Personaggi
Darko Grncarov ha fregato tutti. O quasi…
Ben Rothenberg ha smascherato l’incredibile storia di un ragazzo macedone che si è finto tennista. Persino Serena Williams ci ha creduto. Ubitennis stava già investigando su di lui e ha altre prove che confermano questa fake news

“Fake news” è stata nominata dal Collins Dictionary parola dell’anno nel 2017. Con questo termine si definiscono “informazioni false, spesso sensazionalistiche, spacciate come notizie”. In italiano, potrebbe tranquillamente essere tradotto con il pittoresco e appetitoso termine di “bufale”. Secondo lo stesso prestigioso dizionario britannico, lo scorso anno, l’uso della parola “fake news” è aumentato del 365%, più di ogni altro termine inglese.
Il merito di questo boom è da attribuire soprattutto al presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che la usa insistentemente per etichettare tutte le accuse nei suoi confronti, in particolare quelle legate ai suoi sospetti legami con la Russia di Vladimir Putin. Recentemente, Trump ha addirittura proclamato in via ufficiale il “fake news awards“, un premio per la fonte di informazione che a suo dire distribuisce il maggior numero di notizie false su di lui.
Il mondo del tennis era rimasto sostanzialmente immune da questo fenomeno. Certo, alcune fonti erano più sicure di altre ma non si era mai verificato un clamoroso caso di bufala. Fino a ieri. Infatti, sul sito statunitense Slate è apparso un articolo, a firma del corrispondente del New York Times Ben Rothenberg – un amico, oltreché collega di Ubitennis – che ha raccontato la clamorosa storia di Darko Grncarov, un 19enne macedone che sembra proprio aver finto di essere un giocatore di tennis. Insomma in questo caso siamo perfino oltre la fake news e bisognerebbe coniare il termine “fake tennis player”.
Riassumiamo la storia per sommi capi. Nel luglio 2017 Grncarov pubblica il primo post sul suo profilo Twitter – certificato peraltro – in cui spiega di essere un giovane tennista colpito da un ictus un anno prima, a pochi giorni dal suo esordio da professionista. Nello stesso post, la presunta promessa del tennis balcanico comunica inoltre che dopo un anno di riabilitazione e allenamenti, tornerà in campo “molto presto”. Il messaggio è condito da incoraggiamenti ai colleghi a non mollare e ringraziamenti per il supporto ricevuto.
In seguito Grncarov intensifica la sua attività sui social, postando foto di suoi allenamenti e vita quotidiana. La storia di questo giovane ragazzo venuto da un piccolo paese sconosciuto al mondo del tennis, che continua ad inseguire il suo sogno nonostante mille avversità, comincia ad attirare l’attenzione.
Sui social i follower crescono a dismisura e nascono numerosi profili di fan che forniscono nuovi dettagli su di lui: dalla cotta per Nicole Sherzinger, fidanzata di Dimitrov, al suo presunto ingente conto in banca. Inoltre, Grncarov attira l’attenzione di alcune stelle del mondo del tennis. James Blake, ex n.4 al mondo e neo-direttore del torneo di Miami, su Twitter gli scrive che spera “di commentare molti suoi match in futuro”. L’account ufficiale del torneo ATP 250 di Los Cabos lo definisce “una fonte di ispirazione”.
Good luck. I hope to be commentating on plenty of big matches of yours. Keep that positive attitude and you are always a success. https://t.co/Cc7Y4FsLPR
— James Blake (@JRBlake) November 15, 2017
La storia finisce presto anche su diversi media internazionali. Dopo un articolo sul sito francese Tennisactu e uno su Tennis World Usa, Grncarov rilascia in novembre un’intervista esclusiva per il tabloid britannico Metro in cui racconta in prima persona le sue origini, la sua travagliata esperienza e i suoi progetti per il futuro. In particolare, stupiscono le sue incredibili qualità tecniche (dritto a due mani, rovescio sia a una che a due, capacità di giocare con la sinistra), gli allenamenti con giocatori del calibro di Gilles Simon, Viktor Troicki e Robin Haase, e la possibilità di esordire nel 2018 subito in Challenger e addirittura tornei del circuito ATP. Il sito italiano Tennis Circus, affiliato alla Gazzetta, riporta la sua storia, con stralci dell’intervista.
