Mago Djokovic, lezione a Shapo (Crivelli). L'intervista a Jannik Sinner (Lombardo). Sinner, riparte l'assalto al futuro (Nazione-Carlino-Giorno Sport)

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Mago Djokovic, lezione a Shapo (Crivelli). L’intervista a Jannik Sinner (Lombardo). Sinner, riparte l’assalto al futuro (Nazione-Carlino-Giorno Sport)

La rassegna stampa di lunedì 4 novembre 2019

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Mago Djokovic, lezione a Shapo. E ora rivede il numero 1 (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Il gigante e il bambino. Ferocia e tenerezza. L’ammaestramento dura appena 65 minuti: «Denis, guarda, si fa così». Parigi è dolce soltanto per Djokovic, ciclonico al servizio (appena quattro punti concessi nel primo set, 81% di punti con la prima nella partita) e chirurgico sulla seconda troppo morbida di Shapovalov, trasportato in un mondo che ancora non gli appartiene, nonostante una settimana da piccolo principe. Quando il gioco si fa duro, anche i fichi migliori del cesto della Next Gen appassiscono in un battito, tramortiti dalla brutale grandezza di divinità irripetibili. A Bercy, e sempre per mano di Nole, era accaduto anche a Tsitsipas, annichilito in meno di un’ora, e per adesso Shapo non può che abbassare sconfortato la testa.

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Considerato ormai da un paio d’anni il predestinato che raccoglierà, per talento e personalità, l’eredità della generazione dei fenomeni, íl canadese può consolarsi da oggi con una classifica lussuosa per un ventenne, il numero 15. Certo, ben più in alto Djokovic è in altre faccende affaccendato, visto che con il quinto successo in carriera nell’indoor parigino, e íl concomitante infortunio di Nadal, torna prepotentemente in corsa per il numero uno alla fine dell’anno, anche se oggi, dopo 12 mesi esatti, si ritroverà secondo nel ranking. Saranno decisive le Finals di Londra, più che mai se Rafa (stiramento agli addominali) non fosse nel gruppo: al momento il Djoker ha 640 punti di svantaggio sul maiorchino, e alla 02 Arena ci saranno in palio 1500 punti per chi vincerà il torneo senza sconfitte.

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E pensare che Novak aveva cominciato il torneo di Bercy con un fastidioso raffreddore con febbre: lo ha finito senza perdere neppure un set, salendo un altro scalino nella classifica dei plurivincitori dei Masters 1000. Adesso è a 34, a una sola lunghezza dal solito Nadal (Federer è fermo a 28 e per la cronaca Nole e lo spagnolo ne hanno da soli più della somma del quarto e del quinto, Agassi 17 e Murray 14): «Se dovessi scegliere un record, forse opterei per il numero di Slam, ma per ora non è una realtà. Quello che amerei di più, è di giocare ancora a lungo, perciò se tutto andrà bene mi vedrete ancora per qualche anno». Intanto, con il 77 trionfo, raggiunge al quinto posto di sempre John McEnroe, mentre a consegnargli il trofeo a Bercy è Marat Safin. E per un istante Djokovic avrà pensato di barattare qualcuna delle sue coppe con la popolarità ancora fiammeggiante di quei due geniacci

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Sinner, baby fenomeno del tennis: “Presto diventerò il n. 1” (Marco Lombardo, Il Giornale)

È il più giovane tennista italiano di sempre. Al massimo il secondo, se capita. E a fare cose, tipo: arrivare in semifinale in un torneo ATP, oppure qualificarsi per il tabellone principale di un Master 1000. 0, ancora, a finire la stagione nei primi 100 del mondo, dopo essersi pure giocato un primo turno in uno Slam (e solo qui è arrivato secondo).

(…). In questi giorni è a Milano per giocarsi le finali di stagione dei Next Gen, gli Under 23 della racchetta. E quando ti si siede davanti per l’intervista nello store Lavazza di cui è pure diventato brand ambassador (dopo uno come André Agassi, per dire), capisci che non è solo l’età a costruire un campione, nello sport.

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Diciotto anni compiuti il 16 agosto, è nato a San Candido e viene da Sesto Pusterla.

