Presto papà e un nuovo maestro. Così Fabio sfida Nadal alla pari (Marino). Fabio può farcela con servizio e rovescio (Bertolucci)

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Presto papà e un nuovo maestro. Così Fabio sfida Nadal alla pari (Marino). Fabio può farcela con servizio e rovescio (Bertolucci)

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Presto papà e un nuovo maestro. Così Fabio sfida Nadal alla pari (Francesca Marino, Giorno – Carlino – Nazione Sport)

Tre anni fa Fabio Fognini sali a n. 13 del mondo. In molti ci sbilanciammo. Sognavamo finalmente un top 10. Gli ultimi tennisti italiani top-ten risalivano all’era preistorica: Panatta e Barazzutti, fine anni “70. Il talento di Fognini pareva consentire quella speranza. Aveva vinto due tornei in Germania, Stoccarda e Amburgo, centrato una finale a Umag. Ma da allora erano state soprattutto delusioni. Passi indietro. Discese a precipizio, da n. 13 a n. 50 il 10 ottobre 2016. E un inizio di 2017 tutt’altro che esaltante. Prima dei due «Sunshine» Masters 1000, Indian Wells in California e Miami in Florida, Fabio aveva subito 5 sconfitte bilanciate da appena 5 vittorie. In un mese le vittorie sono diventate 12, a fronte di una sola sconfitta. E almeno due d’indubbio prestigio. La prima a Indian Wells con Tsonga, primo top-ten dopo 18 mesi, l’altra giovedì sera con Kei Nishikori, il “giap” n. 4 del mondo, dopo aver rimontato il francese Chardy e poi ridicolizzato Young. Ok Nishikori non era onestamente al massimo, forse nemmeno al 70% (il collega straniero che lo ha fatto presente a Fabio si è sentito replicare “I don’t care! (Non m’importa!)” e subito dopo mentre diceva “No but…” Fognini lo ha interrotto: “Non fare come la stampa italiana, per favore!”), ma in passato si è scritto tante volte come i nostri giocatori non sapessero approfittare troppe volte anche delle cattive giornate dei loro avversari. A Miami Fabio ha battuto Harrison, vittorioso a Memphis, Sousa, Chardy, Young e Nishikori. Non un tabellone irresistibile, ma cinque partite di fila sul cemento non le aveva mai vinte. Sullo schermo della telecamera Fabio ha scritto alla sua Flavia, che lo renderà padre a maggio: “Nina, non torno!”. E giù una risata. “Ora sono molto contento, sto giocando ad altissimo livello. I primi due mesi facevo molta fatica a competere… ma ho lavorato tanto, sto bene, sono tranquillo, e fiducioso anche se Nadal è un grande giocatore. Averlo battuto non significa troppo: si riparte da zero a zero”. Era stata proprio Flavia Pennetta a spingerlo a giocare in California e Florida. Fabio voleva tornarsene in Italia. Con il Nadal incerto dei giorni scorsi Fognini, che lo ha già battuto 3 volte — l’ultima allo US Open 2015 rimontando due set di handicap — può vincere. Vi potrà sembrare incredibile ma la sensazione è che sia un match alla pari. Non si può giurare che dipenda dall’imminente paternità né dal cambio allenatore Perlas-Davin: “Perlas aveva ottenuto grandi risultati ma da un po’ ero fermo fra il 40mo e il 50mo post … Davin ha aiutato due giocatori, Gaudio e del Potro, a vincere due Slam… lui vive qui a Miami, sono stato bene qui, mi ha fatto sentire a casa…”. Battere Nishikori ha significato battere il terzo top-5 dopo Murray e Nadal, raggiungere la seconda semifinale in un Masters dopo Montecarlo 2013 (dove però fece solo 3 games con Djokovic e uscì fra i fischi) e superare Lorenzi come n.1 d’Italia. Se anche perdesse da Nadal salirebbe a n. 28, proprio nella settimana in cui per la prima volta dal 2007 non ci sarà neppure una giocatrice italiana fra le prime 30. In semifinale di Masters 1000 erano precedentemente arrivati Gaudenzi a Montecarlo ’95 (k.o. con Muster), Volandri a Rama 2007 (con Gonzalez), Seppi ad Amburgo 2008 (Federer). Insomma nessuno aveva poi mai vinto. Sarà la volta buona?