La sua popolarità decolla definitivamente tra la fine del 2017 e l’inizio del 2018 quando comincia a prendere posizioni politiche fortemente progressiste su Twitter. Infatti Grncarov si scaglia contro la leggenda australiana Margaret Court difendendo i diritti degli omosessuali e attacca Tennys Sandgren, colpevole di credere alle teorie complottiste e razziste della alt-right americana (a proposito di fake news). Grazie a queste esternazioni social, diventa subito una piccola celebrità. Rientra nella strettissima cerchia di persone seguite su Twitter da Serena Willliams che pare gli abbia scritto un messaggio privato di sostegno. Si prende il plauso social anche di Martina Navratilova. Ottiene il supporto di sponsor di alto profilo come Adidas per l’abbigliamento e Wilson per le racchette. Viene intervistato in radio dalla BBC e afferma che se un giorno si dovesse trovare agli Australian Open nel campo intitolato alla Court, si ritirerebbe in segno di protesta.
La stagione però è già iniziata e Grncarov ancora non compare in nessun tabellone, nemmeno quello di un Future. Il macedone rivela, ovviamente su Twitter, che sua madre è deceduta e, a causa della terribile perdita, il rientro in campo è slittato. E così arriviamo ai giorni nostri.
Tutto molto bello e commovente. Peccato che, come dimostrato perfettamente appunto da Rothenberg, fosse un fake. Falsa la brillante carriera da junior, dato che ha giocato un unico match in Montenegro nel 2015 perdendolo con un doppio bagel. Falsi fino a prova contraria l’ictus e il periodo di riabilitazione la cui ricostruzione è quantomeno frammentaria. Falsi i video e le immagini postate su Twitter che ha rubato in parte ad un altro giocatore, lo spagnolo Cameron Henry Trigolos. Falsi gli inviti a tornei prestigiosi in vista del suo ritorno in cui non ha partecipato. Falsa forse persino la morte della madre.
Grncarov ha fregato tutti, appassionati di tennis, giocatori di ieri e di oggi, sponsor e giornalisti che forse avrebbero dovuto prestare più attenzione all’affidabilità della loro fonte. Tra questi, lo dobbiamo dire per correttezza, c’è stata anche la nostra controparte in lingua inglese ubitennis.net, che lo ha intervistato a metà gennaio. E, dopo l’incalzante intervista di Rothenberg, è sparito dall’unico mondo in cui è mai esistito in quanto tennista, quello del web, cancellando i suoi profili social e Instagram. Così come diversi articoli sui di lui, tra i quali quello di Metro.
Ci teniamo a precisare però che la redazione di Ubitennis.com da qualche tempo investigava su di lui e ha raccolto ulteriori prove che smascherano questa bufala. Anche in questo caso riscostruiamo la storia parallela. Tutto ha inizio alla fine di novembre. L’articolo di Metro arriva in redazione. Sembra una notizia meritevole di essere riportata, almeno con una breve. Le fonti non sono certo delle più affidabili ma sono un numero sufficiente.
Tuttavia ad un primo approfondimento ci accorgiamo che diverse cose non tornano riguardo a Grncarov. Le incongruenze sono le stesse che ha riscontrato Rothenberg: carriera da junior pressoché inesistente; imprecisione nelle fonti riguardo al momento dell’ictus e alla durata del periodo di riabilitazione; un misterioso Futures in Egitto nell’aprile del 2017 in cui secondo la ITF non si è mai presentato mentre secondo alcuni siti macedoni è riuscito a passare le qualificazioni; i video e le foto in cui è spesso di spalle e nei quali gioca il dritto ad una mano e serve un po’ troppo bene con la sinistra per non essere mancino; i poco plausibili inviti a tornei ATP con la suddetta totale mancanza di carriera a livello junior. I pezzi mancanti del puzzle sono davvero troppi.
