Holger Rune sorpreso in semifinale al Challenger di Pau

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Holger Rune sorpreso in semifinale al Challenger di Pau

Il teenager danese perde dal 20enne Jiri Lehecka ma avvicina la top 100. A trionfare è il moldavo Radu Albot mentre in Brasile Baez ottiene la sua sesta vittoria

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Holger Rune - Metz 2021 (via Twitter, @MoselleOpen)
 

Al Challenger 100 di Pau (cemento indoor) clamorosa, ma non del tutto inaspettata, eliminazione in semifinale di Holger Rune che perde 3-6 6-3 6-4 da Jiri Lehecka (n.159 ATP, 20 anni e già due titoli in stagione a Tampere e Bucarest). La sconfitta gli impedisce di entrare in top 100, ma dal n.102 ATP appena conquistato, il traguardo non appare molto lontano, così come l’accesso al tabellone principale degli Australian Open. In vena di autocitazioni potremmo ricordare che avevamo scritto che per il giovane danese il percorso verso il successo non sarebbe stato facile, proprio perché conoscevamo il grande talento del ragazzo ceco.

Un talento purtroppo ancora discontinuo come ha confermato l’esito della finale che l’ha visto soccombere 6-2 7-6(5) contro l’esperto Radu Albot che, con una strategia puramente difensiva, lo ha mandato spesso in confusione. Esemplare il tie-break del secondo set in cui Lehecka è l’unico che prova a fare gioco ma è troppo falloso, con l’involontaria complicità dell’arbitro che sul 5-4 gli nega un punto che lo avrebbe portato al doppio set point. Per il 32enne moldavo, già n.39 nel 2019, è l’ottavo titolo Challenger in carriera, il primo di una stagione che finora gli aveva riservato ben poche soddisfazioni. Per il giovane talento ceco una piccola battuta d’arresto su una strada che siamo convinti sarà piena di soddisfazioni. Intanto dal suo nuovo best ranking (n.138 ATP) vede più da vicino le posizioni che contano.

Al Challenger 80 di Helsinki (cemento indoor) lo slovacco Alex Molcan (n.103 ATP) spazza via 6-3 6-2, in una finale a senso unico, il portoghese Joao Sousa (n.147 ATP) che riesce a resistere poco più di un’ora. Molto bravo il 23enne Molcan che mette in bacheca il suo secondo Challenger (in agosto a Liberec il precedente) e completa una stagione molto brillante che comprende anche la finale dell’ATP 250 di Belgrado (sconfitto da Djokovic) e del Challenger di Prostejov (battuto da Federico Coria), nonché le semifinali Challenger di Barcellona, Bratislava e Bergamo. Tutto ciò gli vale l’ingresso in top 100 al n.87, che ovviamente è anche il suo nuovo best ranking. Per il 32enne Joao Sousa, già n.28 ATP nel 2016, rimandato ancora l’appuntamento con la vittoria, che nel circuito cadetto gli manca dal lontano 2013 (Guimaraes Open).

Al Challenger 80 (terra battuta) di Campinas, città nello stato di San Paolo, è andato in scena un torneo di altissimo livello, come certifica la classifica media delle prime quattro teste di serie (n.83 ATP), evento quasi unico nel circuito Challenger. Ha vinto Sebastian Baez battendo nettamente il brasiliano Thiago Monteiro col punteggio di 6-1 6-4. Una finale sorprendentemente piatta al termine di un torneo molto avvincente, ma quest’anno l’argentino è davvero intrattabile: sei Challenger in bacheca alla pari col francese Bonzi e dietro solo al cannibale Griekspoor. Per Sebastian ingresso in top 100, precisamente alla posizione n.97, e il sospetto che la prossima stagione lo vedremo recitare su ben altri palcoscenici.

 

In Illinois, nella cittadina di Champaign, il locale Challenger 80 (cemento indoor) ha messo curiosamente in scena l’immediata rivincita tra il 25enne australiano Alexandar Vukic e Stefan Kozlov (23enne statunitense di origini macedoni) che proprio due settimane fa lo aveva battuto a Charlottesville. Vukic, dopo aver vinto il primo set, sembrava sulla buona strada per pareggiare i conti, ma nel prosieguo dell’incontro ha dimostrato ancora una volta di soffrire il gioco dell’avversario, finendo per cedere 5-7 6-3- 6-4, dopo oltre due ore di gioco. Per Kozlov è il terzo titolo in stagione (Charlottesville appunto e Columbus) e il quinto in carriera. Vukic proverà a consolarsi col nuovo best alla posizione n.156 ATP.

