Bravissimo Musetti, ma piedi per terra! Non è garanzia di successo tra i “pro”

Australian Open

Bravissimo Musetti, ma piedi per terra! Non è garanzia di successo tra i “pro”

MELBOURNE – La forza mentale c’è, l’ha sottolineato Djokovic. E anche varietà di colpi. Ma serve altro. I precedenti Nargiso e Quinzi ammoniscono

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Lorenzo Musetti - Australian Open Junior 2019 (foto Roberto Dell'Olivo)
 

Spazio sponsorizzato da Barilla

 

IL SECONDO SLAM CONSECUTIVO DI NAOMI OSAKA COMMENTATO DAL DIRETTORE CON STUART FRASER DEL LONDON TIMES


Barazzutti 1971 (best ranking 7), Nargiso 1987 (b.r. 67) Gaudenzi (2 volte nel 1990, b.r. 18), Quinzi 2013 (b.r. 146) e ora Musetti. L’augurio è che il ragazzo di Carrara, seguito da 9 anni dal suo angelo custode Simone Tartarini e tesserato dal TC Park Genova da quando aveva 14 anni, possa avere la stessa carriera di un Barazzutti (n.7 del mondo) o di un Gaudenzi, perché anche n.18 è un gran bel traguardo. Se poi farà meglio saremo tutti contenti.

Intanto, anche se i vincitori azzurri under 18 di Slam fra uomini e donne sono stati 11 in 17 finali, Lorenzo è il primo a conquistare il titolo all’Australian Open. Era normale che lo Slam più favorevole alle nostre caratteristiche fosse il Roland Garros. I nostri giocatori sono tutti nati sulla terra battuta. E la varietà di colpi di Musetti ha fatto la differenza anche oggi a Melbourne, perché l’americano di origini messicane che si allena a Alicante nella Academy di Juan Carlo Ferrero, ha più forza fisica, più servizio (ha battuto anche a 217 km orari), spara dritti e soprattutto rovesci a velocità monstre, però ha molto meno tagli, lift ed è – in due parole – meno completo. Anche come testa. Difatti Djokovic che stava entrando sul campo per allenarsi mentre Musetti usciva, si è complimentato per la sua forza mentale: È quella che ti ha permesso di vincere.

In effetti non deve essere stato facile per Lorenzo perché i momenti difficili sono stati più d’uno. Primo momento difficile: quando ha perso il primo set, per un unico break subito sul 3 pari, dopo aver mancato tre pallebreak per il 3-1. Secondo: quando sul 2 pari, dopo subito tre servizi a zero e quattro degli ultimi cinque di Nava che serviva come un… Raonic, Lorenzo si è trovato sotto 0-40: “Lì ho giocato un rovescio lungolinea bellissimo (e coraggioso ai limiti dell’incoscienza, aggiungerei). Si stava giocando da 51 minuti, e l’americano aveva fin lì nettamente dominato il gioco, con Musetti che finiva regolarmente nella fascia d’ombra di fine campo, troppo, troppo indietro. “Non avevo mai giocato sulla Rod Laver Arena, su un campo così grande finivo indietro senza quasi accorgermene”. Due errori di rovescio di Nava, il primo provocato e il secondo no, lo hanno aiutato a rimettersi in carreggiata. E lì il match ha preso un’altra piega perché dal 2 pari Lorenzo ha fatto cinque game di fila, mentre Nava diventava più falloso e più nervoso.

Davo un’occhiata al record di Nava, quattro mesi più anziano di Lorenzo che è nato nel marzo 2002, e constatavo che aveva quasi sempre perso nelle finali disputate. Lo avevo interpretato come un buon segno. E Lorenzo aveva il vantaggio di una piccola esperienza in più, la finale giocata all’US Open. Però l’inizio del match, con un Musetti molto più teso, pareva smentire tutte queste previsioni. Poi però, dal terzo set in poi Musetti ha tenuto sempre agevolmente il servizio e l’inerzia della partita sembrava tutta a favore del tennista di Carrara, una sola volta raggiunto sul 40 pari. Il terzo momento difficile sarebbe arrivato in un tiebrak condotto sempre in vantaggio: 2-0, 3-1, 4-2, 5-3, dopo un dritto straordinario, poi 5-5, 6-5, 7-6. Per la prima volta nel terzo set, e a seguito di un servizio diventato ace con l’aiuto del net – la regola più stupida del mondo concede nei tornei junior di giocare alla roulette con il net – Nava è passato in vantaggio arrivando, con l’8-7 a favore, a due punti dalla vittoria.