Tentiamo per prima cosa di cercare delle fonti macedoni. Ci viene detto che i siti che hanno riportato in patria la sua storia non sono molto affidabili. Riusciamo per via indiretta a contattare un maestro di tennis per ragazzini che non ha mai sentito parlare di lui. Il 12 dicembre decidiamo allora decidiamo di contattarlo direttamente su Twitter tramite messaggio privato. Gli chiediamo se è possibile intervistarlo per far conoscere la sua storia agli appassionati italiani. La sua risposta arriva qualche giorno più tardi ed è positiva. Proviamo a stabilire la data e il mezzo per realizzare l’intervista ma non si fa più vivo. Decidiamo dunque di percorrere altre strade per giungere alla verità
A inizio gennaio cominciamo a battere tre piste. La prima è la quella macedone. Da una parte decidiamo di scrivere alla federazione di tennis locale (Macedonian Tennis Federation), nonostante alcune testimonianze facessero dubitare della sua affidabilità. Ci risponde tramite mail la segretaria Biljana Dimovska, la cui esistenza ci era stata già confermata da un’ulteriore fonte. Dimovska ci spiega chiaramente che “non hanno nei loro archivi nessun giocatore registrato a nome Darko Grncarov” e che “nessuno coinvolto nel tennis in quella nazione lo conosce”. Inoltre ci chiede, nel caso in cui fossimo riusciti a raggiungerlo, di farle avere dei documenti che certifichino il suo problema di salute perché lui non lo ha mai fatto.
Dall’altra parte cerchiamo di agganciare qualche vero giornalista sportivo in Macedonia. Tramite un messaggio privato su Facebook, entriamo in contatto con Filip Nacoski, caporedattore di Offside, rubrica sportiva del sito off.net.mk. Dopo alcune ricerche, Nacoski scopre che con tutta probabilità quantomeno Darko Grncarov esiste veramente. Ci conferma quello che era riportato nell’intervista di Metro riguardo alle sue origini e la famiglia di sportivi: nato a Strumica, città di Goran Pandev, il padre Nikola e lo zia Atanas erano ex calciatori, il cugino Boban è capitano del Vardar, prima squadra del paese a qualificarsi per l’Europa League, la sorella Elena è la moglie del calciatore Blagoja Ljamcevski. Sulla sua carriera da tennista non ci sa dire molto se non che la sua popolarità è esplosa appunto in questi mesi.
La seconda pista è quella britannica. Contattiamo così sempre via Facebook il giornalista di Metro che per primo lo ha intervistato in esclusiva. Il soggetto vorrebbe rimanere anonimo e dunque d’ora in avanti lo chiameremo X. Dopo un po’ di comprensibile imbarazzo, X ci rivela la sospetta dinamica dell’intervista. All’inizio doveva essere fatta su Skype ma poi, all’ultimo minuto, Grncarov avrebbe deciso di farla tramite e-mail.
Successivamente, X ci manda il transcript dell’intervista: alcuni passaggi fanno aumentare i sospetti. Quando X gli chiede delucidazioni riguardo alla sua età al momento dell’ictus, Grncarov risponde 18 mentre nel post originale aveva scritto 17. X è così confuso riguardo alla sequenza degli eventi che desidera chiarimenti. Grncarov replica di “non ricordarsi bene quello che è successo in quel periodo”. Quando gli viene richiesto di fornire dei video, Darko invece temporeggia, affermando di “non averne di nuovi e di non volere mostrare quelli vecchi in cui giocava peggio”.
X però non è convinto di un post su Instagram datato due febbraio 2017, quando teoricamente sarebbe dovuto essere in coma. Grncarov gli risponde che “tutti i suoi account social sono gestiti da sua sorella”, la quale “voleva mantenerlo in vita sui social media”. X trova un’altra incongruenza su un post di luglio su Twitter in cui è già in ottima forma. Grncarov si giustifica dicendo che “era precedente alla malattia” e che non è “molto pratico con Twitter”. Addirittura chiede a X se può cancellare quello e un altro post sospetto in cui salta la corda.
Ma i colpi di scena non sono finiti qui. Per motivare la mancanza di foto il sedicente tennista sostiene di non volersi far vedere con una Babolat in mano visto che ora è sotto contratto con Wilson. Le incongruenze sulla sequenza degli eventi negli articoli di Tennisactu e Tennis World Usa sono colpa invece del “direttore di entrambi siti, che è un suo amico e ha fatto confusione”. Chiaramente risulta tutto molto poco credibile.
