Coppa Davis, finale: Cilic evita la debacle, Croazia avanti 1-0
Coppa Davis, finale: del Potro disinnesca Karlovic in 4 set e pareggia il conto
A Zagabria davanti a 15.000 spettatori entusiasti e rumorosissimi la prima giornata della finale di Coppa Davis si conclude con il risultato che anche i non addetti ai lavori avevano previsto: 1-1, con i n.1 Cilic e del Potro vittoriosi sui n.2 delle formazioni avversarie, DelBonis (in 5 set) e Karlovic (in 4). E lo spettacolo è stato più sugli spalti che sul campo, anche se soprattutto il primo match ha offerto anche scambi di grande intensità e livello.
Però, mentre era quasi scontato che il match fra i giganti, del Potro (1,98) e Karlovic (2,11) sarebbe stata una gara di tiro al piattello, troppo basata sui servizi per entusiasmare uno spettatore neutrale – e difatti direi che davvero memorabili sono stati, insieme a diversi serve&volley assai pregevoli del croato, soprattutto i 4 punti di fila inopinatamente vinti da Karlovic dal 4-6 all’8-6 nel tiebreak, incluso uno scambio inconsueto di 18 palleggi conclusi da un approccio lungo di rovescio monomane dell’argentino di Tandil – la partita fra Cilic e Delbonis è stata molto più incerta del previsto. Forse perchè Delbonis ha giocato meglio del previsto sul veloce, come avesse dimenticato che nei due precedenti testa a testa con Cilic aveva fatto una volta cinque games e un’altra sette. Mai un set. Forse anche perchè Cilic dopo aver vinto senza strafare i primi due set, un break per set, sul 2-1 nel primo e sul 5 pari nel secondo, si è come distratto. Aveva concesso soltanto 5 punti in 5 turni di servizio nel primo set, 7 nel secondo, ma da metà terzo set l’arma letale gli si è come inceppata. Ha perso il terzo 6-3, il quarto addirittura 6-1, mettendo soltanto il 30% di prime palle. Irriconoscibile.
Tant’è che a quel punto, al quinto set, gli aficionados argentini hanno cominciato a sognare e a illudersi. E il capitano croato Krajan a preoccuparsi, perchè Cilic non aveva per nulla l’aria del giocatore sicuro di sé. Forse è stato proprio lui, Krajan, a vincere il match nel momento in cui, appena conclusosi il quarto set, vedendo il suo giocatore assai confuso (“Flat”, piatto, avrebbe definito se stesso il palindromico Cilic rispondendo ad una mia domanda nella quale ipotizzavo gli fosse venuto un po’ di braccino) ha pensato bene di spingerlo verso la toilette, non tanto per fargli fare pipì, quanto per raccogliere insieme le idee. Il regolamento lo consente, non si può impedire ad un tennista che è in campo da quasi tre ore di andare in bagno, ma è un fatto che spesso questi toilette-break modificano l’andamento di un match, consentono ad un giocatore in confusione e in crisi, di riordinare le idee e a quell’altro “in the zone”, in stato di fiduciosa incoscienza, di diventare invece improvvisamente cosciente, di rendersi conto che una imprevedibile vittoria non è impossibile e…non c’è di peggio che rovinare un sogno piombando bruscamente e di colpo in una concreta realtà. Com’è come non è, fatto sta che trascorsi quei cinque minuti di stop consentito e… furbetto, Delbonis si è ritrovato a servire quasi a freddo e con la testa piena di pensieri.
