Berrettini, com'è dolce la Top 10. Ma per le Finals ora è durissima (Scanagatta). Berrettini in volo: "E adesso voglio il Matteo perfetto" (Crivelli). "Lego, judo, camper. È il nostro Matteo" (Semeraro)

Rassegna stampa

Berrettini, com’è dolce la Top 10. Ma per le Finals ora è durissima (Scanagatta). Berrettini in volo: “E adesso voglio il Matteo perfetto” (Crivelli). “Lego, judo, camper. È il nostro Matteo” (Semeraro)

La rassegna stampa di martedì 29 ottobre 2019

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Berrettini, com’è dolce la Top 10. Ma per le Finals ora è durissima (Ubaldo Scanagatta, Giorno – Carlino – Nazione Sport)

Paolo Bertolucci aveva quasi l’aria di dolersene, anche se in realtà scherzava: «Ma come, per 40 anni sono stato con il mio ranking n.12 del 1973, dopo Panatta n.4 e Barazzutti n.7, il terzo italiano dell’era open nelle classifiche mondiali, e ora in 5 mesi sono precipitato al quinto posto!». Già, prima Fabio Fognini a giugno e da oggi Matteo Berrettini sono entrambi saliti a n.9. La sensazione è però che il romano di 23 anni possa stare nell’elite del tennis mondiale assai più a lungo del ligure di 32. Otto semifinali, con un paio di tornei vinti e diversi top-ten battuti, gli straordinari progressi di Matteo, che oggi è n.8 della Race Atp che condurrà i primi 8 alle finali mondiali di Londra, inducono a un certo ottimismo, anche se Matteo, con humour, mette le mani avanti: «Non vorrei avervi abituato male». All’inizio del 2019 era soltanto n.54. Una escalation impressionante, con le gemme dei due tornei vinti (Budapest e Stoccarda), gli ottavi a Wimbledon, la semifinale all’Us Open. Per centrare l’altro obiettivo da sogno, le finali Atp, Matteo deve sperare di tenersi dietro Bautista Agut che lo a 160 punti, Monfils a 310, Goffin a 335, Fognini a 410 nell’ultimo torneo di Parigi-Bercy cominciato ieri. Non sarà per nulla semplice, visto il tabellone.

Berrettini in volo: “E adesso voglio il Matteo perfetto” (Riccardo Crivelli, Gazzetta dello Sport)

[…] Matteo è ottavo nella Race, quindi al momento l’ultimo degli eletti per Londra, e da ieri anche il quarto giocatore italiano dell’Era Open ad assaporare l’aria rarefatta e paradisiaca della top ten. E non per caso: il numero 9 nel ranking non rappresenta l’exploit di un momento, bensì il puntello per proiettare verso il prossimo decennio ambizioni da superstar. Il primo giorno nell’empireo Berrettini lo ha trascorso a Parigi, dove domani debutterà contro Tsonga direttamente al secondo turno nel Masters 1000 che chiude la stagione e deciderà, con la sua messe di punti, chi saranno gli ultimi due qualificati alle Finals. Ancora lontano dalla tensione che precede un match, si è concesso una lunga passeggiata attorno al palazzetto di Bercy con coach Santopadre […] «Forse sono più emozionati gli amici e l’ambiente esterno rispetto a noi – analizza Santopadre sorridendo – ma certo con tutto questo affetto ci siamo resi conto di aver compiuto un’impresa eccezionale. Sarei un bugiardo se ammettessi che all’inizio dell’anno pensavamo a questo obiettivo, ma già allora avevo una certezza: se alleni un giocatore con la voglia di migliorare di Matteo, la sua attitudine, la sua capacità di assorbire esperienze utili da ogni partita, vinta o persa, sai che la maturazione lo porterà in alto. L’importante è non legarsi troppo ai risultati, che dipendono sostanzialmente dalle circostanze, ma lavorare per colmare le lacune che rimangono e dare continuità alle vittorie». Ciò che abbaglia, di Berrettini, è il confine ancora sconosciuto dei progressi cui può accedere, la possibilità di alzare l’asticella verso vertici ancora ignoti: «Il tennis è uno sport di dettagli – ricorda il coach che lo segue da quando aveva 13 anni – e dunque non si smette mai di imparare e di crescere. Se adesso tira un dritto a cento all’ora, dobbiamo riuscire ad arrivare a 105, se adesso mette un palla a 30 centimetri dalla riga, potranno diventare 20. E poi immagino un gioco a rete più sostanzioso, e ancora una lettura tattica più precisa di ogni fase della partita. Con tutto il team, quindi anche con il fisioterapista e il mental coach, abbiamo l’obiettivo di dargli gli strumenti per essere allenatore di se stesso: così potrà tendere verso la perfezione, cioè a essere un giocatore senza difetti». A quel punto, il numero 9 accanto al nome sarebbe solo di passaggio, e ce lo ritroveremmo tra i 4/5 giocatori-guida del prossimo futuro. Intanto, una dote enorme già brilla di luce propria: «Dopo la piccola crisi di inizio primavera – commenta Santopadre – Matteo ha preso consapevolezza della sua nuova dimensione. Prima osservava il tabellone per controllare gli avversari, oggi sa che a ogni match può mettere in campo le armi per vincere, contro chiunque. Sappiamo che Bercy è un torneo complicato, cui si aggiunge la pressione per la corsa alle Finals, però Matteo adesso guarda a se stesso, non agli altri. E il rispetto che si è guadagnato dai rivali in questi mesi è il premio più bello per me e per lui» […]

