Cecchinato alla prova del mito Wimbledon (Piccardi). A Wimbledon la prova dei nove: mai così tanti italiani (Semeraro). Dopo Cecchinato sbuca Travaglia: "Io nei primi 50" (Rossi). Roger alla prova del 9 (Azzolini). Andy ci ripensa, niente Wimbledon (Guidobaldi)

Rassegna stampa

Cecchinato alla prova del mito Wimbledon (Piccardi). A Wimbledon la prova dei nove: mai così tanti italiani (Semeraro). Dopo Cecchinato sbuca Travaglia: “Io nei primi 50” (Rossi). Roger alla prova del 9 (Azzolini). Andy ci ripensa, niente Wimbledon (Guidobaldi)

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Rassegna stampa a cura di Daniele Flavi

 

Cecchinato alla prova del mito Wimbledon

 

Gaia Piccardi, il corriere della sera del 2.07.2018

 

«Non temo nessuno» L’eroe di Parigi sulla strada di Nadal. Nove italiani al via Tennis «Questa erbetta comincia a piacermi» sentenzia il Ceck di bianco vestito sullo sfondo del verde verdissimo di Wimbledon alla vigilia del debutto — da numero 31 del mondo e 29 del seeding — contro l’australiano De Minaur. Ci eravamo lasciati sulla rive droite l’8 giugno, semifinale del Roland Garros persa da Dominic Thiem, quando un palermitano con i riccetti e qualche idea meravigliosa in testa si era imposto all’attenzione degli dei del tennis battendo Carreno Busta (n. io), Goffin (n. 8) e Djokovic (ex n. i), in cima a un epico tie break. Se Marco Cecchinato è nato a Parigi, è a Londra che deve dimostrare di valere il salto di qualità e di classifica e di mentalità, sulla superficie più rara e ostica. Le prossime due settimane, tuffati dentro la meravigliosa retorica e l’irresistibile fascino dei Championships come uvetta nel panettone, e poi di erba si riparlerà tra un anno. Però è qui in Church Road, tra i rimbalzi irregolari di un gioco sincopato e sempre in levare, con la palla che muore sull’erba prodotta da io tonnellate di semi pazientemente piantati da mister Grant Cantin e dai suoi giardinieri scelti, che si fa la storia o si muore. E sarebbe un vero peccato vanificare gli sforzi del Roland Garros con un passaggio a volo radente — e basta — a Wimbledon. Il Ceck, reduce dalla semifinale sui prati di Eastbourne, ha intenzioni bellicose e non le nasconde: «Sull’erba non c’e niente da stravolgere, semmai qualcosa da adattare. Giocarci mi diverte e non mi voglio accontentare. Anzi, voglio dimostrare di essere competitivo anche su questa superficie». La preparazione è stata ridotta all’osso da coach Simone Vagnozzi: dopo le vacanze a Porto Cervo, in Sardegna, Marco è volato in Inghilterra sull’onda dell’iniezione di fiducia del Roland Garros, con nel motore il chilometraggio illimitato della stagione sul rosso (primo titolo Atp a Budapest, prima semifinale Slam a Parigi). Ieri ha preso contatto con i codici di comportamento e stile dell’All England Club (gira in rete un video in cui un giardiniere rimprovera Federer perché transita dietro il campo i8 parlando a voce troppo alta…) allenandosi con il tedesco Kohlschreiber a Aorangi Park: «Sul veloce lui è a suo agio, ma io non temo nessuno e sono pronto a dare il massimo». Nel torneo all Italian (9 azzurri in tabellone contro una sola azzurra, Camila Giorgi: oggi subito in campo Seppi, Travaglia, Fabbiano e Lorenzi), insieme a Fabio Fognini (testa di serie n. i9, debutto contro il giapponese Daniel) Marco Cecchinato è il portatore sano di smorzate e rovescio in back che proverà a farsi largo verso un possibile terzo turno contro Rafa Nadal (Misha Zverev, fresco del titolo di Eastbourne, permettendo), il niño degli 11 Roland Garros che ha messo nel mirino il terzo Wimbledon: la finale dei sogni prevede la 39ª sfida della carriera con Roger Federer, l’anziano maestro degli otto titoli. Il Ceck ora è temuto: «Mi guardano tutti in un altro modo e mi sento molto più a mio agio nel chcuito». Ha ricevuto i complimenti di Djokovic e mezzo spogliatoio. Come si cambia.

