E' rifiorita la Osaka:"Ora sono in pace".(Giammò). Per Musetti salite ardite (Azzolini). "Mi sono buttato nel fuoco, il ragazzino non c'è più"(Rossi). Fognini oltre il mito Panatta: è l'italiano più vincente (Gravina)

Rassegna stampa

E’ rifiorita la Osaka:”Ora sono in pace”.(Giammò). Per Musetti salite ardite (Azzolini). “Mi sono buttato nel fuoco, il ragazzino non c’è più”(Rossi). Fognini oltre il mito Panatta: è l’italiano più vincente (Gravina)

La rassegna stampa del 12 marzo 2022

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E’ rifiorita la Osaka: “Ora sono in pace” (Roland Giammò, Il Corriere dello Sport)

[…]. E ragazza «in pace con me stessa» è Naomi Osaka, inserita all’ultimo momento nel tabellone principale di Indian Wells e tornata sui campi che la videro alzare al cielo il primo trofeo della sua carriera nel 2018. Lo ha fatto cogliendo una bella vittoria al primo turno contro Sloane Stephens. «Rispetto all’anno passato ho imparato a godermi di più il tempo e ad apprezzare di più ogni torneo», aveva dichiarato la nipponica al suo arrivo in California. Assente nell’ultima edizione del torneo per via dei «lunghi periodi di depressione» che dal 2018 ne avevano condizionato il rendimento fino a farle «perdere la gioia di stare in campo» sono sembrati lontani i tempi in cui la ex no.1 del mondo abbassava lo sguardo durante gli incontri con i media rifiutandosi perfino di attendere alle conferenze stampa di rito durante l’ultima edizione del Roland Garros dalla quale finì poi col ritirarsi. Difficile farsi largo nei meandri di una mente quando sudi essa incombe un cono d’ombra. E ancora più difficile risulta l’operazione ripensando agli ultimi tre annidi Osaka, stagioni in cui la tennista non si è vergognata di prendere posizione su questioni quali le discriminazioni sessuali o in sostegno di movimenti come il “Black Lives Matter”, attirando sudi sé pressioni e attenzioni su scala molto maggiore rispetto a quelle cui si è solitamente esposti sul circuito WTA. L’Olimpiade di Tokyo della scorsa estate, che la vide protagonista della cerimonia inaugurale come ultima tedofora, non aiutò Osaka a liberarsi di quel peso, anzi. Il messaggio multiculturale e di apertura che il Giappone le aveva affidato naufragò sotto il peso di una pressione e di una tradizione che, al termine del match da lei perso al terzo turno contro la ceca Vondrousova, le aveva fatto dichiarare come «ogni sconfitta sia una delusione, ma oggi questa delusione fa più schifo delle altra>. Tornata a parlare di fronte ai media dopo la sua prima vittoria a Indian Wells, Osaka si è detta consapevole delle «lunghe pause» che hanno scandito e continueranno a scandire la sua stagione e felice di essere dove sono ora». «Voglio giocare meno tornei possibili ma per farlo devo fare bene ogni volta, per questo mi creo questa pressione interna. Ne ho parlato col mio staff perché era meglio che conoscessero il motivo della mia tensione in campo». […]

Per Musetti salite ardite (Daniele Azzolini, Tuttosport)

