US Open: uno strano torneo, pochi bei match, tante cose da raccontare

Editoriali del Direttore

US Open: uno strano torneo, pochi bei match, tante cose da raccontare

Dal flop italico all’ecatombe delle teste di serie donne. Il caldo fa fuori, con la qualità, anche Federer. Tanti Paesi alla ribalta. I 9 ritiri di Nadal in 1106 incontri

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È uno strano torneo questo US Open. Perché, a ben vedere, anche se le quattro semifinali, donne e uomini, sono state di zero interesse – fatto salvo il primo set del Potro-Nadal – nel corso del torneo sono sono successe tante cose non proprio banali o scontate. A cominciare, per noi in negativo, da tutti gli italiani sconfitti fra primo e secondo turno. Nove su nove. Otto uomini e una donna (la Giorgi). Eppure avevamo Fognini testa di serie n.14 e Cecchinato n.22. E avevamo appena finito di celebrare il record di partecipazione maschile e un primo giorno caratterizzato da quattro vittorie azzurre su cinque. C’era venuta l’acquolina in bocca e dal giorno dopo in poi abbiamo trangugiato soltanto calici amari.

Fra le vicende non banali proseguirei con l’ecatombe di teste di serie avvenuta progressivamente nel torneo femminile, una dopo l’altra e con cinque di loro per l’appunto scivolate sul nuovo Armstrong Stadium, quasi fosse una maledizione del…”Fantasma dell’Opera” (cioè il vecchio Armstrong): Halep, Muguruza, Wozniacki, Kerber e Kvitova, tutte k.o. nello stesso rettangolo. Poi, andando avanti in questa disamina, ecco scomparire via via tutte le prime dieci, molto prima del tempo, quasi come era già successo anche a Wimbledon… dove il torneo è stato poi vinto dalla testa di serie n.11, la Kerber. A Wimbledon le top-seeds erano state spazzate via già nella prima settimana, qui tre hanno resistito fino alla seconda, ma nei quarti si sono anche le ultime due superstiti, la Pliskova n.8 e la campionessa uscente Stephens n.3, mentre la Svitolina era già uscita di scena negli ottavi. E qui il torneo sarà dunque vinto o da Serena Williams, n.17 (guai però a considerarla una outsider) oppure da Naomi Osaka n.20. Quando la Osaka, reduce dall’inatteso trionfo di Indian Wells, affrontò Serena a Miami, la neo-mamma che aveva rischiato la vita con il cesareo e ben quattro interventi chirurgici a scongiurare il pericolo di un’embolia era n.491 del mondo. Dire che quel precedente conta poco è dire una cosa scontata, salvo che nella testa della ancora giovane e inesperta Osaka che ha sempre idolatrato Serena quell’incontro possa significare comunque un’esperienza, un’emozione già provata. Sebbene una finale di Slam rispetto a un primo turno sia ben altra cosa.

