Wimbledon e Ceck non c'è feeling (Piccardi). Londra, onda azzurra. Berrettini spettacolo (Crivelli). Piacere, Berrettini. Wimbledon scopre il futuro dell'Italia (Rossi). Berrettini, cuore e testa (Azzolini). Bene Berrettini, fuori Cecchinato (Scanagatta). La denuncia di mamma Murray: “Troppe molestie anche nel tennis” (Semeraro)

Rassegna stampa

Wimbledon e Ceck non c’è feeling (Piccardi). Londra, onda azzurra. Berrettini spettacolo (Crivelli). Piacere, Berrettini. Wimbledon scopre il futuro dell’Italia (Rossi). Berrettini, cuore e testa (Azzolini). Bene Berrettini, fuori Cecchinato (Scanagatta). La denuncia di mamma Murray: “Troppe molestie anche nel tennis” (Semeraro)

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Rassegna stampa a cura di Daniele Flavi

 

 

Wimbledon e Ceck non c’è feeling

 

Gaia Piccardi, il corriere della sera del 4.07.2018

 

Nascerà presto un nuovo sito internet, www.ceckl3.it, ma l’operazione social non basta a sostenere le buone intenzioni: sull’erba di Wimbledon Marco Cecchinato si spegne subito, a riprova che puntellare con i fatti un grande exploit non è mai facile. Sedotti e abbandonati, assistiamo mestamente al lento inabissarsi dell’eroe di Parigi al cospetto del Next Gen meno quotato dall’ufficio marketing dell’Atp, quell’Alex De Minaur, baby canguro classe 1999 trapiantato in Spagna ad Alicante, che da numero 80 del ranking debutta sui prati di Church Road senza alcun timore reverenziale né del luogo né dell’avversario. Per il Ceck, una creatura sbiadita su fondo verde rispetto all’ossesso che era arrivato in semifinale sul rosso, un pomeriggio da dimenticare, affrontato come se non vedesse l’ora di archiviare la pratica sull’erba. Tre ore di battaglia per uscire in quattro set (6-4, 6-7, 7-6, 6-4), senza riuscire a sfruttare per due volte un break di vantaggio nel terzo, rispedito al mittente proprio ora che aveva messo un piede nel Rotary dei grandi: «Sono dispiaciuto perché ho avuto parecchie chance di far girare la partita dalla mia parte — ha ammesso l’azzurro —. Se non le sfrutti, è giusto perdere. Resta la soddisfazione per la semifinale a Eastbourne e la consapevolezza di poter dire la mia su tutte le superfici, erba compresa». Erba voglio per Fabio Fognini (3-6, 6-3, 6-3, 6-2 al giapponese Taro Daniel rimediando a una falsa partenza) e Simone Bolelli (7-6, 7-6, 6-1 all’uruguaiano Cuevas da lucky looser), che al secondo turno si affronteranno in un derby italiano tra compagni di doppio e grandi amiconi. Ma la piccola impresa di giornata — mentre Djokovic, Nadal, Zverev e Del Potro debuttano con autorità e un’ecatombe di otto teste di serie saluta il tabellone femminile (Stephens, Svitolina, Vandeweghe, Rybarikova, Sevastova, Zhang, Kvitova, Sharapova) — è di Matteo Berrettini, il 22enne romano che non era stato fortunato nel sorteggio. Unico azzurro schierato contro una testa di serie al primo turno, l’americano Jack Sock (numero 15 del ranking e 18° del seeding),l’allievo di Vincenzo Santopadre ha battuto in rimonta l’avversario (6-7, 6-7,6-4, 7-5, 6-2) confermandosi il miglior prospetto italiano. Sei azzurri al secondo turno (Seppi, Fabbiano e Lorenzi tornano in campo oggi insieme a Federer-Lacko e Tomova-Serena Williams, i due grandi vecchi che insieme fanno 72 anni e puntano a 21 e 24 Slam…), più Camila Giorgi nel femminile, sono un microprimato di cui andare fieri senza montarsi troppo la testa

 

Londra, onda azzurra Berrettini

 

Riccardo Crivelli, La gazzetta dello sport del 4.07.2018

 