Risultato: Delbonis dal 15-0 ha perso tre punti di fila, in quelli steccando un dritto e sbagliandone un altro, ha ceduto il servizio senza che Cilic abbia fatto granchè per strapparglielo. Il frastornato croato non chiedeva di meglio. Ritrovata la smarrita fiducia Cilic ha ripreso improvvisamente a servire come all’inizio del match, le percentuali di prime sono fortemente salite, e in tutto il prosieguo del set avrebbe concesso soltanto 3 punti in 4 turni di battuta. Non solo: grazie al vantaggio, non solo psicologico ma reale del break d’avvio ad inizio set, giustamente Cilic è diventato più intraprendente e coraggioso nei turni di risposta, così Delbonis si è ritrovato a soffrire ad ogni turno di servizio. Si è salvato per il rotto delle cuffia nel terzo gioco dallo 0-30, ma sul 2-4 ha mollato il servizio a zero. Però mentre sul match del Potro-Karlovic francamente non si è mai pensato che il croato potesse sfangarla, neppure dopo aver vinto in quel modo rocambolesco il secondo set al tiebreak, invece all’inizio del quinto set fra Cilic e Delbonis non si poteva giurare che avrebbe vinto Cilic, sebbene tutti pensassimo che le sorti del match dipendessero più da lui che da Delbonis. Ma è stato un match a corrente alternata, quello: non hanno quasi mai giocato al meglio nello stesso tempo.
Per questo ho scritto all’inizio che lo spettacolo, davvero straordinario, è stato più che nelle 3 h e 28 m di Cilic e Delbonis e nelle 3 h e 18 m di del Potro e Karlovic, quello offerto per oltre 7 ore dal pubblico, dagli entusiasti 3.500 argentini venuti in qua – dall’Argentina con “pacchetti” viaggio più hotel da 3.500 dollari, ma anche da varie nazioni europee, molti anche da Milano giunti in macchina, tutti o quasi con le magliette a righe biancocelesti – ai croati anch’essi con le tipiche magliette-bandiera a scacchi biancorosse. Canti, cori, e un band musicale con la cantante di rosso vestita che ai cambi campo si lanciava in pezzi rock croati e angloamericani da hit parade. E tutti a ballare. Davvero travolgente, anche se Gianni Clerici, scandalizzato, si sarebbe tappato le orecchie non celando il proprio disgusto. Chissà se Mr. David Haggerty, successore di Francesco Ricci Bitti alla presidenza della Federazione Internazionale, sarà rimasto dell’idea di far giocare in un prossimo futuro la finale della Coppa Davis in un Paese neutrale (per consentire con una designazione fissata con un anno di anticipo, una migliore copertura televisiva mondiale): come detto la qualità del tennis non è stata eccezionale. E se il match anziché in Croazia che in tutti questi anni dal 2012 a oggi aveva visto i propri beniamini giocare in casa solo tre volte si fosse giocato in Asia o in un qualche Paese Arabo, dubito che sarebbe stato altrettanto piacevole seguirlo.
Adesso tocca al doppio, spesso decisivo come ben sanno i cultori della Davis. Cilic-Dodig giocheranno da favoriti contro qualunque coppia venga scelta da capitano argentino Daniel Orsanic: da del Potro-Pella (vittoriosi a Pesaro su Fognini-Lorenzi) a Mayer-del Potro. Ma Juan Martin non vorrebbe mai giocare tre giorni di fila, stasera ha finito tardi e a lui si chiede anche di battere Cilic nel primo match di domenica.
Gli argentini sognano di raggiungere il 2 pari e contano sulla grinta di Leo Mayer contro Karlovic per infrangere la maledizione che li ha visti soccombere già in quattro finali su quattro. I croati sperano di chiudere il match già sul 3-1, rendendo ininfluente il quinto match.
Qua i giornalisti argentini, più di 35, hanno intanto esultato in sala stampa al matchpoint trasformato da del Potro come se avesse segnato Maradona, qui presente ma non visto di buon occhio perché regna la superstizione: il Pibe de Oro c’era anche a Mosca nel 2008 quando l’Argentina perse in Russia dopo aver schierato un inesistente Chela nella prima giornata e un pessimo Acasuso nell’ultima. Insomma, anche chi lo adora come futbolista, pensa che Diego… non porti bene. Vogliono credere invece a Guillermo Salatino che dice: “Salvo che quella persa in Argentina contro la Spagna orfana di Nadal nel 2010, questa è l’opportunità più favorevole per la nostra equipo, di ganar!”