Fognini e Giorgi out, l'Italia saluta l'Open (Baldissera). Giorgi vede la luce di una vita da top player (Clerici). È uno Slam da quota 100 (Semeraro). Simona balla da sola (Azzolini)

Rassegna stampa

Fognini e Giorgi out, l’Italia saluta l’Open (Baldissera). Giorgi vede la luce di una vita da top player (Clerici). È uno Slam da quota 100 (Semeraro). Simona balla da sola (Azzolini)

La rassegna stampa di domenica 20 gennaio 2019

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Fognini e Giorgi out, l’Italia saluta l’Open (Luca Baldissera, La Nazione)

Non abbiamo più italiani in gara all’Open di Australia. Erano otto all’avvio, sette uomini e una donna, tre di quei sette più Camila sono arrivati al terzo turno, pero poi agli ottavi e alla seconda settimana non c’è arrivato nessuno. Hanno perso infatti tutti e due gli ultimi superstiti, i nostri numeri uno, Fabio Fognini e Camila Giorgi. Ma anche se Fabio ha perso per la sesta volta su sei dalla sua bestia nera, lo spagnolo Carreno Busta, e Camila per la quinta su sei dalla ceca Pliskova, le due sconfitte sono state nolto diverse. La prima è arrivata a seguito di una partita sconfortante, la seconda di una esaltante. Carreno Busta non ha fatto niente di straordinario per battere un Fognini spento, piatto, vivo soltanto nel terzo set e nella prima parte del quarto. Alla fine Fognini ha perso 62 64 26 64 in 2,30, giocando come sa soltanto per mezz’ora. Karolina Pliskova invece si è esibita all’altezza della sua miglior fama, da ex n.1 del mondo solo due anni fa. E Camila ha fatto match pari con lei giocando alla grande. Purtroppo, dopo aver perso il primo set che avrebbe potuto magari vincere e vinto il secondo che avrebbe potuto perdere, nel terzo ha perduto un game interminabile, 13 minuti, alla quarta pallabreak. E lì la Pliskova si è involata fino alla vittoria (64 36 62 in 2h e 11 il punteggio finale). «Sono molto contenta di esserne venuta fuori vincendo», ha detto la ceca. Per il resto la “old generation” ha fin qui retto benissimo il confronto con la “Next”. I vari Djokovic, Raonic e Nishikori sono giunti agli ottavi per sfidare rispettivamente Medvedev, Zverev e Carreno Busta, dopo che nella notte Nadal avrà giocato con Berdych, Tiafoe con Dimitrov, Cilic con Bautista Agut. Stamattina alle 9 italiane Federer affronta Tsitsipas, primo test serio per lo svizzero — sei volte vincitore in Australia — che incredibilmente ieri è stato bloccato da un addetto alla sicurezza della Rod Laver Arena perché non aveva il pass per accedere agli spogliatoi. Giocheranno invece 24 ore dopo  la n.1 del mondo Halep e Serena Williams. Un sorteggio maligno le ha messe di fronte già negli ottavi.


Camila Giorgi vede la luce di una vita da top player (Gianni Clerici, La Repubblica)

