Barty-Collins, finale a sorpresa (Mastroluca). Medvedev-Tsitsipas, c'eravamo tanto odiati (Azzolini). Volandri non ha dubbi: "Caratteri diversi, stessa voglia di vincere" (Pierelli)

Rassegna stampa

Barty-Collins, finale a sorpresa (Mastroluca). Medvedev-Tsitsipas, c’eravamo tanto odiati (Azzolini). Volandri non ha dubbi: “Caratteri diversi, stessa voglia di vincere” (Pierelli)

La rassegna stampa di venerdì 28 gennaio 2022

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Barty-Collins, finale a sorpresa (Alessandro Mastroluca, Corriere dello Sport)

Ashleigh Barty fa sognare l’Australia. La numero 1 del mondo è la prima giocatrice di casa in finale all’Australian Open dopo Wendy Turnbull nel 1980. In sei partite ha perso appena 21 game. in uno Slam, non si vedeva una finalista con un percorso così netto dai tempi di Serena Williams allo US Open 2013. A Melbourne, ha sconfitto tre avversarie statunitensi che aveva già battuto nel percorso verso il titolo al Roland Garros 2019: Amanda Anisimova, Jessica Pegula e Madison Keys, piegata 6-3 6-1 in semifinale. Nella sfida per il titolo ne incontrerà una quarta, la numero 27 del mondo Danielle Collins, sicura di entrare per la prima volta in Top 10 grazie alla prima finale Slam in carriera. Il 6-4 6-1 sulla polacca Iga Swiatek, ex campionessa del Roland Garros, ha rispecchiato in pieno il soprannome di “Tenace D”, che si porta dietro dai tempi del college. Era infatti una star nella squadra di tennis della University of Virginia. Collins, che ha imparato a giocare a tennis nei campi pubblici e non ha quasi fatto attività internazionale da junior perché in famiglia non c’erano abbastanza soldi per le trasferte, sta vivendo una seconda giovinezza. È cambiato tutto lo scorso marzo, quando si è operata per un caso di endometriosi, una sindrome che comporta la formazione di tessuto in eccesso all’interno e intorno all’utero, che nel suo caso si era spostato andando a premere sulla colonna vertebrale. Le hanno estratto una cisti grande come una pallina da tennis, è rientrata e ha vinto i primi due titoli WTA in carriera, a Palermo e San José. Il pubblico certamente non sarà dalla sua, ma non sarà un problema. «E’ bello sentire le voci, vedere i volti delle persone sulle tribune – ha detto dopo ]a semifinale – Adoro l’energia, è per questo che noi giochiamo».

Medvedev-Tsitsipas, c’eravamo tanto odiati (Daniele Azzolini, Tuttosport)

A Cannes è il tennis club più alla moda. ETC, che sta per Elite Tennis Club, dove l’élite è rappresentata da Jean-René Lisnard e Gilles Cervara, due dei più irriducibili peones del tennis a cavallo fra i Novanta e il nuovo secolo. Il primo, quasi un genio per i risultati ottenuti rispetto all’amico, ha vinto due challenger, e ha ottenuto il trofeo più importante in carriera con le medaglie d’oro in singolo e doppio ai Giochi dei Piccoli Stati d’Europa. Faceva da portabandiera al Principato di Monaco, contro gli invaders di Andorra, Cipro, Malta, San Marino e i potentati del Liechtenstein e Lussemburgo. L’altro, Gilles Cervara, è stato protagonista di ben due match da professionista. Entrambi nel circuito ITF, entrambi in doppio, entrambi persi. Ma oggi è considerato uno dei tre coach più importanti del mondo. E ha perfezionato un modo tutto suo per relazionarsi con Daniil Medvedev, che ha forgiato a partire dal 2014 intorno al nucleo centrale del suo insegnamento tennistico, perfettamente sintetizzato dall’unica regola in esso contenuta: fai come cappero ti pare! Alla vigilia del gran finale di questi Open d’Australia, che potrebbero consegnare all’orso russo il secondo Slam (consecutivo) e i punti sufficienti a scalzare Djokovic dal numero uno, dopo due anni esatti di dominio, il dibattito sul binomio che sta per insediarsi sulla vetta del tennis è più che aperto e quanto mai acceso. Lui, Daniil, è una macchina da punti ma non tira un solo colpo che sia degno di una citazione tecnica positiva. L’altro, Gilles, ha scosso l’ambiente nel corso dell’ultima fatica sostenuta dall’orso, nel quarto di finale contro Auger Aliassime. Sotto di due set, irretito dalle solide traiettorie del canadese, Daniil sì lamentava con il coach del fatto che la palla s’incaponisse nel fare esattamente il contrario di ciò che lui tentava di disporre, e Gilles per tutta risposta gli scoppiava a ridere in faccia. Daniil, spiega Cervara, «ha un’apertura di braccia di un metro e venti centimetri, e non era il caso di insistere per un’esecuzione dei colpi da manuale. Abbiamo studiato accorgimenti che fossero funzionali al suo fisico. L’importante è die ottenga i punti che gli servono». Due geniali conoscitori delle straordinarie possibilità racchiuse nella mente umana, o due “fusi di testa”? Una risposta verrà questa mattina dalla semifinale di Melbourne Park. Alle 11,30 si assisterà alla nona replica della sfida con Tsitsipas (6-2 al momento per il russo). I due poco si amano, e in un’occasione, a Miami 2018, hanno sfiorato la rissa, per una parola di troppo pronunciata dal greco dopo un lungo toilet break del russo. Sembra che siano tornati a parlarsi solo l’anno scorso.