 

 

A Wimbledon la prova dei nove: mai così tanti italiani

 

Stefano Semeraro, il corriere dello sport del 2.07.2018

 

Londra erba, ammettiamolo, non mai stata cosa nostra. La semifinale persa da Nicola Pietrangeli nel 1960 contro il prodigioso Laver resta in assoluto la tacca più gloriosa ai Championships, ma dopo l’occasione sciupata da Panatta nei quarti del 1979 contro Pat Duprè, la vera cicatrice di Adriano, abbiamo raccolto solo un altro quarto con Davide Sanguinetti nel 1998, e altre tre capatine tra «The last Eight» (gli ultimi otto) con le ragazze fra l’89 di Laura Golarsa, il 2003 di Silvia Farina e il 2009 di Francesca Schiavone. L’erba dei vicini,- di quelli oltre Ticino non se ne parla proprio: Federer è alla sua 20a partecipazione filata ai Championships, con 8 vittorie… – per noi rimane comunque molto più verde. Quest’anno però un record l’abbiamo già strappato: mai nel tabellone maschile c’erano stati nove italiani. Due teste di serie, Fabio Fognini (n. 16 Atp e n.19 del seeding) e Marco Cecchinato (n.31 Atp e 29 nel seeding), altri tre per diritto di classifica-Andreas Seppi (n. 43) Paolo Lorenzi (86) e Matteo Berrettini (80) -, a cui si sono aggiunti i due qualificati Thomas Fabbiano (121) e Stefano Travaglia (138) e i due ripescati Lorenzo Sonego (122) e Simone Bolelli (158). In passato al massimo eravamo arrivati a sette (nel 1963,1972,1991, 1994, 1996, 2006 e 2012), quindi per il momento gioiamo per la quantità – pareggiata però dalla penuria nel femminile, dove Camila Giorgi è l’unica a sventolare la bandierina – in attesa di capire se ci aspetta anche il famoso salto di qualità. Il sorteggio ha riservato una testa di serie, un Jack Sock un po’ in crisi, solo a Matteo Berrettini, per il resto non è andata neppure male, oggi scendono in campo in quattro, più la Giorgi. Di tutta la pattuglia quelli che hanno i quarti vegetali più nobili sono proprio Camila (un ottavo qui nel 2011), vincitrice del suo unico torneo in carriera nel 2015 sull’erba olandese e impronunciabile di ‘s-Hertogenbosch, seconda italiana di sempre a conquistare un torneo sulla superficie dopo Roberta Vinci; e Seppi, che nel 2011 la spuntò a Eastbourne. E la fresca semifinale proprio a Eastbourne di Marco Cecchinato, reduce dal lampo di Parigi, ci rincuora: «Sono vittorie che mi hanno dato fiducia, e poi è bello aver ricevuto i complimenti di gente come Djokovic e Zverev. Mi sto abituando al nuovo ruolo, ma voglio un posto fra i top 20, e mi sento competitivo anche qui». Fermi al semaforo, attendiamo una luce verde.

 

Dopo Cecchinato sbuca Travaglia “Io nei primi 50”

 

Paolo Rossi, la repubblica del 2.07.2018

 

