Ceck inciampa su Korda (Mastroluca). Cecchinato s'inchina (Bertellino). Roland Garros. Da oggi l'Italia ne schiera 11 (Crivelli). E' una Parigi divisa a metà. L'Italia contro i giganti (Azzolini). Pietrangeli: «Con due racchette conquistai Parigi» (Crivelli)

Rassegna stampa

Ceck inciampa su Korda (Mastroluca). Cecchinato s’inchina (Bertellino). Roland Garros. Da oggi l’Italia ne schiera 11 (Crivelli). E’ una Parigi divisa a metà. L’Italia contro i giganti (Azzolini). Pietrangeli: «Con due racchette conquistai Parigi» (Crivelli)

La rassegna stampa di domenica 30 maggio 2021

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Ceck inciampa su Korda (Alessandro Mastroluca, Corriere dello Sport)

Marco Cecchinato archivia la settimana di Parma con una finale che sa di nuova primavera, e un posto ritrovato fra i primi 100 del mondo. Sebastian Korda con il primo titolo in carriera. Primo di una lunga serie, se saprà mantenere le promesse. Brilla di luce propria, il ventenne statunitense, che ha impiegato poco a togliersi dalle spalle la scomoda etichetta di figlio d’arte. Seguito come coach proprio dal papà Petr, ex numero 2 del mondo e campione dell’Australian Open, Korda ha completato un torneo di grande qualità senza cedere nemmeno un set. Ha eliminato tre italiani lungo il percorso, battendo Lorenzo Sonego e Andreas Seppi prima del palermitano, sconfitto 6-2 6-4. Col suo tennis veloce e completo, con i colpi fluidi e un gran senso dell’anticipo, è diventato il primo statunitense a vincere un torneo sulla terra rossa in Europa dai tempi di Sam Querrey a Belgrado nel 2010. Cecchinato ha provato a muovere di più il gioco dopo il primo set, ha spinto di più e meglio con il diritto ma ha sofferto con i colpi di inizio gioco, soprattutto in risposta per una posizione apparsa a tratti troppo conservativa. Korda ha vinto l’82% di punti al servizio con la prima, e ha messo così l’azzurro sotto pressione costante, costretto a decidere in fretta e a subire le accelerazioni in diagonale che lo spedivano ancor più fuori dal campo. Sulla terra aveva già dimostrato di poter giocar bene al Roland Garros dello scorso autunno, quando ha raggiunto gli ottavi di finale da numero 213 del mondo. Quest’anno, poi, è cambiato tutto. La finale persa a Delray Beach a gennaio gli ha lasciato dentro una delusione trasformata in rabbia e applicazione. «Sono rimasto positivo dopo quella dolorosa sconfitta e anche dopo l’inizio della stagione sulla terra battuta in cui non avevo fatto grandi risultati – ha detto Korda – Mi sono preso un paio di giorni liberi, ho ricaricato le batterie, mi sono allenato per una settimana a Praga e sono tornato più affamato di prima». Cecchinato non è riuscito, se non in rari momenti, a comandare il gioco e sporcare le traiettorie in finale. «Mi sarebbe piaciuto vincere in Italia, davanti alla mia famiglia, al mio team e al pubblico. Dopo le settimane di duro lavoro, è arrivato un bel risultato – ha detto – Oggi Sebastian è stato più bravo di me, ma nelle ultime settimane sento di essere migliorato tanto al servizio».

Cecchinato s’inchina (Roberto Bertellino, Tuttosport)

Il primo nome nell’albo d’oro dell’Emilia-Romagna Open Mutti Cup, ATP 250 disputato al Tennis Club President di Montechiarugolo (Parma) è americano. Lo aveva dichiarato Sebastian Korda dopo aver battuto negli ottavi il numero 1 del seeding Lorenzo Sonego che il suo obiettivo era a quel punto coronare il torneo con il trofeo e lo ha centrato. In finale, durata 1 ora e 15 minuti, ha superato il palermitano Marco Cecchinato, confermando di essere ormai una realtà del movimento internazionale, sulla scia del padre Petr, campione Slam agli Australian Open 1998 e già numero 2 del mondo e della mamma Regina Rajchrtova, ex numero 45 WTA. L’obiettivo dichiarato di carriera per il giovane Sebastian, 20 anni nato e cresciuto a Bradenton, professionista dal 2018, è quello di battere il padre e vincere almeno due titoli Slam. Con il successo in quel di Parma Sebastian salirà al best ranking di numero 50 del mondo e al 2° posto nella Race che conduce alle Next Gen ATP Finals di Milano. Cecchinato ha provato a contrastare la corsa ma il giovane statunitense è apparso troppo solido da ogni zona del campo, in particolare nei turni di servizio. Primo set con poca storia, caratterizzato da due break conquistati dal giocatore Usa, per la chiusura all’ottavo game. Nel secondo il match si è fatto più serrato, per merito del siciliano che ha fatto partita pari fino al 4-4. Korda ha tenuto la battuta e Cecchinato, già punito con un warning per aver scagliato due volte la palla all’esterno del campo, è partito con un penalty point, causato da un altro gesto di nervosismo (asciugamano colpito con la racchetta), nel game numero 10. Korda ha messo ancora di più il piede sull’acceleratore ed archiviato il testa a testa con una risposta vincente di rovescio terminata sulla linea di fondo. Per entrambi i contendenti ora le attenzioni volano al Roland Garros: «Faccio i miei complimenti a Sebastian – ha detto al termine l’azzuro – perché ha interpretato meglio la finale e meritato di vincere, dopo una settimana perfetta. Ringrazio il pubblico per il sostegno che mi ha dato nelle ultime due giornate, anche se nell’occasione è andata male. Un plauso anche al mio team. Stiamo facendo un duro lavoro e sono contento per la strada compiuta Ho giocato tanti match di buon livello e questa finale è il frutto degli sforzi compiuti. Ci saranno ancora tanti match da vincere». «Sono molto felice per la vittoria – ha dichiarato il fresco campione – e ringrazio tutti, anche se ovviamente il pubblico non era dalla mia parte. La strada da compiere per entrare tra i top è ancora lunga ma sono pronto a percorrerla». […]

