Berrettini per l'impresa (Crivelli, Mastroluca, Panatta)

Rassegna stampa

Berrettini per l’impresa (Crivelli, Mastroluca, Panatta)

La rassegna stampa di venerdì 9 luglio 2021

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La grande occasione (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Questa è la storia di uno di noi. Di un ragazzo che mai avrebbe immaginato di ritrovarsi campione e oggi busserà alle porte della storia su un tappeto d’erba che non è semplicemente un campo da tennis, ma uno dei luoghi più iconici dello sport e perfino della cultura popolare. Un italiano in semifinale a Wimbledon dopo 61 anni è già un romanzo epico, eppure Berrettini possiede la testa, il braccio, le gambe e il cuore per battere Hurkacz, e scrivere addirittura un capolavoro. Oggi pomeriggio Matteo potrebbe colmare un vuoto che solo fino a tre anni fa volteggiava come un incubo sulla tradizione del nostro tennis. A inizio del 2018, Berretto era ancora fuori dai 100 e alternava i tornei Atp ai Challenger. Una strada partita da molto lontano, masticando il pane duro dei tornei del sottobosco: per questo il risultato del numero uno italiano è ancor più scintillante e carico di emozioni. Quei giorni, tra l’altro, rimangono un punto fisso nell’orizzonte di Matteo: «Io resto quello che da ragazzino giocava i tornei-rodeo con mille iscritti organizzati dal mio coach Santopadre. Sono ancora in contatto con tanti miei avversari di allora, con i soci dei circoli, con gli allenatori: lo faccio per me stesso, per non dimenticare mai da dove arrivo. Tre anni fa perdevo da Marterer al Challenger di Cherbourg, ora sono a un passo dal sogno di una vita. Sono molto fiero di me, sono sempre andato dentro le difficoltà, anche negli ultimi mesi, ho mandato giù anche qualche boccone amaro a causa di persone che non apprezzavano quello che stavo facendo. Mi godo il momento, ma la corsa non è finita». Adesso ha uno spirito diverso pure rispetto all’altra semifinale Slam già giocata, quella degli Us Open 2019: «A New York fu decisamente diverso, ma allo stesso tempo fantastico. Ovviamente quella volta non immaginavo prima del torneo che avrei potuto raggiungere un obiettivo simile. Ho giocato bene, ho combattuto come sto facendo adesso, ma è stato più inaspettato. All’inizio di Wimbledon, invece, sapevo che potevo farcela. Sento di essere un giocatore migliore, ora. Ho più esperienza. Ho più match sulle spalle. Tutto quello che sto ottenendo è fantastico, ma non inaspettato». […] Coach Santopadre, un secondo papà, sogna insieme all’allievo: «Una semifinale contro Hurkacz è ovviamente una cosa diversa rispetto a un match con Federer. Il polacco è un giocatore sempre tignoso, reagisce alle difficoltà. Serve bene, risponde bene, è completo, sa giocare bene anche in difesa ma è pure propositivo. Ma secondo me Matteo è ancora favorito». Dai Challenger alla gloria: sui prati più sacri finalmente c’è un posto in prima fila anche per noi.

Come on, Berrettini! (Alessandro Mastroluca, Corriere dello Sport)