Fra le tante altre cose di cui si è dissertato a lungo c’è senza altro il grande caldo, davvero africano in certi giorni, con l’introduzione della heat policy sulla falsariga – ma non proprio – di quella australiana. Un caldo che ha condizionato diverse partite e ne ha certo nuociuto la qualità di tanti incontri. E’ probabilmente costato caro al giocatore più anziano fra i candidati alla vittoria finale: Roger Federer. Dubito che altrimenti lo svizzero di 37 anni avrebbe mai perso da John Millman, sebbene l’australiano non sia proprio scarsissimo. Ma i suoi limiti sono apparsi evidenti. Peccato Fognini non abbia saputo infilarsi in quel corridoio, ci pensate se fosse stato lui a battere Federer? In quel caso avrebbe migliorato il suo best ranking. Invece, ed è abbastanza giusto che sia così dopo una tal brutta prestazione contrassegnata da un 61 nel primo set e nel quarto, è rimasto a n. 13. Ho scritto abbastanza giusto perché se così non fosse stato avremmo dovuto spiegare come mai pur perdendo dal n.55 del mondo Fabio sarebbe salito a n.12. Io odio dover spiegare quelle situazioni in cui il giocatore che perde una finale di Slam passa avanti a quello che ha appena battuto, figurarsi po’. Millman, che ricordo sconfitto due volte da Cecchinato a Budapest e a Eastbourne, ha poi fatto vedere i propri limiti nel match contro Djokovic contro il quale, pur lottando e palleggiando dignitosamente, non è mai stato in partita. Vero anche che Djokovic, primi due turni a parte, con Fucsovics e Sandgren che gli hanno portato via un set, ha poi passeggiato in tutti gli altri incontri, da Gasquet in poi e compreso Nishikori per la tredicesima volta su quindici. Anche quelle due gare sofferte di Novak sono probabilmente da imputare a un clima infernale, a un’umidità pazzesca. Una volta aveva chiesto un cestino accanto alla panchina temendo di dover vomitare da un momento all’altro. E ha poi raccontato del suo bagno nella vasca con il ghiaccio, nudo come un bruco, a due passi da Fucsovics che stava facendo lo stesso trattamento. Un’altra ha chiamato il medico e si è fatto misurare la pressione.

Sempre quel caldo disumano ha probabilmente inciso sulle prestazioni dei giocatori, perché grandi partite non se ne sono viste, salvo pochissime. Ho presente il Cilic-De Minaur, vinto 75 al quinto e in rimonta da sotto due set dal croato che pure non è un grande vincente quando i match si incarogniscono, il Nadal-Khachanov con il giovane russo che non finirà di rimpiangere le occasioni mancate per passare a condurre due set a zero, poi naturalmente il 76 al quinto fra Nadal e Thiem, con i due che erano arrivato sul 5 punti pari del tiebreak decisivo – e quindi entrambi a due punti al match – ma poi dovessi dire di aver visto altri match memorabili… no, non ne ho proprio visti, anche se i due cinque set consecutivi di Shapovalov con Seppi e con Anderson non sono stati brutti. C’era stata grande attesa per Federer-Kyrgios ed era stata enorme la delusioneE fra le donne peggio che andare di notte. Le teste di serie non solo non onoravano la loro “corona”, ma perdevano quasi tutte proprio di brutto. Incredibile. L Halep ha fatto 6 game con la Kanepi, la Wozniacki 6 con la Tsurenko, la Stephens 6 con la Sevastova, la Kvitova 6 con Sabalenka, la Ostapenko ancora meno, solo 5, con la Sharapova (e vabbè, qui ci può stare), la Svitolina ha beccato un bel 60 nel terzo set con la Sevastova, la Kasatkina 8 con la Sasnovich, la Goerges 9 con la Makarova… Insomma io non mi ricordo – ok non vado a studiare – tante brutte figure così in uno stesso torneo da parte delle “presunte” migliori.

Ma fra i fatti abbastanza anomali da segnalare c’era quello delle tante nazionalità rappresentate a livello di ottavi, a parte tre americane, Williams, Stephens e Keys, due ceche, Pliskova e Vondrousova e due ucraine, Svitolina e Tsurenko, ciascuna delle altre aveva una diversa bandiera: estone la Kanepi, australiana la Barthy, belga la Mertens, lettone la Sevastova, spagnola la Suarez Navarro, russa la Sharapova, slovacca la Cibulkova, bielorussa la Sabalenka, giapponese la Osaka. 12 Nazioni… ma non l’Italia. Anche fra i maschi la varietà di… rappresentazione non è mancata: nei quarti c’era Nadal spagnolo, Thiem austriaco, del Potro argentino, Isner americano, Cilic croato, Nishikori giapponese, Djokovic serbo, Millman australiano. Otto giocatori otto Paesi. E negli ottavi erano usciti un georgiano, Basilashvili, un sudafricano, Anderson, un belga Goffin, un tedesco Kohlschreiber, un portoghese, Sousa, uno svizzero, Federer. 14 nazioni… ma non l’Italia. Insomma, per i nostri colori non poteva andare peggio. Avevamo ben altre speranze dopo la brillante “estate” cominciata… al Roland Garros.

