Rassegna stampa
Sonego in finale, l’erba è tricolore (Mastroluca, Crivelli, Bertellino, Mecca). Berrettini sogna, evitato Djokovic. Azzurri da record, sono 10 in campo (Crivelli, Mastroluca, Semeraro). Sorteggio pro Djokovic (Azzolini). Nel mondo del Djo del tennis (Castaldini). Berrettini: “Il tennis per me è gioia” (Valesio)
La rassegna stampa del 26 giugno 2021
Sonego in finale, l’erba è tricolore (Alessandro Mastroluca, Il Corriere dello Sport)
Lorenzo Sonego ha regalato all’Italia la nona presenza in finale nel circuito ATP di questo anno 2021. A Eastbourne, il torinese ha sconfitto 6-1 3-6 6-1 Max Purcell, finalista all’Australian Open in doppio nel 2020, e confermato un’ottima tradizione per gli azzurri sull’erba. […] SFIDA A DE MINAUR. Il ventiseienne torinese, che proprio sull’erba ha conquistato il primo trofeo nel circuito maggiore, ad Antalya nel 2019, sfiderà il numero 18 del mondo Alex De Minaur che ha eliminato il coreano Kwon in semifinale. Il 22enne di Sydney, terzo australiano sulla strada di Sonego questa settimana, ha vinto l’unico precedente l’anno scorso a Parigi-Bercy. «Sono molto felice, è la mia seconda finale sull’erba. Giocare qui mi piace molto – ha detto il numero 3 azzurro -, posso attaccare di più con il servizio, scendere a rete, fare qualcosa di diverso. Poi se riesco a rispondere bene, allora sull’erba posso sempre fare grandi risultati». GIORGI OUT. Si chiude invece senza lieto fine la settimana di grandi soddisfazioni di Camila Giorgi. Infatti, dopo aver battuto due Top 10, la ceca ‘Karolina Pliskova e la bielorussa Aryna Sabalenka, la numero 1 italiana si è dovuta ritirare nella semifinale del torneo di Eastboume, un WTA 500 che rappresenta l’ultima tappa di avvicinamento (con l’evento tedesco di Bad Homburg) prima di Wimbledon. Recuperato un break di svantaggio, Giorgi ha dovuto abbandonare il match quando era sotto 5-4 contro l’estone Anett Kontaveit. Numero 27 del mondo, ma con un passato da Top 15, Kontaveit affronterà in finale l’ex campionessa del Roland Garros Jelena Ostapenko
Anche Sonego è caldo. Atterra in finale e oggi sfida De Minaur. La Giorgi si infortuna (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)
Ormai è un party prolungato. Ogni settimana, un italiano veste i panni di Superman e vola fino alle fasi calde di un torneo: quelle, per intenderci, in cui si decide il vincitore. Sette giorni fa toccò a Berrettini annettersi il prestigioso Queen’s, oggi ci prova Sonego a Eastbourne: e il fatto che si tratti di due appuntamenti sull’erba, superficie reietta fino a qualche anno fa, certifica una volta di più la qualità della rivoluzione azzurra. Su misura […] Contro l’australiano Purcell, tra i primi 50 del mondo in doppio ma appena 283 in singolare dove però sta cominciando a raccogliere i frutti del lavoro atletico con il fratello triathleta, un parziale iniziale di otto punti a uno indirizza il primo set verso l’ex attaccante delle giovanili del Toro, che però ha un passaggio a vuoto nel sesto game del secondo set e finisce per perdere il servizio e consegnare la parità all’avversario, prima di tomare a dominare nel terzo (6-1 3-6 6-1 il punteggio). Per Sonego è la seconda finale stagionale dopo il trionfo di aprile a Cagliari: «Con appena due tornei sull’erba prima di Wimbledon, è difficile adattarsi, ma il mio gioco è fatto su misura per l’erba perché servo bene e se riesco a rispondere con efficacia, posso ottenere buoni risultati tutte le settimane. È stato un match duro, Max è un gran lottatore e un avversario pericoloso. Nel terzo ho ritrovato il mio tennis, riuscendo ad essere più aggressivo. Qui ci sono anche tanti italiani a seguirmi e per me il tifo è importante: appuntamento alla finale». Che oggi alle 15.40 (diretta Supertennis) lo opporrà all’australiano De Minaur, sbarazzatosi in 81 minuti con il punteggio di 6-3 7-6 (2) del coreano Kwon, il secondo lucky loser arrivato in semifinale (l’altro era appunto Purcell), prima volta dal 1990, quando l’Atp cambiò la struttura dei tornei. Stop and go Non festeggia invece la Giorgi, che si ritira sul 5-4 per l’estone Kontaveit nel primo set a causa di un fastidio alla coscia sinistra, già abbondantemente fasciata. Camila, passata dalle qualificazioni, prima della semifinale aveva vinto tre partite sempre in tre set e la fatica le ha presentato il conto, convincendola a non forzare in vista dell’incombente Wimbledon (che intanto perde per infortunio la campionessa in carica Halep). In finale c’è anche la rediviva lettone Ostapenko per una sfida tutta baltica.
Sonego, l’erba è casa tua (Roberto Bertellino, Tuttosport)
«Mi piace giocare sull’erba – ha ribadito con il sorriso Lorenzo Sonego – e amo questo torneo, anche se è la prima volta che lo gioco. Servo bene e il fondamentale mi aiuta su questa superficie». […] Sonego ha piegato come da pronostico, ma al termine di un match non banale, il 23enne australiano Max Purcell, lucky loser che nei quarti aveva interrotto la corsa di Andreas Seppi impedendo il derby azzurro in semifinale. Prima frazione a senso unico, con l’azzurro efficace nei turni di battuta e pronto a rispondere con precisione certosina al rivale, ancora una volta (come gli è successo più volte in settimana) autore di una partenza lenta. Solo quattro i punti concessi da Sonego nei suoi turni di servizio. La seconda frazione ha avuto una svolta imprevista nel sesto gioco, con l’allievo di Gipo Arbino in battuta. Dopo aver visto sfumare sei palle game per il 3-3 è arrivato il primo break del match in favore di Purcell, fattosi via via sempre più aggressivo. L’australiano ha accelerato e Sonego si è innervosito, cedendo la frazione. Nella terza è stato bravo a resettare quanto appena accaduto e trovare il break del 2-0 risalendo dal 15-40. Purcell ha interrotto la serie dell’azzurro nel quarto gioco ma la sinfonia è ripresa per altri tre game vincenti e il passaggio in finale dopo 1 ora e 38 minuti. «Sono già concentrato sul prossimo match – ha detto Sonego – dopo una partita non facile come questa contro un ottimo giocatore. Bravo lui a giocare bene a rete rendendomi la vita difficile nel secondo set. Altrettanto io a cambiare tattica e ritrovare nel terzo il giusto ritmo». Sonego cercherà oggi il terzo titolo di carriera contro Alex De Minaur, n° 18 del mondo e n° 2 del seeding. Un solo precedente, nel Masters 1000 di Parigi Bercy 2020 in favore del “demonio” australiano. La giornata azzurra a Eastboume si era aperta sul centrale, in ritardo di oltre tre ore sul programma previsto causa pioggia, con la semifinale WTA 500 tra Camila Giorgi e l’estone Anett Kontaveit. Match di alto livello fin da subito, con le due protagoniste abili nel tenere i rispettivi servizi fino al 4-3 Kontaveit. Camila Giorgi ha avuto diverse opportunità per cogliere il break, ma l’avversaria è sempre stata brava ad annullargliele con autorità. Al nono tentativo, però, l’azzurra è riuscita nell’intento, con un tracciante di rovescio bimane, per il 4-5. Sul colpo vincente ha accusato un problema alla coscia sinistra, già fasciata da due giorni. Dopo un breve consulto è arrivata la decisione del ritiro, speriamo cautelativo in ottica Wimbledon. Rammarico per la conclusione ma applausi per la sua miglior settimana 2021. Lunedì prossimo, grazie alla raggiunta semifinale, Camila risalirà in classifica WTA al posto n° 62, con un balzo di 13 posizioni rispetto alla precedente. Kontaveit oggi in finale contro la lettone Ostapenko. SFIDA CON QUERREY MEDVEDEV IN FINALE A MAIORCA (r.b.) Daniil Medvedev ha vinto in rimonta la semifinale dell’ATP 250 di Maiorca, su erba iberica per una “prima” del circuito nella patria di Rafael Nadal. Alla soglia delle due ore di gioco ha avuto la meglio sul giocatore di casa Pablo Carreno Busta. Chiusura al servizio con il decimo ace dell’incontro Oggi sfiderà Sam Querrey. Alle battute finali anche l’AspriaTennis Cup di Milano, Challenger ATP. Tra i protagonisti delle semifinali odierne c’è anche il romano Gian Marco Moroni che nei quarti ha fermato 6-3 7-5 il qualificato Duje Ajdukovic. Moroni, in tabellone con wild card e ottava testa di serie, sfiderà il francese Hugo Grenier che ha fermato la corsa del serbo Pedja Krstin con un doppio 6-4.