Noblesse oblige, Roger Federer apre Wimbledon 2018 sul Campo Centrale. Lo attende il serbo Lajovic, per uno svizzero in grande forma dialettica («Io e Rafa? Siamo i Messi e Ronaldo del tennis», «Serena Williams è la più grande di tutti, sia uomini che donne»), nel giorno in cui si arrende anche Andy Murray: «Non sono pronto per i cinque set, mi dispiace». Sarà un Wimbledon molto italiano, con ben nove azzurri e qualcuno che spera, come Vanni e Giannessi, ritornati sui prati dall’Italia perché potrebbero essere i prossimi lucky losers nel caso ci fosse qualche altro infortunato. Ma, anche così, la pattuglia azzurra maschile è ben rappresentata e, sul campo 6 (12.30, diretta Sky), sarà Stefano Travaglia ad affrontare l’australiano Millman, sperando di continuare la sua personale rimonta. Perché l’ascolano è un’altra possibile icona di questo tennis italiano che sta fermentando, dopo il grande exploit di Cecchinato a Parigi. «Lui un esempio? Un segnale? Può essere, ma penso che i suoi risultati siano il frutto del lavoro impostato da tempo con il suo staff» dice Travaglia di Cecchinato. Quasi coetanei, hanno delle cose in comune e, soprattutto, hanno chiesto al tennis e alla vita una seconda chance. Cecchinato se la sta godendo meritatamente, Travaglia lo spera. Non si può dire che non ci abbia provato: lui, che a 16 è andato in Argentina per un anno a farsi allenare dalle due maestre che lo avevano convinto. Lui, che ha reagito all’infortunio del 2011, caduta dalle scale di casa e perdita di sensibilità di quattro dita, con una testardaggine che ha dovuto ripetere quando s’è bloccato con la schiena un paio d’anni fa. «Io voglio arrivare nei primi cinquanta. Dico che il tennis italiano c’è, che ci sono ragazzi che stanno arrivando e noialtri. Non dovete farvi confondere dai soliti trenta che vedete sempre in tv. C’è dell’altro, basta aspettare».

 

Roger alla prova del 9  

 

Daniele Azzolini, tuttosport del 2.07.2018

 

Giacca e camicia, la cravatta lasciata da qualche parte, il pass perla Members of Enclosure in bella vista, chiave d’accesso al luogo più esclusivo dell’All England Club, la casa dei soci. Fa la sua figura, Roger Federer, ed è in tono con il resto, immutabile mutante anche lui, come il torneo che ha vinto otto volte, uguale a se stesso eppure in divenire, mosso da una ineluttabile necessità di migliorare ma restio ad apparire diverso, o soltanto rinnovato. Essere al passo con i tempi conservandosi, è ormai una sfida Roger e i Championships l’hanno già vinta, l’uno affidandosi a un tennis che non si era mai visto, nemmeno quando gli interpreti erano i più straordinari erbivori australiani: non un colpo uguale all’altro, variazioni continue per potenza e angolazione dei colpi, schemi e tattiche proposti in successione random, quasi fossero scelte casuali eppure sempre logiche e appropriate L’altro, il torneo più antico del circuito, è riuscito invece a cambiare volto, struttura, spazi, persino le tradizioni, dando l’impressione che niente stesse cambiando realmente, anzi, che tutto fosse addirittura come prima. È come se a Wimbledon costruissero vecchi stadi moderni, antichissimi tetti ad alta tecnologia, antiquati manti schermi digitali, persino l’ologramma di John McEnroe che guida il pubblico fra gli stipetti degli spogliatoi di una volta, ricostruiti all’interno del museo, ha un che di eterna Lo guardi e pensi che sia lI dal 1878. Centocinquant’anni fa, se vi va di festeggiare un compleanno… Eccitata dalla visione e straripante d’amore chissà quanto a lungo trattenuto, una giornalista giapponese taglia di netto con gli scrupoli dell’etichetta e lascia che il vento del gossip la trasporti dove non si tocca Guarda adorante Federer egli dice: «Come ti senti? Sei anche più bello di un anno fa». Roger abbozza, ma sta al gioco. «In effetti», risponde con un sorriso che trattiene a stento l’autoironia, «non mi sono mai sentito cosa sexy». Comincia qui, ufficialmente, la nuova edizione dei Championships. L’ottava che Roger aprirà sul Centrale, da campione in carica, forse la nona nella sua già sterminata collezione di trofei, che lo porterebbe a 21 Slam e a 99 vittorie nel circuito, dieci in meno di Connors, che sembrava irraggiungibile e invece non lo è più. Edizione piena di nuovi avversari, che potrebbero creare problemi fin qui mai presi in considerazione dal Più Grande. Un nome su tutti, Boma Coric, 21 anni, croata uno che fino a qualche tempo fa non c’era, o meglio, non era nella lista delle preoccupazioni federeriane, e invece ora è D, martellante come un mal di denti. $ lui che ha battuto Federer ad Halle, vietandogli il decimo trofeo e la vittoria numero 99, ed è sempre lui che si propone di incontrarlo da capo, sui cinque set, negli ottavi di questo torneo. Il quale muove da Lajovic, primo turno, proprio come un anno fa, e potrebbe proporgli Cilic, il finalista dell’anno scorso, con un turno di anticipo, in semifinale. Argomenti che nel giorno “delle quattro chiacchiere” con la stampa, Federer tiene prudenzialmente a riposo, per occuparsi d’altra Nell’ordine, Serena Williams, che si è chiesta perché mai insistano così tanto, quest’anno, coni test antidoping. Del resto, Serena è mamma da otto mesi, e dunque già un bel po’ scombussolata di sua «Ha ragione», le manda a dire Federe»; «in effetti c è un aumento di attenzioni nei confronti di chi sta più in alto in classifica. Nell’ultimo mese ho avuto sette controlli, sangue e urina, è stato abbastanza snervante. Ma ho la sfortuna che il tipo che fa i test abita proprio nel mio paese, in Svizzera. Così, mi viene a trovare spesso… L’importante è che di test se ne facciano sempre a sufficienza. Il tennis merita di restare pulita. Su Serena, però, voglio dire una cosa: mi sembra una scelta estremamente docile e importante, quella di tornare a giocare da mamma, così presto per giunta. Avrebbe potuto dire basta, e tutti avrebbero capita Ma lei è fatta di orgoglio e grandi tensioni, e dunque, eccola di nuovo in campo Bentornata. Sarò sempre dalla sua parte». Altro argomento, Nadal. L’ultimo match a Wimbledon fra lui e Roger è di dieci anni fa. E lo vinse Rafa. Poi si sono incontrati ovunque, mai più sull’erba però. «Sì, curioso, ma non è un gran ricordo quella finale del 2008, permettetemi di non essere così partecipe dei vostri entusiasmi statistici. Ricordo che era buio, non si vedeva più nulla, che feci un gran passante e che non servi a molta Speravo di poter cogliere il sesto Championships consecutiva..

