Berrettini e il sogno Finals (Scanagatta, Piccardi, Azzolini). Nadal, altro infortunio. Niente semifinale a Bercy (Cocchi). Subito Tiafoe per Sinner nella "prima" Next Gen (Annovazzi)

Rassegna stampa

Berrettini e il sogno Finals (Scanagatta, Piccardi, Azzolini). Nadal, altro infortunio. Niente semifinale a Bercy (Cocchi). Subito Tiafoe per Sinner nella “prima” Next Gen (Annovazzi)

La rassegna stampa di domenica 3 novembre 2019

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Sogno Berrettini: «Pensavo a una fake news» (Ubaldo Scanagatta, La Nazione)

Il giorno dopo l’ingresso di Matteo Berrettini fra gli Otto Maestri del tennis, grazie al k.o. parigino di Monfils per il duplice 62 di Shapovalov, celebriamo lo storico traguardo del “nostro” che a marzo era ancora n.57 ATP precisando che il suo è un traguardo in realtà unico. Diverso da quello di Panatta al Masters del 1975 e di Barazzutti del 1978. Da 1970 al 1989 c’erano due classifiche diverse: quella del Grand Prix (gestito da ITF) che sommava punti e risultati, e quella dell’ATP (che solo nel ’90 lanciò l’attuale circuito) che stabiliva le classifiche facendo media fra punti e numero dei tornei. Così Panatta nel ’75 era n. 8 nel Grand Prix, ma n. 4 per l’ATP. E il Masters era il torneo finale del Grand Prix. A quello del ’75 Connors, in causa con l’ITF che lo aveva squalificato nel ’74 dal Roland Garros per aver giocato nel Team Tennis, non giocò. Oggi, con le finali ATP che hanno sostituito il Masters a fine anno, Berrettini è un vero n.8. Panatta lo era stato (salvo Connors “bandito”), ma Barazzutti no. Corrado era n.9, ma approfittò del forfait di Borg per disputare il Masters ’78. Bjorn era furioso per l’obbligo di dover giocare minimo 20 tornei l’anno. Ecco come Barazzutti diventò n.8. Insomma Berrettini è un vero n.8, nessuno è mancato all’appello. La sua impresa è ancora più storica di Panatta e Barazzutti. Matteo è a Montecarlo. Neo testimonial Peugeot sarà a Milano da domani per una presentazione della nuova auto. «E giovedì vado a Londra con tutto il team, incredibile, stamani mi sono svegliato e ho pensato che era un sogno. Quando ho visto un messaggio facebook con gli otto protagonisti del prossimo Masters e c’ero anch’io, mi sono detto: ‘Questa è di sicuro una fake news!’», ha scherzato con suo padre. […]

Intervista a Panatta: «Berrettini si merita il Master» (Gaia Piccardi, Corriere della Sera)

Adriano Panatta, indimenticato dio del tennis nell’anno 1976 (Roma, Parigi, la Davis), perché il tennis l’ha inventato il diavolo?

Perché è un gioco maledetto, l’unico che non sai mai quando finisce. Puoi stare 6-0 5-0 40-0 e perdere. Il tennis è fatto di momenti in successione: miracolosi o mefistofelici. Se 43 anni fa non ne avessi vissuti tre benedetti (gli Internazionali d’Italia, il Roland Garros e la coppa), questa intervista non esisterebbe.

E invece eccoci qui, a parlare di Panatta scrittore e di un libro di aneddoti e ricordi. La memoria regge, quindi.

Me la cavo. Questa volta ho estratto dal passato anche personaggi sconosciuti: Ezio Di Matteo, Mario Calmo, Monica Giorgi… Non si può parlare sempre di Federer, Djokovic e Nadal, due palle…

L’ultimo capitolo è dedicato a Berrettini, qualificato per il Master 41 anni dopo Barazzutti e 44 dopo Panatta: il tennis secondo Matteo.

Bravo, sono contento, se lo merita. Da n. 54 del mondo a n. 8 in dieci mesi: nemmeno io e Corrado abbiamo mai avuto periodi così felici. II grande valore di Matteo è il gap che ha colmato. Mi piacciono molto la sua educazione e il rispetto che dimostra per gli avversari. Gioca un tennis moderno. Presenza fisica imponente, servizio e dritto. Al di là dell’estetica, contano i risultati. Se recupera energie mentali, stacca con il tennis per un paio di giorni, si ricarica con la fidanzata e si presenta a Londra senza nulla pretendere, farà bella figura.

Il diavolo più diabolico che ha mai incontrato resta Pat Du Pré nei quarti di Wimbledon ’79?

