Identikit statistici: Roger Federer

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Identikit statistici: Roger Federer

Uno sguardo statistico al gioco di King Roger negli Slam

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Roger Federer - Australian Open 2018 (foto via Twitter, @AustralianOpen)
 

Lunedì 1 giugno 2009, Roger Federer scende in campo per gli ottavi di finale del Roland Garros. Dall’altra parte della rete, lo attende Tommy Haas, giocatore brillante che ha dimostrato, nel corso del torneo, un ottimo stato di forma. Per Federer, non è una partita come tutte le altre. Dopo aver dominato il circuito dal 2004 al 2007, qualificandosi per quindici semifinali su sedici nelle prove del Grande Slam e aggiudicandosi undici titoli, nel 2008 Rafa Nadal ha interrotto il suo dominio, strappandogli la prima posizione del ranking grazie anche a una vittoria in una partita leggendaria, in finale a Wimbledon, in cinque set.

Anche il 2009 si apre con una vittoria di Nadal, ancora una volta in cinque set, all’Australian Open, e le lacrime di Federer durante l’intervista post-match la dicono lunga sul suo stato d’animo. Il 31 maggio 2009 però, alla vigilia del match di Federer con Haas, accade l’incredibile. Nadal, che sulla terra sembrava addirittura inavvicinabile, ha perso il suo match di ottavi di finale in quattro set, sconfitto da Robin Soderling. Anche Djokovic, nella fase iniziale della propria carriera ma già avversario molto temibile, è stato sconfitto, addirittura al terzo turno, da Philipp Kohlschreiber, in tre set. È la grande occasione, per Federer, di rilanciarsi conquistando per la prima volta il titolo sulla terra di Parigi, che ancora lo separa dal Career Grand Slam.

Haas però non è affatto intenzionato a cooperare. Si porta in vantaggio di due set, e sul 4-3, servizio Federer, nel terzo set, si procura una pericolosissima palla break. Roger serve bene, ma senza forzare, e Tommy Haas riesce a indirizzare la propria risposta verso l’angolo sinistro, quello del rovescio. Federer decide però di girare intorno alla palla, e colpire di dritto. È una scelta estremamente rischiosa, specie data la situazione di punteggio: se il colpo non sarà vincente, Haas avrà molto campo a disposizione e potrà conquistare, se non il punto diretto, un notevole vantaggio nello scambio. Federer però gioca un dritto inside-out che lascia tutti a bocca aperta: Haas, come tutti gli spettatori, può solo ammirare.

Vincerà nove giochi consecutivi, chiudendo il terzo set per 6-4 e il quarto addirittura per 6-0. Haas cerca di reagire, ma Federer ha ritrovato lo slancio dei giorni migliori e si aggiudica anche il quinto set per 6-2. Non senza difficoltà, specialmente nella semifinale con Del Potro, Federer vincerà il titolo, che resta, ancora oggi, il suo unico trionfo a Parigi. A Wimbledon riconquisterà la prima posizione nel ranking ATP, rilanciando una carriera che, a dodici anni di distanza, forse non ha ancora smesso di sorprendere.

Tommy Haas, intervistato dopo il match, a una richiesta di commentare quel colpo straordinario, capace di cambiare la partita, risponde: “It’s just Roger, playing like Roger“, ovvero “È soltanto Roger che gioca come Roger“. Già, ma come gioca Roger? Quali sono, oltre alla classe del campione, le caratteristiche che rendono il gioco di Federer così vincente, e il campione svizzero così longevo ai massimi livelli? Proviamo a chiedercelo analizzando i dati dei suoi match nei tornei del Grande Slam nella seconda fase della carriera, negli ultimi dieci anni. Prima di cominciare, però, diamo uno sguardo allo sterminato palmarès di Roger.

PALMARÈS

Il talento di Federer sboccia molto presto, e gli vale la vittoria di Wimbledon Junior e la finale dello US Open Junior nel 1998, a 17 anni. Sempre nel 1998 gioca il suo primo match di livello ATP a Gstaad, e viene sconfitto in due set da Lucas Arnold Ker. Nel 1999 ottiene la sua prima vittoria in Coppa Davis sconfiggendo Davide Sanguinetti e conquista la sua prima semifinale ATP nel torneo di Vienna. A fine anno, raggiunge la sessantaquattresima posizione del ranking.

