Focus
Verso la Fed Cup, Monami licenziata: “Pugnalata dalle ragazze”
Inferocita per l’ingiustizia patita. Flipkens e Van Uytvanck le ammutinate. L’ex capitana di Fed Cup belga: “Dal sogno all’incubo. Il nuovo capitano? Se ne accorgerà”

Da Montecarlo, la nostra inviata
È la storia di una delusione cocente; di un sogno infranto e di un “regalo all’arsenico“. Ce la racconta il giornalista belga Yves Simon (sul quotidiano belga Sud Presse), con cui abbiamo parlato in questi giorni al Montecarlo Rolex Masters. Alla vigilia dell’incontro valido per i Play Off del World Group tra l’Italia e il team belga, ha fatto scalpore in Belgio l’improvviso e sbrigativo congedo di Dominique Monami, ormai ex capitano della squadra belga di Fed Cup. Un vero e proprio “benservito” per la 44enne ex tennista originaria di Verviers.
Quando non c’è più intesa tra i giocatori e il loro capitano, rien ne va plus… ne sa qualcosa Dominique Monami-Van Roost (francofona di nascita sposò il suo coach fiammingo Bart Van Roost, dal quale si è poi separata per scegliere un nuovo compagno, anch’esso fiammingo), ormai ex capitana della squadra belga di Fed Cup impegnata questo fine settimana contro l’Italia a Valletta Cambiaso a Genova. Una vera e propria doccia fredda per la Monami-Van Roost – ex n.9 del mondo e prima tennista belga ad entrare nella Top 10, prima di Justine Henin e Kim Clijsters – quando un paio di settimane fa riceve una telefonata da parte della Federazione belga che le comunica di essere stata sollevata dal ruolo di capitano della squadra. Due ore dopo, esce un comunicato federale che ufficializza l’esclusione di Dominique. Insomma, decisione altamente ingiusta per l’ex tennista che ci mette “tre giorni per digerire questa terribile delusione” come dirà a Yves Simon, ricevuto nella sua casa di Malines, “mi ha devastato sapere che la Federazione abbia deciso di tagliarmi la testa, non ci ho dormito la notte e la domenica ero distrutta. Il giorno dopo ho ricevuto così tanti messaggi di solidarietà che piangevo dalla commozione. Sono sotto choc, la mia non è rabbia, ma la sensazione di un’ingiustizia enorme“. Monami, oltre ad essere donna dalla personalità carismatica, ha scritto la storia del tennis del suo Paese con l’ingresso in top 10, si è issata inoltre due volte ai quarti di finale dell’Australian Open e ha vinto otto tornei in carriera, quattro in singolare e quattro in doppio.
“Una vera leader, legatissima alla competizione a squadre e pronta a smorzare e ad arginare le manie di protagonismo di alcune atlete“, come ci dice ancora Simon. Questo pare non sia piaciuto alle ragazze della squadra che non sono mai state consultate dalla Federazione quando è stata fatta la scelta della Monami. “Da quello che mi hanno detto, una parte delle giocatrici mi critica per la mia tattica, per essermi fatta prendere dallo stress in campo e per la mia mancanza di fiducia… La cosa mi fa alquanto sorridere poiché in tre tie siamo riuscite a fare una bella performance con la Romania (0-3), un exploit in Russia (2-3) e siamo rientrate nel gruppo mondiale dopo sei anni di assenza; inoltre eravamo 2-2 contro la Francia, prima di perdere il doppio. Sono così scarsa?“.
Nel match contro la Francia, sulla carta, il Belgio era nettamente favorito, anche perché nella squadra di Noah, soltanto Kristina Mladenovic costituiva un pericolo maggiore. Poi il doppio… E qui arrivano le note dolenti, anche a causa di Kirsten Flipkens che, pare, abbia fatto di tutto per seminare zizzania: “Dal momento in cui una giocatrice, Kirsten Flipkens, decide di avvelenare il clima del doppio decisivo, puoi essere la migliore capitana del mondo ma la partita è persa“. Per questo c’è la sensazione, per l’ex capitana, di un licenziamento orchestrato ad hoc da una parte delle componenti del team, fomentate in primis da Kirsten Flipkens.
