La tennista positiva a Palermo non è uno shock, è solo la nuova normalità

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La tennista positiva a Palermo non è uno shock, è solo la nuova normalità

Il tennis in regime di COVID-19 sarà così: servono rigidi protocolli per isolare chi è positivo al coronavirus, ma è corretto provare a giocare. Perché non sappiamo quanto durerà questa situazione

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Si parla di ‘partenza shock’ per il Ladies Open 2020 (titolano così La Gazzetta dello Sport e anche Palermo Today), Tuttosport è un po’ più morigerato e scrive ‘a Palermo è subito Covid‘, che può assomigliare alla tag-line o addirittura al titolo di una commedia. La giornata di sabato, che doveva essere dedicata ai primi match di qualificazione e al sorteggio del tabellone principale, è stata archiviata in realtà come la giornata della prima positività di una giocatrice nel contesto di un torneo ufficiale.

Sull’identità di questa giocatrice l’organizzazione del torneo di Palermo non ha fatto luce né sui canali social né a mezzo comunicato stampa, ma avendo informato del suo trasferimento in una struttura adibita alla raccolta di pazienti asintomatici – e implicitamente confermato la sua esclusione dal torneo – non è stato troppo difficile capire che si trattava della bulgara Viktoriya Tomova, l’unica giocatrice il cui nome sia scomparso dai tabelloni nella giornata di sabato.

Tralasciando il difetto di comunicazione (a che pro nascondere un nome che sarebbe venuto fuori meno di un’ora dopo, e continuare a non comunicarlo anche dopo?), non siamo – forse meglio dire ‘sono’: non amo utilizzare la prima persona, ma in questo caso sarebbe preferibile poiché ognuno in redazione ha la sua opinione – d’accordo con chi si riferisce al Ladies Open come ci si riferirebbe a un paziente malaticcio, appena entrato in ospedale. Quello che ci si attendeva da un torneo di tennis organizzato in regime di pandemia è esattamente questo, è la nuova normalità, ovvero che venissero stabiliti e poi rispettati determinati protocolli sanitari per identificare e isolare eventuali giocatori o membri dello staff positivi.

Tra main draw e qualificazioni, ci sono circa sessanta giocatrici che rappresentano ventidue nazioni diverse. Non è dato sapere quante di loro siano arrivate a Palermo senza aver mai effettuato un tampone o un test sierologico, ma è facile immaginare che ce ne sia più di qualcuna. Si aggiunga che si tratta del primo torneo ufficiale dopo i cinque mesi di stop, e quindi da un punto di vista strettamente lavorativo le tenniste non si erano mai trovate di fronte all’obbligo di testarsi prima di atterrare a Palermo. Onestamente, era piuttosto semplice immaginare che sarebbe emersa una positività.

Se siamo d’accordo sul fatto che questo scenario non è uno ‘shock’, e non dovrebbe sorprendere proprio nessuno, allora possiamo interrogarci sull’opportunità di giocare in queste condizioni. Siamo ancora nel campo delle opinioni ed esprimerò la mia: sì, è giusto provarci. In linea di principio non sono d’accordo con Kyrgios, sebbene in questo momento non abbia senso esprimere pareri assolutistici perché la situazione di ogni Paese è differente, perché siamo andati ben oltre la fase di contenimento del coronavirus. Dove la situazione sanitaria e i regolamenti nazionali lo consentono è giusto provare a giocare perché ci troviamo nel pieno della convivenza con il virus e non sappiamo per quanto tempo ancora ci toccherà rispettare queste precauzioni.

Se fossero solo pochi mesi forse varrebbe la pena attendere, ma la scienza non è in grado di darci questa certezza. Così come si sta provando a ripartire in ogni settore, adeguandosi alla nuova normalità o addirittura reinventandosi, così deve fare il tennis. Mettere al primo posto la sicurezza di atleti e addetti ai lavori, giocare a porte chiuse se non è sicuro ospitare i tifosi, ma con il dovere di provarci. Che non sia obbligo, perché la struttura organizzativa del tennis addossa l’intero rischio d’impresa sulle spalle degli organizzatori dei tornei, i quali sono costretti a decidere se giocare o meno sulla base del crudele parere di una calcolatrice. Senza tifosi e senza merchandising conviene imbarcarsi in questa avventura?