Sonego, che rivincita sull’erba. Oggi in finale a Eastbourne, poi la testa sarà a Wimbledon (Corriere, edizione Torino)
[…] Per fortuna continua a preferire la racchetta, la musica non gli ha dato alla testa. Prima dei tormentoni viene il tennis che in questo mese è soprattutto erba, Regno tra mito, fragole e champagne, Eastbourne prima, Wimbledon poi. Ma procediamo con ordine, una tappa del tour alla volta. ll torinese è in finale nel torneo Atp 250 dopo aver sconfitto Max Purcell, australiano numero 283 del mondo. Oggi affronterà l’australiano Alex De Minaur — numero due del tabellone, che in semifinale ha superato (6-3 7-6) Kwon Sono-woo — per conquistare il suo secondo titolo in stagione dopo quello vinto sulla terra rossa di Cagliari. Nonostante la disparità nel ranking, nel gioco e nel livello tecnico, Sonny ieri pomeriggio ha voluto complicarsi la vita, perdendo un set, il secondo, per la prima volta dall’inizio del torneo. D’altronde vincere facile non gli è mai piaciuto e non gli appartiene. Anche ieri ha preferito soffrire (e far soffrire chi gli sta intorno) per qualche quarto d’oro prima di rimettersi in carreggiata e concludere la pratica in poco più di un’ora e mezza, 6-1 3-6 6-1. Il giocatore torinese, per prepararsi all’atmosfera londinese ha pure provato qualche serve and volley, scendendo spesso a rete per chiudere il punto, proprio come ai vecchi tempi quando l’erba era una questione per volleutori e tuffatori. «Mi piace giocare sull’erba», ha dichiarato il torinese a fine match ricordandosi del suo primo titolo Atp conquistato, proprio sul green di Antalya, in Turchia, nel 2019. Oggi pomeriggio si ritorna in campo, con lo sguardo rivolto per metà alla partita di giornata ma per metà, com’e giusto che sia, ai Championships e al torneo più prestigioso del mondo, in cui sarà la testa di serie numero 23 per la prima volta in uno Slam. Sonny partirà per Londra in piena fiducia dopo questa settimana di conferme e di gioco di attacco. Ad aspettarlo al primo turno di Wimbledon ci sarà il portoghese Pedro Sousa, numero 121 del ranking e terraiolo doc, e siccome quando si tratta del torinese sognare è dovuto e anzi è diventato obbligatorio, agli ottavi di finale se i pronostici saranno confermati dovrebbe incontrare Daniil Medvedev, numero due al mondo. Visto come ha giocato al Foro Italico contro il numero uno Djokovic, è lecito ritenere che non abbia paura di nessun avversario, pur con tutto il rispetto dl cui e capace. Dalla terra rossa romana alI’erba londinese, Il sogno di giocare le Atp Finals a Torino il prossimo novembre, sempre li, a portata di mano, dietro l’angolo dl casa sua e dei campi dove si allena ogni giorno da tutta la vita.
Berrettini sogna, evitato Djokovic. Azzurri da record, sono 10 in campo (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)
[…] I Championships, infatti, hanno sempre rappresentato lo Slam più ostico per i nostri, mai troppo avvezzi a una superficie che si frequenta appena tre settimane all’anno e così diversa dalla terra dove sono cresciuti. Perciò, abbiamo vissuto di bei ricordi (la semifinale di Pietrangeli del 1960), di grandi rimpianti (il quarto di finale perso da Panatta contro l’abbordabilissimo Du Pré nel 1979) e di exploit isolati (i quarti di Sanguinetti nel 1998) . Pericolo evitato Ma il nuovo rinascimento azzurro sta riscrivendo la storia anche perché riesce ad abbattere tradizioni avverse consolidate: così, nell’edizione 2021 che riporta Wimbledon in calendario dopo la forzata pausa di un anno causa pandemia, non solo ci presentiamo con 10 giocatori nel tabellone maschile, un record, ma pure con quattro teste di serie e soprattutto con il vincitore del Queen’s (Berrettini) e il finalista in campo oggi di Eastboume (Sonego), dunque con l’ambizione di un torneo da protagonisti. Gli inglesi, ad esempio, sono convinti che Berrettini, settimo giocatore del seeding, possa essere una delle prime alternative a Djokovic addirittura per la vittoria finale (è quotato a 10, quarto favorito), e del resto negli ultimi tre anni è quello che ha ottenuto più punti sui prati proprio dietro il serbo. Intanto, il sorteggio gli ha dato una mano, mettendolo dall’altra parte rispetto al Djoker, che insegue il sesto trionfo a Church Road e sogna il Grande Slam. Matteo non è atteso da un debutto morbidissimo, perché l’argentino Pella ha fatto quarti due anni fa, e poi al terzo turno potrebbe incrociare Isner, bombardiere di antico pelo sempre pericoloso sull’erba. Avversari degni di rispetto, ma che non possono oscurare le ambizioni dell’allievo di Santopadre in una parte di tabellone presidiata da Medvedev, Zverev e dall’incognita Federer. Proprio contro Roger, otto volte re a Londra, due anni fa Berrettini si fermò agli ottavi in capo a una memorabile lezione del Maestro di Basilea. Altri tempi: «In quel momento — racconta l’azzurro — pensai di aver raggiunto un gran risultato, affrontare Federer sul centrale di Wimbledon era uno dei miei sogni sin da piccolo. Mi sono sentito un po’ sopraffatto, ma credo che quella partita mi abbia aiutato molto ad affrontare gli Slam successivi. Adesso ho un’altra fiducia, so che sto giocando bene e so di poter fare bene a Wimbledon». Le altre teste di serie Un sentimento che ispira pure Sonego, sempre a suo agio sui prati tanto da ritrovare le sensazioni vincenti a Eastbourne dopo tre eliminazioni al primo turno: il piemontese, testa di serie numero 23, ha un percorso abbastanza agevole fino all’eventuale ottavo contro Sua Maestà Federer, un appuntamento che sarebbe davvero intrigante per un ragazzo che in carriera ha già battuto Djokovic, Thiem e Rublev, dimostrando di sapersi esaltare quando gli avversari portano in campo titoli e blasone da superstar. Le altre due teste di serie italiane, Sinner (19) e Fognini (26), sono nella parte alta del tabellone (quella di Djokovic), accompagnati da curiosità mista a qualche dubbio. Jannik è alla prima partecipazione ai Championships, in carriera ha giocato appena sei partite sull’erba e al Queen’s è uscito subito, mostrando qualche incertezza nel servizio, il colpo fondamentale per coltivare speranze sulla superficie. Tra l’altro, il sorteggio gli propone immediatamente un rivale tosto come l’ungherese Fucsovics, l’occasione giusta per riprendere il feeling con quelle capacità di adattamento e di lettura dei momenti decisivi che fino a maggio ne hanno fatto uno dei tennisti più caldi e vincenti della stagione. Fognini, dal canto suo, con i prati non ha mai avuto una relazione speciale (mai oltre il terzo turno) e deve farsi perdonare l’eliminazione con polemiche del 2019, quando invocò le bombe sul circolo dopo l’eliminazione contro Sandgren. L’emergente L’altro veterano azzurro Seppi, alla sedicesima partecipazione londinese e al 64′ Slam consecutivo, trova il portoghese Pedro Sousa, Caruso sfortunato pesca il croato Cilic finalista nel 2017, Cecchinato ha l’inglese Broady, Travaglia lo spagnolo Martinez e Mager (al debutto) l’argentino Londero. Ma gli occhi sono tutti per il fresco diplomato Musetti, che Wimbledon lo aveva frequentato solo da junior, il cui gioco spumeggiante e fantasioso possiede le stimmate per conquistare il cuore di Londra. Un esordio contro Hurkacz, il vincitore di Miami, farebbe tremare i polsi a chiunque, ma Lollo ha dalla sua tranquillità e talento. E la forza dirompente della gioventù.
Italia, la carica dei 10. Comanda Berrettini (Alessandro Mastroluca, Il Corriere dello Sport)
[…] Mai così tanti azzurri nel main draw del torneo più prestigioso del mondo. Il romano esordirà contro Guido Pella. La classifica lo vede come favorito, ma l’argentino ha già giocato i quarti di finale a Wimbledon. Il numero 9 ATP è inserito nella parte bassa del tabellone. Teoricamente, seguendo le teste di serie, nel suo percorso ci sarebbero lo statunitense John Isner al terzo turno, il norvegese Casper Ruud negli ottavi, il tedesco Alexander Zverev nei quarti, in semifinale Daniil Medvedev o Roger Federer. MUSETTI AL DEBUTTO. Nella stessa metà anche Gianluca Mager che esordirà contro l’argentino Juan Ignacio Londero, Lorenzo Sonego contro il 33enne Pedro Sousa all’esordio in tabellone, Salvatore Caruso che a Wimbledon non ha mai vinto e sfiderà Marin Cilic. Lorenzo Musetti, al suo esordio assoluto ai Championships, incontrerà al debutto Hubert Hurkacz. Si sono sfida- ti a Roma, il polacco si è ritirato dopo un primo set spettacolare. SINNER E GLI ALTRI. Nemmeno l’altoatesino, inserito nel quarto di Djokovic, ha avuto un sorteggio fortunato. Sfiderà infatti l’ungherese Marton Fucsovics, colpi forti e gioco schematico. Nella metà di Djokovic anche Fabio Fognini, testa di serie numero 26, che apre contro il mancino spagnolo Albert Ramos-Vinolas il suo dodicesimo Wimbledon; Marco Cecchinato e Stefano Travaglia, che inseguono la prima vittoria ai Championships contro Liam Broady e Pedro Martinez; infine Andreas Seppi, al 64° Slam consecutivo, opposto al portoghese Joao Sousa. LE STELLE. Rispetto al Roland Garros, in cui i Fab 3 erano finiti tutti dalla stessa parte, il tabellone dei Championships appare sulla carta più equilibrato. Djokovic, che sogna il Grande Slam, trova nel suo quarto l’ex finalista Kevin Anderson e il russo Andrey Rublev, e sulla via della semifinale potrebbe ritrovare Stefanos Tsitsipas dopo la rimonta in finale a Parigi. Dal lato di Roger Federer e di Medvedev, possibili rivali nei quarti, possono sorprendere Zverev, Cilic e il francese Ugo Humbert, avversario di Nick Kyrgios in uno dei primi turni più spettacolari del torneo. TRE AZZURRE AL VIA. Tre invece le italiane nel tabellone di singolare femminile. Riflettori sulla numero 1 Camila Giorgi, inserita nell’ottavo della testa di serie numero 3, Elina Svitolina. L’azzurra, capace di raggiungere i quarti nel 2018, debutta contro la svizzera Jil Teichman. Jasmine Paolini, nello spicchio di tabellone della numero 1 del mondo Ashleigh Barty, fa il suo esordio contro l’ex Top 10 tedesca Andrea Petkovic. Infine Martina Trevisan sfida la russa Elena Vesnina, rientrata a maggio dopo tre anni di stop. LE BIG. Siamo nell’ottavo di finale di Serena Williams, che sogna il 24° Slam in singolare. Al terzo turno, però, potrebbe sfidare Angelique Kerber che ha affrontato due volte in finale a Wimbledon: vinse nel 2016, perse nel 2018. Per Ashleigh Barty, numero 1 del mondo, debutto intenso contro Carla Suarez Navarro, all’ultima presenza dopo essere guarita dal cancro. Nella sua sezione, la campionessa del Roland Garros Barbosa Krejcikova, Svitolina e Bianca Andreescu. Nella parte bassa, seguendo le teste di serie, quarti di finale Kenin-Karolina Pliskova e Swiatek-Sabalenka. La bielorussa è testa di serie numero 2 per il forfait in extremis della campionessa in carica Simona Halep.
