«Tenniste sui tetti per dare un sorriso» (Cocchi). E il tempio del tennis è diventato ospedale contro il coronavirus (Crivelli). Stoccata a Djokovic (Semeraro)

Rassegna stampa

«Tenniste sui tetti per dare un sorriso» (Cocchi). E il tempio del tennis è diventato ospedale contro il coronavirus (Crivelli). Stoccata a Djokovic (Semeraro)

La rassegna stampa di mercoledì 22 aprile 2020

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«Tenniste sui tetti per dare un sorriso» (Federica Cocchi, La Gazzetta dello Sport)

In campo non si può andare, e allora perché non fare due palleggi sul tetto? Di due palazzi diversi però. È l’idea venuta a due ragazzine di Finale Ligure, Vittoria Oliveti e Carola Pessina. Che adesso sul web fanno numeri da Federer e Nadal, anzi di più se si pensa che la diretta tra fenomeni di lunedì ha fatto 60mila contatti contro le loro 10 milioni di visualizzazioni. Le immagini in cui palleggiano da tetto a tetto hanno fatto il giro del mondo, colpito diversi tennisti famosi, meritato i commenti di Martina Navratilova e anche il retweet entusiasta di Stefanos Tsitsipas. «L’hanno combinata grossa!», scherza al telefono la mamma di Vittoria. “Colpa” dei papà delle due fanciulle e del maestro Dionisio Poggi, che le segue al Tc Finale e le ha riprese in questo insolito match ad alta quota: «Ho messo il video sulla pagina social del Tennis Club, una cosa che faccio spesso perché ai ragazzi piace vedersi sul web, si sentono protagonisti, si commentano a vicenda – racconta il maestro – e poi mostra una bella immagine del club. Non immaginavo che sarebbe andata così. E invece sono state rilanciate dall’account Twitter dell’Atp e la situazione è letteralmente sfuggita di mano. Siamo arrivati a 10 milioni di visualizzazioni, una pagina sul Times, addirittura la France Presse è venuta a farci un servizio fotografico sul tetti». Un gioco di ragazzine fatto col cuore, per sorridere, senza l’intenzione di pescare “like”. Carola Pessina con la sua voce da bimba di quinta elementare si è divertita un sacco in questo esperimento con l’amica Vittoria, un paio d’anni più “vecchia”: «Eravamo su all’ultimo piano e i nostri genitori ci hanno detto di provare. Loro facevano da raccattapalle a turno», racconta. Qualche prova, un po’ di palline perse, nessuna finestra rotta: «Eh, ne avremo perse una ventina, neanche tantissime – continua l’amica 13enne -. Però i vicini non hanno detto nulla… Anche perché qui sono tutte case di vacanza e sono vuote. E comunque non abbiamo rotto nessun vetro, tutto a posto!». Tra i retweet le hanno fatto piacere soprattutto quelli di Sara Errani e Roberta Vinci, eroine del tennis italico ma il suo idolo, ovviamente, è Roger Federer, mentre tra le big le è sempre piaciuta la Sharapova: «Penso che da grande farò la tennista, e i miei genitori sono d’accordo – continua la 11enne -. La mattina scuola e ogni pomeriggio allenamenti. Speriamo che tutto questo possa finire in fretta e possiamo ricominciare ad allenarci». […]

