È un nuovo Nadal, a pieno servizio (Semeraro). Giorgi, c'è la Pliskova. Muoverla per batterla (Bertolucci). Riecco Berdych: “Per la famiglia c'è tempo” (Olivero). La Zarina e l'erede (Crivelli)

Rassegna stampa

È un nuovo Nadal, a pieno servizio (Semeraro). Giorgi, c’è la Pliskova. Muoverla per batterla (Bertolucci). Riecco Berdych: “Per la famiglia c’è tempo” (Olivero). La Zarina e l’erede (Crivelli)

La rassegna stampa di sabato 19 gennaio 2019

Pubblicato

il

Riecco Berdych: “Per la famiglia c’è tempo” (Olivero, La Gazzetta dello Sport)

Non è una sorpresa, ma una piacevole riscoperta. Tomas Berdych è tornato: la schiena non fa più male, il lungo stop è dimenticato. A Doha il ceco aveva mandato un messaggio (finale), a Melbourne ha chiarito il concetto. Riecco Tomas con quel suo tennis pulito e potente che in Australia ha lasciato pochi game a Edmund e Haase e un set, il primo, a Schwartzman, che poi è stato travolto. Adesso l’asticella si alza, sul percorso di Berdych c’è Rafa Nadal, che finora ha passeggiato. «Ma sarà una partita tosta — profetizza Simone Vagnozzi, coach di Cecchinato, battuto in semifinale a Doha dal ceco —. Tomas si era presentato in Qatar in buone condizioni fisiche, in Australia i campi sono più veloci e quindi si trova ancor più a suo agio». C’è anche un po’ di Italia nella rinascita di Berdych, che si è legato a Hydrogen e prima dell’inizio della stagione aveva partecipato a Milano alla presentazione del nuovo team del marchio veneto. Nell’occasione aveva pronunciato parole che oggi sembrano profetiche: «È stato inusuale stare fuori per infortunio così a lungo. Adesso voglio solo divertirmi. Non importa la classifica (dopo gli incontri di ieri è virtualmente n.79, n.d.r.), ma voglio sfidare i più forti e fare buoni risultati». Come tante volte in passato e soprattutto nel 2010: «Quell’edizione di Wimbledon resta nel mio cuore: sconfissi Federer nei quarti e Djokovic in semifinale, poi persi con Nadal in finale. Ho grande rispetto per loro tre: ammiro la determinazione che li ha fatti tornare al top dopo i guai fisici. Il loro segreto non è solo la testa, c’è una combinazione di fattori: esperienza, tecnica, voglia di vincere». Tutte qualità che, in misura minore, non mancano nemmeno a Berdych che tra tanti incontri ne ricorda uno «italiano»: «A Roma nel 2015 vinsi con Fognini sul Pietrangeli una partita fantastica. Fabio ha fatto il definitivo salto di qualità, è pronto per entrare nei top ten. E anche Cecchinato è un tennista che mi piace: è grintoso e preparato». Intanto Berdych a 33 anni si gode l’ottimo stato di forma del momento: «Sono felice e mi concentro sul mio tennis. Quando smetterò mi dedicherò completamente a mia moglie e allargheremo la famiglia. Ma per adesso mi diverto ancora moltissimo a giocare» […]


