Djokovic alle origini, torna con coach Vajda ma punta a Sampras (Cocchi). Brengle fa causa all’antidoping (Cocchi). Caccia grossa (Semeraro)

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Djokovic alle origini, torna con coach Vajda ma punta a Sampras (Cocchi). Brengle fa causa all’antidoping (Cocchi). Caccia grossa (Semeraro)

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Djokovic alle origini, torna con coach Vajda ma punta a Sampras (Federica Cocchi, La Gazzetta dello Sport)

Due buoni compagni di viaggio non dovrebbero lasciarsi mai. Parole di Francesco De Gregori, musica di Novak Djokovic che, a un anno dalla separazione, è tornato a viaggiare con Marian Vajda, il coach di sempre. Un cerchio che si chiude, o semplicemente il bisogno di rientrare nella comfort zone grazie alla quale ha vinto 12 titoli dello Slam? E’ presto per dirlo, l’unica certezza è che Nole e Marian, insieme per undici anni, dal 2006 al 2017, in questi giorni si sono allenati a Marbella. Le sta tentando tutte, Djokovic, per ritrovare il sorriso e le vittorie, per recuperare la fame feroce e la cattiveria agonistica che lo hanno portato a sovrastare anche Federer e Nadal. Il declino del serbo è iniziato sostanzialmente dopo la conquista del Roland Garros 2016. Anche allora Vajda era al suo fianco, insieme al super coach Boris Becker, che ha aiutato Nole a vincere sei Slam in tre anni. Il trionfo parigino era l’ultimo ostacolo da superare, l’ultimo grande obiettivo rimasto ma, una volta centrato quel risultato, il campione ha iniziato a sgonfiarsi pian piano, vaneggiando di obiettivi «più importanti delle vittorie», abbracciando i compagni di «Amor y Paz», il gruppo spirituale guidato da Pepe Ymaz. L’ ex tennista (scarso), riconvertito in allenatore e santone, ha prima conquistato Djokovic jr., Marko, poi ha coinvolto l’ex n.1. Ymaz ha cominciato a viaggiare con Nole e il resto del team, creando non poche tensioni e lo scontento soprattutto di Becker, che infatti a fine 2016 ha salutato il gruppo consigliando all’ex pupillo di «tornare ad allenarsi seriamente». Suggerimento non preso in grande considerazione da Nole che, a maggio del 2017, ha spazzato via tutto il resto del team: via Marian Vajda e via anche il preparatore Gritsch e il fisioterapista Amanovic. Marian è stato molto più che un tecnico per Djokovic, quasi un secondo padre, un amico, un confidente. E quando Nole gli ha dato il benservito, lui ha avuto comunque parole dolci nel salutarlo: «Il tempo passato con Novak sembra una vita. Siamo stati parte dei suoi incredibili trionfi, abbiamo vissuto e respirato per il suo successo e per i suoi sogni. Ho dato tutto quello che potevo come allenatore, e sono molto orgoglioso dei nostri risultati. Continueremo a confrontarci, perché siamo una famiglia». Nel frattempo l’ex numero 1 al mondo aveva portato alla sua corte Andre Agassi. Un impegno part time quello del campione Usa con Nole, che a fine 2017 ha assunto anche Radek Stepanek. Ma i risultati non sono arrivati, e il gomito destro che da un paio d’anni gli dava problemi lo ha costretto a uno stop di sei mesi e a una piccola operazione. Per la voglia di rimettersi in gioco ha affrettato il rientro nonostante il parere contrario di Agassi, esponendosi a due sonori k.o. sia a Indian Wells che a Miami. «Ho cercato di aiutare Novak, ma non la pensiamo allo stesso modo su molte cose — ha detto Andre —. Gli auguro di superare questo momento difficile». Stessa motivazione addotta da Stepanek, che ha abbandonato la barca pochi giorni dopo. Ora Nole è tornato da Vajda che da amico lo ha accolto e lo aiuterà a ritrovare la retta via. All’orizzonte però, secondo i media serbi, potrebbe esserci un nuovo super coach, forse Lendl. Alcuni ipotizzano addirittura l’arrivo di Sampras. In attesa che Nole ritrovi il pezzo più importante della squadra. Se stesso.


