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US Open: terza tennista Usa eliminata, Jabeur per la prima volta agli ottavi
La n. 5 Ons Jabeur rimonta Shelby Rogers, sfruttando nel finale anche un problema all’avambraccio accusato dall’americana

[5] O. Jabeur b. [31] S. Rogers 4-6 6-4 6-3

Per la prima volta in carriera, Ons Jabeur si qualifica per gli ottavi di finale dello US Open e lo fa attraverso una vittoria in rimonta ai danni della giocatrice di casa Shelby Rogers con lo score di 4-6 6-4 6-3. Probabilmente, tra il pubblico newyorkese sta iniziando a serpeggiare una certa antipatia nei confronti della talentuosa tunisina, visto che il successo odierno è il terzo arrivato, su altrettanti incontri nel torneo, contro una tennista statunitense – Brengle e Mandlik nei primi due turni. Dunque oramai un habitué nel mietere vittime Usa la n. 5 del mondo, che oggi è stata protagonista di un match dai numerosi risvolti. Ons è partita molto bene decidendo di accettare, nelle fasi iniziali dell’incontro, la gara di bordate da fondo. Il livello, molto alto nei primi scampoli, è andato via via scemando, e di pari passo la finalista di Wimbledon ha perso in precisione e convinzione. Alla fine di grinta l’ha portata al terzo, dopo aver dato la serie impressione di poterla perdere anche malamente. Poi Jabeur l’ha chiusa, anche grazie alle difficoltà fisiche dell’americana, la quale ha comunque avuto il merito di lottare fino alla fine alzando bandiera bianca solo al sesto match point. Al 4°T ad aspettare la 28enne di Ksar Hellal ci sarà la tds n. 18 Veronika Kudermetova, che ha sconfitto Dalma Glafi per 6-2 6-0.
IL MATCH – Pronti via e subito si materializza un game fiume dà quasi dieci minuti di durata. Jabeur si presenta immediatamente centrata e reattiva in risposta, riuscendo così a mettere in mostra, fin dai primi scampoli del match, l’evidente difficoltà di Rogers nel farsi trovare pronta in uscita dal servizio. La tennista di casa è infatti molto lenta a livello di frequenza dei piedi, e ciò la costringe a dover colpire in ritardo affrettando anche la preparazione dei colpi. La 28enne tunisina in avvio si rivela già in grandissimo spolvero da fondocampo, dettando a piacimento il gioco attraverso delle ottime accelerazioni dal centro. L’inizio della sfida vede andare in scena scambi estremamente intensi, con le protagoniste che si sfidano a chi è in grado di generare maggiore violenza e potenza. Ons inizialmente accetta di mettere il match sul piano delle “botte da orbi, vediamo chi ne tiene di più in campo”. Tuttavia, va detto, che entrambe le giocatrici giocano con raziocinio e costruiscono il punto aprendo gli angoli e aumentando gradualmente il peso di palla. Il livello è molto alto, lo testimonia il fatto che ci vogliono ben 16 minuti per completare i primi due giochi.
Shelby dopo le primordiali difficoltà, riesce ad incidere con più consistenza in battuta oltre a verticalizzare meglio: questo le permette di attaccare la rete con buona costanza. Inoltre anche i colpi dalla linea di fondo, ora, sembrano più performanti ed ecco che quindi la n. 31 del ranking può frantumare le cinque palle break offerte e uscire indenne dal primo spauracchio del suo incontro. Ons è mancata di cinismo, ma meriti comunque alla giocatrice nativa della South Carolina per il progressivo alzamento dei giri del motore della sua performance. Successivamente la n. 5 WTA accusa il colpo per le occasioni sprecate e, ancora ai vantaggi, complice anche un comodo smash sparacchiato in corridoio abbinato ad un grave gratuito di dritto, manda l’avversaria avanti 2-0. Cominciano a fare capolino, con sempre più insistenza, le prime variazioni: gli amati tagli di Jabuer vengono ripescati dalla soffitta, e Rogers le va dietro. La talentuosa tennista araba prova così ad alternare le soluzioni di tocco alle fucilate dà dietro, per cercare di andare a punzecchiare ancora di più la flebile fase difensiva della giocatrice americana, che invece da par suo continua nel suo piano strategico ben chiaro: in risposta alzare e di tanto l’asticella del rischio, eseguendo ribattute subitanee in parallelo per evitare che la tds n. 5 possa subito prendere in mano il punto.