Hanno perso sia Camila Giorgi sia Fabio Fognini. Essendo lontano dall’Australia, mi chiedo quel che gli avrei domandato, perché Camila incontrava la Pliskova, oggi numero quattro ma già numero uno nel 2017, e Fognini giocava la sua sesta partita contro Carreno Busta, avendo perso le prime cinque. Questo Carreno Busta è uno spagnolo anomalo che pare trovarsi meglio sul cemento che sul rosso, dov’è nato. Possiede sicuramente armi che mettono più che in difficoltà Fabio, e quindi mi riservo di chiedere a Fognini – la prossima volta – che cosa non funziona contro di lui, essendone stato vittima 6-2, 6-4, 2-6, 6-4. Ho invece visto le difficoltà della Giorgi contro la Pliskova, difficoltà più che previste, tra una numero quattro e una numero ventotto, che però Camila stava, per due set e mezzo, eguagliando. Quando si crede di conoscere una persona, ci si domanda spesso se la nostra vita ha avuto modo di influire sulla sua. Non ho fatto il coach, salvo con Vitas Gerulaitis, perché eravamo i due che rientravano per ultimi all’hotel ma, insieme al mio concittadino Riccardo Piatti, abbiamo in qualche modo influito sulla vita di Camila il giorno che suo padre Sergio chiese al presidente di un club di Como se potesse sponsorizzare una bambina e la sua famiglia, permettendo così alla piccola di diventare una professionista del gioco del tennis. Vistala giocare, dicemmo di sì. E di lì la bambina finì per ritrovarsi, oggi, sulla Rod Laver Arena di Melbourne, contro Karolina Pliskova. Non vi sommergo di notizie sulla vita di Camila, estremamente congiunta con quella del padre, che ha avuto i suoi fastidi, dapprima con un tribunale di Miami, in seguito con la federazione, e che Camila chiama tuttora «il mio coach», sebbene di un vero coach immagino avrebbe bisogno per evitare rapporti familiari sul campo. Sia come sia, oggi Camila non è stata da meno di una top player mondiale, ribattendo vincente su vincente alla boema sino al quarto game del terzo set. Perduto il primo set e vinto il secondo – nel 4° game del terzo ha avuto 4 vantaggi per raggiungere il 2 pari – Camila si è poi lasciata sommergere per il definitivo score di 6-4, 3-6, 6-2. Penso che a 27 anni potrebbe iniziare una nuova vita, dopo averne passata una prima complessa sui campi e, forse, fuori.


La carica dei ventenni. Ora tocca a Tsitsipas contro Maestro Federer (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Nell’antica Grecia la chiamavano Sofia: il possesso di conoscenze e la connessa abilità nel metterle in pratica. Basta traslarla nell’epoca moderna e applicarla al tennis di oggi per scovarne l’interprete più sublime: Roger Federer, non a caso detto il Maestro. Con leggerezza, modulando gli sforzi e il livello del gioco, il Divino è approdato per la 17^ volta (e senza perdere un set) alla seconda settimana dello Slam down under, la posizione ideale per il campione in carica che mira al terzo successo di fila e al settimo in assoluto a Melbourne, così da salutare Emerson e Djokovic nel club dei plurivincitori australi e rimanere un uomo solo al comando. Ormai i numeri e i traguardi di Federer non appartengono alla storia terrena: il 21° Slam, il 100° torneo in carriera, la possibilità di diventare il primo a conquistare 5 Major dopo i trent’anni rappresentano solo il corollario a un ventennio da fenomeno mai visto. Stamattina, alle nove italiane, Roger giocherà la sua partita 101 nella Rod Laver Arena. Praticamente casa sua. Davanti a lui, un ragazzo ateniese dotato senz’altro di sapienza tennistica, ma senza alcuna esperienza sul Centrale australiano. Sarà la sua prima volta. E infatti il vecchio saggio, che lo ha appena battuto a inizio anno nell’esibizione di lusso della Hopman Cup, dispensa esperienza: «Qui cambia tutto, la partita è tre su cinque, è un ottavo di uno Slam e ognuno reagisce in modo diverso al feeling con il campo. Ma sono felice che sia ancora nel torneo, sta giocando bene ormai da tempo, sarà una bella partita. Lui è molto bravo a variare, sa scendere anche a rete. Penso che vedremo un bel tennis d’attacco». […] Tsitsi, all’apparenza, non trema: «La partita in Hopman Cup è stata importante per provare a capire le sue armi, il suo dominio comincia dal servizio e perciò dovrò essere molto aggressivo alla risposta. Certo, sono consapevole di giocare contro una leggenda». Nell’empireo, però, non tutti conoscono la santità dello svizzero: ieri, quando è arrivato a Melbourne Park per allenarsi, Federer si è accorto di non avere il pass e un addetto della security, ligio al dovere, gli ha impedito di entrare negli spogliatoi. Senza fare polemiche Roger ha aspettato dieci minuti che lo raggiungesse coach Ljubicic con annesso accredito. Si chiama umiltà. Meditate, aspiranti campioni, meditate.