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La rinascita del tennis francese passa anche dal 18enne Luca Van Assche: “Sinner, Alcaraz e Rune sono un riferimento” [ESCLUSIVA]

Il classe 2004 transalpino arriva da 8 vittorie consecutive, in semifinale a Sanremo non ha intenzione di fermarsi: “Voglio arrivare il più in alto possibile”

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Luca Van Assche - ATP Challenger Sanremo 2023 (foto Tullio Bigordi)

Il Challenger 125 di Sanremo ha progressivamente visto diminuire, turno dopo turno, il numero di italiani in gara. Erano ben 15 gli azzurri ai nastri di partenza, con 7 derby che si sono disputati durante il torneo. Sabato però, a partire dalle 13.30, le semifinali vedranno impegnati un francese, un ceco, un peruviano e un belga, visto che nessun rappresentante del Bel Paese è riuscito a spingersi oltre i quarti.

Sia chiaro, non è l’inizio di una barzelletta, bensì la (quasi) fine del torneo sanremese, alla sua seconda edizione consecutiva in cui è passato dalla categoria ’80’ del 2022 – con il grande successo di Holger Rune – alla attuale categoria ‘125’. Ad aprire il programma (alle 11) sarà la finale di doppio, che vedrà opposti Cornea/Skugor e Cacic/Demoliner. A seguire, non prima delle 13, nella prima semifinale di singolare si affronteranno il ceco Vit Kopriva e il talentuoso francese Luca Van Assche, che si è raccontato ai nostri microfoni dopo la vittoria di ieri nei quarti di finale. A ruota anche la seconda semifinale, che vedrà opposti Juan Pablo Varillas, peruviano e prima testa di serie, e il belga Kimmer Coppejans.

“Ieri ho giocato un gran match, sono contento di aver raggiunto la semifinale qui dopo tre buone partite” – ha dichiarato il giovane classe 2004 transalpino, prossimo ormai all’ingresso in top100. Nella classifica live, infatti, Van Assche è n°101 ATP: con una vittoria oggi entrerebbe nell’élite del tennis maschile, salendo al n°97 (arriverebbe al n°89 o n°90 in caso di titolo). “Uno dei grandi obiettivi di questa stagione era vincere nuovamente un challenger ed entrare in top100, ci ha raccontato il francese. “Al momento ne ho vinto uno – la scorsa settimana a Pau, in Francia, battendo tutte le prime 3 teste di serie, ndr – e sono molto vicino ad entrare tra i primi 100. Spero di vincere oggi in modo da riuscirci subito, ma se così non sarà è solo questione di tempo, sono sulla buona strada.

 
Luca Van Assche – ATP Challenger Sanremo 2023 (foto Tullio Bigordi)

Forte anche di una striscia aperta di 8 successi di seguito, a questo punto è probabilmente il caso di ridefinire gli obiettivi stagionali, alzando l’asticella. “Spero di giocare al meglio sulla terra, devo dire che ho iniziato piuttosto bene (sorride, ndr). Per essere il primo torneo stagionale sul rosso non posso lamentarmi, oggi gioco una semifinale importante e sono molto contento del mio percorso. Per il resto della stagione non mi pongo limiti, spero di arrivare più in alto possibile.

A 19 anni da compiere (il prossimo 11 maggio) Luca ha già vinto due challenger, diventando il primo tennista nato nel 2004 a trionfare in questo genere di tornei. Non deve certo essere semplice raccogliere l’eredità di una generazione che ha sfornato diversi top10, tra cui Simon, Tsonga, Gasquet e Monfils. Il transalpino, però, non si pone limiti: “È chiaro che non è facile, in Francia sono stati molto criticati nel corso della loro carriera nonostante tutti siano stati top10. Sono delle leggende per il nostro sport, spero vivamente di poter seguire le loro orme”.