Si tratterebbe dunque di un sabotaggio? “Il termine è forte ma se Mladenovic ha saputo valorizzare il gioco di Amandine Hesse, Kirsten, con il suo atteggiamento ipernegativo, ha fatto sì che il livello di Elise Mertens si abbassasse. Basta guardare le immagini del doppio: Kirsten mi dava le spalle seduta in panchina ai cambi di campo e la cosa mi faceva diventar matta! Non ho mai avuto la sensazione che ci fosse una squadra che stringesse i denti per conquistare un punto e tentare di andare in semifinale! Perfino Justine Henin ha notato la stessa cosa alla fine dell’incontro, ed è significativo!“.
Parole forti da parte di Dominique che intende mettere le cose in chiaro una volte per tutte: “Non sono abituata a lavare i panni sporchi in pubblico, ma adesso non ho scelta, è il momento di fare chiarezza e la gente deve conoscere il ruolo svolto da alcune persone. Lo dirò soltanto in quest’intervista; non ce ne saranno altre“. Un vero trauma per la Monami il cui “grande sogno si è trasformato in un vero e proprio incubo. Fin dall’inizio ho visto che il clima non era disteso. Quando sono stata nominata capitano della squadra di Fed Cup, il 28 settembre 2016, sono andata al torneo di Lussemburgo per incontrare le giocatrici e pensavo che mi avrebbero accolto a braccia aperte; tuttavia, fin dall’inizio, Kirsten Flipkens e Yanina Wickmayer mi hanno fatto capire che loro non mi avrebbero scelto ed erano rabbuiate per il fatto di non essere state consultate dalla Federazione. Pensavo che i successi in Romania e contro la Russia avrebbero appianato la situazione, sono rimasta aperta a tutte le soluzioni, cercando di capire come migliorare le cose. Posso guardarmi allo specchio senza rimpianti e sono sempre stata onesta. Del resto è tutto registrato perché ero solita fare il punto della situazione registrando le nostre riunioni. Ma il clima si è via via deteriorato. E perfino Alison Van Uytvanck è stata manipolata e, alla fine, è diventata la grande amica della Flipkens. Alcune giocatrici mi hanno accoltellato alla schiena e, in quanto a Alison, è come se mi avesse trafitto il cuore con una spada. Perché se c’è una giocatrice che ho aiutato e appoggiato fin dall’inizio della sua carriera, quando aveva 17 anni, all’Open di Bruxelles di cui ero la direttrice, è proprio lei!“.
Chi l’ha sostenuta nel gruppo? “Soltanto Elise Mertens ha continuato ad appoggiarmi ma evidentemente non era abbastanza per la Federazione. È disgustoso. Giocatrici come Justine Henin e Kim Clijsters, che sono state n. 1, mi hanno dimostrato maggiore rispetto. In realtà, non bisogna alterare il loro comfort. È una tragedia. Il mondo del tennis non ha fatto progressi con il tempo per quanto riguarda i veri valori. Volevo trattare le persone alla pari e tutti sono rimasti sorpresi del mio licenziamento“.
Ora, intanto, per il tie contro l’Italia a Genova – e solo per questo incontro – la Federazione ha fatto appello a Ivo Von Aken, personalità celebre e autorevole del tennis belga poiché sotto la sua guida, nel 2001, il Belgio della Henin e della Clijsters ha conquistato finora l’unico successo in Fed Cup. Contro le azzurre, il Belgio parte favorito sulla carta: “Immagino che le giocatrici saranno ipermotivate per dimostrare tutti i miei presunti torti” continua la Monami. “È così… E del resto, per quanto riguarda la squadra italiana, non c’è quasi più nessuno e allora tanto meglio per il Belgio“. Giudizio un po’ severo da parte di Dominique nei confronti del team azzurro, anche se, certo, l‘era delle “Fab Four” dell’Italrosa (Schiavone, Pennetta, Vinci ed Errani) si è ormai conclusa. Non dimentichiamo però la grande esperienza di Sara Errani e la grinta inesauribile che può sprigionare la romagnola, soprattutto nel clima di Fed Cup. E poi ci sono Deborah Chiesa e Jasmine Paolini, due giovani di poca esperienza ma con tanta sete di successo, l’exploit contro la Spagna a Chieti docet.