È uno Slam da quota 100 (Stefano Semeraro, Corriere dello Sport)

Stamattina ci proverà Stefanos Tsitsipas, il lato ellenico della Next Gen, e magari contro mastro Federer se la giocherà meglio degli altri suoi colleghi ragazzini di lusso. Ma per ora gli Australian Open sono il trionfo del vecchio che avanza, dell’usato sicuro che dopo la resa di Andy Murray – all’ortopedia, non certo alla concorrenza – è rappresentato sempre dai soliti tre: Roger Federer; anni 37, Rafa Nadal, 32, e Novak Djokovic, 31. Sommate e otterrete la quota 100 dell’eccellenza. Distantissima da ogni ipotesi di scivolo pensionistico. Al terzo turno Federer ha concesso una lezioncina a Taylor Fritz, 21 anni e tanti hamburger ancora da mangiare. Senza badge allo stadio non entra neppure lui – ieri un addetto lo ha bloccato – ma possiede il lasciapassare per l’eternità. Nadal lo ha imitato pasteggiando con la polpa tenera di Alex De Minaur, anni 19, Demone ancora troppo acerbo per spaventare lo spagnolo, e ieri Djokovic ha completato il tris contro Denis Shapovalov, 20 anni, il talento mancino che piace a tutti. «Se ripensiamo alle ultime due stagioni», ha detto a “Marca” Patrick Mouratoglou, pigmalione di Tsitsipas e storico coach di Serena Wlliams, «vediamo che la vecchia guardia è sempre forte. Se sono al meglio, non vedo chi possa batterli». Secondo il guru francese non dobbiamo aspettarci un exploit della linea verde nemmeno stavolta. «Per battere i più forti in uno Slam i più giovani dovrebbero prima riuscirci in uno dei tornei minori, ma non sta accadendo. Federer ha vinto gli ultimi due Australian Open, a Perth si è confermato ad alto livello, e non credo che l’età lo stia rallentando più di tanto, almeno a giudicare da come si muove in campo in questi giorni. Tsitsipas? Dobbiamo essere pazienti. L’anno scorso ha vinto il suo primo titolo a Stoccolma, è arrivato in finale a Barcellona e Toronto. Ha molti margini di miglioramento, ma la strada da fare è ancora tanta». Un segreto dell’eterna gioventù del trio Medusa, oltre che nel talento naturale sta nella loro capacità di adattarsi, mentalmente, tecnicamente e tatticamente, al tempo che cambia, alle sfide che si rinnovano. I giovani, certo, migliorano di giorno in giorno. Ma Roger, Rafa e Nole nel frattempo si sono spostati già un passo avanti. «Sono contento di giocare contro di loro», ha spiegato Federer ragionando proprio sul match con Tsitsipas. «I giovani non hanno nulla da perdere. Io non conosco bene i loro punti di forza, ma d’altra parte non lo sanno bene neppure loro, stanno ancora scoprendo il loro gioco». Roger l’ha detto usando i guanti bianchi, Nadal dopo di lui lo ha spiegato senza tanti giri di parole: «Volevo che che in campo Alex si sentisse a disagio, che non riuscisse ad avere il controllo dello scambio. Ci divertiamo ancora a giocare», aggiunge Rafa. «La nuova generazione sta crescendo, i match fra vecchi e giovani piacciono a tutti, e non si devono preoccupare: prima o poi toccherà a loro». Appunto, Rafa: prima o poi?


Attacchi e coraggio, le armi di Stefanos (Paolo Bertolucci, La Gazzetta dello Sport)

La Next Gen, in questo Australian Open, ha provato ad alzare la voce per legittimare un cambio al vertice. Fino a questo momento, però, i tre fenomeni hanno retto con disinvoltura ai tentativi delle giovani leve di disarcionarli. Fritz, De Minaur e Shapovalov hanno raccolto le briciole contro Federer, Nadal e Djokovic e demandano a Stefanos Tsitsipas la possibilità di essere vendicati. Impresa ardua ma non impossibile per il ventenne greco. Per superare Roger Federer dovrà sciorinare un tennis impulsivo alla continua ricerca dell’affondo vincente. I tentativi di Stefanos poggiano su solide basi costituite da consistenti colpi di rimbalzo dove all’elegante rovescio si affianca una ficcante esecuzione del dritto a sventaglio. Per scardinare la concreta versione sin qui esibita da Roger dovrà mettere in campo una tattica impregnata di coraggio senza cadere nell’incoscienza. Sarà uno scontro generazionale da ammirare con gli occhi e da gustare con una lunga e appagante colazione.


