Original 9: Julie Heldman

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Original 9: Julie Heldman

Secondo dei nove approfondimenti dedicati alle donne che hanno cambiato la storia della WTA. Oggi tocca a Julie Heldman, vincitrice degli Internazionali d’Italia nel 1969. “Un giornale mandò il reporter che si occupava di moda, anziché quello che scriveva di sport”

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Dopo l’articolo introduttivo sulle ‘Original 9’ e una breve carrellata sulle donne che rivoluzionarono il tennis femminile, vi proponiamo i relativi approfondimenti. La seconda protagonista è Julie Heldman, nata l’8 dicembre 1945. Qui l’articolo originale pubblicato sul sito WTA


In questa seconda puntata della nostra serie in onore delle Original 9, Julie Heldman ci riporta al settembre 1970, quando si ribellò contro la vecchia dirigenza tutta maschile dello sport e contribuì a costruire un audace, nuovo futuro per il tennis professionistico femminile.

Figlia del vulcanico magnate del tennis Gladys Heldman, Julie Heldman aveva 25 anni quando firmò un contratto da un dollaro per partecipare al pionieristico torneo organizzato da sua madre, il Virginia Slims Invitational di Houston. Nel corso della sua carriera, la laureata a Stanford aveva conquistato più di venti titoli in singolare, compreso l’Open d’Italia del 1969, e tre medaglie, una per ciascun colore, negli eventi di esibizione alle Olimpiadi di Città del Messico 1968 (il tennis non figurava come disciplina olimpica ufficiale, ndt). Tre volte semifinalista Slam in singolare, aveva raggiunto il numero 5 del mondo e fatto parte di due spedizioni vincenti in Fed Cup, rappresentando gli Stati Uniti.

Julie riflette: “Non penso che qualcuna di noi parlasse davvero di parità di diritti, quell’anno a Houston. Parlavamo solo del diritto di guadagnarci da vivere e del fatto che il primo anno o giù di lì ci dovesse servire per organizzarci e stabilizzarci nel nostro nuovo mondo. Non mi ci è voluto molto, comunque, per capirne gli effetti anche su un contesto più ampio, perché c’erano donne che venivano da tutte le parti per dimostrarci il loro supporto. Visitavamo le case di molte persone, le donne ci avvicinavano e ci dicevano: ‘Il mio matrimonio è a pezzi, voi siete un nuovo tipo di donne… possiamo parlarne?’ Tutto stava cambiando così rapidamente in quel periodo, era la fine degli anni 60, e la gente ci vedeva come pioniere di un mondo nuovo.

“All’inizio, la paura che potessimo essere escluse dai tornei del Grande Slam era reale. C’era tensione evidente, la vita di ciascuna di noi stava per essere profondamente scossa. I giocatori maschi erano tutti contro di noi, la dirigenza del tennis era tutta contro di noi – ricordate, non c’era alcuna dirigente donna a quei tempi. Stavamo facendo un salto nell’ignoto totale. Le giocatrici dovettero fare le loro scelte. Io scelsi in favore della solidarietà.

Questa è la mia memoria ricorrente di quel periodo: il senso di solidarietà e il passo avanti. Io non potevo giocare a Houston a causa di un infortunio al gomito. I miei genitori si erano appena trasferiti da New York e io passai la notte prima dell’inizio del torneo nella nuova casa, parlando al telefono. Le giocatrici chiamavano e dicevano che la USLTA stava minacciando di sospenderle tutte. La mattina in cui il torneo cominciò io non andai al circolo, perché non dovevo giocare, ma quando seppi che le altre giocatrici stavano prendendo posizione, decisi di fare lo stesso, anche se questo avesse significato subire io stessa una sospensione”.

“Nel nuovo circuito accadevano cose folli. Un giornale mandò il reporter che si occupava di moda, anziché quello che scriveva di sport. Dovemmo spiegargli come funzionava il punteggio e cosa fosse un rovescio. Ma io non vedevo le questioni extra campo come una distrazione, significava soltanto dedicare del tempo a qualcosa per cui tutte noi stavamo lavorando. Avevamo bisogno di farlo. Tutte noi dovevamo andare ai cocktail party, fare incontri, presenziare in TV e parlare con i giornalisti, perché quello era il modo per dare il via al nostro tour”.

Traduzione a cura di Filippo Ambrosi


Per conoscere meglio le nove protagoniste, il sito della WTA sta pubblicando anche delle brevi video-interviste in cui vengono rivolte a tutte le stesse domande. Di seguito le risposte di Julie Heldman.

Chi era il tuo idolo tennistico?
Mio padre! Era mancino e… molto gentile

I tuoi punti di forza da giocatrice?
 “Avevo un grande dritto ed ero molto combattiva

Torneo preferito?
Il mio torneo preferito era l’Italian Open: era ‘selvaggio’, pazzo e… soleggiato

Cosa serve per essere una campionessa?
La capacità di credere in se stessi e puntare un obiettivo senza lasciare niente di intentato

Momento clou della tua carriera nel tennis?
La vittoria dell’Italian Open!”

La partita che credevi fosse vinta?
Contro Virgina Wade a Los Angeles. Ho servito avanti 5-1 nel terzo set ma mi sono innervosita al punto da non riuscire a colpire la pallina per servire. E ho perso

Se potessi giocare un match di fantasia contro qualsiasi avversaria, quale sceglieresti?
Suzanne Lenglen, perché era straordinaria

La tua tennista preferita da veder giocare oggi?
Era Agnieszka Radwańska, adesso mi piace molto Naomi Osaka


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