Berrettini e i suoi fratelli. Italia, numeri record sull’erba dei campioni (Stefano Semeraro, La Stampa)
L’Italia è al verde, ma stavolta è una buona notizia perché dopo un secolo abbondante di vacche magre adesso siamo da corsa anche sull’erba, la superficie più nobile del tennis. Matteo Berrettini ha appena vinto il Queen’s, Lorenzo Sonego oggi si gioca la finale a Fastbourne, e a Wimbledon, che inizia lunedì, avremo dieci giocatori in tabellone nel maschile – primo record – dei quali ben quattro teste di serie, altro record: Berrettini (7), Sinner (19), Sonego (23) e Fognini (26). In totale con Giorgi, Paolini e Trevisan impegnate nel femminile siamo a tredici. […] Un’abbondanza che è il prodotto di varie circostanze: la qualità dei nostri, l’erba più «lenta» e quindi più abbordabile di un tempo, i montepremi più ghiotti anche per le qualificazioni, un incentivo non trascurabile. Ma è anche e soprattutto la mentalità che è cambiata. Un tempo gli italiani, terricoli per destino e pigrizia, il vegetale lo guardavano con diffidenza, tanto che in quasi 150 annidi Championships in singolare solo Pietrangeli (semifinale nel’60), Panatta e Sanguinetti sono arrivati nei quarti. «Oggi invece l’erba non la “schiviamo” più», dice Max Sartori, coach di Cecchinato e di Andreas Seppi, uno dei tre italiani – insieme con Berrettini (Stoccarda) e Sonego (ad Anatalya) – ad aver vinto un torneo sull’erba, nel 2012 a Eastbourne. «Abbiamo capito che anche questa è una parte della stagione importante. E Wimbledon, invece di giocarlo un po’ alla va o la spacca, ora lo prepariamo. E puntiamo a vincerlo». L’onda azzurra – già nove finali Atp quest’anno, pareggiato il record del 1976 e del1977- insomma è arrivata anche alle porte del Tempio. Dove Djokovic, campione uscente e number 1, resta il favorito, e un Federer quasi 40enne e in cerca di se stesso tenterà l’ultimo acuto, mentre Nadal e Thiem hanno preferito marcare visita. Matteo Berrettini, testa di serie numero 7, al terzo turno potrebbe incappare nel bombardiere Isner. «Che sull’erba non è mai un buon cliente, per carità – dice coach Santopadre -. Ma secondo me oggi è più preoccupato lui, di dover incontrare Matteo». Eccola, la novità.
Sorteggio pro Djokovic (Daniele Azzolini, Tuttosport)
Si fa fatica a scovare trappole e tranelli lungo il sentiero che il sorteggio ha scavato per Djokovic, sul versante inglese della salita che conduce al Grande Slam. Jack Draper? Buon prospetto erbivoro ma per gli anni a venire. È il diciottenne che ha messo alle porte del Queen’s il nostro Sinner. È in gita premio, l’Orco Djoker lo aspetta per un lieto banchetto. Kevin Anderson? Non ci riuscì nella finale del 2018, a impensierire il numero uno, non si vede perché dovrebbe farcela oggi. Viene da un tale periodo di infortuni che a unirli tutti con un tratto di penna salterebbe fuori il volto della sfiga più nera. Il terzo turno con Davidovich Fokina? Tennista di grande energia ma alla prima prova nel tabellone dei Championships. Gli ottavi, secondo logica, dovrebbero opporgli Monfils, uno che quest’anno sembra aver perso la voglia di giocare. Per i quarti s’iscrivono in quattro, Schwartzman, Sinner, Fognini e Rublev, e il pericolo potrebbe assumere le sembianze semolose del nostro Jannik, sempre che riesca a battere El Pequeno Schwartzy, ed è tutto da vedere. Siamo in zona semifinale, dunque. La proposta migliore viene da Stefanos Tsitsipas (numero tre dopo il forfait di Nadal), che sull’erba ha un primo turno nel 2017, un ottavo l’anno dopo, travolto da Isner, mentre nel 2019 si fece trafiggere subito da Thomas Fabbiano. La strada per l’ennesima finale (a Wimbledon sono 6, con 5 successi) è tracciata. L’unica seria ipotesi contraria a Djokovic viene dalla lunga storia di ribaltoni (improbabili, imprevisti, dell’ultimo minuto) di cui il Grande Slam si è fatto scudo ogni qualvolta sia stato evocato da un aspirante Slammer. L’ultimo, lo ricorderete, prese forma ai danni di una Serena Williams ormai a un passo dalla conquista, nelle sembianze di una piccola italiana che giocava benissimo l’approccio a rete e ancora meglio la volée. Serena finì a gambe all’aria e la finale vide in campo due italiane, Flavia Pennetta e lei, la defenestratrice, Robertina Vinci. Erano gli US Open del 2015. Gli italiani sono in dieci, il più erbivoro, Matteo Berrettini, apre da numero 7 (si è dissolto anche Thiem, infortunato al polso) la seconda metà del tabellone. Ha un sorteggio abbastanza complicato. Subito Guido Pella, mancino che nel 2019 raggiunse i quarti battendo Seppi, Anderson e Raonic. Viene da un periodo di bassa, l’argentino ma sull’erba ci sa fare. In terzo turno, John Isner, un’istituzione, con tanto di targa sul campo 18 per la sua vittoria record su Mahut nel 2010: 11 ore e 5 minuti divisi in tre giorni per superare il francese 64 36 67 76 70-68, un match da 216 ace (113 quelli di Isner) e 980 punti giocati. Tranquilli! Oggi sul 12 pari si gioca il tie break. […] Roger, infine. Ha un percorso che, negli anni di grazia, sarebbe apparso un ottimo allenamento in vista della finale. Mannarino, Gasquet, forse Norrie, Sonego o Carreno Busta. In che condizioni sia, nessuno lo sa. Quello visto ad Halle può restarci secco anche con Mannarino. È il momento di rivedere il primo turno degli italiani (un più per il favorito, un meno per un pronostico alla pari): (+)Seppi-Joao Sousa; (+)Travaglia-Martinez; (-)Cecchinato-Broady; (-)Sinner(19)-Fucsovics; (-)Fognini(26)-Ramos Virolas; (+)Berrettini(7)Pella; (-)Mager-Londero; (+)Sonego(23)-Pedro Sousa; (+)Hurkacz-Musetti; (+)Cilic-Caruso. Tre le ragazze con il tricolore. Paolini in difficoltà con Petkovic, Giorgi favorita con Teichmann e altrettanto Trevisan con Vesnina. Si è ritirata la Halep. Le due favorite, Barty e Serena Williams sono però dalla stessa parte del tabellone.