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Federer, che fatica: si salva 8-6 al tie-break (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Federer non si ferma più, ma contro Berdych il dominatore di questo inizio d’anno vede le streghe, che si materializzano nei due match point che Berdych si procura nel tie-break del terzo set: il primo se ne va con un dritto non impossibile in rete, l’altro viene annullato da una fantastica prima di Roger, che poi con un ace si procura a sua volta un match point, concretizzato grazie al doppio fallo di quello straordinario perdente di Tomas, cui non basta una grande partita per tornare a battere lo svizzero dopo quattro anni (adesso i confronti diretti sono 18-6 per Roger). Una partita strana, che resta in mano a Federer per quasi un’ora, prima del passaggio a vuoto al servizio nell’ottavo game del secondo set che gli costa il parziale. Il Divino rimette le cose a posto nel terzo, sale 5-2 ma quando va a servire per il match sciorina un game orribile che prolunga clamorosamente la partita. In ogni caso, per il fresco vincitore degli Australian Open, si tratta della nona vittoria consecutiva e anche del 17° successo stagionale a fronte di un’unica sconfitta, quella a sorpresa di Dubai contro Donskoy. Nel torneo che può quasi essere considerato di casa, la Wozniacki conferma l’eccellente condizione di questo inizio 2017 raggiungendo la finale di Miami per la prima volta in carriera, la terza stagionale dopo le sconfitte a Doha e a Dubai. Vittima dell’imperioso ritorno della ex numero uno, che in una stagione fin qui senza dominatrici (esclusa Serena agli Australian Open) può sicuramente recitare un ruolo di vertice, la ceca Karolina Pliskova, che l’aveva battura proprio a Dubai. Alla numero tre del mondo non basta vincere il primo set dopo aver annullato tre set point all’avversaria sul 5-4: nei due set successivi la Wozniacki in pratica la cancella dal campo con le sue straordinarie doti difensive e la ritrovata capacità di mettere ogni palla negli angoli nonostante le bordate che arrivano dall’altra parte della rete. L’altra finalista uscirà dalla sfida (giocata nella notte) tra Johanna Konta e l’immarcescibile Venus Williams, tornata in semifinale a Miami dopo sette anni e vendicatrice a distanza della sorella Serena, cui la Kerber sconfitta ha appena sottratto il numero uno del mondo (ma non vince un torneo dagli Us Open di settembre ed è alla settima sconfitta dell’anno).

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Le lezioni americane del Fognini ritrovato. E ora la sfida a Nadal (Paolo Rossi, La Repubblica)

La primavera di Fabio Fognini arriva proprio al momento giusto: è una fioritura che va bene per lui, e per la nazionale di Coppa Davis prossima all’impegno in Belgio in programma fra una settimana. «Cosa dico di Fognini? Credo proprio che lo schiererò a Charleroi…» scherza Corrado Barazzutti, appena tornato da Miami. Con il ligure, primo semifinalista azzurro in un Master 1000 giocato sul cemento, è rimasto ovviamente Franco Davin con il suo staff, mental coach compreso. «Devo dire che si trovano bene, Fabio e Davin» racconta papà Fulvio. «Sono due tipi molto simili, cui piace parlare poco». Per il coach argentino parlano i fatti: con lui Del Potro ha vinto uno Slam. «In più è, come dire, benestante di suo. Per cui, a fine 2016, Davin disse chiaro e tondo che le cose dovevano farsi a modo suo, oppure amici come prima. Tanto lui non aveva bisogno di allenare per campare» svela oggi Fognini senior. Ed ecco che, dopo tre mesi, Fognini arriva in forma al momento giusto e con la giusta vetrina: Miami. Stasera affronterà Rafa Nadal, e anche questa è una partita molto suggestiva: occorrerebbe il Fognini del 2015, anno nel quale batté Nadal tre volte. «Dovrò essere aggressivo» ha anticipato, e in fondo Rafa soffre i colpi e le accelerazioni del futuro n. 1 azzurro. Si, perché da lunedì Fognini passerà dal n. 40 al n. 28 in classifica, e non è ancora finita, come ha scritto a Flavia Pennetta via pennarello sul monitor tv dopo aver battuto Nishikori: «Nina, non torno». Peccato che a lei la notizia abbiano dovuto darla i suoceri, perché Flavia si rifiuta di vedere in diretta i match del consorte: «Soffre troppo, gliel’abbiamo detto noi due minuti dopo la fine del match…» dice papà Fulvio. «Lei i macth li guarda dopo, in differita». Comunque vada, il mondo del tennis ha notato il new Fognini: controllato, continuo, senza pause e distrazioni. «Più o meno quello che tutti noi gli chiediamo da una vita». Perché, dal punto di vista tecnico, anche uno come John McEnroe invidia la velocità del braccio dell’azzurro: «Fognini ha colpi da Top Ten». Il perché questo non sia ancora avvenuto è roba freudiana, ma non perché Fognini sia tipo da atteggiamento negativo, è perché non crede nemmeno lui al suo potenziale. Però, se glielo ricordano, si convince della propria forza e sono dolori per tutti. L’importante è che non abbia dubbi su se stesso, su questo il clan Davin sta lavorando. «Puoi perdere per tre tornei di fila al primo turno, ma sappi che hai nelle corde risultati da star» gli disse tra gennaio e febbraio, quando il meccanismo non era ancora oliato. Mai pronostico fu più azzeccato, ora la scommessa è tenere questo livello per sempre. È chiedere troppo?

