Nei Dintorni di Djokovic: così parlò Pepe Imaz

Nei dintorni di Djokovic

Nei Dintorni di Djokovic: così parlò Pepe Imaz

Il “guru” spagnolo intervistato da un giornalista serbo: “Djokovic grande uomo. Ha fiducia in se stesso, sa che può vincere ancora per molto tempo”

Pubblicato

il

 

Qui l’intervista originale

Chi è Pepe Imaz, oltre ad essere un ex tennista?
Sono un essere umano, che in gioventù ha giocato a tennis con il desiderio di diventare un tennista professionista. Ma, come molti altri giocatori, mi sono scontrato con il problema della pressione eccessiva e delle tante aspettative (José “Pepe” Imaz-Ruiz raggiunse il best ranking di n. 146 ATP nel 1998, anno al termine del quale abbandonò di fatto il professionismo. Giocò infatti – perdendole – solo altre due partite: una nel 2001 e una nel 2003, ndr). Quando tutto questo ha iniziato ad essere troppo per me, ho deciso di prendere un’altra strada, mi sono creato una famiglia e adesso gestisco una accademia di tennis e mi impegno a trovare gioia e soddisfazione in tutto quello che la vita mi offre.

Da giocatore ha disputato uno Slam (Roland Garros 1998, ndr) ed ha affrontato top player come Moya e Bruguera.
Sì, dicevano che avevo un notevole potenziale, ma questo non è così importante adesso. Una volta vivevo la vita del tennista professionista e viaggiavo per disputare tornei Challenger, ATP e Slam. Ho perciò la conoscenza e l’esperienza di cosa il tennis offre e di cosa prende. Comprendo molto bene cosa attraversano i giocatori dal punto di vista psicologico ed emotivo. Il tennis è il mio grande amore e sono felice di aver trovato questa dimensione in cui faccio ancora quello che mi piace e posso aiutare gli altri. Ne sono veramente felice.

Lei vive a Marbella con la sua famiglia.
Sì, la mia famiglia è il mio punto di riferimento, la mia ricchezza. Ho conosciuto mia moglie Karina quindici anni fa, lei incarna tutto quello che ho sempre sognato avesse la compagna della mia vita. Con lei posso condividere tutto, le cose belle e le cose brutte. Abbiamo un figlio, Filip, di 10 anni. E poi c’è il nostro animale domestico, Guga. Sentiamo di essere in quattro famiglia: Karin, Filip, Guga ed io. La famiglia è la base dalla quale traggo sostegno, sia quando tutto va bene, sia quando ci sono delle difficoltà.

Da quanto tempo collabora con Novak Djokovic?
Collaboriamo ormai da 6-7 anni. Tutto è iniziato qualche mese dopo l’arrivo di suo fratello Marko qui a Marbella. All’inizio non abbiamo collaborato direttamente, il nostro rapporto si è modificato con gli anni e la collaborazione si è adeguata alle diverse necessità.

In questo periodo, dal 2011 ad oggi, assieme a Novak avete vinto tanti trofei. Quanti esattamente?
Capiamoci subito: è Novak quello che vince i tornei, non chi siede dietro di lui. Io e lui abbiamo una collaborazione che dura da tanti anni, sia professionale che personale, ma le vittorie sono tutte sue, niente è mio.

Che persona è Novak? Cosa può imparare da lui?
Djokovic è prima di tutto un grande uomo, una persona meravigliosa. Nel mondo di oggi, quanto conquisti tante cose e diventi una persona di tale successo, tutti guardano il personaggio e la sua personalità e non guardano l’essere umano. A parte la personalità, che è molto forte, lui è una persona molto umana, è sempre pronto ad aiutare gli altri. Molto umano e molto buono, gli piace aiutare gli altri.

Qual è il suo rapporto con Novak? Lei è un amico, un allenatore, una guida spirituale?
Con Novak principalmente parlo e condivido le mie esperienze. Prima di conoscerlo ho lavorato con le persone solo a livello emozionale. Penso che né io, né nessun altro, sia in grado di dimostrare o insegnare qualcosa agli altri, possiamo solo condividere le nostri opinioni e le nostre esperienze. Con Novak principalmente ascolto e condivido opinioni. Difficile consigliare le persone su situazioni che non hai vissuto. Ma le persone di successo è necessario che parlino e che condividano. È molto difficile condividere le proprie emozioni, quando abbiamo qualcosa qui dentro, nel petto, e vogliamo farlo uscire. Quando ci riusciamo proviamo un senso di liberazione. Novak ed io ci scambiamo queste esperienze e questi pensieri nei nostri colloqui, ed impariamo l’uno dall’altro.

Quando è nata l’idea di viaggiare con lui nei tornei e come mai nessuno ha saputo di lei finché non è iniziata la crisi?
Non lo so. Ho lavorato con lui in tutti questi anni. Non sono sempre andato ai tornei. Solo qualche volta, quando lui me l’ha chiesto perché riteneva di avere bisogno di me. E, naturalmente, quando il mio lavoro me lo permetteva. Proprio non lo so perché sono iniziate queste storie ed il perché di tutta questa notorietà.

Continuerà a viaggiare con lui nei tornei?
Non esiste un piano prestabilito. È così da quando ci conosciamo. Lui ha i suoi programmi, il suo calendario, quando vorrà lo accompagnerò. Sempre se i miei impegni lo permetteranno, perché in accademia c’è molto lavoro con i ragazzi. Ed inoltre ho un programma alla radio ogni lunedì.