E il tempo del tennis è diventato ospedale contro il coronavirus (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Musica a palla, quintali di hot dog consumati dopo che il loro aroma acre ha impregnato l’aria fin dal mattino, condizionatori tenuti al massimo anche nelle giornate più fresche. Non c’è niente di più americano di Flushing Meadows con i suoi 32 campi da tennis che ogni anno ospitano gli Us Open, l’ultimo Slam stagionale e anche il più ricco (l’anno scorso quasi 53 milioni di euro di montepremi), perché a New York i soldi non sono mai stati un problema. Malgrado sia lontano dal cuore pulsante della città (più di mezz’ora di metropolitana da Manhattan), il parco costruito sulle paludi del Queen’s è diventato in fretta un’icona della Grande Mela e un luogo adorato dai suoi abitanti. Intanto per la storia: fu ultimato nel 1939 per diventare la sede dell’Expo mondiale di quell’anno, l’evento che doveva rilanciare l’America dopo i tormenti della Grande Depressione, e poi ospitò anche l’Expo del 1964, una delle ultime stagioni felici prima delle lacerazioni sociali del Vietnam e della questione razziale. Soprattutto, dai 1978, Flushing Meadows ha trasformato il tennis in un fenomeno di massa, dove agonismo, divertimento e festa di popolo si sono fusi ben prima che lo sport delle racchette esplodesse nella sua dimensione globale. […] Nel 2019, hanno assistito alle due settimane di partite 737.872 spettatori, un primato che consolida gli Us Open come torneo più seguito al mondo. E tutto era pronto a un altro bagno di passione dal 24 agosto, prima che il coronavirus cambiasse tragicamente il corso degli eventi. E così, davanti a un’emergenza da tempi di guerra, Flushing Meadows ha deciso di restituire un po’ dell’amore che da sempre gli hanno riservato i newyorkesi, travolti in pochissimi giorni da un focolaio tra i più terribili, con una quotidianità fatta di migliaia di morti. E così la cattedrale del tennis si è trasformata nel tempio della speranza, mettendo a disposizione le proprie strutture per l’allestimento di un ospedale da campo dove curare i pazienti non affetti da Covid-19, così da alleggerire la pressione sulle cliniche cittadine. I campi al coperto sono stati utilizzati per ospitare temporaneamente 350 letti e anche per preparare i pasti durante la pandemia. Le cucine del Louis Armstrong Stadium, il secondo campo più grande dopo il Centrale, garantiscono infatti 25.000 pasti al giorno, destinati a pazienti, operatori sanitari, volontari e bambini della città. Il portavoce della Federazione americana, Chris Widmaier, in  poche parole ha spiegato l’essenza di questa scelta: «New York e Flushing Meadows sono una cosa sola». Per sempre.

Stoccata a Djokovic (Stefano Semeraro, Corriere dello Sport)

Il giorno dopo l’infelice uscita no-vax («sono contrario alle vaccinazioni, spero che nessuno mi costringa») il numero 1 del mondo Novak Djokovic prova a precisare. Ma non ci riesce benissimo. «Ho espresso il mio punto di vista perché ne ho il diritto, e mi sento anche responsabile del far emergere argomenti essenziali che riguardano il mondo del tennis. Non sono un esperto (appunto, ndr), ma voglio avere una opzione per scegliere ciò che è meglio per il mio corpo. Tengo la mente aperta e continuo ad approfondire questo argomento perché è importante e riguarderà tutti noi». Nole, ragazzo solitamente molto intelligente, prima o poi dovrà capire che la questione non riguarda solo il suo, di corpo. Nel frattempo incassa la stoccata decisa di Elisa Di Francisca: «Rabbrividisco solo al pensiero che ci possano essere persone che possono pensare che il vaccino sia un male», ha detto la fiorettista azzurra riferendosi proprio a Djokovic. «Non scherziamo su queste cose. Il vaccino salva le vite, è l’unico modo per stare tranquilli. E noi atleti dovremmo essere di esempio. Anche nel nostro sport siamo a distanza, poi però c’è assembramento, difficile evitare i contatti. Finché non ci sarà un vaccino ci sarà sempre la paura». Famiglia Djokovic a parte – la moglie di Novak, Jelena, ha condiviso un post in cui si sosteneva la tesi della diffusione del contagio attraverso la tecnologia 5 G, ma è stata oscurata da Instagram – il tennis ha voglia di ripartire. In giro per l’Europa si moltiplicano i progetti di circuiti regionali. In Italia la Fit ha due obiettivi: riprogrammare gli Internazionali d’Italia, e far capire al goveno che il tennis per le sue caratteristiche potrebbe anticipare i tempi. Idea condivisa dal presidente della federtennis Binaghi e dal presidente e ad di ‘Sport e Salute’ Vito Cozzoli. «Stiamo verificando con l’Atp e la Wta una nuova finestra per giocare gli Internazionali tra settembre e ottobre. Sulla terra rossa e nella loro sede naturale, il Foro Italico», ha detto Cozzoli. […]

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