La Zarina e l’erede (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

La Russia. La Florida. Il padre allenatore. La sfacciataggine della giovinezza sbattuta in faccia alle avversarie, unita a un’inestinguibile sete di vittoria coltivata fin dalla culla. Manco fossero uscite dalla stesso film. A dicembre, la zarina e l’erede si sono addirittura trovate sedute insieme al ricevimento per il matrimonio di Max Eisenbud, il potente agente di entrambe. Adesso, sono tutte e due al tavolo degli ottavi di finale degli Australian Open, ed è incredibile come le storie di Maria Sharapova e Amanda Anisimova siano sovrapponibili, in attesa che lo divengano anche i risultati in carriera. A dividerle, per il momento, ci sono solo i natali (Masha è siberiana e Amanda è nata in New Jersey e ha nazionalità americana) e l’età: 31 a 17. Ma il viaggio della speranza negli States dei genitori, la scelta di Miami e dintorni per assecondare le ambizioni delle figlie, l’iniziale coaching in famiglia e la forza mentale già sviluppata da teenager su un campo da tennis raccontano la medesima storia. A Melbourne, una risorge e l’altra sorge come un nuovo sole. Da quando è rientrata dopo il pasticciaccio del Meldonium, aprile 2017, la Sharapova non aveva mai fatto sua una partita così intensa e di qualità come la battaglia in tre set contro la Wozniacki, campionessa uscente dello Slam down under. Un trionfo condito da 37 vincenti e dal pepe di una rivalità ferocissima, ai limiti dell’insopportabilità: la danese, che da ottobre ha rivelato di giocare con l’artrite reumatoide, ha sempre sposato la linea dura verso i condannati per doping, criticando le wild card assegnate alla russa reintegrata; e poi è la miglior amica di Serena Williams. Certo, Masha come sempre non fa nulla per piacere alle colleghe, ma è la più amata dai tifosi con oltre 27 milioni di followers sui social e sembra ricandidarsi a contendente per il successo in un torneo vinto 11 anni fa e di cui è stata tre volte finalista: «È per match come questi che continuo ad allenarmi, è una ricompensa molto bella» […] Intanto la figlia di Kostantin, ex dirigente di banca inventatosi allenatore come ormai accade spesso, diventa la prima giocatrice nata dopo il 2000 (compirà 18 anni il 31 agosto) a raggiungere gli ottavi di un Major e la più giovane americana ad arrivare così lontano in Australia da Jennifer Capriati (1993) e Serena Williams (1998). Una discreta compagnia. La ragazzina (si fa per dire: è alta 1.80, tira comodini con tutti i fondamentali e conosce perfino l’arte ormai perduta del rovescio lungolinea) si prende il lusso di annichilire una delle possibili favorite, la valchiria bielorussa Sabalenka, 11 del mondo, che non trova mai le armi per opporsi all’intelligente bombardamento della numero 87 (è la top 100 più giovane), capace di fulminarla con 21 vincenti e con il colpo dell’anno, un passante in corsa praticamente in braccio alla prima fila dopo tre salvataggi miracolosi: «Ho sicuramente giocato qualche buon scambio, in questo momento ho un feeling eccezionale con il torneo». In tre partite, Amanda ha lasciato per strada appena 17 game mostrando la qualità principale dei campioni, la freddezza nei momenti caldi, senza lasciarsi impressionare dal blasone delle rivali. In carriera, del resto, ha vinto 7 partite su 11 quando l’avversaria era testa di serie del torneo, e anche se potrebbe giocare tra le juniores ancora nei 2019, ormai appartiene a un livello ben più alto […] Ma la sbarbatella ha le idee chiare: «Semplicemente, voglio vincere il torneo». L’ultima teenager a conquistare uno Slam fu la Sharapova a New York nei 2006. E poi dite che la storia non si ripete.


È un nuovo Nadal, a pieno servizio (Stefano Semeraro, Il Corriere dello Sport)