La miglior gioventù sta accumulando grandi risultati anche nel gotha del tennis mondiale, come testimoniano i continui record infranti da Carlos Alcaraz o il match straordinario vinto nella notte da Jannik Sinner contro lo spagnolo. Di recente Holger Rune ha dichiarato che gli piacerebbe poter essere un membro dei nuovi big3, insieme proprio a Carlos e Jannik. E chissà che anche Luca non possa inserirsi in questa cerchia ristretta: “Mi piacerebbe molto, anche se al momento Sinner, Alcaraz e Rune sono i migliori giovani in assoluto e il riferimento per tutti noi. Mi auguro che tra qualche tempo potrò giocare e vincere anche contro di loro”.

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Challenger

Torino, non solo ATP Finals ma anche Piemonte Open Intesa Sanpaolo (14-20 maggio)

La forza della tradizione: storia di cinque Coppe Davis, Nicola Pietrangeli che batté Rod Laver (1961) e a maggio, un challenger (175.000 €) al Circolo della Stampa – Sporting con un probabile cast di partecipanti da ATP 250.  Fabrizio Paschina, Executive Director Comunicazione e Immagine di Intesa Sanpaolo: “Ecco un altro tassello alla nostra strategia di partecipazione…”

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a sinistra Fabrizio Paschina (direttore comunicazione e immagine Intesa Sanpaolo) e a destra Giorgio Di Palermo (direttore del torneo Piemonte Open Intesa Sanpaolo) - foto Andrea Pellegrini / FITP

Il “Piemonte Open Intesa Sanpaolo”, evento premium della neonata categoria Challenger 175, sarà il nuovo torneo ATP della città di Torino che va ad arricchire il già importante scenario e calendario tennistico offerto dal capoluogo piemontese. Dal 14 al 20 maggio saranno i campi in terra rossa del Circolo della Stampa Sporting ad ospitare i campioni affermati e le giovani promesse che vi prenderanno parte, per un appuntamento che promette di offrire grande spettacolo per tutti gli appassionati di tennis. “Essere Title Partner di questo nuovo evento che si svolgerà a maggio è fondamentale per aggiungere un altro tassello alla nostra strategia di partecipazione sia sul territorio, sia su Torino, sia verso gli appassionati di tennis” ha dichiarato Fabrizio Paschina, Executive Director Comunicazione e Immagine di Intesa Sanpaolo.

Un ritorno ai fasti del passato per l’impianto torinese, dato che lo Stadio del Tennis vanta una ricca storia avendo ospitato gli Internazionali d’Italia del 1961 e la Nazionale italiana per alcune sfide di Coppa Davis e Federation Cup tra gli anni ’60 e ’70.

Questi gli incontri della nazionale italiana di Coppa Davis disputati al Circolo della Stampa Sporting Torino:

 

1949 – Italia b. Cile 4-1 (Zona europea, quarti di finale, 9-16 giugno)
1953 – Italia b. Svezia 4-1 (Zona europea, quarti di finale, 10-14 giugno)
1960 – Italia b. Cile 3-2 (Zona europea, quarti di finale, 10-12 giugno)
1964 – Svezia b. Italia 3-1 (Zona europea, quarti di finale, 11-14 giugno)
1973 – Italia b. Spagna 3-2 (Zona europea, semifinali, 20-22 luglio)


Intervengono Pietro Garibaldi, Presidente del Circolo della Stampa Sporting Torino, Giorgio Di Palermo, Direttore del Torneo, Gianni Ocleppo, Presidente Comitato d’Onore Nitto ATP Finals, e Fabrizio Paschina, Executive Director Comunicazione e Immagine di Intesa Sanpaolo

Ed ecco la ricostruzione della famosa finale vinta da Nicola Pietrangeli su Rod Laver pubblicata da OK Tennis.

Il giorno che Pietrangeli distrusse Laver

di Raffaello Esposito

1961, gli albori dei mitici Sixties.