Nel 2000 raggiunge la finale ai tornei di Marsigna e di Basilea e conquista, un po’ a sorpresa, la quarta posizione alle Olimpiadi di Sydney. A fine anno, entra in Top 30. L’anno successivo, il 2001, segna un passaggio molto importante: Federer vince il suo primo titolo, a Milano, ma soprattutto sconfigge Sampras a Wimbledon in cinque set, interrompendo una striscia di trentuno vittorie consecutive del tennista americano in quel torneo. Resterà quella l’unica volta in cui Federer e Sampras si troveranno l’uno di fronte all’altro, e il match ha il sapore di un passaggio di consegne. Federer, nel 2001, conquista i quarti a Parigi e proprio a Londra (sarà sconfitto dallo specialista Tim Henman in quattro set). Forte anche della finale al torneo di Basilea e degli ottavi di finale raggiunti a Flushing Meadows, si affaccia alle soglie della Top 10, chiudendo l’anno in tredicesima posizione.

L’anno successivo conquista il suo primo Masters 1000, ad Amburgo, e accede per la prima volta alle ATP Finals. Il 2003 è l’anno della definitiva consacrazione: Federer trionfa a Wimbledon e conquista il suo primo titolo alle Finals. Si trova ancora secondo in classifica, a pochi punti da Andy Roddick, ma il sorpasso è soltanto questione di tempo.

Dal 2004 al 2007, come già descritto nell’introduzione, il campione elvetico domina il circuito: gli sfugge soltanto la vittoria a Parigi, complice l’esplosione di Nadal a partire dal 2005. Dopo la (relativa) crisi del 2008 e la reazione del 2009, con la doppietta Roland Garros-Wimbledon, Federer continua, sia pure a un ritmo inferiore (nel frattempo anche Djokovic è diventato un serissimo rivale) a inanellare successi. Arrivati alla fine stagione del 2012, Federer ha in bacheca sette vittorie a Wimbledon e sei alle ATP Finals, entrambi record assoluti, a testimonianza di una qualità di gioco sempre eccezionale, ma che diventa addirittura inarrivabile sul veloce, se Roger è in buone condizioni fisiche.

Nel 2013 però non fa registrare particolari acuti, e sembra che il tennista si stia avviando lungo la parabola discendente della carriera. Federer decide di cambiare: coach (da Paul Annacone a Stefan Edberg), racchetta, e, in una certa misura, stile di gioco. Diventa più aggressivo, cercando con maggiore insistenza la rete, ed evitando gli scambi troppo prolungati. L’anno successivo la Svizzera, complice anche una grande prestazione di Stan Wawrinka, vince la Coppa Davis e Federer conquista anche, per la prima volta, il Masters 1000 di Shanghai. Nel 2015 taglia l’incredibile traguardo di 1000 vittorie ATP in carriera, e conquista sette finali. Purtroppo per lui, in cinque di queste occasioni (tra cui Wimbledon e US Open) viene sconfitto da Djokovic.

Nel 2016, arriva un infortunio al ginocchio, una rottura del menisco, seguita da un’operazione in artroscopia. Federer raggiunge la semifinale a Wimbledon ma è costretto ad arrendersi a Milos Raonic, e sono in molti a pensare che, stavolta, a trentacinque anni, il grande campione si stia avviando al ritiro.

Invece, ancora una volta, come l’araba fenice, Federer rinasce, e nel 2017 vince sette titoli, tra cui due Slam (Australian Open e Wimbledon), chiudendo la stagione in seconda posizione alle spalle solo dell’eterno rivale Nadal. Federer si toglie però la soddisfazione di sconfiggere proprio Nadal in finale a Melbourne, in una partita da antologia (specialmente dal lato del rovescio, Federer sorprende Nadal con un’impressionante serie di vincenti e di risposte aggressive).

Nel 2018 vince in Australia il suo ventesimo Slam e, stupendo forse anche i suoi tifosi più accaniti, ritorna temporaneamente in vetta alla classifica mondiale, diventando il più anziano numero 1 dell’era Open. Nel 2019 arriva il centesimo titolo ATP, la vittoria numero milleduecento, e la favola di Wimbledon, che si interrompe proprio sul più bello. Federer si procura, al quinto set, due match point sul proprio servizio, ma Djokovic è eccezionale nell’annullarli e si dimostra più freddo al tie-break disputato sul 12-12.