La classica partita maledetta che dovevo vincere e invece ho perso. A quarant’anni di distanza mi do ancora della testa di … Non me la sono mai perdonata e mai mi perdonerò. Ho sempre snobbato Wimbledon, non me ne fregava niente: gli inglesi, le loro tradizioni, l’erba su cui la palla rimbalzava male, era impossibile palleggiare da fondo… Con la mia mentalità da terra battuta, non mi dava margine e levava la parte artistica dal gioco. La odiavo. […]

L’avversario più mefistofelico mai affrontato?

Un egiziano con una classe pazzesca, mi pare si chiamasse Al Mahmoud o El Mahmoud. Alto, magro, braccio fatato. Io ero un ragazzino, giocammo al Cairo in un circolo stupendo, con gli spogliatoi tutti in legno e gli asciugamani bianchi profumati. Mi diede una stesa micidiale. Fenomeno assoluto. Mai più rivisto.

Il più geniale, il più simpatico e il più antipatico…

Il più geniale Gene Mayer. Come ti nascondeva lui la palla, nessuno. Il più simpatico Ilie Nastase, un casinista a cui potevi voler bene solo un giorno sì e uno no. Il più antipatico…è una bella gara tra Connors e Lendl. […]

«Umiltà, pazienza, lavoro» (Daniele Azzolini, Tuttosport)

Per lui Federer ha raccontato favole. Di quando era un bimbo e Agassi gli nascondeva la palla, la voglia di sparire che avvertiva, lo stimolo in più che da quei sentimenti ha preso corpo. Capita di sentirsi fuori luogo dopo una sconfitta, occorre reagire in fretta. Matteo, dopo Wimbledon, ha capito. E il gran finale di stagione, con Atp Finals annesse, è nato anche dalle riflessioni dopo la lezione («Grazie, Roger, quanto ti devo?») ricevuta negli ottavi. Nadal ha speso parole preziose. «Berrettini ha già tutto, diventerà un grandissimo giocatore. Anzi, lo è già, e ha tanti anni davanti a sé per migliorare ancora». Il terzo dei Re Magi, Novak Djokovlc, gli ha ceduto uno dei pezzi forti del suo team, Craig O’Shaughnessy, strategy analist, del quale si era invaghito quando seppe che aveva aiutato Dustin Brown a battere Rafa sull’erba di Wimbledon. Ora è al lavoro per Matteo, con le sue statistiche e gli spunti di strategia che ne ricava. Novantasei ore all’alba, poi la partenza per le Atp Finals, il Club dei Maestri. […] Matteo è il terzo italiano cui venga accettata l’iscrizione, prima di lui solo Panatta (1975) e Barazzutti (1978). Chissà, magari diventerà il primo italiano a vincere un match nel torneo. Adriano e Corrado non vi riuscirono. «Appena qualche settimana fa, le Atp Finals erano l’ultimo dei miei pensieri. Non avrei mai pensato di qualificarmi. Ora sono felicissimo. È una grande soddisfazione per me, la mia famiglia e il mio team. Voglio farmi trovare pronto». […] Giovedì la partenza per Londra: tre o quattro giorni di allenamento intenso, dipende dal debutto, se sarà di domenica o di lunedì. Martedì successivo l’arrivo della fidanzata Ajla (Tomlianovic) da Perth, dove sarà impegnata fino a domenica nella finale di Fed Cup. «E’ una ragazza positiva, che si è inserita benissimo nel nostro gruppo – racconta coach Vincenzo Santopadre -. Conosce il tennis e per Matteo è una presenza importante. A Vienna è stata con noi per una settimana». […] Le parole per Londra, Santopadre già le conosce. «Umiltà, pazienza, lavoro. Non finirò mai di ricordare a Matteo dov’eravamo due anni fa. I campioni hanno dei salvagente robusti, che li tengono a galla. E sono fatti proprio di quel materiale: umiltà, pazienza, lavoro». Ma prima di Londra vale la pena ringraziare i molti che hanno dato una mano. «Posso? – chiede Santopadre -. Il Circolo Aniene che ci ha accolto con grande spirito sportivo, ed è stata una casa indispensabile. La federazione, che ci ha dato la disponibilità di uomini preziosi, con i quali condividiamo ogni momento di questa avventura. Infine, tutto il team e la famiglia di Matteo». E’ un modo per dire che Berrettini e il suo Team non si sentiranno soli a Londra.