Nel mondo del Djo del tennis (Luca Castaldini, Sport Week)
Nel borsone con il quale il piccolo Novak a 5 anni si presentò al primo allenamento con Jelena Gencic c’è tutto l’imbattibile e indecifrabile Nole Djokovic che conosciamo oggi, primatista per numero di settimane (326) in vetta al ranking Atp e in corsa, dopo i trionfi all’Australian Open e al Roland Garros, per quel Grande Slam che nessuno riesce a centrare da 52 anni, quando l’australiano Rod Laver bissò l’impresa del 1962 mettendo in tasca anche Wimbledon e Us Open. E prima di lui, in oltre un secolo di tennis internazionale, il fantastico poker l’aveva realizzato solo lo statunitense Donald Budge. Ma era il 1938, preistoria della racchetta. BORSONE SCIENTIFICO” Il borsone, ha raccontato anni dopo Jelena, ex tennista e talent scout anche di Monica Seles e Goran Ivanisevic, era impeccabile. Apparteneva a un bambino eppure sembrava quello di un giocatore professionista, cerano anche i polsini e la maglietta di ricambio: «Tutto era in ordine e ben piegato». Quando lei gli fa notare la cura di quella preparazione, gli chiede se sia opera della madre. Novak è chiaro: «L’ho preparata io. Perché io voglio giocare a tennis, non mia madre». Nel paese serbo, non lontano dal confine con il Kosovo, i Djokovic, Srdjan e Djana, gestiscono una pizzeria davanti alla quale il governo aveva realizzato il piccolo impianto. «Qualcosa nel ritmo disciplinato di quel gioco mi ipnotizzava» spiegò Nole, tornando con la memoria ai pomeriggi da piccolo ma attentissimo spettatore. Il borsone era “scientifico” come scientifico, senza virgolette, ci appare ormai da tre lustri il suo proprietario cresciuto, tra i più inafferrabili nella lettura dei comportamenti in campo. Freddo, a tratti gelido, impenetrabile. Qui sta la sua forza ma qui sta probabilmente la ragione per cui in uno stadio, l’ultimo è stato il Court Philippe Chatrier parigino, che dall’altra parte ci sia Berrettini, Nadal o Tsitsipas, il pubblico difficilmente si schiera sfacciatamente per Djoker. E le sue posizioni radicali antivaccino da “No-vax Djokovic”, in epoca pandemica, di sicuro non aiutano l’operazione-simpatia. L’IDOLO PERFETTO Il primo idolo di Nole è Pete Sampras, campione di Wimbledon per 7 volte in 8 edizioni tra il ’93 e il 2000 cui l’americano aggiunse altri 8 Slam, compreso il miracolo di Parigi del 1996 per uno così poco amico della terra rossa. Il quasi ragazzino ripete continuamente che lui, un giorno, avrebbe preso il posto del “Pistol Pete” del Maryland. Eppure, durante le prime stagioni da professionista – esordio nel ’03, primo torneo vinto nel ’06 ad Amersfoort e primo Slam preso in Australia nel ’08 -, Djokovic, quando gli viene chiesto di “costruire” il giocatore perfetto, assembla «il servizio di Mario Ancic, il diritto di Fernando Gonzalez, la volée di Tim Henman». A questo, volendo vincere facile, aggiunge i suoi futuri – e ancora attuali, oggi dopo 15 anni- grandi avversari Rafa Nadal («per il fisico») e Roger Federer («per la mentalità»). NEL CIRCUS CON PIATTI La partenza della carriera è eccellente, all’altezza del… borsone e pure delle sue annate migliori. Come questo 2021 in cui è a un passo dall’eguagliare i due arcirivali per tornei dello Slam vinti (19 contro i 20 del maiorchino e dello svizzero). Nel 2005, appena diciottenne, Novak è il primo under 18 tra i primi cento professionisti del mondo. A vent’anni e pochi mesi conquista la prima finale Slam, perduta contro Re Roger allo Us Open. L’investimento della famiglia Djokovic, insomma, sta iniziando a fruttare. Per formare al meglio il ragazzo, i genitori a 12 anni lo avevano anche spedito in Germania da Niki Pilic, l’ex c.t. della Germania e in futuro della Croazia. Poi Djokovic scopre… l’Italia, Paese per il quale ha sempre dichiarato un grande amore, grazie a Riccardo Piatti, che ne accompagna i primi anni nel circuito. L’allenatore storico è però Marian Vajda, il maestro che su Nole ha forgiato il formidabile gioco d’anticipo, la solidità del servizio, la penetrazione del dritto e la più recente ricerca del serve and volley. NEL RIFUGIO ANTIAEREO “Per settantotto notti di fila la mia famiglia e io ci siamo nascosti nel rifugio antiaereo del palazzo di mia zia”: fuori dal campo da tennis, l’esperienza della guerra è uno spartiacque nella vita dell’attuale numero 1. Che così continuava: “Ogni sera alle otto una sirena annunciava il pericolo, allora tutti uscivamo di corsa dalla nostra casa. I boati si susseguivano fino all’alba: quando gli aerei volavano bassi, il frastuono era terribile”. La drammatica quotidianità, guidato da Jelena (“Mi aiutava a vivere normalmente”), lo costringe ogni giorno a cercare un campo diverso, spesso senza neanche una rete o sul cemento crepato. Andavamo dove c’erano stati gli ultimi attacchi, pensando che probabilmente in quella zona non avrebbero bombardato di nuovo. Giocavamo anche senza la rete o sul cemento pieno di crepe”. Che il ragazzino avesse carattere, lo confermano queste sue parole al Corriere, datate 2015: “Con l’ingenuità del bambino, trovai il lato positivo di quella situazione: la scuola era chiusa e potevo giocare a tennis quanto volevo”. MATRIMONIO BENEFICO Si chiama come la Gencic, Jelena. Di cognome fa Ristic, anche lei è nata a Belgrado e ha vissuto in Italia, a Milano, per frequentare la Bocconi e laurearsi in Economia. Jelena Ristic è, da ormai 16 anni, la presenza femminile fissa al fianco di Nole, prima come fidanzata e, dal 2014, come moglie. Il giorno del matrimonio è incinta di 5 mesi del primogenito Stefan: per la coppia funzione religiosa (in forma privata) sulla spiaggia di Kraljicina in Montenegro, non lontano dall’esclusiva isola di Sveti Stefan dove alloggiano gli ospiti. Il mezzo milione di euro pagato dalla rivista britannica che si assicurò l’esclusiva viene devoluto in beneficenza. Sul suo profilo Instagram, Djokovic-marito-modello dedica alla sua signora canzoni celebri (“You’re just too good to be true… Can’t take my eyes ofyou… “), e auguri di compleanno italoinglesi (“Happy Birthday amore We love you so much”). E le foto con i loro figli. TRA DIETA Nell’aprile 2011, per la prima volta, Nole parla apertamente alla Gazzetta del suo nuovo regime alimentare senza glutine e vegetariano, studiato l’autunno precedente insieme al nutrizionista Igor Cetojevic. Il quale, vedendolo perdere un torneo, aveva addebitato quel calo improvviso, azzeccandoci, a problemi respiratori collegabili a delle intolleranze alimentari: «Adesso lavoro e gioco al massimo», spiegò Djoker. «E non mi sento stanco come prima. Sono più lucido nel pensiero e positivo nell’emotività». Anche per la nuova frontiera alimentare Djokovic applica l’unico metodo che riconosce: la maniacalità. In Il punto vincente, l’autobiografia uscita sette anni fa, racconta il motivo della sua “battaglia del grano” (basta a pane, pasta, pizza). Nel tempo, della dieta vegetariana è passato alla vegana, con abbondanza di alghe e bacche di goji, oltre a verdure, frutta, cereali integrali, legumi e semi. […] E LO YOGA E scrupoloso anche nella cura del fisico: non a caso, a 34 anni, dimostra un’elasticità stupefacente. Parte integrante dell’allenamento del serbo è costituito dagli esercizi di yoga («Mi danno serenità e. brillantezza, mi aiutano a produrre energia dinamica»), meditazione («È essenziale per vivere i vari momenti, è come fare una rigenerazione») e stretching gravitazionale. […] DAL MILAN A TOMBA Tra le passioni sportive non ha mai nascosto quella per il calcio. Se in patria il suo tifo va alla Stella Rossa, da noi ha più volte dichiarato l’amore per il Milan. All’ex a.d. Adriano Galliani è arrivato addirittura a regalare la maglietta con cui ha vinto Wimbledon 2018, quello della rinascita, e la racchetta del trionfo agli Australian Open 2019. Non solo: dieci anni fa, poche settimane dopo aver dominato al Centre Court londinese, si era ritagliato una mezza giornata per andare a Milanello, chiacchierare a lungo con Ibrahimovic e condividere con lui il buon esito di una profezia: durante le ultime vacanze di Natale, a Dubai, Ibra si era sentito dire: «Se il Milan vincerà lo scudetto, io farò altrettanto a Wimbledon». Entrambe le cose si realizzarono. Anche nello sci, almeno da ragazzino, Djokovic tifa Italia. O meglio, Alberto Tomba: «Un mito! Papà era innamorato perso di Albertone. Tutta la famiglia si riuniva davanti alla tv per vedere le sue gare. Uno dei sogni della mia vita è ritrovarmi con Tomba in cima alla montagna di Kopaonik e scendere in slalom insieme a lui». LO SHOWMAN Tenendo sempre ben in mente quale palmarès ha messo assieme Djokovic, ma volendo ragionare sui motivi della scarsa empatia con il pubblico, si può iniziare ribaltando la situazione e tornare alla numerose gag di cui si è reso protagonista. Da italiani non possiamo dimenticare il suo rapporto stretto con Fiorello, al cui Show del 2009 si presenta imitando i colleghi Nadal e Maria Sharapova. Pochi giorni dopo, agli Internazionali di Roma, per imitare lo stesso Fiorello infortunatosi al polpaccio durante una partitella di calcetto nel backstage, entra in campo simulando un’andatura claudicante e con una vistosa parrucca brizzolata. Fiorello ha riproposto come ospite l’amico serbo sia a Buon varietà nel 2011 (in cui Nole dichiarò che sua “cugina” Nina Senicar aveva un flirt con Eros Ramazzotti), sia al Festival 2020 quando finalmente i due riescono a palleggiare insieme sul palco poco prima che Nole tentasse di imitare Eros – sempre lui – e la sua Terra promessa. Il lato showman il serbo lo esibisce anche a Wimbledon, nel 2015, al ballo dei vincitori, ma la sua danza sulle note della Febbre del sabato sera insieme a Serena Williams, leggendo i giornali dell’epoca, non entusiasma. A Parigi invece, nel 2010, era entrato in campo per il match con Llodra travestito da Groucho Marx. NUMERI DA STAR A Wimbledon 2021 Novak Djokovic, detto delle mire di Grande Slam a parte, si presenterà per incrementare il suo bottino di Big Titles. È arrivato a 60, grazie 5 Atp Finals, 36 Masters 1000 e 19 Slam, suddivisi tra 9 Australian Open, 2 Roland Garros, 5 Wimbledon e 3 Us Open. La sua stagione d’oro resta il ’15, ma è così luminosa da costargli probabilmente il progressivo down delle tre successive culminato nel ’18 nella sconfitta con Marco Cecchinato, numero 72 del mondo, nei quarti del Roland Garros. Non s’era mai vai vista un’annata così: 84 vittorie e sole 6 sconfitte, 11 tornei (tra cui 3 Slam, 6 Masters 1000 e le Atp Finals) e 16.585 punti in classifica, record assoluto.
