In seguito alla vittoria in tre set su Botic Van De Zandschulp, Matteo Berrettini vede il bicchiere mezzo pieno: “Il match di oggi mi dà tanta fiducia, perché ho vinto in tre set senza giocare il mio miglior tennis contro un avversario che ha fatto molto bene. Quindi so di poter giocare meglio, e sono comunque contento di averla chiusa in tre”.
L’AMICO RITROVATO NEI MOMENTI CHIAVE, AKA IL SERVIZIO
Contro l’olandese la percentuale di prime in campo è stata più bassa del solito (51%), ma con ottima conversione (83 con la prima, 63 con la seconda e nove palle break salvate su nove). Si tratta di un’ulteriore fonte di ottimismo: “Oggi ho perso un pochino il tempo perché mi stavo lanciando la pallina un pochino troppo in avanti e un pochino troppo bassa. Detto questo non sono preoccupato: il servizio a volte è un aspetto mentale, e quando mi è servito l’ho usato bene, tant’è che non ho mai perso la battuta. Inoltre credo di aver servito bene la seconda”.
IL TABELLONE E LO STATUS
La conferenza stampa del romano si è svolta nella sala stampa principale del torneo, un luogo che un paio d’anni fa avrebbe potuto bazzicare solo da avversario di un top player; che ora possa parlare da questa sala in virtù dei risultati raggiunti è sì un’enorme validazione, ma nella sua mente deve rimanere solo una tappa: “Credo di aver meritato di fare l’intervista qui, il mio obiettivo adesso è di giocare sui campi principali sin dai primi turni, perché vorrebbe dire aver raggiunto obiettivi ancora più importanti e avere quindi ancora più considerazione”.
A riprova della stima nei suoi confronti, una sua eventuale finale contro Djokovic è la terza più quotata dopo Djokovic-Medvedev e Djokovic-Federer. Anche in questo caso, però, Berrettini sottolinea giustamente come queste stime lascino il tempo che trovano: “Sono orgoglioso che i bookmakers mi stimino così tanto, ma i punti vanno sudati uno per uno: non so cosa pensassero dei match di oggi, ma io mi sono sentito in difficoltà perché lui ha giocato bene”.
Il tabellone dell’azzurro sembra essersi aperto abbastanza rapidamente, visto che i tre seed presenti nel suo ottavo (John Isner, Casper Ruud e Aslan Karatsev) sono stati eliminati al primo turno; il suo prossimo avversario sarà quindi Aljaz Bedene (che peraltro ha perso solo 11 game in due partite), a cui seguirebbe il vincente di Thompson-Ivashka. Lui però non la vede in questo modo, e non lesina critiche ai giornalisti che hanno questo tipo di concezione, pesando aspetti come ranking e quote più della realtà del campo: “Per me i quarti non sono un traguardo minimo, voi non mi ascoltate quando parlo. Non sono mai stato ai quarti di Wimbledon e non concepisco il tennis in questa maniera. Se i più forti del mio ottavo sono usciti significa che gli altri stanno giocando bene, bisogna vincere un match alla volta”.
LA MISTICA DI WIMBLEDON
I Championships sono un torneo speciale per Berrettini, non solo perché è il primo in cui ha raggiunto il quarto turno nel 2019 ma perché è anche il sito di tanti match che l’hanno fatto innamorare del gioco, uno su tutti: “Ricordo la finale del 2009 fra Federer e Roddick, ero ad un campo estivo e un sacco dei presenti dopo un po’ non ne potevano più, mentre io volevo guardare ogni singolo punto, non riuscivo a staccarmi dallo schermo. Tifavo per Roger, non so se lui lo sa!”
Il fascino di questi campi non è diminuito quando è infine riuscito a giocarci: “C’è sempre una sensazione speciale con Wimbledon. Prima di giocare il torneo juniores non ci ero mai stato, ma ho sempre sentito che ci fosse qualcosa di speciale. Quando sono venuto qui per la prima volta ho pensato che fosse come un tempio, tutti gli appassionati e non dovrebbero venirci almeno una volta“.
IL RISCHIO INFORTUNI
Infine, gli è stata rivolta una domanda sulle numerose scavigliate dei primi giorni di torneo, attribuite da più parti al forte tasso d’umidità. Berrettini in passato ha avuto diversi problemi alle suddette articolazioni, ma non si dice preoccupato: “Ho visto che sono scivolati in parecchi, soprattutto sul Centrale. Io mi sento bene, i campi sono diversi rispetto al Queen’s, ma non ho cattive sensazioni, tocchiamo ferro!“