La Brengle fa causa all’antidoping (Federica Cocchi, La Gazzetta dello Sport)

Madison Brengle, la tennista statunitense n. 83 al mondo, ha annunciato di aver intentato una causa contro la Wta e la Itf per atti di bullismo in occasione dei test antidoping. Brengle sostiene che i numerosi prelievi di sangue a cui è stata sottoposta le hanno causato una «sindrome da dolore cronico» al braccio destro e che per questo non riesce più a condurre una vita normale dentro e fuori dal campo. La giocatrice ha assunto Peter Ginsberg, lo stesso avvocato che riuscì a far reintegrare (e risarcire) Ray Rice, il giocatore Nfl che aveva quasi ucciso a botte la fidanzata. La giocatrice chiede 10 milioni di dollari di risarcimento per i danni fisici e psicologici. Nel comunicato in cui annuncia la causa spiega anche di agire «Per il bene di tutti gli sportivi. Perché chi governa questo sport deve capire che i giocatori non sono oggetti e vanno trattati dignitosamente». A questo proposito il legale ha dichiarato: «Le autorità del tennis hanno ignorato le prove della sua condizione, rifiutandosi di fornire un’alternativa. L’hanno costretta a sottoporsi a questa procedura pur conoscendo la sua situazione e le conseguenze che i prelievi in vena le avrebbero causato. Continuando a sottoporla a questi test, l’hanno obbligata a ritirarsi dai tornei e le hanno causato gonfiori e debolezza al braccio e alla mano dominante». Nella citazione viene fatto anche il nome di John Snowball, responsabile della International Doping Test e Management, che svolge i test per la Itf: «Snowball accusò anche pubblicamente la Brengle di essere una bugiarda — prosegue il legale —, affermando di non potersi sottoporre a prelievi in vena, anche durante l’ultimo Australian Open».


Caccia grossa (Stefano Semeraro, Corriere dello Sport)

Sabato ha ricominciato a pestare la terra a Valencia, e l’onda d’urto si è sentita, specie in Europa: da Montecarlo a Barcellona, da Madrid a Roma. La forza scatenante, ovviamente, si chiama Rafael Nadal, il Migliore di sempre sul rosso, rientrato alle gare in Coppa Davis contro la Germania dopo un’assenza che durava dagli Australian Open. Quando la settimana precedente Rafa era risalito sul trono del ranking, scalzando Federer senza neppure sfiorare la racchetta, qualcuno aveva storto il naso, borbottando contro lo scarso tempismo degli algoritmi del computer. Il Nadal di Coppa ha però fugato i dubbi: il padrone della terra per il momento è sempre lui. Alla Plaza de Toros di Valencia ha matato prima Kohlschreiber poi – soprattutto – il n.4 del mondo Sascha Zverev. I tre seta zero al giovane di Amburgo in particolare, interpretati con la furia calma dei giorni migliori, sventagliando il diritto e piazzando con cura il servizio, hanno dato la misura di quanto sia sempre lui il favorito per la lunga striscia rossa che parte dal Principato di Monaco al Bois de Boulogne, passando per il Foro Italico. A Roma, dove ha già collezionato sette coppe (l’ultima nel 2013), l’anno scorso Nadal inciampò nei quarti su Thiem dopo tre tornei e 17 partite vinte di fila, l’unico passo falso di una stagione trionfale. Facile immaginare che quest’anno arriverà con la voglia di rimettere le cose a posto. L’ infortunio al muscolo ileopsoas della gamba destra è guarito, il suo avversario più tosto – il dolore cronico – è sempre in agguato, ma per ora Rafa lo tiene a bada. «Difficile dire che non sento male – ha spiegato – Sto però giocando senza limitazioni». Cautela comprensibile. Resta da capire quale avversario possa impensierirlo. «Io mi aspetto che possano fare bene Zverev, Thiem e anche Borna», spiega Riccardo Piatti, oggi coach di Borna Coric, che domani a Bordighera inaugurerà la sua nuova academy. «Wawrinka l’ho visto da noi a Bordighera: non è ancora al 100%. Cilic è un altro da tenere d’occhio. E vediamo cosa combina Dimitrov». Da non sottovalutare neppure Juan Martin Del Potro, anche se sulla terra le sue martellate di diritto fanno meno male e deve fare più fatica per piazzarle; Lucas Pouille, che sulla terra di Genova ci ha appena punita; o ancora Carreno Busta e l’eterna mina vagante Fognini, a cui manca tanto un acuto romano. Il tutto in attesa di capire se la new wave di Rublev e Khachanov è maturata e a che punto della convalescenza stanno il polso di Nishikori, l’occhio di Goffin o i neuroni stressati di Djokovic. Al Foro il Joker ha vinto quattro volte, ma per il momento sulla terra ha un posto nella fila: quella che si allunga dietro a Nadal.