Quasi tutti i tornei di rango inferiore ai Masters 1000 ci hanno rinunciato, con poche eccezioni: l’ATP 250 di Kitzbuhel – sospinto dal direttore Alex Antonitsch – unico nel calendario maschile, Praga, Lexington (che fu Washington) e appunto Palermo in quello femminile. Da questo punto di vista Oliviero Palma, direttore del torneo siciliano, merita un plauso. Sicuro di organizzare un evento in perdita, a cui è stato concesso di incassare appena 40.000 euro dalla vendita dei biglietti in tutta la settimana, e forse sfavorito dal successivo inserimento in calendario di Praga, è andato avanti con i mezzi di cui dispone.

Non sono mancate e non stanno mancando le critiche. L’allenatore di Elena Rybakina, Stefano Vukov, che già un mese fa aveva duramente accusato la WTA di non avere a cuore la salute delle giocatrici acconsentendo alla ripresa del tennis negli Stati Uniti, se l’è presa anche con il torneo di Palermo che sta svolgendo i tamponi in strada e dunque in ambiente non abbastanza protetto. Ha inoltre rilevato che nell’albergo in cui soggiornano le giocatrici, lo stesso in cui hanno trascorso in isolamento le 24 ore tra lo svolgimento del test e la comunicazione dell’esito, ci sono anche altri ospiti. Come ha fatto notare il giornalista britannico Mike Dickson, che nonostante la sostanziale chiusura del torneo ai media è a Palermo per seguire il torneo (nessuna irregolarità, il torneo non ha accreditato giornalisti ma ha predisposto degli spazi separati perché alcuni ‘ospiti’ possano sedere sugli spalti), semplicemente i mezzi del WTA International di Palermo non consentono di prenotare un intero hotel in alta stagione, specie con la certezza di un bilancio in rosso (la perdita massima sostenibile è stata stimata in 80.000 euro) e quindi nessun margine operativo.

Oliviero Palma ci ha anche raccontato di aver rifiutato dei contributi pubblici per l’organizzazione del torneo, un gesto apprezzabile e neanche così scontato, e ha specificato che la WTA è venuta in soccorso del torneo solo accordando uno sconto sul montepremi del 18%, (quest’anno le singolariste si divideranno 163.000 euro, mentre il montepremi totale ammonta a circa 190.000 €). Intanto, pochi che siano, il torneo di Palermo consentirà alle semifinaliste di portare a casa poco più di 6.000 euro, alla finalista di vincerne circa 11.000 e alla vincitrice di lasciare la Sicilia con un assegno da 20.161 euro e 280 punti. Anche solo per aver fatto ripartire una macchina ferma da cinque mesi – e impantanata nel fango, mica ferma nel parcheggio di un centro commerciale – Palermo merita la nostra considerazione.

Giulia Gatto-Monticone ha servito la prima palla del torneo di qualificazione, anche se il punto (e poi la partita) l’ha vinto Martina Trevisan. Lunedì si giocherà il primo quindici del tabellone principale. Il torneo lo vincerà forse la prima favorita Petra Martic, una di quelle a cui con le dovute proporzioni potrebbe applicarsi la massima di Rosewall su Pietrangeli (se finissimo tutti per mesi su un’isola deserta e poi ci dessero delle racchette per giocare, quel torneo lo vincerebbe Pietrangeli) vista la qualità del braccio in questione. In realtà, in regime di CovidTennis, le giocatrici hanno avuto tutto il tempo di allenarsi e probabilmente la contesa si deciderà su altri fattori: chi sopporterà meglio il caldo, chi si adeguerà meglio all’assenza di un vero contorno al torneo. Intanto, è già bello parlarne.

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