Roland Garros. Da oggi l’Italia ne schiera 11 (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

C’era ancora Nicola Pietrangeli, allora trentacinquenne, tra gli 11 italiani che iniziarono il Roland Garros del 1969 in quello che fino a oggi era il record di partecipazioni azzurre in una singola edizione dello Slam parigino. Un’altra epoca, decisamente: la presenza, 52 anni dopo, dello stesso numero di nostri giocatori al debutto del torneo, che scatta oggi alle 11, certifica una volta di più il momento straordinario del tennis tricolore, in un contesto ovviamente più competitivo e globalizzato di allora. Il dato più significativo è che 10 degli 11 iscritti sono entrati per via diretta grazie alla classifica, con il solo, bravissimo Giannessi capace di ritagliarsi uno spazio attraverso le qualificazioni. Lo spezzino compirà 31 anni proprio oggi e li festeggerà in campo contro il giapponese Nishikori. Anche Fognini sarà subito impegnato nell’ormai tradizionale esordio domenicale del torneo, ed anzi sarà proprio uno dei primi a respirare il clima del torneo, visto che gioca alle 11 contro la wild card di casa Barrère. Una pattuglia agguerrita, con il sogno di un ottavo tra Sinner e Nadal. Rafa, dopo aver battezzato a inizio anno il nuovo status di Jannik scegliendolo come partner della preparazione in Australia, ha deciso di benedire pure i progressi di Musetti e stamattina si allenerà con Lorenzo, che a Parigi gioca il primo Slam senior della carriera.

E’ una Parigi divisa a metà. L’Italia contro i giganti (Daniele Azzolini, Tuttosport)

Hanno mandato avanti gli italiani. Per la serie, vai avanti tu che a me viene da ridere. Tradotto in italiano, ma è un detto romanesco. Il concetto non cambia: provateci voi! Siete tanti e aitanti. Giovani, meno giovani, qualificati e iscritti d’ufficio, undici in tutto. Una squadra ma di quelle che puntano in alto, alla Champions League, magari anche più su. Il sorteggio l’ha spedita contro ciò che di più divino esiste nel tennis. Federer-Nadal, e Djokovic, secondo la classifica espressa dal gentile pubblico pagante. Di fatto Italia contro il Resto dell’Empireo tennistico. Il tennis italiano, come dice coach Mouratoglou, oggi è al centro dell’invidia di tutti. Evidentemente l’altra parte delle divinità, quella dirigenziale, che tiene le fila del torneo alle porte di Bois de Boulogne, ha pensato bene fosse giunto il momento di riunire i tre divi – ed è la prima volta – e disseminare il loro percorso di inciampi tricolori, bianchi, rossi e verdi. Così, il torneo sembra sia stato smembrato in due parti distinte e pazienza se alcuni verdetti appaiono già scritti. Su tutti, quello più evidente è che non potrà esserci quest’anno una finale fra Nadal e Djokovic (sarebbe stata la quarta). Ma nemmeno una fra Nadal e Federer (la quinta), quest’ultima resa assai poco probabile anche dalle condizioni di Roger. Tutt’al più una semifinale. È il massimo consentito a Rafa e Nole. […] All’atto pratico Djokovic (prima testa di serie, subito contro Sandgren) potrebbe ricevere un Caruso in terzo turno, a scelta un Travaglia, un Cecchinato o un Musetti in ottavi, e un Berrettini nei quarti, mentre a Federer (al via con l’uzbeko Istomin) il Beretta toccherebbe un turno avanti, negli ottavi. Nadal (terza testa di serie, con Popyrin il primo test) risponderebbe con un Sonego in terzo turno, un Sinner o un Mager negli ottavi. […] Quattro invece le ragazze. Paolini con la Voegele, Giorgi con la Martic allenata dalla Schiavone, Trevisan e la belga Van Uytranck e Cocciaretto contro Bogdan.

