“Era una di quelle giornate in cui tra un minuto nevica. E c’è elettricità nell’aria. Puoi quasi sentirla..”, così gli sceneggiatori di American Beauty avrebbero descritto la finale degli Australian Open tra Federer e Nadal. Partita dal sapore vintage e con un carico di emozioni fuori dal comune. In palio non c’era solamente il primo Grande Slam di stagione, ma la storia di questa disciplina. Tredici anni di battaglie sportive tra i due tennisti più amati del circuito. Lo score era decisamente a favore dello spagnolo con 23 successi a fronte degli undici dello svizzero. La dodicesima vittoria dell’elvetico, però, è forse la più importante degli ultimi anni. Non solo per il quinto titolo in Australia, ma per l’età in cui arriva il 18° slam. Federer, a 35 anni e nel giorno della sua 100esima partita a Melbourne, diventa il secondo giocatore più anziano a conquistare un Major. Solo Ken Rorewall, sugli stessi campi, ha fatto meglio con la vittoria arrivata nella sua 37esima primavera.
L’ECCEZIONE – Il presente, però, sembra parlare prepotentemente svizzero e 1668 giorni dopo l’ultimo Slam vinto (Wimbledon 2012), Federer distrugge anche la statistica studiata da Nate Silver per Five Thirty Eight nel 2014, la quale lascia solo il 3,3% di possibilità agli over 31 di vincere ancora un Grande Slam. Numeri rafforzati anche dalle vittorie del passato di tennisti come Mats Wilander, in grado di vincere tutti i suoi sette Major prima dei 24 anni. Con la vittoria sulla Rod Laver Arena, lo svizzero diventa l’eccezione che conferma la regola. Entra a far parte di quel 3,3% studiato da Nate Silver e risponde a uno dei grandi dilemmi degli ultimi anni: “Roger sarà ancora in grado di vincere uno Slam?”. La risposta è affermativa e arriva dopo 3 ore e 40 minuti di gioco contro Rafa Nadal. 6-4, 3-6, 6-1, 3-6, 6-3 e Rod Laver ha potuto, come auspicato prima della finale, incoronare re di Melbourne, ancora una volta, Roger Federer.
Dario Marchetti