Berrettini: “Il tennis per me è gioia” (Piero Valesio, Il Messaggero)
Quasi non ci si ricorda più di quando, due anni fa, Matteo Berrettini fu travolto sul Centrale di Wimbledon da Roger Federer. Quello di allora era il Berrettini che si affaciava al cospetto dei più grandi. […] Ai Championships, che iniziano dopodomani, esordirà con Pella. Matteo, passata l’arrabbiatura di Parigi? «Quando hanno fermato me e Djokovic per far uscire gli spettatori alle 23 più che altro mi è dispiaciuto. Perché c’era il clima giusto per proseguire la battaglia. Poi è stato tutto diverso. E ho detto: peccato. Ma quando ho visto che invece la gente, nonostante il coprifuoco, l’hanno lasciata lì nella semi fra Nole e Nadal allora mi sono arrabbiato davvero». E ne aveva ben donde. «Un cambio di trattamento senza senso. Ma orami non ci penso più. Certo che quelle urla di Nole sono state motivo di orgoglio per me”. Perché? «Mi sono detto: però, quanta tensione gli ho fatto crescere dentro. Per sfogarsi in quel modo…». A proposito: il suo menàge di coppia con la Tomljanovic come procede? Litigate ogni tanto? «Ammazza. Più che altro è successo durante il lockdown quando siamo rimasti tre mesi ‘bloccati” in Florida. Mica facile restare insieme sempre e sotto lo stesso tetto. Però quelle liti d sono servite parecchio a far crescere il rapporto. Stiamo proprio bene, insieme». Non siete una coppia social. Anche se proprio ieri è circolato un microvideo di un suo cocktail con Ajla e Donna Vekic. «Usciamo anche noi ogni tanto… Ma non siamo per nulla schiavi dei social. Ci vediamo appena è possibile, quando ci riusciamo ci piace stare per conto nostro. Non esibire». Più difficile restare in lockdown con la propria compagna o migliorare il rovescio? «Svelo un segreto: nella mia vita ho trascorso molto più tempo ad allenare il dritto che il rovescio». Spieghi, please. «Si era capito subito che i miei punti forti erano il servizio e il dritto. E allora ci siamo detti: dobbiamo imparare a portare a casa più punti passibili con queste che sono le mie armi. Il resto possiamo migliorarlo ma su quei due fondamentali devo diventare devastante». Beh, obiettivo raggiunto. Anni fa un bimbo le chiese: diventerai numero 1 al mondo? E lei rispose: sto lavorando per questo. «Era per infondere autostima nel bimbo… Però una certezza ce l’ho: adesso non parto battuto con nessuno. L’ho capito contro Djokovic. A volte mi dico: guarda dove sono arrivato». A vincere il Queen’s. Mica bruscolini. «Lì ho sentito proprio il profumo della Storia con la S maiuscola. Quello non è un luogo come gli altri. Bisogna esserci per capirlo. Quando ero bambino io avevo i miei sogni: ma un conto è sognare di vincere su quell’erba, altra questione è riuscirci. Lo dico sinceramente: mai avrei pensato di arrivare così in alto. Sorrido quando ci penso». Ah, il sorriso: quello più amato dalle mamme italiane. «Glielo hanno detto loro?». Ogni giornalista ha le sue fonti. «Allora mi fa piacere. Sarà perché io vengo da una famiglia dove col sorriso abbiamo sempre avuto, come dire, confidenza. Se oggi sono ciò che sono è perché ho respirato quell’aria e ho avuto genitori che mi hanno indicato la strada giusta per vivere bene». II complimento più dolce che le ha fatto sua madre. «Che è orgogliosa di me. Ma non per quello che vinco, se vinco, o per come gioco. Per ciò che sono». Questo andrebbe scritta all’ingresso di tutti i circoli. «Far felice la mia famiglia è fonte di gioia. Non dimentichiamo mio fratello Jacopo, tennista pure lui: non riusciamo a vederci granché, però ci sentiamo spessissimo. Abbiamo bisogno l’uno dell’altro. E fra esseri umani o c’è questa cosa o non c’è». Come è la vita a Wimbledon in tempi di variante Delta? «Una meraviglia. Scherzo, ovviamente. Siamo tutti in un hotel del centro di Londra e ogni giorno ci sciroppiamo un’oretta di viaggio per arrivare a Wimbledon e un’oretta, se non di più, per tornare. Tampone obbligatorio ogni due giorni». Aspettando la rivincita con Djokovic che potrebbe arrivare solo in finale. «Certo la prospettiva di giocare nel Centrale pieno senza che se ne vada nessuno… Non sarebbe male». Così farà innamorare anche le mamme d’Inghilterra. «Intanto ringrazi quelle italiane, a nome mio».
Rassegna stampa
La vittoria più bella (Cocchi). Navratilova, la vittoria più preziosa (Piccardi). Ecco gli US Open per tutti (Bertellino)
La rassegna stampa di mercoledì 22 marzo 2023
La vittoria più bella (Federica Cocchi, La Gazzetta dello Sport)
Martina Navratilova lo sa bene come si vince. E lo ha fatto anche questa volta, contro un avversario senza racchetta, ma infinitamente più infido e pericoloso: il cancro. Navratilova, 18 volte campionessa Slam (59 in totale tra singolare e doppio), 9 volte trionfatrice sui prati di Wimbledon, ha sconfitto il tumore che l’aveva aggredita in due punti diversi: la gola e il seno. Una malattia annunciata a inizio anno e scoperta durante il Masters femminile a Forth Worth, in Texas, lo scorso novembre. Un rigonfiamento sul collo, un linfonodo ingrossato, i controlli e infine la diagnosi: papilloma virus alla gola primo stadio: «Ho avuto paura, ma sono stata subito tranquillizzata dal medico, mi ha detto che avendolo preso in tempo sarei guarita», ha ricordato adesso. Sottoponendosi ai controlli per la gola, le è stato poi scoperto un secondo tumore, questa volta al seno: «I medici mi hanno detto che non era legato alla gola e che secondo quanto emergeva dalla biopsia, era ben più grave. […] In quel momento ero ancora in ambulatorio mentre il medico prelevava altri campioni e ho iniziato a piangere…», ha raccontato la campionessa nella parte più emotiva dell’intervista esclusiva al giornalista britannico Piers Morgan. E ancora: «Dopo la diagnosi sono stata presa dal panico. Mi è venuta in mente una lista di cose che avrei voluto fare se avessi vissuto veramente solo un altro anno. Anche cose sciocche, ad esempio ho pensato a quale macchina di grossa cilindrata avrei potuto guidare…». La Navratilova, che stava meditando di adottare un bambino assieme alla compagna Julia Lemigova, aveva già dovuto curarsi da un cancro al seno nel 2010, sebbene in una forma meno aggressiva: «Ero terrorizzata, non pensavo avrei vissuto un altro Natale, e le cure sono state davvero una delle prove più difficili di tutta la mia vita. Mi sono sottoposta a chemioterapia e radioterapia, davvero dura». Ora, però il peggio è passato e Martina può finalmente dire che la completa guarigione è a un passo: «Mancano ancora un paio di settimane di radioterapia, poi potrò finalmente dichiararmi libera dal cancro». Lo spirito da guerriera imparato sul campo è stato fondamentale in questa sfida: «Non basta essere una combattente, ma quali alternative avrei avuto davanti a me? Abbattermi? Smettere di lottare per la guarigione, per la mia vita? Mi dispiace ma mollare, nella mia vita, non è mai stata un’opzione. La resa non è scritta nel mio Dna». Tra le prime persone che hanno saputo della malattia, Chris Evert. Con lei, la Navratilova ha dato vita a una rivalità entrata nella leggenda dello sport. Proprio la Evert lo scorso gennaio, quando Martina annunciava di essersi ammalata, dichiarava di essere guarita da un cancro alle ovaie, lo stesso che aveva portato via sua sorella. Chrissie le è stata comunque vicina in questo anno difficile: le due non sono state più separate da una rete, ma unite da un destino comune. […] Ora che si può parlare di lieto fine, Martina, proprio come ha fatto l’amica-rivale, sottolinea l’importanza dei controlli. La necessità di non dare mai per scontata la propria salute: «Sicuramente non mancherò mai più una visita, nessuno dei miei check up. Non voglio più vivere momenti cosi terribili». Gioco, partita incontro Navratilova.