La terza pista è quella egiziana. Gli organizzatori del Future in Egitto dovrebbero conoscere Grncarov e saperci dire quante partite ha vinto in quel torneo. Troviamo un contatto e scriviamo una mail ma purtroppo non riceviamo risposta.
A fine gennaio decidiamo di recuperare qualche commento ai piani alti. In fondo, la International Tennis Federation (ITF) dovrebbe essere a conoscenza dell’esistenza di un suo giocatore e quale sia il suo stato di salute. Nick Imison, che lavora nella comunicazione all’interno della ITF, ci spiega che non ha altre informazioni su Grncarov oltre a quelle contenute sui profili ufficiali. Dunque esplicitamente ci viene confermato che il macedone ha solo giocato e perso quell’unica partita a livello Junior. Implicitamente ci viene invece suggerito che nemmeno loro hanno ricevuto nessun certificato medico sullo stato di salute del loro “affiliato”.
Proviamo inoltre a raccogliere una testimonianza da parte di qualcuno dei giocatori con i quali Grncarov si sarebbe allenato. Durante il torneo ATP 250 di Montpellier, il nostro inviato riesce a parlare con Gilles Simon, che nega di aver mai conosciuto il macedone.
Nel suo articolo Rothenberg scrive che in questa storia “è più facile verificare cosa è falso rispetto a ciò che è vero”. Dalle nostre prove possiamo concludere che Darko Grncarov esiste e quantomeno in passato ha giocato a tennis, probabilmente ad un livello molto modesto. Tutto il resto, ictus incluso, è una fake news, forse la più grande della storia del tennis.
ATP
Fratelli & Sorelle del tennis: non solo Berrettini. Da McEnroe a Williams, passando per Safin e… Monfils
Mentre ad Acapulco Matteo avanza e Jacopo si è fatto valere, riviviamo le parentele di maggior successo. Tra fratelli ritirati o troppo indietro in classifica come i Djokovic o gli Tsitsipas, in ATP ora comanda la famiglia Cerundolo, mentre in WTA…

Ci aveva provato quattro volte, ma era sempre stato eliminato al primo turno del tabellone cadetto. Ad Acapulco, finalmente, Jacopo Berrettini ha superato le qualificazioni battendo i ben più quotati Blancaneaux (n. 155) e Darderi (n. 184). A quel punto, la wild card ricevuta era già ampiamente onorata, ma Jacopo non si è certo accontentato e ha battuto anche Oscar Otte, complice un ginocchio tedesco, mettendo così a segno la sua prima vittoria ne Tour al primo tentativo. In singolare, perché in doppio con il fratello Matteo (qui subito battuti), aveva già preso parte all’ATP di Cagliari nel 2021, dove hanno raggiunto le semifinali, e all’ATP di Firenze l’anno scorso con sconfitta all’esordio. Il best ranking di Jacopo, n. 388, risale all’estate 2019, mentre ora la classifica lo vede alla posizione 842, che in ogni caso migliorerà di parecchio lunedì prossimo, assestandosi attorno al 475° posto dopo la sconfitta contro de Minaur.

Di due anni e mezzo più giovane di Matteo, il classe 1998 romano è al momento decisamente lontano dalle vette raggiunte dal fratello, ma la sua impresa in Messico ci offre lo spunto per una carrellata (inevitabilmente non esaustiva) su fratelli e sorelle del tennis, campioni o meno che siano (stati) o saranno. Jacopo e Matteo, anch’egli vittorioso all’esordio, sono però stati sconfitti in doppio e dunque, almeno per quest’anno, non aggiungeranno nell’albo d’oro di Acapulco i propri nomi a quelli dei Bryan, degli Zverev e degli Skupski.