Sembra un mare l’erba. Un’onda lunga azzurra, una piccola magia che estende i brividi parigini e pianta ben salda la bandiera italiana anche nel tempio che tante, troppe volte ci ha chiuso le porte. Se questo è sempre stato lo Slam più ostico per la carne, il sangue e i muscoli dei nostri guerrieri, allora lasciateci sognare: 6 uomini italiani al secondo turno di Wimbledon non c’erano mai stati. Mai. CHE DERBY E quello di almeno uno di loro batterà ancora e vivrà le emozioni di una nuova avventura, perché domani uno degli incroci offerti dal tabellone sarà il derby tra gli amici Fognini e Bolelli, che insieme hanno pure vinto uno Slam in doppio, gli Australian Open del 2015. Fabio riappare dopo Parigi, con la caviglia sempre tormentata e la solita idiosincrasia per i prati, più mentale che tecnica. Concede il primo set a Daniel, fiero avversario in Davis a febbraio, ma non appena si scioglie, lo show è garantito: 55 vincenti, di cui 25 con il dritto, e un senso di padronanza che fa dimenticare il pizzicore al tendine. Un buon test: «Il gioco c’è, purtroppo il dolore non passa ma non posso fermarmi, la classifica della Race (che qualifica al Masters, ndr) è troppo stuzzicante. Il match con Simone? Come tutte le sfide in famiglia, sarà una partita incasinata». Il Bole vi approda dopo una solida prestazione (77% di punti con la prima) contro il decadente Cuevas, assecondando la fortuna che per la quinta volta in carriera (un record) l’ha portato in tabellone da lucky loser: «Quando perdi l’ultimo turno delle qualificazioni, devi solo aspettare. Curiosamente, l’ordine dei primi cinque ripescati, che erano già sicuri di entrare, l’ho sorteggiato io. Ero il sesto, sapevo di avere più di una speranza, ma un po’ ho gufato, lo ammetto. Il derby? Difficile, ma l’erba è la superficie su cui avrei voluto giocarlo». AMI CECK Esperienza e gioventù: per il debutto ai Championships, Berrettini si offre il successo più prestigioso della carriera contro il numero 15 del mondo Sock, che a novembre giocava il Masters e adesso, a dire il vero, è un po’ in disarmo (solo 5 partite vinte in stagione). Però Matteo, sotto di 2 tie break e con tante occasioni sciupate, ha il merito di non uscire mai dalla partita fino a quando prende l’americano per sfinimento con la chicca di 60 vincenti. Un diamante che consola dello stop di Cecchinato, che vede evaporare punto dopo punto lo spirito del Roland Garros contro il Next Gen australiano De Minaur, classe 1999, allievo prediletto dell’ex numero uno Hewitt da cui ha mutuato la corsa, la grinta e l’animo pugnace. Ma il Ceck è troppo falloso e viene tradito incredibilmente dal dritto, che offre alla causa del rivale ben 41 gratuiti: «Ho sbagliato tanto e non ho sfruttato le opportunità che ho avuto per mettergli pressione. Mi servirà da lezione, anche se in queste due settimane ho capito di poter vincere pure sull’erba.

 

Piacere, Berrettini Wimbledon scopre il futuro dell’Italia

 

Paolo Rossi, la repubblica del 4.07.2018

 