Dominique Monami lascia la porta aperta al tennis belga? “Ero molto adatta al ruolo di capitano; tutti mi dicevano che ce l’avevo dentro e mi sono impegnata al 200%. Per me è stata una grande opportunità ma, in realtà, era “avvelenata”; non solo volto pagina, ma chiudo definitivamente il libro! Avevo avuto il posto, ho dato tutta me stessa per vivere, alla fine, il momento più doloroso della mia carriera“. Parole piene di amarezza da parte della belga che non le manda a dire. Non solo. Esasperata dall’accaduto, è come se lanciasse una sorta di sfida al presunto futuro “mister”, Johan Van Herke (l’attuale capitano della squadra di Coppa Davis): “Che Johan venga pure a seguire le ragazze. Vedrà la differenza tra loro e la squadra maschile. Se mi hanno accusata di avere una connessione “zero” con il circuito femminile, allora quella di Johan è “zero virgola zero”! Che venga ad occupare il posto, così potrà fare un paragone…”.
ATP
ATP Pechino: Medvedev rullo compressore, Rune senza problemi con Auger-Aliassime, Dimitrov salvo per miracolo
Nei primi turni del China Open Daniil Medvedev lascia solo tre games a Tommy Paul. Holger Rune non concede palle break a Félix Auger-Aliassime, mentre Grigor Dimitrov ribalta uno svantaggio di 2-6, 1-5 con Mackenzie McDonald

Tante teste di serie in campo e incontri di alto livello nei primi match della seconda giornata del China Open a Pechino. Oltre a Jannik Sinner, vincitore su Evans, erano impegnati il n° 3 e il n° 4 del mondo – Daniil Medvedev e Holger Rune – e Grigor Dimitrov, che ha ribaltato un incontro praticamente perso. Ma andiamo nel dettaglio ad analizzare le singole sfide.
[2] D. Medvedev b. T. Paul 6-2 6-1
Nessun problema per la testa di serie n° 2 Daniil Medvedev contro Tommy Paul, in un duello che da pronostico avrebbe dovuto essere molto più equilibrato di quello che poi è effettivamente stato, visto che Paul è comunque il n° 13 del mondo. E invece una partita non c’è mai stata, come testimoniano i tre miseri games racimolati dall’americano nell’ora e 21 minuti di sfida.
Il russo ha giocato in modo semplicemente perfetto commettendo in totale solo 3 errori non forzati, peraltro condensati in apertura, quando ha perso il servizio nel primo game. Da lì in avanti, Daniil ha cambiato decisamente marcia, conquistando il 39esimo successo sul cemento nel 2023 – nessuno come lui – e assicurandosi l’avanzamento al secondo turno dove ad aspettarlo c’era già Alex De Minaur, con il quale è in vantaggio per 5-2 nei precedenti (1-1 in questa stagione).
“Ho disputato un ottimo incontro” – ha dichiarato Medvedev a caldo – “l’inizio partita non è stato facile, ma non lo è mai quando giochi un primo turno in un’altra parte del mondo contro un avversario forte. Forse lui si è trovato ancor più in difficoltà di me perché veniva dalla Laver Cup a Vancouver”.
G. Dimitrov b. [WC] M. McDonald 2-6 7-6(4) 6-1
È salvo per miracolo Grigor Dimitrov dopo il primo turno contro Mackenzie McDonald. Il bulgaro, che ha da poco raggiunto il traguardo delle 400 vittorie in carriera, si è trovato sotto di un set e di due break, per poi risalire la china dal 6-2, 5-1 sotto. Uno score che lasciava poco spazio a repliche e un vero e proprio dominio della wild card americana per gran parte dell’incontro, ma poi i match vanno chiusi e se non lo fai rischi di subire un contraccolpo psicologico.
E da quel punteggio decisamente a favore lo statunitense avrebbe perso 12 dei successivi 14 games (tie-break del secondo set compreso), senza mai arrivare a match point e addirittura lasciando una volta a -0 e una volta a -15 i giochi in cui si è trovato a servire per avanzare al secondo turno.
E dopo un tie-break perso alla fine di un parziale che sembrava conquistato, il contraccolpo psicologico non è così inusuale, come testimonia il netto 6-1 del terzo set per il bulgaro.
[3] H. Rune b. F. Auger-Aliassime 6-4 6-4
L’avversario di secondo turno per Dimitrov sarà Holger Rune, che ha sconfitto per 6-4 6-4 senza mai concedere palle break il n° 15 ATP Félix Auger-Aliassime. Il canadese sembrava essere in ripresa dopo aver dato segnali incoraggianti in Laver Cup, ma quella è a questo punto da considerare come una parentesi positiva in un 2023 fin qui da dimenticare. Dopo il Masters 1000 di Indian Wells, dove ha raggiunto i quarti di finale, Félix ha vinto infatti solo 3 match dei successivi 14, perdendo fiducia torneo dopo torneo.