[…]. Che la vita sin fatta a scale, Lorenzo Musetti l’ha imparato presto. Scendere ed essere costretto a risalire è una dimensione natura le, e non gli è stato difficile accettarlo anche nel tennis. Gli è successo dopo il Roland Garros dell’anno scorso e in molti l’hanno attribuito alla sconfitta con Djokovic, giunta al quinto set dopo aver guidato i primi due. In parte è vero. Ma a rendere disagevole l’evento, più della sconfitta in sé è stato il contraccolpo, quel senso d’insufficienza provato durante la seconda parte del match, nel quale per la prima volta ha dovuto fare i conti con la poco gradevole sensazione di non essere più se stesso. Tra manfrine, toilet break e tennis da first class, l’ex numero uno l’ha prima disorientato, poi gli ha succhiato le forze da quel tennista vampiro che è sempre stato. Per giunta, ci si è messo l’addio alla fidanzata di sempre a complicare il quadro. Un rapporto nato quando Muse era tutto casa e tennis, mentre oggi va dove lo porta il tennis e a casa non c’è mai. Succede… Ma non è detto che per un ragazzo non ancora ventenne (li ha compiuti il 3 marzo) sia facile accettarlo. «Non mi sentivo bene con me stesso e non avvertivo pur alcun entusiasmo», è disposto ad ammettere oggi. Non è l’unico, a quanto pare. Dai tempi di Noah, che pensò di gettarsi da un ponte subito dopo la vittoria al Roland Garros, fino al giovane Tsitsipas che alla recenti Finals torinesi meditava di farla finita con il tennis, la distanza tra vittoria e sconfitta, tra l’essere positivo e il cadere nella negatività più assoluta, si mostra in tutta la sua evanescenza. A Wimbledon lo ricordano con una poesia di Kiplingg (“If”). I’importante è venirne fuori, e Musetti ci sta riuscendo. La classifica non hamai sofferto, la scorsa stagione era la prima e non c’erano punti da sottrarre. Questa invece gli imporrà qualche arretramento (fino a Parigi), risolvibile solo con una salda tenuta. Trovato il best ranking la scorsa settimana, al numero 56, Lorenzo si trova oggi – nei calcoli delle classifiche in divenire – respinto di 16 posizioni (al numero 72), dovendo scontare la semifinale di un anno fa ad Acapulco. Sta a lui reagire, cosa che ha cominciato a fare battendo Giron. Ma dovrebbe giungere fino ai quarti per confermare la classifica attuale, e non sarà facile. A cominciare dall’avversario odierno, Reilly Opelka. Esperto di moda e di arte, oltre che di servizi fulminanti. Nuovo numero uno del tennis statunitense, investitura ricevuta da poche settimane, con il numero 17 della classifica. Alto una cifra (espressione scelta per restare sul vago, l’Atp dice 211 centimetri, lui assicura siano ormai 213), e abbastanza agile – data la carrozzeria da 102 chili – da permettersi una certa mobilità, l’americano conduce 2-0 su Muse, forte di una vittoria ottenuta sul rosso del Foro, e di un’altra agli US Open, entrambe nella passata stagione. Cinque set a zero, eppure Lorenzo le armi giuste le avrebbe. Le stesse che hanno consentito a Bertolucci di avvicinarlo all’amico Panatta, che Fognini ha superato l’altro ieri di una vittoria nel computo dei match giocati in carriera, 392 con 343 sconfitte per Fabio, 391/244 per Adriano. «È il più estroso del gruppo azzurro», spiega Bertolucci, «ha un che di sfrontato che mi piace. Mi ricorda Adriano, è vero. Inserisce nel suo tennis molteplici variabili, conosce bene la smorzata e la volée. Privilegia il rovescio però, che è davvero decisivo». Contro Hurkacz, battuto a Rotterdam (dove è tomato nei quarti di un torneo), poi con Gombos in Davis e Giron in primo turno a Indian Wells, Muse ha dato segnali di ripresa. Sa di dover scalare ancora, anche se la montagna, stavolta, ha il volto barbuto di Opelka. 

“Mi sono buttato nel fuoco. Il ragazzino non c’è più” (Paolo Rossi, La Repubblica)