Nadal, altro infortunio. Niente semifinale a Bercy (Federica Cocchi, La Gazzetta dello Sport)

Il destino non ne vuole proprio sapere di vedere Nadal sollevare il trofeo di Bercy. Rafa, re indiscusso di Parigi quando si parla di Roland Garros, di cui è stato trionfatore già 12 volte, non ha mai vinto nel 1000 indoor che chiude la stagione regolare. E a dire il vero non ha nemmeno partecipato molto spesso, fermato ogni volta da qualche infortunio più o meno grave. Ieri, poco prima di entrare in campo nella semifinale contro Denis Shapovalov, il maiorchino ha dato forfait consegnando al giovane canadese un posto in finale oggi contro Novak Djokovic. «Sull’ultimo servizio del riscaldamento della mattina – ha spiegato un abbattuto Nadal in conferenza stampa —, ho sentito un fastidio agli addominali. Siamo subito corsi dal medico per un’ecografia che alla fine ha rivelato un segno, probabilmente uno stiramento. Ho provato di nuovo ad allenarmi prima della partita, per vedere se le cose miglioravano, ma il dolore era ancora lì». Il medico gli ha consigliato di non giocare e prendersi un periodo di riposo precauzionale: «Sarebbe stato doppiamente sbagliato giocare — ha spiegato il vincitore di 19 Slam — perché non sarei stato sufficientemente competitivo e perché sollecitando troppo il muscolo avrei rischiato di peggiorare la situazione. Quando ho giocato lo Us Open del 2009 avevo una lesione di 7 cm, a fine torneo era di 28. Capite che non posso rischiare così tanto». Ora sono in dubbio anche le Finals (al via il 10 novembre), un altro dei tornei importanti che mancano alla sua collezione: «Spero di recuperare in tempo per le Finals — ha detto — al momento questo è l’obiettivo più grande che ho. Farò tutto quanto mi sarà possibile per rimettermi in sesto, anche perché vorrei giocare anche la Davis, i medici hanno detto che potrei cavarmela in una settimana, però servono altri esami». […] L’abbandono di Nadal rimette così tutto in gioco nella corsa tra lui e Djokovic per il numero 1 del ranking a fine anno. Se Rafa con la semifinale è comunque sicuro di essere in testa alla classifica domani, Nole (che oggi cerca il quinto titolo parigino indoor) ha la possibilità di ribaltare la situazione a suo favore a Londra e terminare il 2019 in testa alla classifica.

Subito Tiafoe per Sinner nella “prima” Next Gen (Carlo Annovazzi, La Repubblica – Milano)

«Negli ultimi due tornei ho giocato bene, spero di essere così positivo in campo anche qui. Ho fatto una buona stagione, sono emozionato e farò del mio meglio». Jannik Sinner mantiene un profilo basso, come da insegnamento di coach Riccardo Piatti. Ma sotto sotto ci crede di essere competitivo nelle Next Gen Finals di tennis che cominceranno martedì al Palalido. Il sorteggio del master per under 21 lo ha inserito nel girone B con Frances Tiafoe (n. 47 al mondo), Hugo Humbert (55) e Mikael Ymer (77). Nel gruppo A invece il favoritissimo Alex De Minaur (18 al mondo e finalista lo scorso anno), Casper Ruud (56), Miomir Kecmanovic (60) e Alejandro Davidovich Fokina (87) entrato venerdì sera dopo il forfait del più atteso, Denis Shapovalov che per il secondo anno consecutivo ha rinunciato a venire a Milano solo per stanchezza e non per infortunio come Felix Auger-Aliassime o perché in campo alle Finals assolute di Londra come Stefanos Tsitsipas (vincitore qui un anno fa). Si comincia martedì. E Sinner debutterà subito con Tiafoe. secondo incontro serale. Due settimane fa, ad Anversa, ha vinto lui. «Ma stavolta sarà una partita molto diversa» ne è sicuro la grande speranza italiana. Ad aprire il torneo saranno Ruud e Kecmanovic, dalle ore 14 di martedì, subito dopo la sfida De Minaur-Davidovich Fokina. In serata, dalle 19,30 Humbert-Ymer e poi Tiafoe-Sinner. Quella di ieri è stata la prima giornata di conoscenza con il campo del Palalido, nuova sede delle Next Gen Finals. E il primo a scendere in campo è stato proprio Jannik Sinner con Riccardo Piatti a bordo campo. «Lui sa che deve allenarsi sempre tanto, ogni giorno» spiega il coach. «Che cosa mi aspetto da questo torneo? Jannik, che è qui grazie all’invito della Federazione, ha davanti a sé un’altra opportunità di crescita. Mi aspetto che cresca di partita in partita imparando a risolvere le difficoltà con giocatori che, è giusto ricordarlo, sono tutti messi meglio di lui in classifica. Sono interessato anch’io di vedere come gestirà l’impatto con il campo, gli avversari e le regole che qui sono diverse. Lui ha fatto la giusta trafila, dai future ai challenger e poi qualificandosi nei tornei, le wild card lo hanno aiutato a imparare. Ha la mentalità giusta».

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