Wimbledon: Serena Williams contro Kerber, la finale attesa
Le semifinali hanno confermato i pronostici della vigilia: le più esperte Kerber e Williams si incontreranno, per la seconda volta nell’arco di tre anni, in finale ai Championships
Le semifinali hanno confermato i pronostici della vigilia: le più esperte Kerber e Williams si incontreranno, per la seconda volta nell’arco di tre anni, in finale ai Championships
Seconda semifinale: Serena Williams b Julia Goerges 6-3, 6-4
Se la prima semifinale ha proposto il tipico contrasto di stili tennistici, la seconda invece sul piano tattico ha vissuto sulle sfumature. Erano infatti in campo due grandi colpitrici, che normalmente impostano i loro match a partire da un servizio quasi sempre superiore alle avversarie, e poi cercano di chiudere lo scambio con colpi potenti e incisivi.
Come ho già avuto occasione di scrivere nella cronaca, per Goerges questa situazione si è rivelata probabilmente la peggiore possibile. Si dice sempre che un tennista, qualsiasi tennista, quando è in difficoltà dovrebbe saper ricorrere a un “piano b”. Ma a una tennista con le caratteristiche di Julia risulterebbe molto arduo cambiare sostanzialmente il proprio gioco per provare a non scontrarsi frontalmente con Serena. A tennis non c’è avversario peggiore di quello che gioca come te, solo meglio: perché significa che non ci sono ambiti in cui provare a ricavare vantaggi. Ed è all’incirca quello che è accaduto a Goerges. Julia secondo me ha davvero ben poco da rimproverarsi, e anche il saldo vincenti/errori non forzati, testimonia che non ha giocato male. Ha chiuso con +9 (20/11), identico a quello di Serena: +9 (16/7). Quindi perfino con più vincenti di Williams, che però ha regalato pochissimo: appena 7 errori non forzati.
A testimonianza del fatto che Serena con il passare degli anni ha modificato il suo modo di stare in campo. Personalmente considero il 2012 l’anno della svolta. Prima Williams era una giocatrice con enormi mezzi fisico-tecnici, che però qualche volta peccava di superficialità nell’affrontare le avversarie, arrivando anche a perdere match che sulla carta avrebbe dovuto vincere. Le sconfitte con Stosur agli US Open 2011, con Makarova agli Australian Open 2012 e con Razzano al Roland Garros 2012 (tre Slam consecutivi) devono averle fatto capire che scendere in campo pensando solo a se stessa e al proprio gioco può risultare controproducente. Non curarsi dei punti deboli della avversaria significa concederle un vantaggio ”gratuito” che può trasformarsi in sconfitte anche in tornei importanti. Quella era una Serena trentenne, che aveva superato i guai fisici di fine 2010 e che avrebbe dovuto avere tutto per vincere Slam a ripetizione: invece si incartava contro avversarie alla sua portata.
La sconfitta contro Razzano, in un drammatico match di primo turno al Roland Garros 2012 è stato il momento che l’ha spinta a rivedere in profondità il suo modo di concepire il tennis e la professione. Ha cominciato a collaborare con Patrick Mouratoglou; e secondo me il nuovo allenatore le ha fatto capire che applicandosi in modo diverso, scendendo in campo facendo attenzione alle caratteristiche dell’avversaria, avrebbe potuto vincere ancora. Anzi: avrebbe potuto vincere di più.
Da quando aveva vinto il primo Slam (1999) in 13 stagioni Serena aveva conquistato 13 Slam. Da metà 2012 a metà 2017, in 5 stagioni, ne ha vinti 10. Media vittorie raddoppiata.
In una età in cui normalmente inizia il declino, lei invece ha cambiato marcia. Si potrebbe obiettare che la concorrenza sia diventata meno forte (ma come sempre non è facile stabilirlo). Resta il fatto che Serena è diventata molto più professionale e ha saputo ovviare all’inevitabile declino fisico con una crescita della applicazione sul piano tattico.
L’attuale Serena non ha più la velocità e la resistenza di dieci anni fa. Ma in compenso affronta le partite con più umiltà e intelligenza. Quando scende in campo conosce molto bene le caratteristiche delle avversarie (anche quelle che sulla carta non dovrebbero riuscire a infastidirla) e gioca di conseguenza.
Contro Goerges ha iniziato servendo una gran prima esterna, poi quattro battute sul rovescio di Goerges. Quando Julia è riuscita a rispondere (corto), Serena è venuta avanti e lo ha fatto sul rovescio della sua avversaria. E nei momenti in cui le situazioni si facevano critiche, sapeva che doveva rifugiarsi nell’angolo sinistro di Julia per correre meno rischi. La ragione è semplice: Goerges ha un lato molto più pericoloso (quello del dritto) dell’altro, e Serena ha costantemente tenuto conto di questa “asimmetria”.
In conferenza stampa l’altro giorno Williams aveva descritto con precisione le caratteristiche di Camila Giorgi, ancora una volta dando prova dell’attenzione che oggi mette nei confronti delle avversarie. A quasi 37 anni forse non è più la giocatrice incontenibile di un tempo, ma lei ce la sta davvero mettendo tutta per non avere rimpianti e non “buttarsi via” come forse aveva fatto in alcune stagioni passate.