È un po’ come uno dei giochi della Settimana Enigmistica: trova le differenze. Bisogna prendere due foto di un allenamento. Nella prima, Jannik Sinner con Riccardo Piatti. Nella seconda, Jannik con Simone Vagnozzi. E poi metterle a confronto. Trovate le differenze. Il look — maglietta, scarpe, cappellino — sembra identico, eppure i due Sinner non potrebbero essere più diversi, più opposti. […]. Il campo 20 di allenamento del “paradiso del tennis” (i californiani lo hanno definito così) del primo Masters 1000 dell’anno, il Bnp Paribas di Indian Wells, è gremito come un piccolo Centrale anche se non ci sono Federer/Nadal/Djokovic a palleggiare ma due italiani: Sinner e Berrettini. Ma l’osservato speciale resta il ragazzo dai capelli rossi: «Ho sbagliato quel colpo?», sussurra Jannik a Simone, che gli risponde con un filo di voce a prova di lettura del labiale. E ridono. «Dai, che te lo ricordi, pensaci bene…», arringa il tennista al coach. Complicità, questa sembra la parola nuova. E poi le parti sono invertite: quello serio, o serioso, è proprio il nuovo coach che sa di vivere la notte prima dell’esame. Il ragazzo invece è rilassato, non teso e concentrato come nel passato, nella precedente vita tennistica. Cercate le differenze? È tutto qui. Non è nulla? Forse è tutto. Basta ascoltare le parole del diretto interessato, con alcuni passaggi chiave. A Indian Wells finisce il rodaggio e si entra nel vivo di “Jannik 2.0”: com’è il nuovo Sinner? «Ma come deve essere? Sono sempre io: uguale. Sono sempre lo stesso. Cioè una persona che comunque vuole divertirsi in quello che fa, e che cerca nello stesso tempo sempre di migliorarsi». Ecco, anche dopo questo terremoto della sua vita, resta di base questa trasmissione di semplicità. «Ho fatto quello che pensavo fosse giusto per me, anche se la decisione non era semplice e non lo è stata. Abbiamo fatto un lavoro incredibile, soda dove sono partito, io, ragazzino di 13 anni e mezzo: avevo lasciato casa per andare a Bordighera, e sono arrivato nei primi dieci del mondo». Eppure… «Ho un obiettivo in testa. Ci vogliono gli obiettivi. Ora provo a essere un pochettino più aperto». E qual è l’obiettivo? «Non voglio dirlo. Non oggi. Posso dire però che sono sicuro di quello che ho e di dove voglio arrivare». E quindi qual è stato il messaggio di Jannik Sinner al mondo in questa vicenda del cambio di allenatore? «Che non guardo ai risultati, ma a come sto in campo, alle cose che secondo me sono da migliorare. Per questo ho preso questa decisione che, ripeto, non è stata semplice: mi sono buttato nel fuoco». E a vent’anni poi… ma quanti ragazzi decidono una cosa cosi grande? «Ma io sono così, anche se in campo sembro tranquillo… beh, anche fuori campo lo sono, ma ho le mie idee, qualche volta. E mi sembra giusto averle». E a queste idee ha fatto seguire i fatti, anche a chi non voleva capire. «Sì, l’ho fatto. Adesso vediamo: le cose che ho non me le prende nessuno. Ci sono soltanto cose da aggiungere». Scontato chiederle come vada con coach Vagnozzi. «Con Simone va molto bene. Mi sembra di conoscerlo già da tanto tempo. Non ci raccontiamo barzellette: ha personalità, e penso che lui possa darmi quello che cercavo. Poi ognuno pensi e dica quel che gli pare». C’è qualcosa che l’ha infastidita? «No, preferisco lasciare perdere. Anzi, una cosa scherzosa sì: in un’intervista gli hanno fatto dire che è milanista, invece è interista…». Questa per lei, che tifa Milan, sarà una macchia grave… «Ah, ah, ah… E lui subito mi ha detto che andava bene tutto ma quello no, era impossibile. Così viviamo il derby quotidianamente. Comunque: siamo due personaggi che stanno bene insieme». Con l’Italia c’è sempre stata una sorta di luna di miele, l’unico momento di attrito per l’assenza all’Olimpiade di Tokyo. Ora che si aspetta? «Beh, a me piacerebbe essere importante per i giovani. Si, per i ragazzi: un esempio. Questa per me è la cosa più importante». Siamo davvero nella seconda vita di Jannik, il ragazzino è diventato uomo. «Eh, sì. Sono cresciuto: perché giorno dopo giorno non puoi fare altrimenti. E ho capito che devo guardare solo me stesso. Poi quello che dicono alcuni ormai non lo leggo neanche più, sono sincero». C’è qualche riferimento particolare? «Ma no, nulla. Ripeto, spero sempre di essere visto per quello che faccio, cioè un tipo che si diverte a fare le cose, come sto facendo, che cerca di stare bene in campo, che lavora tanto. Perché dalle difficoltà, che sono inevitabili, ci si tira fuori — o almeno io mi tiro fuori — col lavoro. Poi, certo, anche le vittorie aiutano e la fiducia aumenta. Ma il lavoro è la base, ed è quello che stiamo facendo». Avevamo già cominciato a vedere, in campo, il pugnetto dopo i punti importanti: segno di una cattiveria sportiva, il sale agonistico. «Beh, eravamo in Coppa Davis, dove la situazione è un po’ diversa perché giochi per tutta l’Italia, cosa che mi piace peraltro. Insomma, voglio dire che è come una condivisione». Davis nella quale lei è imbattuto… «Solo in singolare». Ma, alla fine: in campo è più istintivo o razionale? «Sono più istintivo, è la mia natura. Però sto studiando, cercando di ragionare di più. Entrare in campo con un’altra mentalità, a prescindere dalla conoscenza dell’avversario. Su questo ora ci stiamo focalizzando». Che tempi si è dato? «Per i miglioramenti? Non c’è una data: esiste un giorno che segue l’altro. Non ci sono mesi: mi alleno, e ogni giorno è un’opportunità per migliorare. Semplice, no?»