Nel 2009 Nadal ha vinto il suo (per ora) unico Australian Open: semifinale mancina e stracciamuscoli con l’amico Verdasco, finale strappalacrime – quelle di Federer, ricorderete… – contro l’avversario di sempre. All’hashtag #tenyearschallenge, che in questi giorni infuria sui social all’insegna del “come eravamo, come siamo” metteteci pure quella di un Rafa migliorato. Almeno nel servizio. In tre turni vinti a Melbourne per ora il Cannibale gentile si è divorato mezza Australia, e non solo quella minore: Duckworth, Ebden e ieri l’aspirante demone Alex De Minaur; derubricato a povero diavoletto in tre set facili facili. Grazie anche, ma non solo, all’aiutino di un nuovo movimento del servizio. «Il cambiamento lo abbiamo deciso dopo la sconfitta per ritiro agli US Open dello scorso anno contro Del Potro», ha spiegato il suo coach Charly Moya, finalista in Australia nel 1997. «Rafa voleva cambiare qualcosa, era convinto che il servizio fosse il suo lato debole. Il problema agli addominali e l’operazione alla caviglia destra hanno ritardato un po’ i tempi, dopo la riabilitazione ci siamo finalmente messi al lavoro e ora si trova bene con il nuovo movimento». Più fluido, più penetrante. Più adatto al Rafa 32enne di oggi, che non si può più permettere di ramazzare palline in ogni angolo del campo per cinque ore, come gli riusciva dieci anni fa, ma deve provare ad aggredire di più, e più in fretta, scambio e avversari. «Il nuovo servizio si basa tu tre pilastri fondamentali», ha spiegato Francisco Roig, l’ex pro’ spagnolo che lo segue da sempre, affiancato da Moya dopo l’addio di Zio Toni. «Il primo consiste nel liberare prima la mano durante il lancio di palla. Il secondo prevede che Rafa mantenga una posizione più composta, senza torcersi e piegarsi troppo nel caricamento, per usare tutta la sua altezza. Il terzo è focalizzato sul piede destro, che deve entrare in campo quando Rafa ricade sul terreno». Risultato: più spinta orizzontale, grazie ad un lancio di palla più spuntato in avanti, e la pallina che schizza più veloce dopo il rimbalzo. Anche con la seconda palla, più spesso tagliata esterna, in slice. «In questo modo gli avversari non possono limitarsi ad una rimessa in gioco, ma devono affrontare un rimbalzo sempre diverso». Un intervento che da fuori può sembrare minimo, ma che ha richiesto lunghi allenamenti […] Non è la prima volta che Nadal ritocca il suo meccanismo biomeccanico. In passato ha provato a ricalibrare (di poco) il diritto, aggiungendo anche qualche grammo di peso alla racchetta, intervenendo sul bilanciamento e variando il “drilling”, la spaziatura fra le corde, per ottenere più potenza. Ai tempi del suo primo successo a New York aveva poi già “irrobustito il servizio”, e da qualche tempo cerca di chiudere prima gli scambi, come del resto anche Federer: campione è chi campione sa rimanere, accettando di adeguarsi al tempo che passa. Nadal non sarà mai un Karlovic o un Isner sia contro Duckworth sia contro De Minaur ha picchiato sei ace; ma ieri ha servito il 75% di prime palle, vincendoci l’84% di punti. Un buon rendimento alla battuta gli servirà di sicuro negli ottavi contro un altro veterano “rigenerato”, Tomas Berdych […]


Giorgi, c’è la Pliskova. Muoverla per batterla (Paolo Bertolucci, La Gazzetta dello Sport)

Puoi non conoscerne il nome ma il tennis lineare, semplice e stilisticamente corretto che esprime ti rimanda per forza di cose alla mitica scuola ceca. Karolina Pliskova, odierna avversaria nell’ultimo match di giornata della nostra Camila Giorgi, è dotata infatti di fisico longilineo e lunghe leve, che la ragazza è in grado di gestire con equilibrio. Per certi versi ricorda un’indossatrice più che una tennista e non rinuncia, anche sotto sforzo, all’elegante postura, ai passi leggeri e alla grazia negli appoggi. L’ampiezza dello swing, favorito dalle lunghe leve le consente di trovare migliori angoli nella battuta, un maggior allungo laterale e potenzialità di spinta sulla palla. Nonostante le gambe da fenicottero e i piedi poco reattivi, riesce a essere precisa e ordinata negli appoggi grazie al perfetto timing e alla ineccepibile tecnica esecutiva. La classifica e gli scontri diretti vedono la Giorgi sfavorita, ma non battuta in partenza. Il tennis ad alto rischio, ma rapido e veloce dell’italiana può contenerla, facendola muovere lateralmente e con poco tempo a disposizione per impattare la palla […]

Continua a leggere
Commenti
Advertisement

⚠️ Warning, la newsletter di Ubitennis

Iscriviti a WARNING ⚠️

La nostra newsletter, divertente, arriva ogni venerdì ed è scritta con tanta competenza ed ironia. Privacy Policy.

 

Advertisement
Advertisement
Advertisement