Top Bros: i fratelli migliori
Tra i tennisti in attività, Francisco (classe 1998) e Juan Manuel Cerundolo (2001) sono quelli che attualmente vantano il miglior ranking combinato, rispettivamente numero 32 (best n. 24) e 108 (79). Dei due di Buenos Aires, Fran è quello che tira e Juanma quello che rema; non a caso, la classifica di quest’ultimo è nettamente migliorata da quando ha deciso di rinunciare alla racchetta usata dal fratello per passare a un modello che perdona di più. Per quanto riguarda i testa a testa ufficiali, al Challenger di Campinas nel 2021 vinse Fran in due set ma, se entrambi vantano un titolo ATP, il primo a metterlo in bacheca è stato il più giovane. Come duo, hanno preso parte solo a eventi dei circuiti minori.
Se gli argentini sono i migliori in questo periodo, Alexander (classe 1997) e Mischa Zverev (1987) vincono a mani basse quando si prendono in considerazione i best ranking. Il fratellone, ora sprofondato dalle parti del 1500° posto, è stato n. 25 nel 2017, mentre Sascha ha occupato la seconda piazza. Due titoli vinti in coppia. Il più giovane ha vinto l’unica sfida a livello ATP, vendicando le due sconfitte “minori”, tra cui quella nelle qualificazioni del Challenger di Dallas 2 addirittura nel 2012. In quell’occasione texana, Mischa gli rifilò un 6-0 6-1. Un game lasciato al fratellino ancora quattordicenne, bravo.
Il classe 1998 Mikael Ymer, n. 59, ha perso le due sfide con il maggiore di due anni Elias (n. 170, best 105), ma pare ormai avviato verso una carriera più fortunata. In coppia hanno preso parte a una decina di eventi, ma non sono mai riusciti a replicare il successo del 2016 con il titolo ATP di Stoccolma. C’è anche un fratello del 2007, attivo nel circuito junior e dal nome promettente che compare come coach nell’apposito spazio della pagina ATP di Elias. Vedremo se Rafael saprà superare i fratelli.
Stefanos Tsitsipas dà il suo abbondante contributo alla classifica di fratellanza, ma il n. 3 del mondo non è aiutato da Petros, n. 1396 (best 727). Una sola partecipazione nel Tour (con netta sconfitta) per il classe 2000, grazie alla wild card di due anni fa a Marsiglia nella classica situazione win-win e ancora win: Stef si specchia nei generosi panni del fratello maggiore, il torneo ottiene la partecipazione di chi altrimenti non potrebbe permettersi, Petros gioca con i grandi. Insomma, vincono tutti. Magari non sul campo: Petros racimola due game con Davidovich Fokina e perde il doppio con il fratello che in singolare viene battuto al secondo incontro. Una ventina di apparizioni in doppio per i due, tra cui quattro nei Major con la ciliegina di un secondo turno. Stef ha anche un altro fratello, il diciassettenne Pavlos, e una sorella, la quattordicenne Elisavet (Tsitsipa), ancora impegnati nel circuito junior dell’ITF.
A pagina 2 – Sono sempre i peggiori ad andarsene
evidenza
L’ultimo match di Sania Mirza, la regina del tennis indiano che ha superato pregiudizi e convenzioni
Dopo 6 Slam e 43 titoli conquistati, l’ex numero uno del mondo in doppio ha concluso la sua carriera al fianco di Madison Keys a Dubai

Dopo essere andata vicina ad arricchire la sua collezione di titoli dello Slam poche settimane fa a Melbourne, Sania Mirza ha disputato l’ultimo incontro ufficiale della sua carriera. Lo ha fatto a Dubai che per lei è diventata casa da più di dieci anni e dove ha fondato due accademie di tennis, alle quali ne va aggiunta un’altra aperta nella sua terra natìa a Hyderabad. Qui ha iniziato a prendere confidenza con la racchetta all’età di 6 anni, dopo aver visto i cuginetti divertirsi sui campi da tennis durante una vacanza di famiglia negli Stati Uniti. A casa in India, invece, i campi per giocare erano una rarità assoluta e Sania ha raccontato che la superficie su cui ha mosso i primi passi non era nessuna di quelle su cui si giocano i tornei internazionali: niente terra, niente erba e nemmeno cemento, ma sterco di vacca. Da lì è partito il viaggio di una bambina che, vincendo e rompendo schemi consolidati, è diventata l’indiscussa regina del tennis indiano.