I rischi corsi da Shelby pagano i dividenti, ma un servizio – come quello tunisino – un po’ balbettante permette il rientro prepotente di Ons. La storia si ripete tra quinto e sesto game. A quel punto i fondamentali d’inizio gioco si stabilizzano, con tutte e due che tengono i loro rispettivi turni più tranquillamente rispetto alla prima parte della partita, almeno sino al decimo game. Al momento di servire per rimanere nel set, infatti, Jabeur si spegne fragorosamente tra scelte errate e confusionarie – come ad esempio un’insensata smorzata, che certifica due set point in favore della n. 31 WTA -, una seconda troppo morbida ed eccessivamente attaccabile dai siluri che arrivano da Mont Pleasant, dulcis fundo unforced marchiati in mezzo alla rete: il risultato? Primo set Rogers per 6-4 dopo 49 minuti.
Si riparte con una Shelby rinvigorita dal parziale appena vinto, e che le conferisce anche quella fiducia necessaria per disimpegnarsi meglio del solito in fase difensiva. La tunisina avrebbe però l’occasione per invertire immediatamente il trend negativo, chance che si materializza a causa dell’assenza di abilità nel lavorare la seconda palla da parte dell’americana. Ma Ons come accaduto nel primo game, non sfrutta l’opportunità, ancora una volta tradita da un dritto, che sta diventando sempre più tremebondo. Allora, ringraziando l’imprecisione araba e le misure del campo dimenticate tutt’a un tratto dall’ex n. 2, ecco che Shelby potrebbe azzannare la preda oramai agonizzante ma si ferma sul 30-30. Nonostante sia ancora “viva” nel match per un ciuffo, Ons continua a non essere brillante e fare fatica: la conseguenza è un nervosismo in agguato, quindi la racchetta lanciata. Questo la porta a più non posso, a ricorrere in modo asfissiante alla palla corta non sentendo gli altri colpi (mette così in palla l’esplosività in avanzamento dell’avversaria). Un’arma che però può diventare a doppio taglio, se esasperata; per sua fortuna il servizio la tiene aggrappata alla partita. E lo sappiamo, rimanere lì, far passare la mareggiata può essere propedeutico ad un cambio di rotta, imprevedibile qualche minuto prima. Jabeur di grinta e di voglia, con l’aiuto fondamentale di Rogers – due doppi falli a chiusura di game – si prende il break sul 4-4. Al servizio è chirurgica, 6-4 in 44 minuti, e pugnetto d’ordinanza.
Decisamente non un buon momento per l’americana che prima, dopo il break subìto chiede al giudice di sedia d’invitare gli spettatori a smettere di fumare – come Kyrgios ieri – e poi dopo il set perso si fa anche trattare l’avanbraccio destro. L’inerzia del duello ha totalmente cambiato la propria corrente di vento, una scatenata tunisina strappa immediatamente il servizio a Shelby e per di più a 0. Oramai sembra quasi rassegnata la 29enne di casa, certamente qualche problema fisico la sta debilitando: confeziona la sua fase no con un sanguinoso doppio fallo sul break point. La mobilità di Rogers ora è praticamente nulla: doppio break e 4-0, con anche l’ultimo treno dirottato abilmente – palla break sul 3-0, che avrebbe compromesso il vantaggio pesante – ad “ammazzare” la partita. La conclusione formale sembrerebbe arrivare poco dopo, per la n. 5 del tabellone, ma un’indomita Shelby ritrova energie sul fotofinish e accorcia le distanze dal 5-1. L’ex n. 2 del mondo riesce comunque a chiudere dopo quasi due ore e venti, e caccia un’urlaccio al sesto match point trasformato perché ben consapevole che stava per riaprire un match già chiuso, sotto la calura newyorkese all’ora di punta.
ATP
Rios: “Amo più Kyrgios di Federer. Fognini mi diverte più di Djokovic”
Rios ripercorre la sua carriera, sottolineando che ama godere il presente piuttosto che tuffarsi nel passato

Estroverso e per certi versi folle. Per sei settimane Marcelo Rios fu numero uno al mondo senza vincere mai uno Slam. Ha sempre vissuto il tennis come un divertimento e, in coerenza con il suo modo di pensare e vivere, ama più Kyrgios di Federer, così come consacra Fognini come più divertente di Djokovic.
