I primi 50 anni di Steffi Graf

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I primi 50 anni di Steffi Graf

Ripercorriamo la carriera della campionessa tedesca che oggi compie 50 anni

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Domani Steffi Graf compie 50 anni. Chi ne scrive?” viene chiesto in redazione. Steffi è stata il mio idolo adolescenziale, per cui mi offro volontario. “Sì, è meglio che ne scriva tu, Vanni – mi viene detto – sei il più anziano, sei quello che l’ha vista giocare di più…”. Dopo aver ringraziato per avermi fatto sentire ancora più vecchio di quello che sono, ho iniziato a pensare a tutte le partite di Steffi Graf viste durante tutta la sua carriera, a partire dal primo match visto per caso negli ottavi dello US Open 1986, trasmesso allora da Canale 5, contro la nostra Raffaella Reggi, che vinse pure un set. In quel torneo una Steffi diciassettenne perse in semifinale contro Martina Navratilova non sfruttando due match-point nel terzo set. L’anno seguente ci fu l’esplosione: la vittoria a Miami brutalizzando una dietro l’altra Martina e Chris, il primo Slam a Parigi (saranno 22 alla fine) battendo 8-6 al terzo Navratilova, il 17 agosto l’ascesa al numero uno del ranking, ove sarebbe rimasta per 186 settimane consecutive (record in coabitazione con Serena Williams) e 377 settimane in totale (record assoluto).

La ragazzina che vinceva tutto con facilità irrisoria si trasformò in una superstar di livello mondiale, realizzando il Grande Slam con la ciliegina della medaglia d’oro olimpica, permettendosi il lusso di trasformare la finale del Roland Garros contro la russa Zvereva in una esibizione da 6-0 6-0 in 34 minuti. Il suo naso “importante” portò un giornalista italiano a scrivere come Graf fosse tanto brava quanto bruttina, quasi generando un incidente internazionale e minacce di cancellazione delle vacanze sulla Riviera Adriatica da parte di alcuni turisti tedeschi. Ma le nubi non tardarono ad addensarsi su Steffi, che dopo un quasi Slam-bis nell’89 (sconfitta solamente 7-5 al terzo da Arantxa Sanchez nella finale di Parigi) vide l’arrivo di Monica Seles a ricordarle che l’invincibilità appartiene solo agli Dei e la trasformazione della sua storica rivale Gabriela Sabatini in un’attaccante capace di sollecitare il suo tallone d’Achille del passante di rovescio. Fuori campo, il papa-manager-allenatore Peter prima si fece spiattellare sui tabloid una sua scappatella con una modella ventenne e poi fu punito per evasione fiscale, per la quale trascorse quasi tre anni in carcere.

La pugnalata a Monica Seles data dal suo fan Guenther Parche le tolse di mezzo la sua rivale principale, permettendole di mettere in cascina Slam dopo Slam, record dopo record, intramezzato da estemporanee intromissioni di Arantxa Sanchez, Conchita Martinez, Mary Pierce, fino all’arrivo di Martina Hingis e delle tenniste della nuova generazione, oltre che dei primi scricchiolii del suo strepitoso fisico. Il suo canto del cigno fu la sesta vittoria al Roland Garros nel 1999, battendo Seles in semifinale e rimontando una isterica Martina Hingis in finale. Poche settimane dopo a Wimbledon estromise la nuova padrona del tennis mondiale, Venus Williams, in un match durato due giorni e che le tolse troppe energie per potersi giocare alla pari anche la finale contro Lindsay Davenport. Da lì a poco la conferenza stampa convocata di punto in bianco nella sua Germania, nel bel mezzo della stagione sul cemento nordamericano, per dire che poteva bastare così.

Pochi mesi prima Steffi aveva iniziato a frequentare Andre Agassi, che nel 2001 sarebbe diventato suo marito e dal quale ha avuto due figli, Jaden Gil, oggi diciottenne e già reclutato dalla squadra di baseball della University of South California USC, e Jaz Elle, 16 anni, che ha scelto di impegnarsi nell’equitazione. Durante la carriera non c’erano state molte indiscrezioni sulla sua vita sentimentale: prima una relazione con il pilota tedesco Michael Bartels; poi un più breve flirt con il tennista Alexander Mronz, più famoso per essere stato l’avversario di Jeff Tarango a Wimbledon quando fu squalificato per aver attaccato l’arbitro Rebeuh che non per i suoi risultati sul campo. L’unione con Agassi sembrava inizialmente uno stunt pubblicitario, invece vent’anni dopo procede ancora a gonfie vele.

Steffi Graf è probabilmente stata la più straordinaria atleta naturale ad aver preso in mano una racchetta. Durante le Olimpiadi di Seul, prima che papà Peter arrivasse a richiamarla all’ordine, passò diversi giorni ad allenarsi con la squadra di atletica della Germania Occidentale, facendo registrare prestazioni di valore assoluto. Per diversi anni fu la detentrice del record juniores tedesco sugli 800 metri piani. Il suo diritto, per il quale venne soprannominata “Freulein Forehand” è uno dei colpi più iconici del tennis femminile, sempre ricercato in ogni posizione del campo dalle sue bellissime gambe e giocato sempre così frontale, con il gomito vicino al corpo, preferibilmente in direzione anomala, da sinistra verso destra. A fare da contraltare a quest’arma letale c’era il “rovescino” sempre tagliato, che il suo ultimo allenatore Heinz Gunthard la convinse a giocare sempre più aggressivo, sempre più raso rete e sempre più veloce, ma che rappresentava sempre il punto fisso su cui le sue avversarie si concentravano.

Trasferitasi per amore a Las Vegas, una città che non potrebbe essere più diversa dalla sua indole calma e riservata, ha proseguito la sua vita di madre e moglie lontano dalle luci della ribalta a fianco di suo marito, impegnata nella fondazione che entrambi hanno creato per aiutare i bambini svantaggiati a ottenere il diploma di scuola superiore. Ogni tanto gioca qualche esibizione, ogni anno è la madrina del WTA Elite Trophy a Zhuhai, il cosiddetto “masterino”, come atto di riconoscenza verso un mondo che tanto le ha dato, ma che tantissimo le ha tolto (spinta dal padre passò professionista prima del suo tredicesimo compleanno) e che da cui ha deciso di affrancarsi.

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