L’erba sembrava promettere bene, invece l’eroe di Parigi vi è scivolato subito. Wimbledon intriga, seduce e poi tradisce come pochi, lo ha imparato anche Marco Cecchinato. Non è caduto da solo: è stato un martedì nero perfino per il finalista del Roland Garros, Dominic Thiem che, sotto di due set contro il cipriota Baghdatis, ha dovuto ritirarsi. E anche per Petra Kvitova e Maria Sharapova, tre titoli Slam sull’erba in due fra 2004 e 2014. I1 siciliano ha perso da un giovane australiano, De Minaur, ragazzo del ’99 che sui prati – come tutti gli altri suoi connazionali – ha maggiore dimestichezza rispetto al resto del mondo. Non l’ha regalato il match, Cecchinato. L’unico rammarico è il tie-break del terzo set che, forse, avrebbe potuto dare un’altra inerzia e indirizzo alla sfida. Ma l’azzurro può lasciare Londra consapevole sempre più dei suoi mezzi, in vista del cemento americano che culminerà negli US Open. Ma se l’eroe di Parigi è caduto, l’Italia brilla comunque nel Tempio (e pazienza se Lorenzo Sonego s’è disunito di fronte all’americano Fritz dopo un buon inizio) con Fabio Fognini, Simone Bolelli e Matteo Berrettini. È di quest’ultimo la vittoria del giorno, la più bella: il 22enne romano ha confermato le belle cose espresse a Parigi e ha rimontato Jack Sock, testa di serie n. 18. L’infortunio finale di Sock non intacca di un centimetro la prestazione di Berrettini che, dopo aver perso i primi due set – entrambi al tie-break – ha dimostrato di quale spessore fisico e mentale sia dotato: esordiente a Wimbledon, ha continuato a giocare come un veterano senza farsi condizionare dai numeri, regalando così a sé stesso un’altra chance contro il francese Simon, e confermando la bella notizia al nostro movimento: è davvero spuntato un giovanissimo capace di fare la differenza in futuro. E poi, Fognini e Bolelli: i due amici hanno giocato e vinto in campi quasi confinanti e quasi in contemporanea, per poi doversi ritrovare contro domani in un derby «del cavolo con una sola cosa buona: uno dei due andrà avanti» come Fognini, con la sua classica sincerità, ha detto. «Che partita sarà? Lui cerca subito il colpo vincente, cercherò di farlo giocare il più possibile. Certo è che se doveva scegliere una superficie, per giocare contro di me, l’erba è quella giusta». E Bolelli, naturalmente, ha confermato. Intanto si sono goduti la soddisfazione: innanzitutto Bolelli, che ha onorato l’inserimento in tabellone come lucky loser (aveva perso nell’ultimo turno delle qualificazioni) superando l’uruguaiano Cuevas in tre set, mentre il ligure ha dovuto ambientarsi sull’erba per avere ragione del giapponese Taro: «Ho cominciato così così, pigro. Ma lui è uno che costringe a tirare in un certo modo. Poi, però, mi sono sciolto e penso d’aver giocato anche giocare un buon tennis». Un Fognini che pensa positivo e guarda avanti, nonostante il dolore al tallone non sia guarito. «Dopo Wimbledon non mi fermo. Vedremo che risultati faccio, che classifica avrò: c’è una Race da onorare, sarebbe bello esserci…».

 

Berrettini, cuore e testa

 

Daniele Azzolini, tuttosport del 4.07.2018

 

Berrettini e Sock non sono accoppiate facili, e non vanno mai in tinta unita Gli stilisti, anzi, consigliano di lasciarsi andare all’interpretazione del giorno, un tocco di fantasia che ci sta. Divaghiamo? Fino a un certo punto. Berrettini e Calzino, ecco due che non rinunciano a dare spettacolo, che ci mettono cuore e sentimenti, che non amano essere banali. Èuna scelta che fa onore, la più difficile fra tante. Costa fatica non indugiare fra sponde risapute e, al contrario, scegliere di tuffarsi sempre fra i marosi più accaniti. Sock ci ha costruito sopra il suo personaggio, da ragazzone buono e coraggioso, il marine cui il sergente urla sul naso di tutto, ma che alla fine te lo trovi lì, accanto, quando serve esserci. Berrettini no, non ancora, lui il personaggio se lo deve ancora costruire, ma mostra un amore naturale per le scelte più complicate, per un tennis di primo impulso, che cerca sempre il punto e non disdegna l’attacco. CHE LOTTA C’era il Sock avanti di due set, due tie break, giusto per dire quanto fossero stati combattuti e quanto sia stato doloroso perderli. In quanti l’avrebbero lasciato andare, tirandosi fuori dalla contesa? Non Berrettini. Non il Berrettini che abbiamo descritto. Matteo ha tenuto accesa la partita, al primo cenno di fatica da parte di Sock ha accelerato con quello che aveva dentro. E ne aveva ancora… Ha arpionato un set, ha pareggiato i conti, nel terzo ha dilagato. Il debutto a Wimbledon nel giorno della rimonta più bella. Roba da giocatori veri. Tanto più che anche Sock lo è. Strano, ma vero. Semifinalista al Masters dello scorso dicembre, top ten già da un bel po: È incappato in una stagione difficile. Matteo ha creduto fino in fondo di poterlo battere, ed è questo il merito più grande. Sock non è di quelli che ti “mettono in palla,’ non palleggiano, al contrario, inventano colpi in successione, frantumano ilgioco, equandoentrano sul colpo lo fanno con veemenza, il suo dritto a uscire è fra i più velenosi che si siano mai visti. Eppure Matteo ha trovato il modo di disinnescarlo, disponendosi a rispondere duro quando l’altro provocava con i suoi colpi esplosivi, e a calarsi negli spazi che le trovate di Sock gli mettevano a disposizione. È stato bravo, «ha mostrato di avere tennis, testa e cuore», diceva coach Santopadre all’uscita dal campo Dodici, un angolo di Wimbledon forse un po’ risicato per una partita così ricca di emozioni. «La mia vittoria più bella, e anche il match più difficile che mi sia mai trovato a giocare. Wimbledon, cinque set, un ex top ten. Incredibile esservi riuscito». Gli tocca Simon, al prossimo giro. Un altro che gioca strano, ma al contrario di Sock grande palleggiatore, una sorta di boa constrictor vestito da tennista. «Dovrò cambiare tutto» butta lì Matteo Berrettini. C’è di più. L’Italia trova il modo di allestire un buon programma peri glomi a venire. Ci pensano il Fogna e il Bole, che sono amici e compagni di doppio. Mettono in cartellone un derby in famiglia, che vale il terzo turno, una buona dote di punti in classifica e cento mila sterline tonde-tonde per chi riuscirà a farlo suo: 120 mila euro, giusto per fare due conti. Vi giungono per vie traverse, ma con merito. Fognini evita di farsi travolgere dalla foga che il giapponese Taro Daniel mette in campo. Lascia un set, il primo, poi si mette al comando delle operazioni e non offre più sponde a Daniel. «Non va ancora benissimo, la caviglia non è a posto, ma in questi tornei posso fare dei punti utili per la classifica, alla quale tengo molto». Missione Top Ten, Fabio ci vuole arrivare il prima possibile. «Sull’erba, meglio il Bole, da sempre. Conto però) di farlo correre. Si, lo farò correre moltissimo». Bolelli già lo sa. Esce da un match più complicato di quello sostenuto dall’amico, ma il responso è positivo. Due tie break un terzo set dominato da cima a fondo, contro Cuevas, che è un terraiolo, ma ci sa fare. «Se proprio devo incontrare Fabio, be’, l’erba è la superficie migliore per me. Ma non basta. Il resto va costruito e con Fognini non è facile». È la seconda volta da lucky loser, prima Parigi, poi Wimbledon…