Simona balla da sola (Daniele Azzolini, Tuttosport)

Balla da sola, Simona Halep, senza il coach che l’ha condotta a credere un po’ di più in se stessa, senza una voce che le indichi la strada in un tennis che lei, piccolina contro le molte grandi, è sempre stata costretta a interpretare anima e corpo, gettandosi a capofitto nelle partite. Balla da sola, Simona, fra i tanti amici che la seguono, con il capitano rumeno della Fed Cup, Florin Segarceanu, che prova a farle da supporto, perché nessuno potrebbe sostituire Darren Cahill nel cuore della Halep. Ma Darren, ormai, è una voce al telefono. Ha lasciato la sua piccola creazione a fine anno,  obbligato a un ritorno in famiglia da problemi che non riusciva più a gestire in giro per il mondo. Si sentono, si parlano, e lui sa ancora cosa dirle, ma Simona in campo ci va da sola, perché questa è la sua nuova condizione mentale. E ora che la stagione nuova è cominciata, tutto sommato non le dispiace. «Farcela con le mie forze, scegliere la strada giusta tenendo conto di tutto ciò che ho imparato in questi anni, confrontarmi con Darren dopo che ho preso la mia decisione, mi rende felice». Numero uno di un tennis al femminile che non ha mai supposto possa esistere qualcuna migliore di Serena Williams, e dunque in grado di farne le veci. Anche lei, all’inizio. Ma ora meno: «Non mi sento più una numero uno al condizionale, con i “se” e con i “ma”. Serena è la più grande fra tutte noi, inarrivabile per le vittorie conquistate, e per quello che ha dato al movimento del tennis femminile. l’ammirazione nei suoi confronti è profonda. Ma ora che lei gioca meno di una volta, io ho i punti per stare là in cima. E non vedo perché non dovrei sentirmi numero uno a pieno titolo». In fondo, Simona è l’unica che abbia provato a spezzare quella condizione di eterna sottomissione all’aliena Serena. Non ha nemmeno le caratteristiche fisiche per interpretare un tennis “come quello della Williams”. Lei è la più piccola del gruppo, e lo è da sempre. È stata costretta a farsi largo dando di più: più anticipo, più corsa, più aggressività, più voglia di farcela. E’ da quattro anni fra le prime dieci, e numero uno a fine anno da due stagioni consecutive. Quattro anni che le hanno messo addosso quel po’ di sicurezza che andava cercando, lei nata piccola piccola e con il seno grosso grosso, del quale un po’ si vergognava, fino a decidere di farselo ridurre – da una sesta a una terza – per poter giocare a tennis più liberamente. E oggi finalmente disposta ad accettarsi per quello che è. Così, il prossimo confronto con Serena, assume contorni particolari e un valore di molto superiore a un qualsiasi match degli ottavi di finale. «Non mi intimidisce più battermi contro Serena. Sarà che ci ho perso così tante volte. Forse lei non è più quella di una volta, non saprei dirlo con sicurezza, certo gioca meno di prima e ha tante altre cose per la testa. È una mamma. Ma io la capisco, anche per me è stato importante uscire dal tennis come unico scopo della mia vita, fare altro, divertirmi di più. Mi ha alleggerito la vita, e mi ha dato una mano a combattere i problemi fisici che mi porto dietro, quelli alla schiena soprattutto che so che mi potrebbero bloccare da un momento all’altro. Non avessi compiuto questi passi, sarei rimasta da sola con i miei guai, e sarebbe stato peggio. Invece, mi concedo un po’ di più, vivo un po’ di più, esco con gli amici. E se perdo, so che posso cercare di fare meglio la volta successiva». Ieri Simona ha eliminato Venus, la sister trentanovenne (quasi), e Venus le ha fatto i complimenti. Più tardi, Serena ha preso a pallate la 18enne Dajana Yastremska, ucraina che prima o poi vedremo in Top Ten. Il problema, semmai, è proprio questo: Serena è tornata a prendere a pallate tutte quante, in tre partite ha lasciato appena nove game. Simona lo sa. Ma ha imparato a non preoccuparsene più.

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