Addio a Jana Novotna, campionessa di cristallo

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Addio a Jana Novotna, campionessa di cristallo

Lutto nel mondo del tennis e dello sport. Dopo una lunga malattia, si è spenta Jana Novotna, campionessa dalla classe infinita e dalla rara dolcezza. Ex n. 2 in singolare (24 titoli) e n. 1 in doppio (76), Jana negli ultimi anni aveva iniziato la carriera di coach

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Dopo il pianto di gioia del nuovo Maestro 2017 Grigor Dimitrov nella serata di domenica, nella stessa giornata della dipartita del grande Pancho Segurasono lacrime di grande dolore quelle con cui si risveglia, lunedì 20 novembre, il mondo del tennis e dello sport. Jana Novotna non ce l’ha fatta. A 49 anni, dopo una lunga battaglia contro un male incurabile, Jana si è spenta in Repubblica Ceca, circondata dall’affetto della sua famiglia. Con lei se ne va una delle stelle più luminose del firmamento del tennis, un’atleta dal talento cristallino e dall’eleganza rara, nonché personalità delicata e discreta.

Una carriera brillante quella di Jana Novotna, elegante “danzatrice” in campo, dal repertorio completo, dotata di un sopraffino savoir faire, soprattutto nei pressi della rete. Ex n. 2 del mondo, la Novotna ha dato lustro alla sua bacheca con 24 sigilli, tra cui, il più prestigioso, il tanto agognato piatto di Wimbledon, conquistato nel 1998 in finale contro la francese Nathalie Tauziat. Si issa inoltre in altre 17 finali, tra cui una all’Australian Open nel 1991 e altre due nello slam londinese, nel 1993 e nel 1997. La sua inesauribile abilità le permette di eccellere anche nel doppio, tant’è che riuscirà a raggiungere la vetta del ranking della specialità nell’agosto del 1990 e a vantare ben 76 titoli, tra cui due Australian Open (in coppia con Helena Sukova e Arantxa Sanchez); tre Roland Garros (con Helena Sukova, Gigi Fernandez e Martina Hingis); quattro Wimbledon (due volte con Helena Sukova; con Sanchez e Hingis) e tre US Open (con Sanchez, Davemport e Hingis). Vince anche in doppio misto, due volte a Melbourne, una a Wimbledon e a New York, sempre con l’americano Jim Pugh.

Un tennis cristallino, quello di Jana. E aggressivo. Sempre. Un serve&volley da manuale, accompagnato da agilità e colpi di risoluzione, sempre in spinta. Ma, come il cristallo, la tennista ceca ha spesso ceduto alla grande fragilità. Tanti, troppi i fantasmi di cui era in preda in campo. Come quello più fatale che, nel 1993, nella centesima finale di singolare femminile a Wimbledon, le fa commettere un sanguinoso doppio fallo a pochi passi dalla vittoria, permettendo così a Steffi Graf di recuperare e vincere il titolo. Inconsolabile runner up, Novotna cede ai nervi e alla delusione, scoppiando in lacrime sulla spalla della Duchessa di Kent durante la cerimonia di premiazione.

Jana Novotna e la Duchessa di Kent, in un momento di straordinaria intensità

Maledetti fantasmi senza i quali Jana avrebbe potuto essere ancora più grande, in un’epoca in cui, nel fiore degli anni, si è trovata di fronte avversarie rulli compressori e più “glaciali” di lei, come Steffi Graf o Monica Seles; o gli enfant prodige più “incoscienti”, come Martina Hingis. Fantasmi che, finalmente, a Church Road, dopo il “disastro”, verranno debellati. Dopo le due finali perse nel 1993 e nel 1997 (contro la Hingis), nel 1998 la campionessa ceca guida finalmente il proprio destino verso il trionfo, nella vittoria più bella in carriera.

La Novotna vanta, inoltre, una vittoria in Federation Cup, nel 1988 (contro la Russia) e tre medaglie olimpiche, una di bronzo in singolare ad Atlanta e due d’argento, a Seoul e ancora ad Atlanta. Nel 2005 entra a far parte della International Tennis Hall of Fame.

Dopo l’addio alle competizioni, negli ultimi anni aveva abbracciato la carriera di coach; e, con la sua dipartita, il tennis non perde solo una delle giocatrici dal tennis più spettacolare di sempre, ma anche una grande fonte di ispirazione per tanti giovani atleti e campioni in erba che avrebbero potuto costruire il loro futuro accompagnati da una grande Maestra. Oggi, in cielo, una nuova stella ha cominciato a brillare. Riposa in pace, Jana.

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