Bene Berrettini, fuori Cecchinato

Ubaldo Scanagatta, il quotidiano nazionale del 4.07.2018

Come Roger Federer lunedì con Lajovic nella seconda giornata dei Championships ancora baciati dal sole hanno letteralmente passeggiato sull’erba Rafa Nadal con il piccolo israeliano Dudi Sela (con il suo metro e 75 è più alto soltanto della pulce argentina Schwartzman, 1,70) e anche Novak Djokovic con l’americano Sandgren che pure in Australia si era dimostrato avversario assai temibile.

Sono usciti di scena invece due top-ten, l’austriaco Dominik Thiem n.7 del tabellone e ritiratosi dopo due set persi con il veterano cipriota Baghdatis, e anche il belga Goffin, n.10, che ha avuto la sfortuna di trovarsi di fronte un… panda australiano, Matthew Ebden, 30 anni e n.51 del mondo. Una volta gli australiani erano tutti maestri del serve&volley, perché sull’erba si giocava soltanto attaccando. Poi dacchè fu abbandonato il leggendario stadio di Kooyong per passare a Flindersi Park, sostituendo un cemento elastico, il Rebound Ace, per l’erba, anche gli australiani dell’ultima generazione si sono dimenticati di come si gioca sull’erba e del serve&volley.

Ma Ebden è l’eccezione, e Goffin ne ha fatte le spese. Forse si era distratto troppo nelle celebrazioni per la vittoria, acciuffata per i capelli, del Belgio sul Giappone.

Ma, prima di accennare al tennis azzurro che inopinatamente si difende benino sul verde, vanno registrate altre due clamorose sorprese nel singolare femminile dopo le sconfitte di lunedì della Stephens n.4 e della Svitolina n.5. Oggi sono andate a far loro compagnia anche la Garcia n.6, battuta dalla svizzera Bencic che si sta ritrovando dopo essersi persa per due anni, e Petra Kvitova n.8 che qui a Wimbledon ha vinto il torneo nel 2011 e nel 2014 e, dopo un avvio di stagione formidabile, i bookmaker candidavano al tris. Invece ha perso 60 al terzo dalla bielorussa Sasnovich, n.50 del mondo.

Il bilancio azzurro dei 10 nostri rappresentanti, 4-1 dopo la prima giornata (aveva perso solo Travaglia), è 7 a 3 dopo la seconda. Hanno vinto Fognini (sul giapponese Daniel n.87 36 63 63 63), Bolelli (sull’uruguagio Cuevas n.76 76 76 61) ma il vero exploit è del romano Berrettini, n.81 e 22 anni, in grande rimonta sull’americano Sock n.15 (che alla fine, spossato, si trascinava sul campo 12):  67 67 64 75 62 in 3h e 45 m.

