Intevista a Gaudenzi: "Djokovic si unisca a noi. Combatte la guerra sbagliata" (Lombardo). Il primo "regalo" delle ATP Finals è uno Sporting restituito alla città (Bonsignore)

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Intevista a Gaudenzi: “Djokovic si unisca a noi. Combatte la guerra sbagliata” (Lombardo). Il primo “regalo” delle ATP Finals è uno Sporting restituito alla città (Bonsignore)

La rassegna stampa di lunedì 1 marzo 2021

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Intevista ad Andrea Gaudenzi: “Djokovic si unisca a noi. Combatte la guerra sbagliata” (Marco Lombardo, Il Giornale)

Tennista fino al numero 18 del mondo, finalista di Coppa Davis, una seconda vita da imprenditore. Poi la chiamata come presidente dell’Atp: «E proprio neanche ci pensavo…». Andrea Gaudenzi guida l’associazione a capo del tennis mondiale da poco più di un anno, quello più difficile. «Avevamo tante idee e invece ci siamo dovuti occupare di gestire la crisi. E succede sempre qualcosa». Per fortuna si è riusciti a finire gli Australian Open. «Già in autunno con i tornei di preparazione agli Slam era stato un momento delicato. Ma a Melbourne la quarantena, l’impossibilità di allenarsi, l’essere rinchiusi in una stanza d’hotel, ha reso tutto estremo».

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ll circuito è ripartito. «Ma la situazione è grave: senza spettatori si sono persi un terzo di incassi e si abbassano i prize money. I giocatori fanno più fatica e guadagnano meno: l’equazione non è positiva». ll tennis ha fama di sport per ricchi, ma non è uguale per tutti. «È vero: per giocatori di fascia più bassa il momento è terribile. Stiamo lavorando per un pacchetto che copra le spese di viaggio. E per molti stare in giro ora 6 settimane senza poter portare la famiglia è frustrante». Qual è il piano Gaudenzi? «Il piano Atp, direi: raddoppiare la torta. Dobbiamo lavorare su come far crescere gli introiti: attualmente il montepremi di tutti i tornei Atp è tra i 150 e 160 milioni di dollari. Sembra una grande cifra, ma poi togli tasse e spese e già intorno al numero 80 non rimane nulla». Su questo i big sono divisi: Federer e Nadal con l’Atp, Djokovic con la PTPA. «La pensiamo tutti allo stesso modo: un tennista professionista ha diritto a una carriera tranquilla e corta. Nel senso che quello che incassa deve durare anche quando smette di giocare. La questione è che se sei Top 20 guadagni con gli sponsor, dai 30 in giù fai fatica». Serve equilibrio. «Per questo serve unità. Se chiedi ai fans chi vogliono veder giocare, il 90% ti dice Roger, Rafa e Nole. Prima di preoccuparmi del giocatore 500 al mondo voglio risolvere i problemi del numero 80. La discussione è dove mettere la linea del tennis pro, e poi risolvere per primo quello che c’è sopra». Il sindacato di Djokovic è una spaccatura pericolosa? «La sfida non è tra giocatori contro organizzatori, ma è tennis contro gli altri sport, la musica, Netfiix, tutto ciò che tocca il portafoglio e l’attenzione degli appassionati. Non essere uniti ti fa passare il 90% del tempo a litigare e a sprecare energie». C’è qualcosa in cui potete dargli ragione? «Io sono stato giocatore e so la fatica che si fa, anche a capire i problemi del mondo organizzativo. L’ho detto a Nole: lavoriamo insieme sui punti da migliorare.