Navratilova, la vittoria più preziosa (Gaia Piccardi, Corriere della Sera)
«Ho temuto di non arrivare a Natale, ho buttato giù una lista di cose da fare nel caso mi avessero detto che sarei vissuta solo un altro anno, tipo quale auto di lusso mi sarebbe piaciuto guidare. Invece posso dire di essere guarita. Ancora due settimane di radioterapia, e ho finito». Intervistata dal conduttore tv inglese Piers Morgan, Martina Navratilova si commuove. I due tumori (gola e seno, quest’ultimo già diagnosticato e curato nel 2010) scoperti all’inizio dell’anno («Tutto è partito da un linfonodo ingrossato, che io avevo attribuito alla vaccinazione contro l’herpes zoster…») sono in remissione, l’andirivieni tra la Florida (dove vive con la moglie Julia Lemigova) e New York (dove si sta curando) al capolinea. E non è un caso che l’annuncio della guarigione della campionessa dei 18 titoli Slam in singolare, 66 anni, arrivi alla vigilia dell’anniversario della rivalità più lunga nella storia del tennis: il 22 marzo 1973, cioè 50 anni fa oggi, nei sedicesimi del torneo di Akron (Ohio) Martina Navratilova affrontava per la prima di 80 volte (43-37) l’arcirivale Chris Evert, una sfida che si sarebbe prolungata fino al 1988, ultimo atto del torneo di Chicago, una delle 60 finali (14 in prove del Grande Slam) che le due grandi ex nemiche si sono spartite nella carriera. Agli antipodi all’inizio — una ceca di Revnice in piena cortina di ferro, l’altra americana della Florida bene, figlia di un bravo maestro di tennis, subito eletta a fidanzatina d’America e destinata al matrimonio con Jimmy Connors —, inseparabili alla fine, quando Navratilova era già americana da anni avendo defezionato dal regime comunista del suo Paese d’origine, diversissime nello stile (serve and volley Martina, contrattaccante da fondocampo Chris, portatrice di un rovescio bimane da manuale) ma accomunate da un destino simile. Guarite entrambe dal cancro, Navratilova addirittura due volte, architrave una per l’altra: Navratilova e Evert sono state reciprocamente lo specchio nel quale guardarsi riflesse per scrutare pregi e difetti, punti forti e punti deboli, gioie e tristezze, vittorie e sconfitte. Senza Navratilova non ci sarebbe stata Evert, e viceversa. «Quando ho iniziato la chemio — racconta Martina —, la mia agente ha chiesto agli amici più stretti di mandarmi una canzone d’incoraggiamento. Billie Jean King ha scelto “I Will Survive” di Gloria Gaynor, Chris mi ha mandato “Lean on Me” di Bill Whiters. Se penso al testo, mi vengono i brividi: appoggiati a me quando non ti senti forte abbastanza, sono tua amica, ti aiuterò ad andare avanti…». E allora non ci si può stupire che Evert sia stata la spalla su cui Navratilova ha pianto durante il sanguinosissimo divorzio da Judy Nelson (correva il 1991) e Martina l’amica a cui Chris ha confidato per prima il fallimento del matrimonio con Andy Mill, ex sciatore, padre dei suoi tre figli. Nel ruolo di damigella, Chris ha dato l’ultimo tocco allo smoking bianco di Martina il giorno in cui ha sposato Lemigova e Martina ha tenuto stretta la mano di Chris durante i sei cicli di chemioterapia per costringere alla resa il tumore alle ovaie. «All’inizio era solo un’avversaria: dovevo batterla — ha spiegato Chris —. E Martina aveva un’allenatrice (Nancy Lieberman, ndr) che le diceva che per sconfiggermi avrebbe dovuto odiarmi. Difficile, così, essere amiche. Ma con l’avanzare della carriera ci siamo rilassate, la Federation Cup per gli Usa ci ha unite, il resto lo abbiamo fatto noi. Quando è morta mia sorella Jeanne, Martina non mi ha lasciato sola un momento. E nel momento in cui la competizione è sfumata, siamo diventate inseparabili».
Ecco gli US Open per tutti (Roberto Bertellino, Tuttosport)
Epocale annuncio ieri da Sportcast, la società che gestisce il canale Supertennis. Dopo 34 anni di visione riservata alle pay tv, il canale che racconta gli sport di racchetta trasmetterà in diretta l’ultimo Slam di stagione, gli US Open, con tanto di streaming anche sulla sua piattaforma Supertennix: «La Federazione Italiana Tennis e Padel prosegue nella sua politica di sviluppo attraverso la promozione del Grande Tennis nel nostro Paese – ha commentato il Presidente Angelo Binaghi negli States per presentare l’upgrade degli Internazionali di Roma – Dopo aver fondato, 15 anni fa, il canale SuperTennis, riportando così il nostro sport nelle case di tutti gli italiani, e dopo aver riaperto una finestra in chiaro su Wimbledon, siamo ora orgogliosi di mettere a disposizione di tutta la vasta platea degli appassionati tricolori un altro dei quattro tornei più importanti del mondo». Archiviate le qualificazioni, con le sconfitte dei due azzurri impegnati, Matteo Arnaldi e Mattia Bellucci, rispettivamente fermati dallo slovacco Klein e dal cinese Zhang, è ai nastri di partenza il secondo Masters 1000 di stagione, quello di Miami. Dalla California alla Florida con gli occhi puntati sui 5 italiani, tre dei quali hanno un bye in primo turno, e sullo spagnolo Carlos Alcaraz, tornato grazie al successo nel torneo di Indian Wells al n.1 mondiale. L’iberico, non ancora ventenne, ha messo in mostra un tennis stellare annichilendo in finale Daniil Medvedev, e a Miami sarà chiamato a confermarsi perché è il campione in carica e dovrà ripetersi per mantenere il primato in classifica. Al 2° turno il murciano esordirà contro il vincente del match tra un qualificato o un lucky loser e l’argentino Facundo Bagnis. Dovrà difendere punti pesanti anche il norvegese Casper Ruud, finalista nel 2022 e alle prese con un inizio di stagione in sordina. Il numero 2 del tabellone maschile è il greco Stefanos Tsitsipas che aspetta il vincente del match di primo turno tra un qualificato o un lucky loser e il sempre temibile francese Richard Gasquet. I primi a scendere in campo in casa Italia saranno oggi Fabio Fognini e domani Lorenzo Sonego. Per il torinese sfida suggestiva con Dominic Thiem. L’austriaco non ha ancora dato segnali di vera ripresa (attualmente è 106) ma sulla partita secca ha già dimostrato di poter alzare il livello. […] Per Fognini esordio con il francese Lestienne. Già al 2° turno Jannik Sinnet; testa di serie n 10, Lorenzo Musetti, numero 18, e Matteo Berrettini, n.19. Jannik aspetta il vincente di Djere e un qualificato o un lucky loser; Musetti, chiamato al riscatto, avrà Lehecka o Federico Coria. Berrettini, in fase involutiva e alla ricerca di un acuto, testa a testa con il vincente di McDonald-Galan.
Rassegna stampa
Un super coach per Berrettini e Musetti (Bertolucci). Alcaraz l’anti Djokovic (Nizegorodcew). Alcaraz è il top Dai Sinner: devi diventare così! (Azzolini). Piemonte Open, fra Roma e Roland Garros (Mecca)
La rassegna stampa di martedì 21 marzo 2023
Volée di rovescio – Un super coach per Berrettini e Musetti (Paolo Bertolucci, La Gazzetta dello Sport)
Il tennis non si ferma mai. Archiviato il torneo di Indian Wells, il primo Masters 1000 stagionale che ha riproposto il fenomenale Alcaraz ai più alti livelli, restituendogli anche il numero uno del mondo, è già il momento di tuffarsi nel mare di Miami per la tradizionale seconda gamba del Sunshine Double americano. In California, malgrado la sconfitta in semifinale, abbiamo ammirato i progressi di Sinner, la sua evoluzione tecnica verso quella completezza di gioco che lo sta avvicinando al top assoluto, ma è altresì evidente che in questo momento gli appassionati e gli addetti ai lavori si stiano interrogando anche sullo stato di crisi quasi permanente, in questo inizio di stagione, di Berrettini e Musetti. Gli altri due componenti dei potenziali Big Three azzurri sono alle prese con una povertà di risultati che comincia ad allarmare e si stanno incartando mentalmente tra equivoci tecnici e condizione atletica non all’altezza. Entrambi posseggono le potenzialità per riemergere in fretta dai loro tormenti e tornare a veleggiare verso lidi più consoni al loro talento, soprattutto sotto il punto di vista delle prestazioni, ma credo che per ricercare una soluzione efficace ai problemi sia arrivata per tutti e due l’ora di scelte drastiche. E con una parola che non può essere tabù: supercoach. Cioè una figura altamente qualificata che affianchi gli storici tecnici Santopadre e Tartarini e fornisca ai giocatori una prospettiva diversa da cui guardare il proprio tennis e quello degli avversari. Non si tratta di disconoscere il lavoro fatto fin qui, di recidere totalmente le radici originarie (anche se Sinner lo ha fatto), bensì di affidarsi a un pensiero e a un affiato diverso che possa completare e affinare il percorso intrapreso in questi anni. D’altra parte, perfino i Federer, i Djokovic, i Murray a un certo punto della loro carriera hanno avvertito come necessario includere nel team una figura che fornisse nuovi riferimenti: stiamo parlando di due tra i più grandi sportivi […] di ogni epoca e di un campionissimo. II supercoach, intendiamoci, non è un guru chiamato a stravolgere i riferimenti tecnici del giocatore, ma piuttosto un consulente che suggerisca la migliore gestione della partita, dei suoi aspetti tattici e psicologici, prima e dopo. Certo, potrà fornire indicazioni su alcuni dettagli specifici del gioco, però il suo ruolo è quello di chi porta una visione complessiva, un’angolazione differente nell’analisi globale della valutazione dei vari momenti della stagione. Nello specifico, Santopadre per Berrettini e Tartarini per Musetti, cui va certamente riconosciuto II merito di aver condotto gli allievi ai vertici, continuerebbero a occuparsi del lavoro quotidiano, parimenti fondamentale nella definizione di un campione a tutto tondo. E ogni rivoluzione che si rispetti può anche agire più in profondità, magari portando nuove competenze anche nel delicato settore della preparazione atletica.