 

Murray cambia idea: niente Wimbledon

 

Laura Guidobaldi, il quotidiano nazionale del 2.07.2018

 

Ventiquattro ore dopo aver detto «Ci sarò», Andy Murray cambia idea, senza neppure aver preso la racchetta in mano al mattino, e fa precipitare in gramaglie il mondo Brit del tennis. «Non me la sento!». Cosa lo abbia spinto a cambiare idea nessuno lo sa. Lo scorso settembre all’US Open Murray aspettò, come questa volta, che fosse fatto il tabellone per dare forfait e scombussolò tutto il tabellone, perché allora era una delle prime teste di serie. Federer, in corsa per il nono Wimbledon, e Nadal per il terzo, sono… i Messi e i Ronaldo del tennis ma — al paragone Federer ha sorriso: «Certo loro sono grandi rivali, e come noi sono molto diversi sotto tanti aspetti. Ma il loro campo è grande, sono in 11… noi siamo un po’ più in condizione di controllare. E speriamo di controllare meglio!». Torneo al via oggi con 62 duelli in orario e subito in campo 5 italiani (4 uomini dei 9 maschi record e l’unica donna, record negativo) e subito anche tanti big, da Federer a Serena e Venus Williams, da Cilic a Wozniacki. Gli italiani giocano quasi tutti, salvo Camila Giorgi Sevastova, in contemporanea, terzo match dalle 12,30 italiane: Seppi-Smith, TravagliaMillman doppio duello italoaustraliano, Fabbiano Bhambri, Lorenzi-Djere. Il compito più duro lo ha proprio la Giorgi. Le interviste di Federer, Nadal e gli altri su www.ubitennis.com

 

 

 

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