Fognini oltre il mito Panatta: è l’italiano più vincente (Carlo Gravina, Il Secolo XIX)

E sono 392: il tennista italiano con più vittorie di sempre. Grazie al successo contro Pablo Andujar per 3-6, 6-3, 6-3 sul cemento californiano di Indian Wells, Fabio Fognini ha battuto il record che apparteneva ad Adriano Panatta. […] Non è però stata una partita semplice per il Fogna, andato sotto 6-3 nel primo set in un torneo per lui mai semplice (al Masters 1000 di Indian Wells il suo miglior risultato sono gli ottavi di finale raggiunti nel 2014) . Dal secondo set Fognini ha alzato il livello ed è riuscito a sbarazzarsi di Andujar senza troppi problemi. Prossimo avversario dell’italiano sarà Nikoloz Basilashvili, testa di serie numero 18. Con la vittoria di ieri Fognini sta confermando l’ottimo stato di forma visto già sulla terra rossa di Rio de Janeiro dove il suo cammino nel singolare si era fermato in semifinale mentre nel doppio con Simone Bolelli è arrivato un successo. Successo nel doppio che i due proveranno a bissare anche in California. «Voglio ringraziare tutti voi fan, oggi è un giorno speciale: siamo entrati nella storia – ha detto Fognini al termine della partita – essere comparato a idoli che vedevo da piccolo in televisione fa enormemente piacere. Davvero grazie, continuate a seguirmi, io ce la metterò tutta. E’ una lunga storia e non è ancora finita». Nella sua lunga carriera, il 34enne di Arma di Taggia vanta come miglior classifica Atp il 9° posto raggiunto nel 2109 mentre nel 2015 è salito al 7° posto nella classifica di doppio: unico italiano a essere entrato nella top ten di tutte e due le specialità. Otto dei suoi nove titoli Atp li ha conquistati sulla terra rossa. Tra questi spicca l’edizione 2019 del Masters 1000 di Montecarlo. Miglior piazzamento in un torneo dello Slam, il quarto di finale conquistato nel 2011 al Roland Garros. In doppio, insieme a Bolelli, ha conquistato sei tornei tra cui gli Australian Open del 2015. Anche in questo caso si tratta di un record: è l’unico successo di un doppio italiano in un torneo maschile del Grande Slam

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