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La PTPA è nata durante lo stop per il Covid, quando c’era molto scontento. Ma così il rischio è di far saltare la baracca. E di restare tutti senza lavoro». Si dice anche: bisogna accorciare le partite. «Il tennis va migliorato? Si. Ma cominciamo da quello che c’è intorno: come lo organizziamo, come lo gestiamo. Siamo indietro di almeno 15 anni, non abbiamo un database, non siamo digitalizzati». E le regole? «Da ex giocatore dico che per me il tennis è sacro. Mi rendo conto che per i giovani un match è lungo, ma oggi lo puoi impacchettare come vuoi. Fare highlights più o meno corti, prodotti per i social media, trasmissioni per chi lo vuol vedere 4 ore e chi lo sbircia sugli smartphone. Perché poi: a chi ha pagato il biglietto per la finale di Wimbledon, glielo dici tu che il match dura solo un’ora? E poi: cambiare le regole? Solo su dati certi. E se ne vale la pena». Chiudiamo con l’Italia: il futuro di Roma? «È nella lista dei tornei che potrebbero allungarsi a 11-12 giorni con 96 giocatori in tabellone, vedremo. II Foro Italico? II tennis è uno sport che si guarda al 99% da remoto e chi lo vede in Tv può godere di uno spettacolo incredibile. Spostare il torneo per avere stadi enormi non ha senso. Lì dall’alto non vedi neanche la palla». E le Finali Atp a Torino da presidente? «La vita riserva sempre sorprese. E magari con un giocatore italiano, chissà…». Berrettini alle Finali è già stato. Giudizio su Sinner? «Io sono romagnolo, ma mi allenavo in Austria e conosco la zona. Vedo in Jannik una freddezza eccezionale. Lo sci gli ha dato quello: ti giochi tutto in millesimi di secondo. E nei punti importanti lui va a cercare sempre la cosa giusta da fare».

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Il primo “regalo” delle ATP Finals è uno Sporting restituito alla città (Filippo Bonsignore, Corriere Torino)

Sessant’anni dopo, si sta per scrivere un nuovo capitolo di storia. Da Pietrangeli e Laver a Djokovic, Nadal, Medvedev, Federer. E, chissà, Berrettini, Fognini, Sinner, Sonego… Sessant’anni dopo, si può sognare di nuovo. Era il 1961 quando, sul Centrale del Circolo della Stampa Sporting, Nicola Pietrangeli conquistava gli Internazionali d’Italia nella finale contro Rod Laver. Ora, lo stadio del tennis sta per tornare a splendere, completamente rinnovato e pronto a mostrarsi nuovamente anche ai migliori del mondo che si ritroveranno sotto la Mole fino al 2025 per conquistare il Masters. Le Atp Finals si giocheranno al vicino PalaAlpitour ma il Circolo di corso Agnelli sarà una delle strutture di riferimento dell’evento, visto che ospiterà gli allenamenti dei campioni.

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Sulla terra rossa dello Sporting, infatti, di storia ne è passata davvero tanta, non solo nel ’61 con il trionfo di Pietrangeli. Sei volte ha ospitato la Coppa Davis, tra il 1948 e il 1973, e poi la Fed Cup del 1966 conquistata dagli Stati Uniti di Billie Jane King, il Challenger (vinto da Fognini nel 2008), i tornei internazionali giovanili, come quello Under 16 maschile e femminile, dove sono sbocciati campioni del calibro di Hewitt, Nalbandian, Rios, Davenport, Dementieva e Dokic. E allora, benvenuti nel futuro. Il «Corriere Torino» è in grado di svelare in esclusiva il volto del nuovo Centrale. Sarà un’arena versatile, dedicata naturalmente al tennis ma capace di ospitare anche concerti, spettacoli teatrali, convegni. Sport e cultura, quindi, per circa 2.500 spettatori. La capienza, in ogni caso, si potrà modulare per rispondere alle misure restrittive dovute alla pandemia, tanto che potrà accogliere comunque 600-800 persone a seconda della configurazione.

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Sono state ripristinate le gradinate mantenendo l’estetica originaria e utilizzando i medesimi materiali. Nuovi sono invece gli spogliatoi per gli atleti, che sono trasformabili in camerini per gli attori. Nuova è l’area accoglienza, sul lato opposto. Nuovo è l’impianto di illuminazione che consentirà appunto di ospitare diverse tipologie di manifestazioni. Nuove sono le quattro torri faro, alte quasi dieci metri, con nove proiettori ciascuno, che permetteranno le riprese in alta definizione. Nuovi sono i due accessi e le quattro aree per disabili. Nuova, infine, è l’area padel, ora adiacente al Centrale, che verrà spostata in un’altra zona del Circolo, quella attualmente occupata dai campi da tennis in cemento, e che sarà ampliata, tanto da ospitare tre campi coperti.

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