“In quanto donne, nella società indiana ci viene data una lista di cose che possiamo e non possiamo fare. Nessuno pensa a incoraggiarci e sostenere i nostri sogni”. Quando Sania ha partecipato ai primi tornei della sua vita, il tennis non era certo uno sport sconosciuto in India. Il movimento maschile aveva già una buona tradizione alle spalle grazie ai Krishnan (padre e figlio) e ai fratelli Amritraj. Di lì a poco sarebbero poi venuti fuori anche altri giocatori importanti come Bhupathi e Paes. Mancava, in ogni caso, un sistema in grado di accompagnare in modo sistematico i giovani e, soprattutto, per le donne un percorso simile non era nemmeno lontanamente ipotizzato. Sania, però, ha potuto contare sull’appoggio dei genitori e in particolare sull’esperienza di papà Imran, editore di una rivista sportiva e giocatore di cricket. Solo così il suo talento è potuto sbocciare in un contesto se non ostile, di sicuro impreparato.
Ad 8 anni Sania fece suo un torneo statale battendo in finale un’avversaria che aveva il doppio della sua età. Indubbiamente, il livello in patria non poteva essere paragonabile a quello che avrebbe incontrato in campo internazionale. Ma Sania si dimostrò in grado anche di fare il grande salto: nel 2003, a 18 anni, vinse il torneo di doppio junior a Wimbledon e fu questo il presupposto per un’ascesa rapidissima. Nel 2005 disputò a Melbourne il suo primo torneo dello Slam tra le grandi: era la prima donna indiana a farlo e arrivò fino al terzo turno, dove fu battuta da Serena Williams. Nello stesso anno, poi, raggiunse gli ottavi allo US Open. Questo è rimasto il suo risultato migliore nei major in singolare (il best ranking, risalente al 2007 è invece il numero 27), anche perché decise di dedicarsi sempre di più al doppio (fino a farlo a tempo pieno dal 2013), ricavandone grandissime soddisfazioni.
Ha infatti conquistato 6 titoli dello Slam, di cui tre in misto, e un totale di 43 tornei nella specialità. Questi traguardi l’hanno portata al primo posto della classifica riservata alle doppiste e nel novero delle migliori interpreti della storia della disciplina. Il suo marchio di fabbrica è sempre stato un dritto potentissimo, unito però all’eleganza dei movimenti e dei colpi al volo. Proprio per questo motivo, la coppia che ha formato insieme a Martina Hingis tra il 2015 e il 2016 (vincendo tre Slam e 14 tornei in totale) è stata una delle più forti e piacevoli da guardare di sempre.
Come ha spiegato lei stessa in uno speciale che Wimbledon le ha dedicato lo scorso anno, però, Sania sentirebbe di aver completato il suo percorso non tanto per le vittorie ma se ci fosse “anche solo una persona che è stata ispirata dalla mia storia”. Parte integrante di questa storia è anche la maternità nel 2018. L’ex numero uno del mondo in doppio ha raccontato che fino a quando non è diventata madre, le chiedevano continuamente quando lo avrebbe fatto: “C’erano giornalisti che mi facevano questa domanda nella conferenza stampa dopo una vittoria Slam, con il trofeo appoggiato sul tavolo. Sembrava che non potessi essere una donna completa fino a quando non fossi diventata madre, a prescindere dai risultati sul campo”. Dopo aver partorito Izhaan, Sania è tornata a giocare anche per dimostrare che famiglia e carriera non si devono escludere a vicenda e quindi, ancora una volta, per ispirare altre donne.
Critiche e minacce non sono ovviamente mancate nella sua carriera e vita privata da donna libera e pronta a tutto per realizzare i suoi obiettivi. Nel 2005 fu oggetto di una fatwa emessa da un gruppo di teorici musulmani che consideravano il suo abbigliamento in campo contrario ai precetti islamici. Nel 2010, invece, fu molto chiacchierato in India il suo matrimonio con il giocatore di cricket pakistano Shoaib Malik. Il partito nazionalista indù di destra, il BJP, chiese a Mirza di “riconsiderare” la sua decisione di sposare un pachistano, mentre nel Paese del marito in molti celebravano queste nozze come una sorta di conquista del Pakistan ai danni dell’India. In realtà era solo un altro momento della vita di Sania in cui le sue personali priorità hanno prevalso sulle convenzioni culturali e sociali. E’ questa l’eredità che ci lascia, all’interno di una cornice fatta di successi tennistici, passanti di dritto e volée vincenti.