“Lego, judo, camper. È il nostro Matteo” (Stefano Semeraro, Corriere dello Sport)

«Ieri Matteo mi ha mandato uno scatto del sito Atp con la sua faccia e sotto il numero 9», dice papà Luca. «E mi ha scritto: “Ma sono davvero io? O è un fake?”». La storia di Matteo Berrettini, da ieri il quarto Top 10 nell’era Open del tennis italiano, è quella di un campione annunciato. Ma non progettato. Del resto quando 15 anni fa Berrettini senior, un passato in Publitalia e un presente da imprenditore, si portava appresso Matteo e il fratello minore Jacopo nei circoli di Roma («giocavo anch’io qualche torneo, ancora adesso sono 3.2») non si aspettava di ritrovarsi in casa due tennisti, uno addirittura in corsa per le Atp Finals. «Non li abbiamo mai forzati. Matteo il tennis lo ha mollato per due anni, a quel tempo faceva anche judo e nuoto, è stato Jacopo a convincerlo a riprendere la racchetta. I suoi maestri erano convinti che nel frattempo lo avessi portato da altri, perché lo hanno ritrovato migliorato nella coordinazione. Ma quello che sta succedendo adesso, lo confesso, non lo abbiamo ancora capito bene…». Le radici del successo stanno molto in questa normalità. Roma, Nuovo Salario, scuole elementari alla “Jean Piaget”, medie alla Majorana. «Matteo è sempre stato un bambino più maturo della sua età», racconta mamma Claudia, proprietaria di alcuni negozi. «Sensibile, molto attento, legatissimo al fratello. Con gli occhi rubava tutto quello che si vedeva attorno, a scuola come al tennis. A 8-9 anni sembrava già un adolescente, e che fatica convincerlo: i “no” senza motivazione non li accettava. In compenso assorbiva tutto come una spugna». Poi i colpi al circolo Corte dei Conti, con Raul Pietrangeli e Stefano Vannini. Che il ragazzo ha la stoffa giusta se ne accorge in fretta Vincenzo Santopadre all’Aniene. «Quando era in quarta liceo, all’Archimede – racconta Luca – Vincenzo, uno che non si sbilancia mai, mi disse che forse era il caso che Matteo si allenasse anche la mattina. È scattato il classico dubbio dei genitori: e se smette di studiare e poi non ce la fa? Nel tennis, lo sappiamo, arriva uno su un milione. Per fortuna è stato bravo, la maturità se l’è presa. E poi non ci andava di troncare il suo sogno». La vita del tennista, anche quella di un cucciolo di campione, non è tutta rosa e fiori. «Devi allenarti e girare per tornei quando magari i tuoi amici la sera si fanno un giro a Ponte Milvio. Dormi negli ostelli, dividi la camera in quattro…». Oppure giri per l’Europa in camper. «Un’esperienza bellissima», sorride Luca. «Per stare tutti insieme era la soluzione migliore e cosi ho deciso di affittarne uno. Per un mese eravamo noi quattro e un Labrador nero che di nome, non casualmente, faceva Yannick (come Noah; ndr). Abbiamo girato posti magnifici in Austria e Germania, dormivamo nel parcheggio dei circoli scegliendo i tornei che avessero sia l’under 16 per Matteo sia l’under 14 per Jacopo, che poi giocavano il doppio insieme fra i più grandi. La mattina ci svegliavamo, e mentre Matteo e Jacopo andavano ad allenassi – con Moroni, Pellegrino, o Stefanos Tsitsipas che era un po’ più giovane – Yannick andava magari a farsi un bagno nel Danubio». […] Matteo, aggiunge mamma Claudia, «ha sempre avuto tanti interessi, gli piacciono il cinema (registi preferiti: Tarantino, Kubrick, Leone; ndr) e la letteratura. Al momento di scegliere il liceo ha insistito lui per lo scientifico, e solo dopo un anno si è rassegnato a passare al liceo sportivo: è stato lui a dirci che non poteva fare bene entrambe le cose, anche se in pagella aveva la media del 7 e mezzo. E mi ha impressionato il modo in cui ha superato gli infortuni. A 18 anni si è rotto i legamenti e per tre mesi ha girato con le stampelle, poi di nuovo ha avuto problemi al ginocchio, quest’anno alla caviglia. Ma ogni volta riparte con più entusiasmo». […] Anche la nuova fidanzata Ajla Tomljanovic ha passato “l’esame” («per carità, non c’intromettiamo, se è felice lui siamo felici anche noi»), e del resto il golden boy è un tipo affidabile. «Ci sentiamo ogni giorno – dice mamma Claudia – e dai viaggi mi porta sempre qualcosa […]

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