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Doveva diventare uno sciatore, ma come sempre alla fine ha fatto la sua scelta: «E di questo devo ringraziare mamma e papà». Perché non è vero che – come molti pensano – Jannik abbia la testa tedesca e il cuore un po’ più a sud: «Io sono io e basta. E poi da quando vivo a Bordighera per allenarmi mi sento italianissimo. Ancor di più».

(…). Lavori con Riccardo Piatti, che parla di 3-4 anni per portarti al top. Tu, invece… «Credo molto in me stesso, ma mi fido molto di lui e del mio team. È importantissimo avere le persone giuste attorno. La serenità aiuta la crescita».

«Diventerò numero 1 al mondo». Molti lo sognano, tu invece lo dici. «Non ho paura a espormi. E non è presunzione. Quando hai intorno le persone giuste sai che puoi mettere a frutto il tuo carattere. Il mio è di cercare di ottenere quello che voglio».

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Quando sei in campo sembri già grande. «Cerco di mettere a frutto gli insegnamenti del mio team, ma le scelte le faccio con la mia testa. Se sbaglio, cerco di capire da solo perché. Guardo poco il mio angolo. Poi, ovvio, a fine partita mi confronto con loro. E imparo».

Anche dalle sconfitte? «Soprattutto. Tra le mie partite migliori metto al primo posto il ko in quattro set con Wawrinka al primo turno degli Us Open. È stato un test per capire a che punto fossi. E ho giocato bene». Cosa ti ha insegnato? «Che i giocatori d’alto livello sanno gestire meglio le partite. Lui aveva contro uno che neanche conosceva, magari si aspettava meno da me, chi può dir *** lo. Eppure sapeva sempre cosa fare. Mi ha stupito che loro non mollano mai un punto».

(…)

E qui il team aiuta. «Che tu vinca o perda, in ogni match ci sono cose positive. Magari tu non te ne accorgi, l’esperienza di chi è con te serve per quello. Riccardo ne ha da vendere, ed anche con Andrea Volpini, con cui giro il circuito, abbiamo un feeling speciale».

(…) L’importante è avere testa. «Quella è l’unica cosa che puoi controllare. Tante volte non controlli i tuoi colpi, oppure l’avversario. Ma la testa è sempre con te». In questo, forse, sei davvero un po’ tedesco. «Guarda: né tedesco, né italiano. Sono io e basta. E qualcosa che arriva dalla mia famiglia, così come la cultura del lavoro. Mio papà fa il cuoco e mia mamma lavora come cameriera nello stesso rifugio. Ancora oggi». Non ti seguono? «Sì, certo, ma da li. Quand’ero piccolo magari telefonavo dopo una sconfitta e mia mamma a volte rispondeva: «Non chiamarmi adesso, sto lavorando!». Questo insegna a mettere l’impegno davanti a tutto. Loro sono un esempio per me. E quella testa li non è da tedesco, è da Sinner».

Anche Matteo Berrettini può essere un esempio? «All’inizio dell’anno non lo conoscevo neanche, poi ho imparato ad apprezzarlo. Mi piace molto, e non solo come gioca. Ma come persona: si vede l’armonia che c’è nel suo team, la sua cultura del lavoro. E un punto di riferimento». A proposito: hai sempre detto che il tuo è Federer. Che ha 20 anni più di te ed è ancora li in alto. «Lui è una leggenda. Spero anch’io di essere in campo a quell’età. Per il momento mi godo il presente». (…)

Sinner, riparte l’assalto al futuro (Nazione-Carlino-Giorno Sport)

Jannik Sinner sarà l’attrazione principale della 3a edizione delle Atp Next Gen Finals che approderanno all’Allianz Cloud di Milano da domani a sabato. II 18enne di San Candido è esploso negli ultimi mesi con due trofei messi in bacheca, diventando così il più giovane italiano di sempre a entrare nella Top100 (ora è numero 93).

(…)

Intanto Novak Djokovic ha fatto suo ieri il torneo di Parigi-Bercy. Il tennista serbo, (…) ha battuto Denis Shapovalov col punteggio di 6-3 6-4.

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