Bolelli e Fognini giocheranno uno contro l’altro al secondo turno. Così almeno un italiano lo avremo al terzo: “Ho avuto fortuna, ero stato eliminato nelle quali ero il sesto a poter essere ripescato. E’ successo come  a Parigi grazie al forfait di Dologopolov (gli offrirò una cena!), e onestamente se c’era una superficie sulla quale preferirei affrontare il mio amico Fabio…è l’erba”. Interviste degli italiani e dei top.player su www.Ubitennis.com

 

La denuncia di mamma Murray “Troppe molestie anche nel tennis”

 

Stefano Semeraro, la stampa del 4.07.2018

 

Judy Murray, la mamma del due volte campione di Wimbledon Andy, vorrebbe vedere l’hashtag #MeToo comparire anche nel tennis. Uno sport nel quale, sostiene Mrs Murray, ai gesti bianchi si affiancano, più spesso di quanto si pensi, gli atti osceni. «In tanti potrebbero portare degli esempi», ha spiegato al Guardian. «Credo che chiunque frequenti il circuito mondiale sia a conoscenza di situazioni che non vanno bene». Situazioni che riguardano il rapporto stretto, a volte troppo, tra tenniste molto giovani e i coach a cui vengono affidate, e con i quali passano più tempo che con i loro genitori. «È molto facile approfittarsi di una ragazzina giovane e inesperta», dice mamma Judy, ex tennista negli Anni ’70, poi prima allenatrice di Andy e di suo fratello Jamie, quindi ex capitana di Fed Cup dell’Inghilterra. «Nel circuito femminile c’è meno cameratismo che fra i ragazzi, pochissime ragazze che vanno fuori insieme a cena, a differenza di quello che fanno i loro colleghi. Passano tutto il tempo con i loro allenatori o gli sparring partner, che quasi sempre sono maschi e più anziani. Con chi possono mai confidarsi se hanno problemi psicologici? Non è poi facile accusare persone che sei tu a stipendiare…». Gli esempi, purtroppo, non mancano. Il Weinstein più noto del tennis è Bob Hewitt, l’ex campione australianosudafricano, n.34 del mondo nel ’75 e due volte vincitore a Wimbledon in doppio con Frew McMillan — e che fra l’altro come coach seguì anche il nostro Andrea Gaudenzi – è finito in gattabuia nel 2016, condannato a sei anni per aver violentato due minorenni (di 12 e 13 anni) a cui dava lezioni di tennis. «Era tranquillo, discuteva di tattica, ma mi diceva anche che lo stupro è piacevole e che se lui mi avesse stuprato avrei dovuto stare zitta, e godermela», ha testimoniato una delle due ragazzine. Ma Hewitt non è il solo Orco che ha calcato i campi da tennis. Isabelle Demongeot, ex n.20 Wta a cavallo tra gli Anni ’80 e’90, gli abusi subiti insieme ad altre quattro colleghe francesi, ai tempi 15enni, da parte del tecnico federale Regis de Camaret li ha denunciati in un libro, «Service Volé», «Servizi Rubati», uscito nel 2005. «In trasferta dormivamo in stanza con lui, gestiva la nostra vita e ci proibiva di avere fidanzati», ha raccontato. Il college degli orrori era a Saint Tropez, e l’Orco-coach, dopo due decenni di indagini e processi, e nonostante alcuni reati fossero finiti in prescrizione, alla fine è stato condannato a otto anni. «Sei tu la vittima ma ti senti impura, sporca, per questo a volte ti ci vuole una vita per trovare il coraggio di denunciare chi ti ha violentato», ha spiegato la Demongeot. La Dokic e il padre-orco. Ed è drammaticamente nota la vicenda di Jelena Dokic, la tennista australiana di origine croata che il padre padrone (e coach) Damir picchiava a sangue dopo le sconfitte fino a farla svenire. Parole e storie che valgono per altre ragazze, magari meno famose, che sulla strada apparentemente innocente verso il professionismo si sono trovate davanti mostri travestiti da paparini affettuosi. «Dovrebbe esserci un organismo internazionale a cui rivolgersi, perché a volte non è facile parlare con la gente di argomenti di questo tipo», spiega Judy Murray. «Di certo faccio appello a chiunque abbia subito abusi perché esca allo scoperto. Le donne devono prendere in mano il loro destino: può bastare una sola voce per abbattere il muro».

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