Mentre ad Amburgo la bionda Astrid Kircherr sforbiciava alla Giulio Cesare i capelli a quattro teddy boys di Liverpool, a Berlino prende forma concreta l’incubo della “cortina di ferro” evocato quindici anni prima da Churchill. Nella capitale tedesca ha inizio la costruzione di un muro che per quasi trent’anni separa amici e fratelli, simbolo visibile di un mondo diviso a metà. Il 26 giugno di due anni dopo è una giornata ventosa e quel muro una dolorosa realtà. Da un podio imbandierato eretto in Rudolph-Wilde-Platz il ciuffo alla James Dean di John Fitzgerald Kennedy è spettinato mentre celebra “the fighting spirit of West Berlin” con il celebre passaggio “Today, in the world of freedom, the proudest boast is Ich bin ein Berliner!”. Oggi quella è la sua piazza. Gli fu intitolata tre giorni dopo l’assassinio di Dallas.

Il loro muro gli uomini con la racchetta lo aveva costruito ben prima.

Il passaggio del grande Tilden fra “le puttane dei pro” (ipse dixit) alla fine del 1930 non poté essere ignorato e fino al 1968 una barriera, invisibile, impenetrabile, ipocrita, tagliò in due il mondo del tennis. Chi passava di là pagava l’affronto con l’esclusione dal circuito ufficiale che comprendeva Wimbledon, la Davis e tutto il resto. Il risultato fu che per decenni i campioni veri erano altrove, con pochissime eccezioni. Una di queste fu Roy Emerson, l’australiano scolpito con l’accetta che si credeva sempre il più forte di tutti.

Un’altra fu Nicola Pietrangeli, nato a Tunisi lunedì 11 settembre 1936.

“I miei nonni materni russi e nobili , quelli di mio padre tedeschi e svedesi. Insomma, sono un bel bastardo ma avrei potuto farmi chiamare conte”.

In questa dichiarazione c’è tutto il personaggio.

Cosmopolitismo, consapevolezza del proprio valore, furbizia e quel pizzico di ribalderia che quando è ben dosata non guasta.

Ma poi c’era la pigrizia, caratteristica , quella sì, tutta italiana fin dagli ozi capuani di Annibale Barca, il fulmine di guerra.

Il talento evidente gli avrebbe consentito qualunque tipo di gioco, ma quanto era più comodo governare scambi e avversari da fondocampo con quel rovescio olimpico – più forte del dritto al pari di grandi come Budge e Jimmy Connors – che era pura sinfonia?

Solo il piccolo maestro Rosewall rivaleggiava con lui in quel colpo.

Era bravo come i pro, li batteva spesso in allenamento e nel 1960 Jack Kramer riuscì finalmente a fargli firmare un contratto per passare l’Acheronte.

Ricco, ricchissimo. Faraonico.

Ma significava essere banditi dal salotto buono dei circoli più prestigiosi del mondo, nei quali il suo sguardo ceruleo faceva strage di cuori. In cambio scompartimenti di treno e sedili d’aereo per dieci mesi l’anno, arene improvvisate e spogliatoi fatiscenti con un chiodo per appendiabiti. Decise che i soldi non valevano quella vita scabra, alla quale per natura era poco incline. Preferì l’esistenza comoda del circuito ufficiale, nel quale comunque circolavano cospicui “Under the table money”, come li chiamava lo sgamato Bobby Riggs, uno che ne capiva e che forse li aveva pure inventati.

Nicola Pietrangeli fu un tennista sublime pur non sfruttando al massimo tutte le doti che possedeva. Resistentissimo e solido, sapeva essere potente ma preferì sempre l’accuratezza del piazzamento, il controllo totale della palla. La sensibilità del tocco gli consentiva comunque un’agevole frequentazione della rete, come stanno a mostrare i notevoli successi in doppio con Orlando Sirola e un giovane Panatta.

Quando si aprono gli Internazionali d’Italia 1961 Nick è considerato il più forte tennista del mondo sulla terra battuta. Ha vinto i due precedenti il Roland Garros e anche quell’anno Parigi lo vedrà in finale. Perderà al quinto contro l’astro nascente Santana, pagando forse carissima una fuga a Roma per la nascita del figlio.

“…vado dal giudice e gli dico che parto. La domenica sono partito, mio figlio è nato e ancora oggi non so perché l’ho fatto ma sono rimasto a Roma altri tre giorni”.

Novello Annibale, appunto.