Ma lì, di nuovo, la forza mentale di Musetti sottolineata da Djokovic (il complimento che più di tutti ha “eccitato” Lorenzo), ha avuto la meglio. Il tiebreak, come forse avrete sentito da coach Tartarini, è stata la fase tecnicamente migliore di tutta la partita, quasi tutti colpi vincenti a decidere i punti. Tre matchpoint non sono bastati a Musetti per chiudere la pratica. E così il quarto momento difficile è arrivato sul 12-11, con un matchpoint per Nava. Lucidissimo e freddissimo Lorenzo ha continuato a mettere la prima di servizio anche in quel decisivo frangente. Vincente. Un errore di dritto di Nava gli ha dato il quarto matchpoint. Quello buono. Dopo 128 minuti, e un altro dritto sbagliato dall’americano, Lorenzo era sdraiato sul cemento color cobalto della Rod Laver Arena. Dopo poco sarebbe apparso un Ivan Lendl visibilmente appesantito a consegnargli il trofeo tanto ambito e meritato che però 30 secondi prima sembrava stesse per sfuggirgli. 14 punti a 12 in un dei tiebreak più ricco di suspence cui mi sia stato dato di assistere. Ci credo che Simone Tartarini abbia potuto dire al mio microfono: “Oggi Lorenzo mi ha fatto perdere qualche anno di vita!”.

Ora, perché chi ci legge richiede un parere sulle prospettive di questo ragazzo – il nostro mestiere non fa sconti, lo richiede anche quando verrebbe voglia di dire “ma non possiamo goderci un po’ questo successo e poi ne parleremo in un secondo momento?”– dopo aver registrato i vari commenti dello stesso Tartarini, del responsabile dell’attività nazionale under 18 Giancarlo Palumbo, e dello stesso Musetti (ragazzo educato, gentile, bravo come non ne ho conosciuti poi così tanti), dovrei cercare di esprimere un’opinione.

Il talento c’è tutto. Il coraggio e la personalità, così come la forza mentale che giustamente Djokovic ha sottolineato e che quando le forze in campo sono equilibrate rappresenta spesso l’aspetto decisivo. Gli manca ancora la pesantezza di palla e un po’ di muscoli che il tennis oggi richiede… se non ti chiami Federer. E per forza di cose, data l’età – non ha ancora 17 anni – la gestione di certi momenti. Le due smorzate tentate nel tiebreak per esempio non erano del tutto giustificate. Ma sono tipiche “espressioni” di gioco però di chi è cresciuto tecnicamente sulla terra rossa. E un domani saper giocare quel colpo gli sarà certo utile. Così come la consapevolezza di avere una buona mano.

Il ragazzo ha alle spalle anche un ambiente serio, consapevole e al tempo stesso dotato della giusta dose di umiltà per non sentirsi né un arrivato – ci mancherebbe – né un predestinato. Intravedo in lui una giusta dose di ambizione, assolutamente necessaria per sfondare, ma non invece quella presunzione che ha contraddistinto in passato alcuni nostri campioni junior. Per non far nomi… Gaudenzi, che in realtà aveva un gioco troppo poco aggressivo per poter far più di quel che buono che comunque è riuscito a fare, e Nargiso che ha invece tentato di giocare sempre un tennis superiore alle sue possibilità tecniche che non erano eccelse. Ad alti livelli ci voleva un’altra consistenza anche fisica, una superiore voglia di sacrificarsi, una diversa umiltà. E forse anche serietà.