ATP
ATP Rotterdam: Omar Camporese nel 1991 unico italiano vincitore in Olanda, fu il primo titolo del bolognese
Prima di Jannik Sinner, solo il bolognese aveva raggiunto l’ultimo atto. Memorabile la finale vinta contro l’allora n. 3 mondiale Ivan Lendl. L’azzurro rimontò vincendo due tie-break consecutivi con tanto di match point cancellato nel terzo set

Nella storia del torneo di Rotterdam (qui l’intero albo d’oro), denominato ufficialmente con la dicitura ABN AMRO Open e appartenente alla categoria dei ‘500’, solo un tennista azzurro si era spinto sino all’ultimo atto prima di Jannik Sinner – come abbiamo già ricordato anche sulla nostra pagina Instagram. Si tratta di Omar Camporese, al quale non solo l’impresa nel 1991 riuscì ma addirittura fu enfatizzata dalla conquista del titolo. Per il bolognese, quella in terra olandese fu la seconda finale della carriera a livello ATP; la prima l’aveva disputata un anno prima vicino casa a San Marino perdendola contro l’argentino – nativo di Tandil come Juan Martin Del Potro – Guillermo Perez-Roldan. Successivamente, l’ex n. 18 ATP – suo best ranking – ottenne fino al termine della sua vita di professionista della racchetta – che appese nel 2001- una sola altra finale: nel febbraio del 1992, quando a Milano sconfisse Goran Ivanisevic alzando al cielo meneghino il secondo ed ultimo trofeo della sua carriera.
All’inizio dell’evento orange, Omar era n. 54 del ranking mondiale: vinse il primo turno in tre parziali contro il tedesco Eric Jelen, a cui invece seguirono due successi senza perdere set ai danni dell’austriaco Alex Antonitsch e del ceco Karel Novacek. Dopodiché fu la volta della grande battaglia in semifinale con l’idolo di casa Paul Haarhuis, che attualmente ricopre il ruolo di Capitano di Coppa Davis dei tulipani, sconfitto al tie-break del terzo.
In finale ad attenderlo, c’era il n. 3 del mondo e prima testa di serie del tabellone Ivan Lendl, già vincitore delle sue 8 prove dello Slam: l’ultima nel 1990 in Australia contro Stefan Edberg. Perso il primo set, Camporese vinse il secondo 7 punti a 4 nel sempre dirimente dodicesimo gioco ed infine dopo aver anche cancellato un match point sul 5-4 e servizio; si aggiudicò pure il tie-break finale – ancora per 7-4 – che suggellò il suo primo storico trionfo in carriera sublimato dall’essersi dimostrato superiore nel confronto, valevole per il titolo, con uno dei mostri sacri della storia di questo sport.
Ma soprattutto, quello storico successo italico maturato a Rotterdam 32 anni fa assunse connotati emotivamente ancora più intensi grazie alle voci che accompagnarono le gesta di Camporese nel suo straordinario cammino e che fanno riecheggiare tutt’oggi il ricordo delle emozioni vissute nel cuore di quelli appassionati che ebbero la fortuna di poter assistete all’evento o che l’hanno recuperato successivamente tramite la piattaforma di YouTube – per quei pochi che non l’avessero fatto, potrete rimediare a fine articolo -. Al commento, infatti, di quell’incredibile finale contro il campione ceco in postazione telecronaca, rigorosamente dal vivo sul posto e non da tubo – come si suol dire in gergo giornalistico – per Tele+ c’erano il Direttore di Ubitennis Ubaldo Scanagatta e il compianto Roberto Lombardi.
(match completo con commento lo trovate nel video in basso)
I followers Instagram di Ubitennis potranno seguire il “Punto di Ubaldo” in un minuto a caldo appena conclusa la finale odierna.
Circa 30 minuti dopo la conclusione, Ubitennis pubblicherà sul sito e sul canale YouTube di Ubitennis un commento più articolato del direttore.