesso di politica — ha risposto piccata Serena — ma certo continuerò a sostenere l’uguaglianza tra le persone, perché da afroamericana sono particolarmente coinvolta e sensibile sul tema». Benvenuti sulla terra.
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Da Djokovic a Hingis, il divertimento è doppio (Enrico Sisti, La Repubblica)
Il doppio olimpico. Maltrattato, snobbato, non sempre aiutato dagli sponsor, considerato un peso dalle tv e dagli stessi giocatori, il doppio s’illumina quando il singolare s’impoverisce di soldi e di punti distribuiti (zero). Ai Giochi mancano gli abituali stimoli, c’è meno pressione. Si torna al gioco, si dimentica la professione. Nonostante l’oro in palio, il singolare assume i contorni dell’esibizione perché non tutti ci tengono allo stesso modo. Molti hanno rinunciato a Rio senza farsi problemi (14 fra i primi 30 della classifica Atp, e non è poco). Ecco che, all’improvviso, tutti tornano pazzi per il doppio. Si formano così coppie bizzarre, si ricostituiscono antichi sodalizi come quello fra Errani e Vinci (debutteranno contro la coppia tedesca Petkovic-Kerber), si stringono nuove amicizie agonistiche. Se non si litiga o non si è litigato troppo in passato, in doppio ci si diverte di più, si corre di meno e volendo si gioca anche un tennis più spensierato. Giocano sotto rete persino quelli che per stile o per scelta di vita la rete non la vedono mai. Rischiano qualche figuraccia, certo, ma importa poco. Ci sono le medaglie in palio e anche un bronzetto può far lustro in bacheca, specie se per raggiungerlo non devi dannarti l’anima. I doppi di Rio de Janeiro offrono un tabellone da leccarsi i baffi. Sfileranno coppie d’occasione che destano come minimo curiosità. Per esempio potremmo non vedere più Martina Hingis (che insegue l’oro che le è sempre sfuggito mentre Serena va a caccia del suo quinto) accanto alla connazionale Bacsinszky. Martina avrebbe voluto giocare con la sua allieva Bencic e con Federer: peccato che a volte gli acciacchi siano più dei cerchi olimpici. Potrebbe essere l’unica possibilità di testare l’intesa fra Tsonga e Monfils, ammesso che ne cerchino una, di verificare la saldezza delle fratellanze (Williams, Murray e Rodionova), di unirsi alla stravaganza delle americane Mattek e Vandeweghe, di ammirare Djokovic nell’inedita funzione di compagno di viaggio del veterano Zimonijc (fallimentare la prima prova dei due a Toronto) o di scoprire di quali scintille sia capace Fognini accanto a una Errani o a una Vinci (Fabio giocherà anche con Seppi). Assenti i Bryan che avevano vinto a Londra, Nadal si ripresenterà dopo l’infortunio accanto a Marc Lopez e addirittura alla Muguruza nel misto. Sempre che alla fine il suo polso non stabilisca che fare il portabandiera pub essere sufficiente. Per ora.
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Errani, una carriera da Oscar: “Una medaglia per regalo” (Doriano Rabotti, La Nazione)
A pensarci bene, lo spirito stesso delle Olimpiadi è l’essenza della carriera di Sara Errani, anche se i tennisti professionisti sono stati ammessi solo da poche edizioni e tra un’edizione dei Giochi e l’altra frequentano un ambiente molto poco olimpico. Eppure la piccola grande campionessa, romagnola di Massa Lombarda, ha costruito la sua straordinaria storia sportiva su una parola che ogni atleta a Rio dovrebbe avere come motto: sacrificio. A differenza delle rivali, Sara non ha avuto in dono un fisico bionico, non ha avuto la statura che ti permette di sparare missili in battuta (è alta ufficialmente 164 cm), e neanche il tocco di McEnroe. Ha fatto tutto con la sua forza di volontà e con gli allenamenti. E’ nata con una decina di anni di ritardo, forse, perché mentre lei cresceva il tennis cambiava e diventava, anche al femminile, un gioco da piccoli robot. Eppure Sarita ha saputo costruirsi un ottimo palmares: nove tornei Wta e 2 Itf vinti in carriera, una finale Slam e quinta posizione nella classifica mondiale del singolare raggiunta nel maggio del 2013. Per tacere del doppio, dove la romagnola può tranquillamente essere iscritta al club delle grandissime, avendo vinto qualcosa come 25 tornei Wta e 6 Itf ed essendo arrivata al numero 1 nel settembre del 2012, una messe di titoli raccolta sempre in coppia con Roberta Vinci. Con la quale ha saputo vincere almeno una volta tutti i tornei dello Slam, con il bis nell’Australian Open tra 2013 e 2014, e centrare il ‘Career Grand Slam’. Vincendo anche tre Fed Cup (2009, 2010, 2013) per la nazionale. A Rio la coppia si formerà nuovamente, dopo un anno di distacco voluto e consensuale. «Per me disputare le Olimpiadi vestendo la maglia azzurra e magari vincere una medaglia è un sogno», ha detto Sara. Non poteva saperlo, quando a 12 anni lasciava la Romagna per la Florida, che sarebbe arrivata fino a qui. Non poteva essere sicura, la figlia dell’ex calciatore Giorgio (che l’avviò al tennis a cinque anni al circolo Villa Bolis di Barbiano di Cotignola), che quei dieci mesi alla corte del maestro mondiale Nick Bollettieri le avrebbero permesso di gettare le basi per un futuro radioso. Professionista a 15 anni, oggi che ne ha 29 Sara Errani è una donna che conosce alla perfezione i propri limiti e la propria forza. Che ha già assaggiato l’emozione olimpica a Londra, dove le Cichis furono nettamente sconfitte dalle sorelle Williams, che poi vinsero l’oro. Che al tennis ha dato tutto, ricevendo tantissimo. Manca giusto una medaglia olimpica, per chi non riesce proprio ad accontentarsi. Come Sara.