Il Politecnico trova l’algoritmo del tennis (Stefano Semeraro, Stampa 11/04/2018)

Al Politecnico di Torino si sono messi in testa di fare le pulci al tennis. Meglio: di mettere un po’ di ordine nei tabelloni, di rendere meno prevedibili i tornei, anche quelli dello Slam. Come? Con un algoritmo. Che si propone di integrare il seeding, cioè il sistema delle teste di serie inventato a fine XIX secolo dal matematico e reverendo Charles Lutwige Dodgson, che tutti conosciamo meglio con lo pseudonimo di Lewis Carroll, il papà di Alice nel Paese delle Meraviglie. “È nato tutto quasi per caso“, spiega Gabriele Dragotto, 21 anni, laureato in Ingegneria gestionale, che in questi giorni è in Belgio per un workshop organizzato dall’Università di Gand sul tema della matematica applicata allo sport. “Io dovevo laurearmi e il professor Federico Della Croce, che insegna Ricerca Operativa al Politecnico ed è appassionatissimo di tennis, mi propose di occuparmi di quello che tecnicamente si chiama fair-allocation. Abbiamo notato che molti tennisti si trovano a giocare contro nei primi turni di tornei consecutivi, e questo riduce la varietà e l’interesse dei match. Se il 200esimo giocatore della classifica gioca sempre contro Federer al primo turno di un torneo, l’esito è molto prevedibile, e il match è “già visto” e non totalmente equo”. Un mese e una settimana di lavoro (“molto intenso…”) e il gruppo formato anche dal dottor Rosario Scatamacchia ha partorito un algoritmo che consente di mischiare meglio le carte rispetto al sorteggio tradizionale. “Si tratta di dividere gli iscritti ai tornei in quattro “contenitori” in base al numero delle volte che hanno giocato insieme nei primi turni. Si possono aggiungere altri parametri, come la nazionalità, la superficie preferita, ecc., un po’ come avviene con i sorteggi della Fifa. I contenitori vengono piazzati dal computer nelle varie sezioni del tabellone, poi avviene comunque un sorteggio, ma all’interno dei gruppi definiti”. E funziona. “Abbiamo eseguito diverse simulazioni sugli Slam del 2017, utilizzando i dati ufficiali dei tornei ATP e ITF – spiega Dragotto, che da studente ha vinto una borsa di studio all’interno del progetto giovani talenti di Crt – e i risultati che abbiamo ottenuto sono interessanti. Rispetto a quanto è avvenuto nella realtà, il peso dei match “ripetuti” era calato del 60 per cento“. Sono calcoli molto complessi: i primi tentativi richiedevano ore anche al computer. “Ora, grazie ad un algoritmo, siamo scesi a meno di due secondi. Stiamo anche dialogando anche con la Federtennis per avere dei riscontri sulla metodologia e presenteremo il nostro studio all’Euro 2018 di Valencia, nel prossimo luglio”… [SEGUE]. Domanda: ma l’algoritmo non può essere usato anche per prevedere l’esito di un torneo? “Ci abbiamo provato, “pesando” i precedenti, ma così non funziona…”. A bada gli scommettitori e tranquilli i fan: il tennis resta un paese meravigliosamente imprevedibile.

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