E poi? Già, poi? Le stagioni 2020 e 2021 non sono state brillanti, il campione svizzero è stato costretto ad altre operazioni al ginocchio. A metà agosto di quest’anno, l’annuncio di Federer di volersi nuovamente operare. A quanto risulta, il rientro dovrebbe avvenire dopo Wimbledon 2022. Federer ha superato la soglia dei quarant’anni e, per chiunque altro, sarebbe davvero difficile attendersi un ritorno ai massimi livelli. Considerati i suoi precedenti, però, mai dire mai.

UNO SGUARDO D’INSIEME

Prima di approfondire l’analisi alla ricerca di pattern vincenti e perdenti, cerchiamo, nei limiti del possibile, di averne una visione d’insieme, inquadrando lo stile di gioco di Federer degli ultimi dieci anni con una serie di statistiche, i cui valori medi sono mostrati in Figura 1, separatamente per superficie di gioco.

Figura 1. Statistiche medie di gioco per Roger Federer, match di singolare in tornei del Grande Slam dal 2011 in poi

Colpisce innanzitutto la straordinaria capacità di Federer nel produrre colpi vincenti su tutte le superfici. Il particolare feeling con l’erba di Wimbledon è testimoniato dal numero medio di errori non forzati, significativamente inferiore rispetto a quanto osservato sulla terra e sul cemento. Notevole anche la differenza tra le palle break che Roger sa procurarsi e quelle che concede, su tutte le superfici.

Infine, non stupisce la statistica relativa al numero di volte in cui Federer si presenta a rete, che ha il suo massimo sull’erba, seguita da cemento e terra. Anche sulla terra, comunque, nella seconda fase della sua carriera Federer cerca la via della rete quasi 20 volte a partita in media, nel tentativo di ridurre il dispendio di energie che gli sarebbe richiesto per prolungati scambi da fondo.

Un secondo set di statistiche, mostrato in Figura 2, può esserci d’aiuto nel farci un’idea ancora più precisa:

Figura 2. Altre statistiche medie per Roger Federer, match di singolare in tornei del Grande Slam dal 2011 in poi

Da questo secondo plot, oltre a una serie di caratteristiche straordinarie (percentuale di punti vinti sulla prima e sulla seconda, capacità di salvare palle break, efficacia nel gioco a rete) emerge anche il tallone d’Achille di Federer, osservato, a dire il vero, anche nella fase più dominante della sua carriera.

Lo svizzero ha la tendenza infatti a procurarsi moltissime occasioni di break ma a concretizzarne una percentuale non eccezionale: più nello specifico, la percentuale di conversione è inferiore al 40% su tutte le superfici. In un certo senso, ciò rende ancora più impressionante la sua longevità ai massimi livelli, che si prolunga nonostante lo svizzero debba mediamente procurarsi (approssimando per difetto) tre occasioni per concretizzarne una.  

I PATTERN PIÙ SIGNIFICATIVI, GLI ELEMENTI-CHIAVE DEL GIOCO DI FEDERER

Dopo questa panoramica, proviamo a chiederci quale o quali tra le varie statistiche di gioco (che rappresentano le nostre variabili di input) si rivelino decisive, e in che modo, rispetto alla vittoria o alla sconfitta nel match (che rappresenta la nostra variabile di output). Impostiamo cioè, in altre parole, un problema di classificazione.

Per maggiore chiarezza, facciamo in modo che l’algoritmo di classificazione utilizzato restituisca automaticamente, sulla base delle variabili a disposizione, un modello costituito da un insieme di regole che rappresentano i pattern statisticamente più significativi che conducono Roger alla vittoria o alla sconfitta. Di seguito, illustriamo le tre regole più significative così calcolate:

  1. “Se Federer non concede più di sei palle break e non commette più di quaranta errori non forzati, allora si aggiudica la partita”. Il pattern si è verificato in 123 casi e, in tutti e 123, il campione svizzero ha vinto il match.
  2. “Se Federer vince, sulla prima di servizio, almeno il 6.7% di punti più del suo avversario, allora vince la partita”. Il pattern è meno generale, ma altrettanto preciso: si è verificato 92 volte, e si tratta di 92 vittorie di Federer.
  3. “Se Federer si presenta a rete più di 41 volte, mette a segno oltre 56 vincenti e più di tredici ace, viene sconfitto”. La regola, decisamente controintuitiva a prima vista, si è verificata, negli ultimi dieci anni, sette volte. Effettivamente, in tutte queste occasioni, Federer è stato sconfitto. Possiamo forse concludere che, almeno nella seconda fase della carriera, il campione svizzero abbia raccolto meno in quei casi in cui è stato costretto a forzare il suo gioco, fino a una ricerca troppo ansiosa del colpo definitivo. Naturalmente, contribuisce a rafforzare tale pattern anche il fatto che, in queste occasioni, il valore dell’avversario è in genere di primissimo livello e quindi la sconfitta diventa (relativamente) più probabile per Federer.