Rune era invece al rientro dopo i problemi fisici che lo hanno attanagliato nelle ultime settimane, e non può reputarsi sfortunato per aver trovato un rivale in un periodo di rottura prolungata. Contro Dimitrov per lui sarà probabilmente un’altra storia.
Flash
WTA Tokyo, delusione Swiatek: perde in tre set da Kudermetova. Ecco chi va in semifinale
Veronika per la prima volta batte la polacca, un po’ spenta. Sarà derby con la connazionale. La n.4 al mondo lascia un solo game a Kasatkina

Venerdì dedicato ai quarti al WTA 500 di Tokyo: ecco come è andata. Sono Kudermetova-Pavlyuchenkova e Sakkari-Pegula le due semifinali.
[8] V. Kudermetova b. [1] I. Swiatek 6-2 2-6 6-4
Il Toray Pan Pacific Open 2023 è, e sarà ricordata, come una grande edizione, all’insegna di sorprese e nostalgia. Nostalgia dovuta in gran parte al ritiro di Misaki Doi, certo, ma anche (probabilmente) quella provata da Iga Swiatek verso la sensazione di vittoria, di dominio territoriale a cui aveva abituato il circuito dalla primavera del 2022 all’estate del 2023. Ora la polacca è tornata sul pianeta Terra, come dimostra la sconfitta maturata ai quarti di finale contro Veronika Kudermetova, giocatrice che aveva battuto 4 volte su 4 precedenti, senza mai perdere set. Stavolta è 6-2 2-6 6-4 il punteggio finale a favore della russa, che per la terza volta nel 2023 va a battere una top 5, dopo Pegula a Madrid e Sabalenka a Berlino. Un risultato certo inaspettato per la n.19 al mondo, anche alla luce del fatto che non vinceva partite consecutive (prima di questo torneo) da Berlino, a giugno, venendo da un periodo tutt’altro che brillante.
Quella fornita da Kudermetova è stata una prestazione tipica del suo tennis quando è in giornata, quindi solida, con un ritmo compassato e di palleggio paziente da fondo, tendendo “tranelli” all’avversaria per spingerla all’errore. E proprio così è andata nel primo set, in cui la polacca tante volte ha proprio preso male le misure al campo, sfornando una sequela di regali per Veronika con colpi fuori misura. Dopo il rientro nel match operato con un chirurgico secondo set, in cui si sono rivisti sprazzi della miglior versione della n.2 al mondo, il parziale decisivo è stato appannaggio di una grande Kudermetova. La russa, in larghissima parte per suo merito, ha preso possesso del campo, sin dal servizio, con colpi profondi e una tattica perfetta tra variazioni e accelerazioni per non far piantare Swiatek sulla riga di fondo campo e permetterle di picchiare. Così, strappando un decisivo break nel terzo game, la tds n.8 se lo è conservato fino in fondo per centrare la quinta semifinale del 2023 (record di 1-3, a Madrid e Doha perse proprio contro Swiatek). Torna inoltre in semifinale a Tokyo per il secondo anno di fila, ma stavolta disputerà un derby.
A. Pavlyuchenkova b. E. Alexandrova 6-2 7-5
La sua avversaria sarà infatti Anastasia Pavlyuchenkova, che non gioca una semifinale in tour dal Roland Garros 2021. La 32enne di Samara, dopo una serie di problemi fisici che l’hanno costretta a fermarsi quando era giunta al top della carriera, sta riprendendo pian piano la forma perduta. E lo ha dimostrato anche oggi, giocando un grande match, a tratti dominato, contro la connazionale Ekaterina Alexandrova, battuta per 6-2 7-5. Dopo un primo set in cui in campo c’è stata solo l’ex n.11 al mondo, l’attuale n.21 ha iniziato con gran grinta il secondo, trovando il break al primo game. Per sua sfortuna a poco è servito mantenerlo praticamente fino alla fine, arrivando sul 5-3, e servendo per il set sul 5-4. La maggior esperienza e la classe di Pavlyuchenkova hanno alla lunga avuto la meglio: con 4 game vinti di fila, dimostrandosi appieno padrona del campo, Anastasia ha ribaltato la situazione e portato a casa il match, nel tempo anche relativamente breve di 1h e 31. Questa semifinale le permetterà, da lunedì, di tornare almeno al n.62 al mondo, con un ranking sempre più in crescita. Sfiderà per la quinta volta Kudermetova, con i precedenti che sono sul 2-2, tutti sul cemento, l’ultimo vinto da Veronika a Dubai 2021.