Alcaraz l’anti Djokovic (Alessandro Nizegorodcew, Il Corriere dello Sport)
Carlos Alcaraz, Novak Djokovic e un regno condiviso. Una corona per lo spagnolo, che dopo il successo a Indian Wells è tornato numero 1 del mondo […] e uno scettro per Nole, che si attesta alla seconda piazza del ranking solamente per il computer; non potendo conteggiare i punti conquistati a Wimbledon 2022 […]. L’unico a insinuarsi nel dominio serbo-iberico è Daniil Medvedev, mentre tutti gli altri paiono un gradino sotto. Un mostro di precocità da un lato, un campione assoluto dall’altro. L’unico precedente si è disputato nella semifinale del Masters1000 di Madrid della passata stagione: a imporsi fu Alcaraz per 6-7 7-5 7-6 in 3 ore e 35 minuti. Vi è grande attesa per le prossime sfide, anche perché nei big tournaments conquistati dallo spagnolo, tranne Madrid, Djokovic non è mai stato presente in tabellone. SERVIZIO. Djokovic non ha sempre avuto un buon rapporto con questo fondamentale. Nel 2009 decise di affidarsi all’ex Top5 Todd Martin, che affiancò per alcuni mesi coach Vajda per cambiare e migliorare la battuta del serbo. La scelta fu controproducente e dopo mesi da incubo Djokovic tornò al vecchio movimento. Negli anni ha affinato la tecnica e la solidità del colpo, mai devastante ma quasi sempre inattaccabile. Alcaraz, che ha ancora buoni margini sul fondamentale, impressiona per la facilità con cui riesce a tenere alta la percentuale di prime in campo nei momenti importanti […]. RISPOSTA. In carriera Djokovic ha ottenuto il 32% dei game giocati in risposta […]. Alcaraz che dalla parte del rovescio ogni tanto regala qualcosa, ha dati molti simili. ROVESCIO. È il colpo naturale di Djokovic, che sin da bambino lo ha portato sotto la luce dei riflettori. Probabilmente il miglior rovescio bimane di sempre. Alcaraz alterna grandi soluzioni a qualche errore più banale, soprattutto in risposta. Un colpo che durante i match va ancora un po’ ad alti […] e bassi […]. DRITTO. È il colpo di Carlitos. Lo spagnolo può tirare un vincente di dritto da qualsiasi zona del campo, anche se si trova a 5 metri dalla linea di fondo. Semplicemente straripante. D’altra parte è il fondamentale più costruito del serbo, che ha migliorato il proprio dritto anno dopo anno sino a renderlo efficace in ogni situazione tattica, che sia difensiva od offensiva. GIOCO DI VOLO. Alcaraz sa eseguire il ‘serve and volley’ e a rete dimostra dimestichezza e talento […]. Djokovic, negli anni, ha saputo migliorare la volée in maniera esponenziale, mentre nello smash è spesso titubante e impreciso. FISICO. Il serbo è noto per svolgere, sin da giovanissimo, circa un’ora e mezza di stretching giornaliero. Dal 2015 ha adottato una dieta vegana e dal punto di vista atletico è ai limiti della perfezione. Le storiche sfide, molto complesse nei primi anni, a Nadal e Federer lo hanno costretto a diventare una sorta di indistruttibile uomo di gomma. Gli infortuni seri, in carriera, sono stati pochissimi: quasi 36 anni e non sentirli. A 18 anni Alcaraz era già un atleta maturo e pronto. Qualche problema fisico di troppo è giunto tra 2022 e inizio 2023, ma la sensazione che come il primo Nadal, non riesca a contenere esuberanza e generosità. Negli anni saprà gestirsi sempre meglio. TESTA. Il grande punto di forza di entrambi. La capacità di giocare al meglio i punti importanti […], con coraggio e razionalità, è dote rarissima nel tennis. Il rifiuto della sconfitta è invece un’arte condivisa e in Djokovic si riassume nell’83,5% di vittorie in carriera nel circuito ATP. Il migliore in assoluto nell’era Open […].
Alcaraz è il top Dai Sinner: devi diventare così! – Alcaraz numero 1, forte, fortissimo, quasi un mostro (Daniele Azzolini, Tuttosport)
Quanti “opposti” convivano sotto la dura scorza dei tennisti che più ammiriamo è domanda vana, se pretendiamo una risposta certificata, e rimarrebbe comunque il dubbio che per alcuni non sia sufficiente indagare sul loro doppio, quanto ampliare la ricerca per estrarre il terzo, forse il quarto abitante di quell’intricata matassa di entità sovrapposte e contraddittorie che si agita nella loro mente. Ad ascoltare i curiosi “non sense” che da bordo campo coach Ferrero detta al suo Carlitos come utili consigli per la sopravvivenza, è d’obbligo chiedersi chi sia il Ferrero che sta parlando, così diverso dal guerriero raziocinante e un po’ imbalsamato che conoscevo sul campo. Ma più difficile rispondere a quale degli Alcaraz che lui conosca si stia rivolgendo, se al ragazzo che tutto cela sotto l’ombra del mono filo delle sopracciglia che oscura gli occhi, o se a un altro Carlitos, preda in quel momento di un potente mix di angosce esistenziali che non trapela dalla corazza. «Guardami Carlos», gli diceva, «Sono qua. Ti piace ancora il tennis? Si? E allora, dai, gioca a tennis». Il siparietto ha preso forma nel corso della semifinale dell’altro ieri con Sinner, dopo il riaggancio dell’italiano sul 4 pari del primo set. Il momento peggiore vissuto da Alcaraz nel corso dell’intero torneo […] concluso domenica notte con una vittoria su Medvedev che può opportunamente pescare la propria definizione in tutta la filiera dei sinonimi della parola “stordente”. Vale a dire sbalordente, disorientante, frastornante, sbigottente, strabiliante… Dunque in grado di inebetire il rivale, perché tanto è apparso il russo che veniva da tre tornei e 19 match vinti consecutivamente. Inebetito. Alcaraz ha fatto ciò che ha voluto, ha intontito Medvedev di pallate tossiche e ha sferzato con gittate violente angoli di campo che Daniil nemmeno pensava esistessero. Ha chiuso senza perdere un set la sua terza finale nei “Mille”, aggiungendo Indian Wells alle conquiste di Miami e Madrid dell’anno scorso e riprendendosi direttamente dalle mani di Djokovic […] quel numero uno che aveva già accarezzato per venti settimane di seguito. Una finale che mi ha obbligato a rivedere il giudizio espresso sul confronto con Sinner e prendere atto dei nuovi valori indicati dal primo Masters stagionale. Jannik, nella nuova nomenclatura di vertice, guadagna posizioni su tutti gli inseguitori, Medvedev compreso, ma Alcaraz appare oggi più distante di quanto fosse apparso già contro l’italiano. La vera sorpresa, se ce n’è una, è lo scatto in avanti operato dal giovane di El Palmar, che comincia a mostrare gli ampi confini entro i quali potrà esercitare il proprio dominio. Talento, sostanza, gioco a tutto campo, possibilità di migliorarsi ancora da definire, ma inevitabilmente estese. E carattere. Cui quel po’ di “non sense”, secondo la ricetta Ferrero, offre nutrimento. Proprio il coach, a seguito della vittoria agli US Open dello scorso settembre, giudicò Carlos «un fenomeno che si esprime al momento solo al 60% delle proprie possibilità». Mi piacerebbe sapere se il giudizio è rimasto inalterato, o se quella placida ma costruttiva arroganza che Alcaraz mostra oggi sul campo, ha innalzato la percentuale. Personalmente, spero Ferrero abbia peccato di vanagloria, insomma, come si dice tra le persone colte, abbia fatto lo sborone, nel giudicare le possibilità future di Carlitos. Altrimenti, se mai Alcaraz dovesse crescere di un ulteriore 40 per cento, i tornei si ridurrebbero a disporsi tutti in fila per ricevere la settimanale dose di ceffoni dalla spagnolo. E non converrebbe a nessuno. «Bello tornare numero uno», dice Carlitos, che alle piccole osservazioni banali ci tiene, «mi aspettavo un match più duro, ma credo anche di essere stato perfetto. Il mio gioco è migliorato, forse, ma meno del mio stato d’animo. Gioco rilassato, mi sento a mio agio, e non ho dubbi sui miei colpi». Certo più rilassato di Medvedev, che richiama l’attenzione sui campi sempre più lenti. Il circuito, a suo dire, rischia di morire di sonno. Si volta pagina. Tutti a Miami. Con Alcaraz che riconsegna i 1.200 punti dell’anno scorso. Resterà numero uno solo vincendo. Possibile una semifinale con Sinner. Berrettini non ha un brutto tabellone. Ma il suo avversario più tosto ce l’ha dentro di sé.
Piemonte Open, fra Roma e Roland Garros (Giorgia Mecca, Il Corriere di Torino)
A maggio il tennis sarà ancora di più una questione italiana. Non solo Roma e il Foro Italico, anche Torino sta per tingersi di rosso per ospitare i campioni della terra. Dal 14 al 20 maggio nei campi dello Sporting è in programma il Piemonte Open Intesa Sanpaolo, torneo nuovo di zecca che fa parte del circuito challenger 175, lo stesso tipo di evento appena giocato a Phoenix da Matteo Berrettini. Oltre ai punti messi a disposizione, 175, e al montepremi, oltre duecentomila euro, è la data il punto di forza dl questo torneo. Potranno iscriversi tutti i giocatori sconfitti nei primi turni degli Internazionali, che potranno così provare ad accumulare punti e partite in vista del Roland Garros. Il direttore del torneo Giorgio Di Palermo lo ha definito «un Incastro perfetto» tutto a portata di mano: dal Foro Italico allo Sporting ci sono soltanto quattro ore di Frecciarossa. «Quando ci siamo candidati per ospitare il challenger, qualcuno ha pensato fossimo pazzi», ha detto il direttore del club Piero Garibaldi. «Ci dicevano: ma le Atp Finals non vi bastano?». Evidentemente Torino va bene per ospitare sia i migliori otto giocatori al mondo sia le giovani promesse a caccia di punti nel mondo dei grandi. Dal 23 aprile i torinesi che si stanno affacciando al mondo del professionismo avranno la possibilità di partecipare al torneo di prequalificazioni per cercare di conquistare sul campo un posto sul tabellone principale. Negli ultimi due anni il numero dei tennisti è aumentato esponenzialmente in città. I giocatori che parteciperanno al torneo sono solo la punta di un iceberg che trova la sua base nelle scuole. Sono proprio bambini e ragazzi il pubblico di riferimento del Young Village, un villaggio del tennis che servirà ad avvicinare ancora di più i giovanissimi a questo sport e che ha già avuto oltre duemila adesioni. Il Piemonte Open rinnoverà su terra una tradizione cominciata nel 1961 con la vittoria degli Internazionali di Italia da parte di Nicola Pietrangeli proprio sul campo stadio, appena restaurato e pronto a ricevere i campioni del terzo millennio.