Sulla base di regole come queste, considerando che quanto più una caratteristica del gioco compare come condizione rilevante all’interno di tali pattern, tanto più potremo definirla un elemento-chiave del gioco del campione svizzero.

Potremo quindi, sulla base dei dati, stilare un feature ranking, ovvero una sorta di classifica dei vari aspetti del gioco, distinguendo quelli che, in misura maggiore, da soli o in combinazione con altri, si rivelano decisivi.

Figura 3. Feature ranking associato ai match di Grande Slam di Federer, dal 2011 in poi. La lunghezza della barra rappresenta la rilevanza della feature, la direzione rappresenta il verso della correlazione (diretta per barre che si sviluppano verso destra, inversa per barre che si sviluppano verso sinistra)

L’elemento più significativo, per distacco, è il numero di palle break concesse da Federer all’avversario. Naturalmente, tale grandezza è correlata inversamente con la vittoria di Federer, ovvero la vittoria è tanto più probabile quanto minore è il numero di palle break avute a disposizione dall’avversario di turno. Non è certo una sorpresa che tale elemento sia rilevante, il fatto che lo sia in misura così marcata può forse essere interpretato in questo modo: nella seconda fase della carriera, è più complicato per Roger un match in cui l’avversario ha diverse occasioni. Tende a vincere soprattutto quelle partite in cui il suo livello di gioco è tale da imporsi in modo netto.

In questo senso, è comprensibile anche il fatto che il secondo elemento più rilevante sia la differenza di rendimento sulla prima di servizio, altro indice di quanto lo svizzero metta pressione all’avversario fin dal colpo di inizio gioco. Scorrendo il feature ranking, individuiamo il numero di palle break che Federer sa procurarsi e il numero di errori non forzati, rispettivamente indice di brillantezza (Federer riesce a essere aggressivo anche in risposta) e di concentrazione (non regala punti all’avversario).

Il quinto elemento più significativo è notevole, in una fase storica in cui i giocatori tendono a costruire le proprie carriere sull’efficacia da fondo campo: si tratta dell’efficacia sotto rete. Specialmente da dopo i due anni (2014 e 2015) in cui Stefan Edberg è stato coach di Federer, la discesa a rete è diventata non soltanto un’arma a sorpresa o uno degli elementi del ricchissimo bagaglio tecnico dello svizzero, ma una scelta molto più strutturale, capace di agevolarlo nel portare la partita sul proprio terreno, in primis sull’erba.

Ma queste valutazioni statistiche, nel caso di Federer, tendono a rimanere un po’ sullo sfondo, rispetto a qualcosa di misterioso che porta il pubblico a tifare per lui, a seguire i suoi match col fiato sospeso. E, dopo aver provato ad ascoltare ciò che i numeri hanno da dirci, lasciamo le parole conclusive a un grande intellettuale come David Foster Wallace. Nel suo “Il tennis come esperienza religiosa”, Wallace scrive:

Quasi tutti gli amanti del tennis che seguono il circuito maschile in televisione hanno avuto, negli ultimi anni, quello che si potrebbero definire «Momenti Federer». Certe volte, guardando il giovane svizzero giocare, spalanchi la bocca, strabuzzi gli occhi e ti lasci sfuggire versi che spingono tua moglie ad accorrere da un’altra stanza per controllare se stai bene. I Momenti sono tanto più intensi se un minimo di esperienza diretta del gioco ti permette di comprendere l’impossibilità di quello che gli hai appena visto fare”.      

Nota: l’analisi e i grafici inseriti nell’articolo sono realizzati per mezzo del software Rulex


Genovese, classe 1985, Damiano Verda è ingegnere informatico e data scientist ma anche appassionato di scrittura. “There’s four and twenty million doors on life’s endless corridor” (ci sono milioni di porte lungo l’infinito corridoio della vita), cantavano gli Oasis. Convinto che anche scrivere, divertendosi, possa essere un modo per cercare di socchiudere qualcuna di quelle porte, lungo quel corridoio senza fine. Per leggere i suoi articoli visitate www.damianoverda.it

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