[2] J. Pegula b. [6] D. Kasatkina 6-1 6-0
Molto meno da raccontare sull’altro quarto disputato, in cui Jessica Pegula ha praticamente disputato un allenamento contro Daria Kasatkina. 6-1 6-0 a favore della tds n.2, che assurge ora chiaramente a grande favorita per la vittoria finale. Una partita mai nata si potrebbe definire, quella vinta dall’americana, che dopo un break subito nel secondo gioco, ed essersi trovata sull’1-1, ha ingranato a dir poco la marcia. Undici game vinti di fila, il 76% di punti vinti in risposta, e la sola ora di gioco necessaria per chiudere la pratica, sono eloquenti manifesti della prestazione assurda della n.4 al mondo. E, al contempo, anche di una Dasha molto, molto scarica, brutta copia di quella vista finora in Giappone, e che torna a casa con tanto lavoro da fare. Pegula trova così invece la settima semifinale della stagione (2-4, con sconfitta in finale a Doha e vittoria del 1000 di Montreal), sesta sul cemento. Affronterà la vincente tra Maria Sakkari e Caroline Garcia. Ed inoltre, arrivando in finale a Tokyo, sarebbe matematicamente qualificata per il secondo anno di fila alle WTA Finals.
[4] A. Sakkari b. [5] C. Garcia 6-2 6-2
Sakkari vince il terzo match del 2023 contro Garcia in due comodi set. Ottima la prestazione della greca di quest’oggi: 15 vincenti a fronte di 8 errori gratuiti e sei palle break salvate, mentre la gara della francese è stata rovinata da qualcosa come 28 errori gratuiti. Giornata no per Caroline e strada libera per Sakkari in un’ora e ventuno minuti: ora la semifinale contro Pegula, che per la greca rappresenta una ghiotta occasione per mettere un tassello importante all’obiettivo qualificazione alle WTA Finals.
ATP
ATP Pechino: Sinner che sofferenza, ma è buona la prima in Cina
L’altoatesino spreca la possibilità di chiudere in due set ma neutralizza alla lunga il britannico. Ora Shang o Nishioka

[6] J. Sinner b. D. Evans 6-4 6(2)-7 6-3
Poteva finire in due set, partiamo da questo presupposto. L’esordio assoluto in Asia di Jannik Sinner, al primo turno del China Open di Pechino, avrebbe potuto essere un doppio 6-4. E proprio alla luce di ciò aver vinto in tre set, anestetizzando la rimonta di un Daniel Evans a tratti veramente sublime, è sinonimo di maturità e cinismo. Oggi da parte dell’altoatesino non ci sono stati tanti colpi spettacolari, ma grande solidità, disciplina tattica nel gestire gli scambi e accelerare il ritmo quando utile, senza esagerare. Ha gestito un avversario il cui gioco per lui è di difficile digeribilità, con le tante variazioni e le palle senza peso che spezzano il palleggio e danno pochi riferimenti. Una partita difficile, che probabilmente in altri tempi, senza l’aiuto di un servizio sempre più fattore nel suo tennis, forse non avrebbe vinto. Quarantacinquesima vittoria stagionale dunque per Jannik, che giocherà per trovare l’undicesimo quarto di finale del suo 2023 (record di 7-3, l’ultimo giocato contro Monfils a Toronto) contro Zhang o Nishioka.