I due “giap” che hanno raggiunto insieme le semifinali, come mai era successo prima, Nishikori e la Osaka – anche se Kei non ce l’ha fatta a raggiungere la finale come Naomi – è stato un altro fatto di una certa rilevanza. Nel ’95 Kimiko Date e Shuzo Matsuoka avevano raggiunto i quarti a Wimbledon, ma oltre non erano andati. E ora con la Osaka in finale il Giappone vive una prima assoluta e in sala stampa non avevo mai visto così tanti con gli occhi a mandorla. Ma anche la Lettonia a piazzare la Sevastova in semifinale aveva fatto un bell’exploit. Insomma, come dicevo più su, di cose ne sono successe tante, ma di incontri belli ce ne sono stati talmente pochi – fra le donne zero, si è salvato Osaka-Sabalenka 64 al terzo e un pochino Serena Kanepi dopo un secondo set irriconoscibile di Serena – che mi auguro questo putno di assistere almeno a due grandi finali. Che sono poi quelle che restano nella memoria collettiva.

Nadal, che non è mai riuscito a difendere uno Slam vinto l’anno successivo – tranne che al Roland Garros naturalmente, dove l’ha fatto per 8 volte – ha dato forfait per la nona volta in un torneo. Terza in uno Slam, dopo l’Australian Open 2010 e 2018 (come ha ricordato Luca Baldissera nel suo pezzo). I tre ritiri più dolorosi della sua carriera sono quelli. Inoltre ci sono stati 4 walk-over, come ci ha segnalato dalla redazione l’ottimo Alessandro Stella (di cui ci raccomando, fra gli altri, il pezzo sul Giappone a fronte… degli Stati Uniti). Tredici ritiri possono sembrare tanti. Ma avete idea di quanti match abbia giocato a 32 anni Rafa Nadal? 918 vinti vinti e 188 persi: totale 1.106. Nove su 1106 sono tanti. A me non pare.

Stasera Serena lotta per pareggiare il conto degli Slam con Margaret Court, ma – e ormai l’avrò scritto mille volte – gli Slam di Serena pesano molto di più. La Court ne vinse 11 in Australia fra gli anni Sessanta e Settanta, quando molte delle migliori non affrontavano una trasferta in nave dai tempi biblici per raggiungere l’Australia. Favorita lei? In termini di esperienza non c’è dubbio. Però la Osaka che può servire molto bene cercherà di non lasciarle il pallino in mano e di muoverla. Ove ci riuscisse ci sarebbe partita. Altrimenti sarà una risciacquata.

Novak giocherà – come ha raccontato con gran dovizia di particolari Bruno Apicella – la sua ottava finale all’US Open, a caccia dello Slam n.14, il terzo qui. Con del Potro ha vinto 14 partite contro 4. Ma io ricordo il 76 76 con cui del Potro lo rimandò a casa piangente calde lacrime dalle Olimpiadi di Rio. Era un primo turno. Juan Martin andò avanti fino alla finale. Ha avuto tanta sfortuna Juan Martin nella sua carriera. Nel 2015 voleva ritirarsi. Lo disse prima di affrontare la quarta operazione a un polso, una al destro, tre al sinistro. Quell’operazione finalmente andò bene. E contro Nadal nel primo avvincente set, il rovescio di del Potro ha funzionato quasi come ai vecchi tempi, quelli del 2009 quando impartì qui una severa lezione a Nadal prima di rimontare e battere anche Federer. Djokovic favorito? Non saprei. Questa volta arrivano tutti e due piuttosto freschi. E fresca sarà anche l’atmosfera – dopo una settimana di caldo torrido – salvo che sugli spalti dove gli aficionados di “delpo olè olè” faranno sicuramente un baccano d’inferno. Io faccio il tifo per la partita. Se sarà bella salverà il torneo.

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