Si celebra il centenario dell’Unità d’Italia e quell’anno il torneo si gioca a Torino, capitale fino al 1865, sui campi rossi del Circolo della Stampa.

I nomi sul tabellone certificano durezza e lignaggio della competizione. Oltre a Nicola e Beppe Merlo ci sono lo spagnolo Manolo Santana, inventore del lift estremo, e tre australiani uno più forte dell’altro. Nell’ordine Neale Fraser, Roy Emerson e un ventiduenne dall’occhio di falco che è solo all’inizio ma ha già fatto parlare di sé.

Il suo nome è Rodney George Laver, per tutti Rod.

Pietrangeli ci ha già perso due volte, entrambe sull’erba dove il suo tennis è certamente meno redditizio. Nella semifinale di Wimbledon 1960 però mancava tanto così… Nicola si era arreso solo al quinto per 6-4, pagando salatissimo un calo di concentrazione in battuta all’avvio del set decisivo. Adesso però si gioca sulla sua superficie preferita, è in gran forma e in quella primavera ha trionfato dal Cairo a Montecarlo e sembra non conoscere sconfitta. A Torino sorvola il torneo senza perdere un set, annichilendo in semifinale Roy Emerson, un tipino capace di dodici Slam in carriera.

Dall’altra parte dell’arena Laver deve lottare molto più duramente per arrivare alla finale di lunedì 15 maggio. Non è ancora il consapevole monarca del tennis ma il suo gioco appare comunque rivoluzionario. Anticipo estremo, uso del polso, top spin violento anche dalla parte del rovescio, assalto della rete. L’anno dopo sarà Grande Slam, il primo di due. Spende moltissime energie per domare l’orgoglio di Beppe Merlo prima e di Santana poi e quando arriva l’incontro decisivo non ne ha più.

L’australiano dà tutto nel primo set, nel quale predominano scambi entusiasmanti soprattutto perché Nicola accetta il gioco pesante per non farsi intimidire.

Laver sembra padrone quando gli strappa due servizi per un 5-1 illusorio quanto una fatamorgana. Da quel momento Rod vincerà solo sette giochi in tre set e mezzo. Pietrangeli ci ha messo un po’ a scaldare il fisico massiccio e ora tutto gira a meraviglia. Esalta i duemila spettatori presenti sul Centrale con una rimonta furiosa che lo porta al 5 pari. Si va ad oltranza e solo due rovesci lunghi – vos quoque! – consentono a Laver il break decisivo per un 8-6 sfiancante.

Ed ecco che Pietrangeli Nicola da Tunisi decide di non sbagliare più. Letteralmente. Oltre la rete c’è un combattente vero, uno che dai suoi allenatori, prima Hollis poi Hopman, è stato cresciuto nel culto della resistenza fisica, della lotta su ogni palla. Ma gli servirebbe un bazooka per sfondare il muro che gli si para davanti, non la sua misera Dunlop.

Nick adesso piazza i colpi negli ultimi cinque centimetri del campo, impedendo al suo avversario qualunque aggressione per mezzo della sola lunghezza di palla. Poi, quando decide che è il momento giusto, chiude. Sono colpi di stiletto continui che pian piano dissanguano il grande australiano, costretto ad attaccare da lontanissimo e ripetutamente battuto da passanti piazzati col mirino. I due stanno ancora giocando ma la partita non c’è più. Nello spazio di tempo occupato del primo combattuto set Pietrangeli ne vince tre col punteggio di 6-1 6-1 6-2.

È il suo secondo titolo agli internazionali d’Italia, uno degli ultimi urrah importanti di una carriera irripetibile.

Adesso tutti sapevano che poteva essere il più forte, in fondo a lui bastava così.

“Parva sed apta mihi”.