Volandri non ha dubbi: “Caratteri diversi, stessa voglia di vincere” (Matteo Pierelli, La Gazzetta dello Sport)

Uomini d’oro in campo, ma anche fuori. Grandi giocatori che stanno facendo sognare sui campi di tutto il mondo, ma pure ragazzi esemplari quando non hanno la racchetta in mano. Matteo Berrettini e Jannik Sinner sono le nostre punte, quelli che sono sulla buona strada per riscrivere la storia del tennis italiano. Per la gioia (anche) di Filippo Volandri, da un anno c.t. della squadra azzurra. «Sono due ragazzi eccezionali – dice l’ex numero 25 del mondo -, si nota subito da che tipo di famiglia arrivano, che educazione hanno ricevuto: non puoi non volergli bene».

Volandri, a cosa dobbiamo la scalata di Berrettini e Sinner?

Hanno una grande cultura del lavoro, voglia di imparare e migliorare. Questo è stato fondamentale nel loro percorso di crescita.

Jannik è “esploso” molto giovane. Matteo è stato più graduale: perché?

Dipende dal carattere di ognuno di noi. Sinner è un predestinato, uno che vive di tennis, fin da ragazzino ha avuto l’obiettivo di entrare nell’élite di questo sport. Berrettini lo conosco da più tempo, ha solo avuto più tempo per essere conscio dei propri mezzi. La caratteristica che più mi piace è che appena cade, si rialza sempre più forte. Perde “male” da Federer a Wimbledon? La volta dopo arriva in finale. Alle Atp Finals 2019 viene fatto a pezzi da Djokovic? Non si abbatte e dopo batte Thiem. Lui ha bisogno degli scossoni di assestamento per aumentare il livello. Inoltre la loro intesa è cresciuta nel corso di questi ultimi anni. La Davis ha cementato il gruppo. Tra di loro c’è sempre stato massimo rispetto, ma ora ogni tanto si allenano anche assieme. E gli episodi delle Atp Finals, quando Sinner scrisse quell’incoraggiamento sulla telecamera a favore di Matteo, venivano dal cuore: ve lo assicuro. E Berrettini, che in quel momento era a terra, ha molto apprezzato.

Sinner ha detto di voler giocare anche quest’anno 60-65 partite in un anno: non sono troppe?

No, lui ha bisogno di fare più esperienza possibile. Ha l’età e la preparazione fisica per sostenere uno sforzo del genere che gli farà bene.

Cosa succede a Musetti? Sembra aver perso la serenità di qualche mese fa.

Non dobbiamo mai scordarci che ha solo 19 anni. Ha detto di aver avuto problemi personali, e chi non li ha avuti a quell’età? Meglio che li abbia adesso e poi se ne liberi definitivamente. Quando ritroverà la fiducia anche lui tornerà a esprimersi al meglio: il suo tennis potenzialmente è di livello altissimo.

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