Primo set: Sinner dal fondo disinnesca le giocate di Evans
Sinner già nel terzo game scopre le carte in risposta, avviando lo scambio con grande aggressività e provando a tenere alta l’intensità con accelerazioni che non permettano ad Evans di tenere il suo ritmo basso. Bravo però il britannico a rendere pan per focaccia, non disdegnando anche lui soluzioni di potenza, con un po’ di rischio in più. Un quinto game con qualche eccessiva sbavatura del n.33 al mondo permette a Sinner di andare avanti di un break. Giusto da parte sua prendere determinati rischi e comunque sempre spingere in risposta, ma viene graziato da qualche errore avversario determinato dalla fretta di chiudere attacchi un po’ timidi. Prestazione brillante anche a rete, quasi ad assecondare le giocate di Evans in modo da scomporlo e tenere salda l’iniziativa, da parte della tds n.6, costante e senza mai eccedere, costringendo a giocate complesse l’avversario. Da evidenziare come entrambi stiano dando il proprio meglio o quasi, con errori forzati o di misura, scelte tattiche mai avventate. Anche il servizio influenza in positivo il set di Sinner, costellato anche da 3 ace, permettendogli di chiudere 6-4 con un bel dritto vincente, manifesto di un ritmo alto e duro che alla lunga neanche i tagli e cambi di Evans, che ha cercato le più svariate soluzioni (anche il chip and charge), hanno potuto contrastare.
Secondo set: Sinner serve per il match, ma si fa brekkare e perde il tie break
Nel secondo parziale si fa attendere ancora meno il break per l’italiano, piazzato già nel terzo gioco. Evans sembra iniziare ad accusare le difficoltà nell’esprimere il proprio gioco, senza riuscire a reagire al vigore del n.7 al mondo in risposta, che trova angoli anche profondi, costringendo a errori forzati l’avversario. Il britannico, in un quarto gioco fiume, prova subito a rifarsi sotto, ottenendo la prima palla break della partita, anche a causa di un calo di tensione di Jannik. Piccolo, però, dato che un gran servizio, a cui fa seguito un dritto al volo a rete permettono all’azzurro di annullare l’occasione. Importante da parte del classe 2001 il far giocare sempre una palla in più a un giocatore che non ama lo scambio prolungato, accelerando contro gli slice di Daniel. Ma al momento di chiudere, vuoi per mancato cinismo dell’azzurro, vuoi per il braccio più sciolto di Evans, arriva il contro-break del britannico, che finalmente ottiene qualcosa dalle sue palle senza peso, che mandano fuori tempo Sinner, costringendolo ad una serie di errori che lo portano a perdere il servizio a 0. E così, quella che sembrava una partita già in ghiaccio, vede l’alba del terzo set, con un tie-break dominato dal campione di Washington. 7 punti a 2 a favore di Evans, che toglie qualsiasi riferimento a Jannik, mandandolo fuori tempo e producendo alcune vere chicche sotto rete. Il britannico psicologicamente dà una bella spallata all’altoatesino, in vero black out dopo il break subito sul 5-4.
Terzo set: Sinner supera alcune difficoltà fisiche e vince il match
Il parziale decisivo si apre nel segno dell’azzurro, che nel secondo game già piazza il break. La palla torna a viaggiare fluida, impostare sul rovescio lo scambio restituisce frutti copiosi in termini di punti, data la sensibile differenza tra il suo top e lo slice di Evans. Il britannico è però bravo a rifarsi sotto, ottenendo un’immediata palla del contro-break, che cozza sull’istinto da campione di Sinner, che risponde con un ace e una serie di grandi servizi e scambi duri. In questa fase Sinner deve far fronte anche ad alcune difficoltà sul piano fisico. L’azzurro prima si fa massaggiare una coscia, per probabili crampi, poi – più in là – dopo un ruzzolone a terra farà temere il peggio a tutti quanti, fortunatamente sono falsi allarmi. Ma l’ostinazione e la grinta di Evans (guidate da un po’ di fortuna, che non guasta mai) danno ulteriore linfa alla partita: nel quinto game, sotto 40-0, il britannico gioca a braccio sciolto, attacca e arremba la rete con convinzione, mischiando accelerazioni e tagli, così da scaricare la pressione su Jannik causandone errori in palleggio anche banali, che gli permettono di rientrare. Ma, alla lunga, anche la tenuta fisica dà il suo contributo, non indifferente, in favore dell’azzurro. Un ottavo game giocato su un ritmo altissimo da Sinner, con accelerazioni spaventose a coronare scambi curati nel dettaglio per aprire il campo, gli permette di tornare avanti di un break. Che, stavolta, si rivelerà definitivo: chiude 6-3, senza problemi, con un altro game giocato in spinta costante, in cui le palle senza peso non funzionano più e c’è poco da fare per uno stremato Evans. Prestazione solida e matura dell’altoatesino, vincitore di un match che potrebbe pesare sulla sua fiducia. Al secondo turno avrà Juncheng Shang o Yoshihito Nishioka.