Sente le vibrazioni negative di certe persone e perché arrivano?
Questa domanda è fantastica. Sento questo, ma adesso parlerò di me, non degli altri. Venticinque anni fa non sapevo cosa fosse l’amore. Ero un egoista. Esistevo solo io, io, io … Quando arrivava qualcuno a parlare di rispetto e accettazione di quello che ci circonda o degli altri, gli chiedevo se fosse matto… Io volevo solo vincere! Perché sono cambiato? Fino ai 18 anni ero totalmente diverso, quando non riuscivo a vincere facevo delle cose tremende, spaccavo racchette, insultavo gli arbitri e gli avversari… Più tardi ho capito che questo non mi aiutava. Ho cominciato a cambiare e ad accettare pian piano quello che succedeva e ad amare di più me stesso. A quei tempi mi era difficile pronunciare la parola AMORE, ora la pronuncio spesso. So che non è facile parlare di queste cose, capisco le persone a cui dà fastidio e non è mia intenzione cambiarle, né voglio convincerle: perché ero come loro. Nella stessa posizione.

Qual’è il modo di lavorare della sua Accademia, come funziona?
Qui si viene per imparare a giocare a tennis. Non sappiamo giocare a calcio. O a baseball. Ma conosciamo il tennis. Puoi avere un’automobile perfetta, ma se non hai la benzina, l’auto non funziona. Qui cerchiamo di mettere ogni cosa al suo posto, e questo vuol dire prima di tutto accettazione e sostegno, a prescindere dal fatto che si sia un talento fuori dal comune o no. Abbiamo dieci giocatori agonisti di cui si occupano quattro allenatori, tra i quali io e Marko Djokovic. Abbiamo anche una scuola gratuita nel weekend per le persone che non hanno grandi possibilità economiche. Perché prima del calciatore, del tennista o dell’ingegnere, c’è la persona, l’essere umano. Spesso il ruolo di tennista viene messo davanti a quello di persona ed è qui che la persona inizia a provare dolore. Noi lavoriamo diversamente e l’Accademia funziona da diciotto anni.

Ci sono giocatori famosi?
Le persone che vengono negli ultimi anni desiderano liberarsi dalla pressione e continuare a giocare a tennis senza più quella enorme tensione che li avvolgeva e li soffocava. Il motivo per cui sono venuti qui non è quello di venir riconosciuti dagli altri, piuttosto è quello di conoscere se stessi. Si sono un po’ persi, tra sfide e aspettative. Noi offriamo loro un ambiente dove ritrovarsi. Utilizziamo il tennis come linguaggio comune. Io ho lasciato il tennis a 23 anni, ero nel Tour. Ho allenato solo giocatori giovani, solo negli ultimi anni sono venuti dei professionisti, come Hantuchova, Pennetta, Andujar, Giraldo… La priorità restano comunque i giovani.

Vengono più giocatori professionisti a Marbella da quando ha iniziato a lavorare con Djokovic?
Voglio che sia chiara una cosa – non sono una persona che può aiutare qualcuno a sentirsi meglio. Questo non lo può fare nessuno. Posso solo condividere qualcosa che a me ha salvato la vita. Per due anni ho avuto il desiderio di togliermi la vita e non ci sono riuscito. Tutto è cambiato quando mi sono chiesto “perché fai questo?”, quando ho capito che dovevo accettarmi come sono, che non sono migliore o peggiore degli altri, ma che sono un essere umano. Questo mi ha reso libero, questo è la base di tutto. Essere consapevole di essere un essere umano come gli altri. Condividere le cose con le persone attorno a te che forse hanno dei problemi.

Parlando delle persone attorno a lei, che rapporto c’era, o c’è ancora, con Vajda e Becker?
Fantastico! Marjan è una persona fantastica, la sua importanza nel team è impressionante. Mi ritengo fortunato di avere l’opportunità di condividere del tempo con lui. E con Becker era uguale.

In che lingua parlate con Nole?
Lui capisce benissimo lo spagnolo. Ma parliamo nel “mio” inglese, che non è perfetto. Ma quando si parla dal cuore, la lingua che si usa passa in secondo piano.

Cosa prova quando Novak rompe una racchetta o strappa una maglietta in un momento d’ira durante un match?
Lo capisco e lo comprendo, assolutamente. Non è qualcosa di buono o di cattivo, semplicemente è così. Tu, Novak, io… Nessuno di noi è realizzato, nessuno! Per me Novak è un esempio per molte, molte cose, ma sbaglia come tutti gli esseri umani. Quando faccio qualcosa, comprendo ed accetto. Tutto il mondo talvolta si arrabbia. Se c’è rispetto ed accettazione, riesci a fare uscire quello che hai dentro. Se non c’è, tutto rimane dentro di te e provi dolore. Questo accade a tutti.

Come le sembra Novak in campo negli ultimi mesi?
Novak adora il tennis, lo vedo molto più felice. È bello quando si prova gioia in ciò che si fa. Quello che sta facendo è qualcosa di eccezionale.

Cosa ha provato quando ha vinto Wimbledon dopo l’infortunio, quando ha fatto il suo grande ritorno?
Sono stato molto felice. Novak è una persona che ha qualcosa di speciale, e come tennista qualcosa di ancora più speciale. Noi non possiamo comprendere le persone che sono così speciali. Quello che per loro è normale per noi è incredibile. Ha fiducia in se stesso, sa che può vincere ancora molto e per molto tempo.

Continua a leggere
Commenti
Advertisement

⚠️ Warning, la newsletter di Ubitennis

Iscriviti a WARNING ⚠️

La nostra newsletter, divertente, arriva ogni venerdì ed è scritta con tanta competenza ed ironia. Privacy Policy.

 

Advertisement
Advertisement
Advertisement