L’appuntamento con la storia è fissato alle 14.30, ora italiana. Matteo Berrettini entrerà per la prima volta quest’anno sul Centrale di Wimbledon per la semifinale contro il polacco Hubert Hurkacz. Vincendo, diventerebbe il primo italiano in finale nel torneo più prestigioso in calendario, e il primo finalista Slam azzurro in singolare maschile dopo il trionfo di Adriano Panatta al Roland Garros del 1976. L’Italia non vanta una tradizione di particolare successo sull’erba dell’All England Club, ma Berrettini ha tutti i requisiti per invertire la rotta. Finora, infatti, è questo lo Slam in cui ha vinto più partite. Il numero 1 azzurro ha già disputato una semifinale Slam, allo US Open contro Rafa Nadal nel 2019. «Rispetto ad allora, oggi è cambiato tanto — ha detto dopo il successo nei quarti sull’amico Felix Auger-Aliassime – Due anni fa, prima dell’inizio del torneo, non pensavo che sarei potuto arrivare così lontano. Ho affrontato una partita alla volta, lottando come sto facendo adesso ma è stato un risultato inaspettato. Stavolta è diverso, all’inizio di Wimbledon sapevo che avrei potuto fare molto bene. So che il mio percorso, peraltro non è ancora finito. Sento comunque di avere molta più esperienza e di essere un giocatore decisamente migliore». Finora, Berrettini sull’erba ha ottenuto soltanto vittorie. Dopo il successo al Queen’s alla prima partecipazione nel torneo, sono scattati inevitabili paragoni con Boris Beckei l’ultimo giocatore capace di compiere una simile impresa. Era il 1985, l’anno in cui poi il tedesco avrebbe cambiato la storia alzando a 17 anni il trofeo per il vincitore di Wimbledon. Nel suo percorso in entrambi i tornei c’è una costante preziosa, la sicurezza con cui sta gestendo i momenti più caldi delle partite. L’ha sottolineato anche in un’intervista a Sky tornando sul match contro Auger-Aliassime. «So che posso creare più problemi al mio avversario, ma nonostante le difficoltà davo l’impressione di essere molto sicuro di me, di testa era come se stessi riuscendo a fare tutto al meglio — ha detto – Ora ho la consapevolezza di poter alzare il livello nei momenti importanti». In uno sport di sottigliezze e di dettagli come il tennis, il gioco psicologico è importante tanto quanto un servizio o una volée. «La partita con Hubert sarà davvero dura — ha commentato Berrettini – Sta vivendo una grande stagione, qui sta molto bene, ha sconfitto in fila Daniil Medvedev e Roger Federer».

Matteo è pronto per l’impresa (Adriano Panatta, Tuttosport)

Che avrebbe vinto gliel’ho letto negli occhi, che sia pronto per la grande impresa, lo penso ormai da qualche tempo. Matteo mi diverte, e lo ringrazio per questo. Lo sport è vittoria e sconfitta, ma è anche divertimento. E dite, non è proprio la gioia di cui la Nazionale e Matteo si sono fatti portatori ciò che rende bello lo sport azzurro in Inghilterra, in queste giornate mai vissute prima? L’insegnamento mi viene dall’erba di Wimbledon, io che non sono mai stato erbivoro. La prima volta che scesi sul Centre Court, in un’edizione dei Championships di tanti anni fa, fu grazie a Neale Fraser, australiano, campione già affermato. Era il giorno d’apertura, l’erba era pettinata come una diva. Camminai dietro Fraser, attento a poggiare i piedi sulle orme lasciate da lui. Prima di cominciare mi feci più vicino e gli sussurrai: «Guarda che bel campo, finiremo col rovinarlo tutto, giocandoci». Neale mi sorrise, quasi paterno. «E’ una possibilità – mi rispose -, e allora sai che facciamo? Giochiamo la più bella partita che abbiano mai visto e facciamoli divertire come non hanno mai fatto. Sarà un modo per scusarci». Fu una frase che mi sono tenuto dentro. Tutto mi apparve chiaro… Perché fossi lì con una racchetta in mano, e perché avessi deciso di fare il tennista. Non so se è vero, ma ho l’impressione che Matteo queste cose le sappia. Lo vedo che ha il gusto del bel punto. Ma ha colpi diversi dai miei, sì, anch’io ero più dritti che rovesci, ma lui va a velocità supersonica. Non mi permetterei mai di dargli consigli, per quelli c’è coach Santopadre, bravissimo. Ma penso di sapere che cosa gli passa per la testa, quando gioca. Glielo leggo nello sguardo. E posso immaginare che cosa si sia aggrovigliato nei suoi pensieri quando il canadese l’ha agguantato nel secondo set, fino a riportare la sfida in parità, e quanta pazienza sia occorsa – con se stesso, soprattutto – per mantenere i nervi saldi, fare le cose giuste, cercare di evitare la fretta e attendere il momento buono per riprendere il comando del gioco. Matteo vi è riuscito sul finire del terzo set. Li ha vinto la partita, dimostrando di essere un tennista compiuto, ormai adulto. Per questo dico che Matteo è pronto. È un grande tennista, ed è pronto per farlo sapere a tutti.

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