Il caso di Quinzi campione a Wimbledon è un po’ più complesso da analizzare. Gianluigi è arrivato dove è arrivato dopo aver cominciato già a 12 anni (da Bollettieri) a fare il professionista, complici anche i mezzi finanziari messi a disposizione da una famiglia agiata e da un padre molto presente e motivato. Forse fin troppo. Credo che anche la famiglia abbia sollecitato in certe situazioni i troppi cambi di coach che non gli hanno certo giovato… e sono diventati troppo spesso fattori di instabilità e alibi a risultati che non arrivavano per altre ragioni, a volte fisiche, a volte tecniche, a volte psicologiche. Va anche detto che discreta parte dei suoi risultati è stata anche conseguenza – insieme al suo approccio anticipato al tennis adulto semiprofessionistico – del suo sviluppo fisico. Era molto più alto di tanti suoi coetanei che avevano giocato meno ed erano meno preparati atleticamente e fisicamente. Gianluigi ha solo 22 anni, è stato n.143 del mondo, ha avuto un infortunio dopo l’altro che certo non hanno aiutato. La vittoria di Wimbledon junior, con tutte le attenzioni che ha suscitato in un Paese a digiuno di campioni, le prime pagine di Gazzetta e altri giornali, l’interesse quasi spasmodico a tutti i suoi risultati, la sottolineatura di tanti risultati negativi, è diventato certo un carico davvero pesante, quasi insopportabile per un ragazzo che – appunto – è ancora un ragazzo.

Io credo che attorno a Musetti – che ho potuto conoscere un anno fa quando ha vinto il “mio” torneo junior di Firenze – c’è tanta gente, la famiglia, il coach che lo segue da nove anni come un secondo padre, il Park Genova, che lo aiuteranno a restare con i piedi per terra. E a dare il meglio di se stesso in tutte le circostanze. Dove potrà arrivare nessuno può saperle. Ma le buone premesse, visto e considerato che ha solo 16 anni e 10 mesi, ci sono tutti. Auguriamoci soltanto che l’Italia, così prona a facili entusiasmi, non lo faccia deviare dalla retta via, non gli metta grilli per la testa e che la nostra dirigenza sportiva non cominci a “promuoverlo” come un prodotto della nostra scuola tennistica salendo – come è sempre purtroppo stato fatto in passato (recente e meno recente) – sul carro del vincitore. Rallegriamoci, certamente, con lui e con tutti coloro che lo hanno aiutato a conquistare questo successo (Federazione compresa), ma sempre ammonendo lui e tutti a ricordare che un successo a livello junior non è purtroppo garanzia di successo nel mondo degli adulti professionisti. Piedi per terra per tutti, se non vogliamo cominciare a sciupare un piccolo patrimonio che per oggi è solo presunto.

Chiudo ringraziando l’ufficio stampa della FIT per i seguenti dati sulle precedenti finali di Slam junior disputate dai tennisti azzurri (cui noi abbiamo aggiunto i best ranking raggiunti da tutti questi giocatori e giocatrici per mostrare che tipo di carriera siano poi stati in grado di seguire) e ringrazio anche Dario Castaldo di SBS radio che mi ha consentito di ascoltare tutte le sue interviste (che ovviamente anche noi abbiamo integrato).

Tutte le 11 finali disputate da italiani nei tornei junior del Grande Slam

AUSTRALIAN OPEN

2019 finale maschile: Musetti b. Nava (Usa) 46 62 76 (12)

ROLAND GARROS

1971 finale maschile: Barazzutti b Warboys (GBR) 26 63 61
1990 finale maschile: Gaudenzi b. Enqvist (SWE) 26 76 64
1992 finale maschile: Pavel (ROU) b. Navarra 61 36 63
1994 finale maschile: Diaz (ESP) b. Galimberti 63 76

1955 finale femminile: Reidl b. Baumgarten (FRA) 64 60
1958 finale femminile: Gordigiani b. Galtier (FRA) 63 26 62
1976 finale femminile: Tyler (GBR) b. Zoni 61 63
1985 finale femminile: Garrone b. Van rensburg (RSA) 61 63

WIMBLEDON

1987 finale maschile: Nargiso b. Stoltenberg (AUS) 76 64
2013 finale maschile: Quinzi b. Chung (KOR) 75 76

1951 finale femminile: Cornell (GBR) b. Lazzarino 63 64
1993 finale femminile: Feber (BEL) b. Grande 76 16 62

US OPEN

1990 finale maschile: Gaudenzi b. Tillstroem (SWE) 62 46 76
2018 finale maschile: Seyboth Wild (BRA) b. Musetti 61 26 62

1985 finale femminile: Garrone b. Holikova (TCH) 62 76
1993 finale femminile: Bentivoglio b. Yoshida (JPN) 76 64

(fonte: FIT)

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