Sinner: "Barazzutti mi voleva a Madrid, ma io ho rinunciato"

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Sinner: “Barazzutti mi voleva a Madrid, ma io ho rinunciato”

Stralci dell’intervista a Jannik pubblicata oggi da Corriere dell’Alto Adige e Corriere del Trentino. “No alla Davis per preparare il 2020. Ma vorrei vincerla con gli azzurri. A Berrettini ‘ruberei’ la continuità. Le critiche? Te ne devi fregare”

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Jannik Sinner - ATP Next Gen Finals 2019 (foto via Twitter, @nextgenfinals)
 

A seguire l’intervista realizzata da Francesco Barana a Jannik Sinner e pubblicata questa mattina su Corriere dell’Alto Adige e Corriere del Trentino


Magari in futuro sarà «una stella del tennis», come profetizza Novak Djokovic. Chissà. Jannik Sinner oggi è soprattutto un ragazzo di rara educazione. L’abbiamo incontrato ieri all’Hotel Cavallino Bianco di Ortisei, suo quartier generale in questi giorni in cui è impegnato nel Challenger di Val Gardena (ieri sera ha battuto Marcora 6-3 6-4 ed è approdato ai quarti dove incontrerà Gaio) […] Jannik, esuberante e vivido in privato, nelle interviste misura le parole. Riservato, non ama troppo parlare coi mass media: «Ma so che devo abituarmi anche a questo, è giusto».

Sinner, intanto sono i suoi colleghi che danno interviste su di lei…
Si riferisce a Djokovic? Ho letto quello che ha detto.

Sorpreso?
Sì un po’. Mi ha fatto piacere. Lui è una leggenda.

Nel 2020 compirà 19 anni. Federer a 19 anni ha cominciato a vincere primi tornei ATP…
Roger ha cominciato e poi non ha più finito. Ma ognuno ha il suo percorso e ora vivo tutto abbastanza tranquillamente. Nel 2020 l’obiettivo è un altro.

Quale?
Devo alzare il livello dei tornei e arrivare a giocare 60 partite. Non sarà facile. Sarà molto importante fare una buona preparazione e iniziare bene a gennaio. Per questo, finito il torneo di Ortisei, torno a Bordighera ad allenarmi.

Domanda al ragazzo e non al tennista: non le manca l’adolescenza?
Non mi manca niente, ho fatto questa scelta di vita. Anzi, è una fortuna alla mia età girare il mondo e fare queste esperienze. Poi, sì, ogni tanto c’è la voglia di tornare a casa.

I suoi genitori sono molto discreti. Niente a che vedere con il «padre-tiranno» di Agassi descritto in «Open»…
Loro mi hanno insegnato fin da piccolo a essere indipendente. Mi seguono, ma non si intromettono. Sanno che ci sono i maestri.

In una recente intervista, scherzando, ha detto che era un «rompiballe»…
Quando volevo una cosa andavo già a prendermela. Ero così anche nello sci. Ma fuori dall’agonismo scherzavo e giocavo tanto. In realtà non sono cambiato, fuori dal campo sono ancora adesso un bambino, mi diverto un sacco ed è anche giusto a questa età. Anzi, spero di restare un “bambino” il più a lungo possibile.

È il suo modo per stemperare le tensioni agonistiche?
Sì, più vinci e più sale la tensione su dite, le cose attorno ti cambiano, anche fuori dal campo: le interviste, le persone che parlano di te. Finora sto gestendo tutto abbastanza bene.

Dopo l’exploit di Anversa e il trionfo di Milano le pressioni sono enormi…
È normale che ci siano, si tratta di gestirle nel modo migliore. È cambiato molto all’esterno, ma non sono cambiato io.

Però ha abituato bene e ora le aspettative dei tifosi sono alte. Non è un rischio?
Mi rendo conto che quando inizi a vincere, poi fa strano quando perdi. E magari qualcuno arriva pure a criticarti, non rendendosi conto di quanto è difficile il nostro sport. La soluzione? Te ne devi fregare e pensare solo a quello che fai.

Il 2019 e stato anche l’anno di Matteo Berrettini. Potendo, cosa gli «ruberebbe»?
La continuità. Lui riesce a mantenere nell’intera partita un rendimento altissimo. Io invece sono ancora discontinuo a grandi livelli. Lo si è visto con Wawrinka agli US Open.

In compenso ha la dote innata di restare lucido e calmo nei momenti determinanti.
Merito dei miei genitori. Ho preso il loro carattere.

Nel resto del Paese invece impazza da tempo la Sinner-mania. Molti la volevano già in nazionale per la Coppa Davis…
In realtà Barazzutti (il capitano dell’Italia, ndr) dopo Milano me lo ha chiesto, ma con il mio staff abbiamo preferito rinunciare. Quest’anno ho giocato tanto e credo che adesso sia giusto concentrarmi sulla preparazione della nuova stagione.

In Alto Adige qualcuno discute di doppio passaporto. Ma lei si sente italiano, giusto?
Io mi sento e sono italiano. Totalmente. Ancor di più da quando vivo a Bordighera. Ormai parlo italiano quasi meglio che tedesco. Mi piacerebbe giocare con l’Italia la Davis e magari anche vincerla non sarebbe male.

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