Pietrangeli: «Con due racchette conquistai Parigi. Vinsi quattro soldi ma vivevo da re» (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Fa caldo, quel pomeriggio. Insolito, per una giornata parigina di fine primavera. È il 30 maggio del 1959, un sabato: l’appuntamento è fissato per un quarto d’ora dopo le tre, quando l’arbitro dirà «Monsieurs, s’il vous plait» e chiamerà al centro del campo i due ultimi eroi rimasti in tabellone agli Internazionali di Francia. Una modalità che ricorda i duelli d’onore del XIX secolo nei giardini delle Tuileries: solo che adesso, e per fortuna, le uniche armi sono un paio di racchette di legno. Quell’italiano alto, biondo, affascinante, che di nome fa Nicola e di cognome Pietrangeli, l’attrezzo lo sa maneggiare piuttosto bene: ha già vinto a Roma nel 1957 e secondo la stampa specializzata, all’epoca unica depositaria della verità delle classifiche, è il terzo giocatore più forte del pianeta. Che sia arrivato fin lì, con quel rovescio di sublime eleganza e l’uso magistrale della palla corta, non è dunque una sorpresa, anche perché l’australiano Mervyn Rose, campione l’anno prima, non ha resistito alle lusinghe del professionismo e perciò non è più su piazza. Piuttosto, stupisce che dall’altra parte della rete non ci sia il tignoso cileno Ayala, finalista uscente, sconfitto in semifinale dall’allampanato sudafricano Vermaak. Le cronache narrano di un esordio nel torneo di Pietrangeli non certo rutilante contro il messicano Mario Llamas, cui Nick concede addirittura l’onore di un set. Il rendimento sale contro lo spagnolo Juan Manuel Couder, ma è dagli ottavi che Pietrangeli accende il fuoco, attizzando finalmente il feeling con la terra del Bois de Boulogne. Nella terza partita del suo percorso, Nicola travolge il danese Torben Ulrich. Nei quarti, Pietrangeli trova il numero 2 di Gran Bretagna Billy Knight, cui rifila una sonora lezione, lasciandogli appena quattro game: 6-1 6-2 6-1. La semifinale contro Neale Fraser, testa di serie numero 2 e numero 1 d’Australia, cioè il paese faro di quegli anni, ha il marchio del capolavoro ed è probabilmente la partita più bella del torneo di Pietrangeli. Il rivale degli antipodi ha un gioco potente e aggressivo, ma in tre set Nicola lo doma con le sue formidabili doti di passatore e contrattaccante. Il giorno della finale, Nick decide di non passare inosservato fin dall’avvicinamento ai campi. Si presenta infatti al Roland Garros alla guida di una Buick decappottabile bianca, ma a prendere gli occhi è l’ospite seduta al suo fianco sul sedile del passeggero: Candida, spogliarellista del Crazy Horse: il gossip del tempo racconta che Pietrangeli abbia trascorso le due settimane del torneo proprio a casa della donna, in una villa che si chiama L’Isola dell’Amore. Ma si tratta di materia da romanzo, almeno dai ricordi di Nicola: «Si, penso di esserci stato un paio di volte, ma in ogni caso a Parigi, almeno i primi anni, ho sempre dormito in un alberghetto che mi pagavo con la diaria che la federazione ci dava per il viaggio: bastava giusto per coprire le spese di vitto e alloggio, altroché le suite dei giocatori di adesso». Nick inizia la contesa tirato e nervoso. Vermaak, invece, gioca con il braccio sciolto e così si prende i primi applausi e il primo set. Il pubblico del Centrale, comunque, ha il cuore che batte soprattutto per Pietrangeli, accolto con grande simpatia per le radici francesi legate alla nascita a Tunisi. Confortato dal calore della gente, Nicola finalmente si libera dagli orpelli del pronostico e ritrova la concentrazione. Così, Nicola vince il secondo e il terzo set, il più bello della partita, e quando esce dalla pausa che scandisce l’intervallo tra il terzo e il quarto set, è indiavolato e vola subito 5-0, chiudendo i conti e diventando il primo giocatore italiano della storia a vincere uno Slam in singolare, completando 15 giorni magici anche con il successo in doppio in compagnia dell’amico Sirola contro i fenomenali aussie Fraser e Emerson, la coppia più forte del mondo: «Dopo il successo contro Vermaak, il presidente della federazione francese Philippe Chatrier si è avvicinato e mi ha detto che il campione di Parigi non poteva stare in un alberghetto come il mio. Ma l’anno dopo mica me ne ha pagato un altro più bello, cosa sono tornato nello stesso, forse un po’ anche per scaramanzia: infatti ho rivinto. Una vittoria al Roland Garros, allora come oggi, ti cambia sicuramente la carriera, ti dà un prestigio ineguagliabile, ma toglietevi dalla testa che ti facesse diventare ricco: presi 150 dollari, circa duemila euro di oggi. In pratica mi ci pagai il viaggio. Era davvero un altro tennis, io partivo per i tornei con due racchette e adesso i giocatori hanno l’aereo privato e 10 persone nel team. Durante quel Roland Garros presi l’abitudine di uscire con gli spagnoli e i messicani, mi avevano soprannominato il Capitano e mi avevano investito del compito di cercare i ristoranti per la cena. Ero formidabile: trovavo quelli dove si mangiava bene e si spendeva poco». […]

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