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Fognini, il gran giorno, c’è Nadal. «È Flavia che mi ha voluto qui» (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Assaporiamo il momento, godiamoci la settimana santa di Fognini, aspettiamolo con il sorriso all’incrocio spumeggiante di oggi contro Nadal, senza troppe domande su come sarà il futuro, se la versione Dottor Jekyll che sta ammaliando Miami lascerà in fretta il palcoscenico a Mister Hyde. Prendere o lasciare, Fabio è questo, una carriera di schiaffi e carezze, addirittura all’interno dello stesso match. Ma che sia la paternità incombente, la mano di coach Davin, oppure una consapevolezza diversa grazie alla ritrovata condizione atletica, sul cemento della Florida si è visto un giocatore finalmente solido che batte avversari inferiori, come deve essere per uno con il suo talento, con la perentorietà di chi sa di valere di più. L’unico sghiribizzo lo regala quando nella conferenza stampa post Nishikori, alla domanda se l’avversario fosse menomato per aver giocato così male, fulmina così l’interlocutore: «Non fare come i giornalisti italiani, per favore». Significa che è in forma. Era dal 2007, quando Canas raggiunse la finale perdendo da Djokovic, che un giocatore non testa di serie non si spingeva così avanti a Miami. E adesso il premio è Nadal, una sfida sempre affascinante: «Rafa, tutti lo conoscono. E’ davvero in buona condizione, ha avuto un grande inizio di stagione e sta giocando in maniera molto solida. Credo sarà un bel match. Vorrei vincere, ovvio, e poi mi piacerebbe un sacco trovare Federer in finale». Non riferite a Nadal l’ultima frase, soprattutto dopo che ha ricambiato i complimenti: «Io lo conosco bene e lui conosce molto bene me. Sarà un match molto duro, una bella sfida. Dovrò tirare fuori il mio tennis migliore e giocare in maniera aggressiva per avere chance». Per il maiorchino Miami è un torneo maledetto (nessun successo in carriera), mentre Fognini ci ha vinto cinque partite di fila quando nei primi tre mesi dell’anno era fermo a sette (con sei sconfitte). Ma forse c’è un segreto neppure troppo nascosto: «Diventare padre è una buona motivazione. Flavia è a casa, sono 60 giorni che sono via, quindi ammetto che si tratta di una situazione difficile. Mentre partivo da San Paolo avevo intenzione di ritornare a casa, perché non ero così sicuro che avrei giocato a Indian Wells. Così l’ho chiamata: “Ascolta, ho una domanda per te. Che cosa facciamo? Perché io sto bene in campo e sento di essere competitivo, ma adesso tu hai la priorità. Tu devi decidere e dirmi se ti senti bene e sei contenta a casa, così io posso andare a giocare. Altrimenti torno da te”. Questo è il problema al momento. Cioè, non è un problema, ma sono cose di cui parliamo perché in futuro saranno molto importanti: C’è rimasto pochissimo tempo per decidere e dopo Miami vedremo cosa fare, se lei si sentirà bene o meno. Io dovrò giocare ogni settimana sulla terra, ma dobbiamo decidere quando vederci. Poi ci sarà anche la Davis. Insomma, sono in arrivo un sacco di tornei e quindi dovrò organizzare davvero bene il calendario». Un Master 1000 da re sarebbe il modo più dolce per dirle grazie.

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Fabio può farcela con servizio e rovescio (Paolo Bertolucci, La Gazzetta dello Sport)

La settimana magica, l’occasione colta al volo, la gioia dei successi, il tennis preciso e la solidità mentale. E’ il sogno di tutti i giocatori e a Miami Fabio Fognini potrebbe aver imboccato la strada giusta. Nessuno emoziona e allo stesso tempo preoccupa i tifosi come lui, con il talento e i suoi sbalzi d’umore. E’ emerso da un tabellone privo di punte ma cosparso di tennisti di buon valore e ha completato il tutto con la ciliegina Nishikori. In tutto il corso del torneo Fabio ha offerto sempre prove di grande sicurezza, ha messo in mostra una condizione fisica invidiabile, un grande braccio e una testa libera da freni. Guizzi, lampi e intuizioni geniali lo hanno portato ad affrontare Nadal e le tre vittorie ottenute in dieci confronti lanciano segnali incoraggianti. Fabio non ha niente da temere sul piano della rapidità, sui cambi di direzione, nei recuperi laterali e appare meglio predisposto nella corsa in avanti. Il servizio, apparso migliorato nelle percentuali e più vario nelle traiettorie, potrebbe essere una delle due chiavi tattiche del match. L’altra risiede nella capacità del rovescio bimane di anestetizzare il gancio mancino dello spagnolo. Fognini è uno dei pochi, nel circuito, capace di colpire la palla durante la fase ascendente anticipando l’impatto e mostrando un eccellente timing. Per quanto visto in questi giorni, il match non appare scontato e il nuovo Fognini potrebbe continuare a sognare fino a domenica.

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