15/05/1961

Internazionali d’Italia, Torino – Finale

N. Pietrangeli b. R. Laver 6-8 6-1 6-1 6-2

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Challenger

Un grande Gianluca Mager raggiunge i quarti al Challenger di Sanremo. In Messico Gaio batte Huesler

Anche Vavassori ai quarti in Liguria. Acuto di Federico: battuto lo svizzero n.47 ATP

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Gianluca Mager - Uff.Stampa Sanremo Tennis Cup
Gianluca Mager - Uff.Stampa Sanremo Tennis Cup

Al Challenger 125 di Sanremo (terra battuta outdoor) sono due gli italiani che approdano ai quarti di finale. A cominciare da un ottimo Gianluca Mager che sta giocando alla grande il torneo di casa e ha battuto in sequenza due dei nostri migliori talenti: Luca Nardi (6-4 6-4) e Giulio Zeppieri (7-6 6-3). Sarà che gioca in casa, proprio nel circolo dove è cresciuto, sarà che vuole dimenticare un 2022 che professionalmente non gli ha regalato tante gioie (con l’eccezione della vittoria a Las Palmas in marzo), facendolo precipitare in classifica proprio pochi mesi dopo aver stabilito il suo best ranking alla posizione n.62. Quale che sia la motivazione profonda, in questo torneo il tabellone gli ha opposto due dei migliori next gen italiani e lui, puntigliosamente, ci ha tenuto a ribadire i diritti dei (quasi) trentenni. Adesso l’aspetta Vit Kopriva da Bilovec (Repubblica Ceca) che in virtù della miglior classifica (n.165 ATP) dovrebbe essere favorito, dopo aver eliminato al secondo turno Flavio Cobolli. Ma con questo Mager tutti i porti sono aperti.

Approdo ai quarti anche per Andrea Vavassori che prima ha la meglio sul russo Pavel Kotov (n.117), costretto al ritiro sullo 0-4 del terzo set, per poi prevalere nel derby contro il concittadino Edoardo Lavagno (n.340 ATP) che conferma comunque l’ottimo momento di forma. Nei quarti Vavassori troverà Juan Pablo Varillas (n.88), il Davisman peruviano che dovrà difendere la sua prima testa di serie. Compito non facile per l’azzurro, ma forse nemmeno impossibile, con il conforto di una invidiabile continuità di rendimento (10 vittorie e 4 sconfitte in stagione), non priva di interessanti picchi. Eliminati Andrea Pellegrino proprio da Varillas e Giovanni Fonio che nulla può (6-3 6-3) contro il francese Luca Van Assche (n.108 ATP), il nostro favorito per il successo finale.

Al Challenger 125 di Città del Messico (terra battuta outdoor) erano due gli italiani in tabellone e precisamente Luciano Darderi e Federico Gaio. L’italo-argentino gioca ormai prevalentemente vicino a casa, a ulteriore conferma di come il suo centro di gravità sia in Sudamerica e non in Europa, ma continua anche a inanellare risultati non particolarmente brillanti. La sconfitta al primo turno contro il 31enne Renzo Olivo non è di quelle prestazioni che ci si aspettano dal giovane talento di Villa Gesell. Altrettanto inaspettata, in positivo, giunge la prestazione di Federico Gaio. Il tennista romagnolo, partito dalle qualificazioni, ha prima sudato le proverbiali sette camicie contro Juan Ignacio Londero, rimanendo in campo quasi tre ore: 7-6(5) 3-6 7-6(5), poi ha confezionato la grande sorpresa superando in rimonta (3-6 6-0 6-3) lo svizzero Marc-Andrea Huesler (n.47, campione uscente e prima testa di serie). Siamo davvero contenti per Gaio che sta finalmente tornando a giocare ai livelli che gli competono, dimostrando oltretutto una grande umiltà, senza paura di sporcarsi le mani nei tornei ITF (due le finali raggiunte) o di affrontare le qualificazioni in capo al mondo. Il match dei quarti contro il tedesco Dominik Koepfer (n.262) è alla sua portata.

 

Al Challenger 75 di Girona (Costa Brava, terra battuta outdoor), i tre azzurri in tabellone erano Riccardo Bonadio, Lorenzo Giustino e Raul Brancaccio. Solo quest’ultimo è riuscito ad uscire vittoriosamente dai blocchi di partenza, battendo in rimonta lo spagnolo Alex Marti Pujolras (n.376 ATP) col punteggio di 4-6 6-3 6-2. Poi ha ceduto, al termine di un match combattutissimo, finito al tie-break del terzo set, al portoghese Gastao Elias (n.222). Eliminati subito Bonadio contro Jesper de Jong e Giustino che si arrende al terzo set a Pablo Llamas Ruiz (n.323 ATP).

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