Rassegna stampa
Sinner: “Devo crescere e l’accetto” (Giammò). Sinner studia, Alcaraz vince (Azzolini). Furia Berrettini: “Toglietemi dal campo” (Martucci)
La rassegna stampa di lunedì 20 marzo 2023
Sinner: “Devo crescere e l’accetto” (Ronald Giammò, Corriere dello Sport)
Le vie dell’inferno sono lastricate di buone intenzioni. Quelle che portano all’eccellenza, disseminate di piccoli dettagli. Sei mesi, tanti ne son passati dall’epico quarto di finale giocato a New York, hanno portato a Jannik Sinner nuovi muscoli e maggiore consapevolezza ma non son bastati per limare quei dettagli e quelle sfumature capaci di fare la differenza in sfide da sempre equilibrate come quelle giocate sin qui contro Carlos Alcaraz. Se agli US Open l’azzurro aveva sciupato un match point, l’altra notte a Indian Wells è invece inciampato su un set point che se trasformato avrebbe portato l’incontro su binari diversi da quelli su cui poi si è avviato. «Ci sono stati dei punti chiave. Alcuni li ha presi lui, altri io», disse lo scorso settembre Sinner al termine di una partita durata più di cinque ore. E onesto è stato ieri il numero uno italiano nell’ammettere di «non essere riuscito a cogliere alcune occasioni, soprattutto nel primo set». A complicargli le cose, va detto, ci si è messa anche un po’ di sfortuna. Il momento, andato in scena in pieno tie-break dopo un’ora di gioco ad altissima intensità, è stato identico a quello ritratto da Woody Allen nel film “Match Point”: una discesa a rete di Sinner; il tentativo di passante dello spagnolo che va a sbattere sul nastro spiazzandolo per poi costringerlo a un goffo recupero su cui Alcaraz non ha avuto difficoltà a chiudere il punto, bissato infine dal servizio e da un tracciante che gli son valsi il primo set. Il contraccolpo c’è stato, e Sinner l’ha scontato poco dopo cedendo subito il servizio in apertura di secondo set senza più riuscire a ribaltare l’inerzia di un match che Alcaraz ha continuato a interpretare a cento all’ora e senza alcuna sbavatura. A parte la sfortuna, «una delle differenze l’ha fatta il servizio, non sono riuscito a servire come potrei. E’ dura vincere una partita così importante senza l’aiuto del servizio», ha riflettuto in conferenza stampa Sinner. Tuttavia, lati positivi con cui salutare il primo Masters 1000 della stagione non sono mancati. Il primo più evidente è un ranking che da domani vedrà Sinner salire in 13^ posizione. Un altro è la condizione fisica: è un Sinner più robusto, più veloce, più strutturato quello visto all’opera in California. In serata la Rybakina, moscovita naturalizzata kazaka, si e aggiudicata il torneo battendo la bielorussa Sabalenka in due set: il primo con un tie break lunghissimo. Per Rybakina è la rivincita dopo la finale dell’Australian Open e il quarto trofeo della carriera.
Sinner studia, Alcaraz vince. La differenza? Nella velocità (Daniele Azzolini, Tuttosport)
Un passo avanti, anzi un saltello. Verso una palla che deve ancora arrivare. Non si vedeva da un po’, ma nel tennis di qualche anno fa era un gesto comune e anche una strategia consolidata per chi volesse rispondere al servizio proponendosi subito in una posizione di vantaggio, con i piedi dentro il campo. Federer ne aveva tratto ispirazione per un attacco a rete sul servizio avversario. Lo chiamò Sneak Attack By Roger l’attacco furtivo, Sabr nell’acronimo poi divenuto di uso corrente. Lo preparava senza darlo a vedere; e si slanciava verso la palla, intenzionato a giocarla d’istinto, nell’unico modo possibile gli fosse dato dalla traiettoria della stessa. La sorpresa, e la volée successiva, avrebbero chiuso il cerchio, determinando il punto (quasi sempre) o l’inevitabile figuraccia. Qualcosa di simile ha pensato Carlos Alcaraz, o chi per lui, per sottrarre a Sinner le certezze costruite interno al servizio messo a punto in un anno di studi. Sulla seconda di Jannik l’ordine era di muoversi in avanti, mostrando apertamente le proprie intenzioni, quindi colpire duro e guadagnare preziosi centimetri di campo. Sinner ne sarebbe rimasto confuso, avrebbe tentato una seconda più violenta rischiando il doppio fallo per poi attestarsi su una prima di servizio più contenuta, e meno rischiosa. Così è stato. E intorno a quel piccolo, per quanto subdolo stratagemma tattico, Alcaraz ha costruito la propria vittoria. Lo ammette, Jannik. «La differenza fra me e Carlos, in questo quinto confronto, è tutta nel servizio. Avevo avvertito già nel riscaldamento che non era giornata di grande feeling con questo colpo. In questi casi l’unica soluzione è continuare a lottare con ciò che si ha a disposizione. Ma nel secondo set sono rimasto troppo sotto le percentuali che servono, e lui ne ha approfittato. Alla fine, però, i punti a suo favore sono stati appena quattro (74-70, ndr), dunque la differenza non è stata così clamorosa». È vero, ma almeno un’altra diversità è emersa tra i due, a spiegare come sia stato possibile passare dalle faticose e intricate sfide dell’anno scorso, i 5 set di Wimbledon e degli US Open (qui con un match point a favore di Jannik, prima dei sorpasso di Carlos) a una sfida che non ha mai dato l’impressione di poter essere ribaltata. Alcaraz migliora in modo rapido, efficiente, inserendo con pochi aggiustamenti le novità tecniche e tattiche che coach Ferrero prepara per lui. Le prova, le assimila, le fa proprie in un batter di ciglia, assistito com’è dal suo straordinario talento. […] Sinner è un lavoratore, e ha bisogno di tempi diversi. Deve provare i cambiamenti, sperimentarne i confini, verificarli nelle diverse occasioni. Ha grande forza d’animo, ma un pizzico di talento in meno. Avrebbe potuto vincere più rapidamente, Alcaraz, e a nessuno sarebbe parso strano. Aveva in mano il primo set già dal quinto game, grazie a un break confezionato sui doppi falli di Sinner; ma ha peccato di presunzione e ha dato per scontato che il suo servizio avrebbe retto a qualsiasi assalto. Sinner è rimasto sul pezzo e ha operato l’aggancio (4-4) ripulendo le righe laterali con le proprie traiettorie a uscire. E’ stato il suo momento migliore, però nel tie break non ha saputo dare continuità alle iniziative e ha sbandata sull’efficiente incalzare di Alcaraz, che da lì si è nuovamente distaccato. Addirittura fino al 3-0 del secondo set, che di fatto ha chiuso la disputa. C’è ancora una finale da giocare, tra Alcaraz e Medvedev. Ma Carlos ha ribadito di valere il numero uno, e può riprenderselo vincendo il Masters d’inizio stagione. […]
Furia Berrettini: “Toglietemi dal campo” (Vincenzo Martucci, Il Messaggero)
C’è sconfitta e sconfitta. Quelle di Jannik Sinner e Matteo Berrettini, nella semifinale di Indian Wells in California contro Carlos Alcaraz per il 21enne altoatesino e nei quarti di Phoenix in Arizona contro Alexander Shevchenko per il 26enne romano sono lontanissime. Più dei 400 chilometri fra le due città, più della classifica mondiale dei vincitori (numero 2 e 132 del mondo), più della caratura di un super-Masters 1000 con oltre 8 milioni di dollari di premi rispetto a un Challenger da 175 mila. «La più grande differenza è stato il rendimento del servizio, ma molti dei miei miglioramenti li dovrò proprio ad Alcaraz», ha commentato pur deluso Jannik dopo il 7-6 6-3. «Toglietemi dal campo, vi prego, sono inguardabile», ha urlato invece disperato Matteo al suo clan. Berrettini, che è sempre ripartito alla grande dopo i molti infortuni, dopo il ko all’esordio di Indian Wells contro Taro Daniel, con grande umiltà e volontà, è tornato a Phoenix al Challenger “250” vinto nel 2019. Da numero 23 del mondo, 1 del torneo, ha battuto di misura il lucky loser il 21enne Mattia Bellucci (150 ATP) per 6-4 6-4 e l’australiano Vukic (n.186), preveniente dalla qualificazioni per 7-5 7-6, e ha perso 6-4 3-6 6-3 col russo Shevchenko, n.132, altro qualificato. Senza ritmo ed energia, senza servizio e fiducia, commettendo errori grossolani. Dopo il ko d’acchito agli Australian Open, fallendo il match point della clamorosa rimonta al quinto set contro Murray, Matteo è rientrato in gara ad Acapulco, ma al terzo turno si è ritirato per paura di un nuovo infortunio e in California ha perso al primo turno. Sicuramente non vede i frutti della lunga sosta d’allenamenti, da cui le facili e dolorose provocazioni social. «Non è colpa di Melissa (Satta)», ha protestato. Ma la love story da copertina lo tormenta insieme alle voci dell’innesto di un super-coach accanto a Vincenzo Santopadre. Anche se a Phoenix sono uscite tutte le prime 8 teste di serie, le aspettative dell’ex 6 del mondo sono molto superiori. E da mercoledì gioca a Miami, ancora senza il numero 1 del tennis e dei No Vax, Djokovic, che non può entrare negli Usa. A Indian Wells, Sinner, dopo il successo sul 5 del mondo, il campione uscente Taylor Fritz, sognava la rivincita su Carlos Alcaraz dopo il match point fallito nei quarti degli US Open di settembre. E’ andato sotto 2-4, ha recuperato, s’è caricato ma ha mancato un set point sul 6-5: «Ho sbagliato scelta, dovevo giocare incrociato, sono andato sul lungolinea» E poi, al tie-break, insieme al servizio, ha perso coraggio, fiducia e fantasia, e non s’è più ripreso. «Sono comunque ottimista, mi accorgo di essere molto vicino a Carlos, nonostante mi auguro di spostarmi presto più rapidamente in campo. Negli ultimi mesi sono migliorato molto, fra un anno devo essere un giocatore ancora diverso, ma ho bisogno di 2-3 per arrivare al top fisicamente».