Nick Kyrgios è il suo attuale alter ego, in lui si rivede e lo ha dichiarato nello show televisivo “FShow” condotto da Ricardo Shannon su ESPN: “Federer per me non è un giocatore che vedi e dici “che divertimento”. Non è un Kyrgios o un Fognini, gente che tu guardi aspettando che facciano casino. E’ più divertente qualcuno faccia show in campo. Neanche Djokovic in campo ti diverte”.
Affermazioni sicuramente opinabili quelle di Rios, che critica il mondo del tennis: “Ci sono sempre state restrizioni e punizioni per atteggiamenti non consoni come il lancio di una racchetta o altro. Basta poco e prendi una multa. Nelle conferenze stampa non si poteva parlare male di nessuno. Wimbledon ti fa vestire di bianco facendoti sembrare non so cosa. Il tennis è noioso, è come guardare il cricket. Poi esce uno come Kyrgios e rivoluziona tutto. Riempie gli stadi ed è uno spettacolo. Anche la mia personalità era un po’ “sbagliata”. Attiravo molta attenzione lanciando racchette o dicendo “vecchio cazzo” (a una signora fastidiosa tra la folla). La gente si è divertita”, riflette il cileno nell’intervista trasmessa da FShow.
Il giornalista Nelson Flores nel suo libro “El extraño de pelo largo” ha raccontato che a Indian Wells 1997, Ríos dimenticò i suoi vestiti nella lavanderia del torneo californiano. Se n’è accorto quando era già in albergo.
Poi, si è imbattuto casualmente in Eller Evans, all’epoca supervisore ATP, e la prima cosa che ha fatto è stata chiedergli dei suoi vestiti. Evans ha risposto che aveva i vestiti puliti nella sua stanza, che avrebbe potuto consegnare in seguito. Rios ha insistito sul fatto che ne aveva bisogno immediatamente.
“Potresti prima salutare e ringraziare”, ha risposto Evans. “Resta con loro, allora”, disse Rios, prima di lasciare il direttore a parlare da solo. Nel pomeriggio, il cileno ha trovato i suoi vestiti che galleggiavano nella vasca idromassaggio del club.
L’anno dopo quell’episodio, è diventato campione. Rios ha rivissuto quelle immagini di 25 anni fa, quando sconfisse Greg Rusedski nella finale di Indian Wells del 1998. “Ero così fottutamente giovane”, ha esclamato quando si è visto come un 22enne sul cellulare di Shannon. Un anno dopo avrebbe battuto Andre Agassi nella finale di Miami per scavalcare Pete Sampras al primo posto del ranking.
“Mi hanno dato una Mercedes. Sono andato in albergo e quando sono arrivato in camera ho riempito la vasca di birra. Ero solo, ho iniziato a bere birra. Mio padre è entrato e ha detto: ‘Sai cosa hai appena fatto, vero? Sei il numero uno al mondo‘”, ha ricordato nello show.
Una delle sfide più difficili del tennis fu vinta da Rios che riuscì a conquistare il “Sunshine Double” nella stessa stagione con una striscia di almeno dodici vittorie nei due tornei più lunghi e impegnativi del calendario dopo gli Slam: “Non so nemmeno come sia riuscito a farlo. Vincere per tre settimane, oltre a diventare numero uno, oltre a battere Agassi, oltre a far perdere la testa della classifica a Sampras. Ho dei ricordi, ma non vivo nel passato”.
Rios oggi vive a Sarasota negli Stati Uniti ed è tornato in Cile per esibirsi con lo spagnolo Alex Corretja. Problemi fisici gli hanno impedito di giocare un’altra esibizione che aveva già programmato proprio con Nick Kyrgios.
Marcelo ha avuto una breve esperienza come allenatore nel tour professionistico. Il cileno ha guidato Juncheng Shang per un paio di mesi nel 2022. Il cinese ha vinto due Challenger con al suo fianco il vincitore di 18 titoli ATP: “Sono stato motivato da ciò che Juan Carlos Ferrero ha fatto con Alcaraz. Inoltre Shang è simile a me, è mancino. Ed era l’unico giocatore di Challengers che aveva un ex numero uno al mondo con sé“, ha detto su ESPN.
Poi ha spiegato i motivi dell’addio: “Appartiene a un’altra filosofia, noi sudamericani lavoriamo sodo. Volevo allenarmi dopo le partite e loro no. Se gli faceva male la gamba, ci fermavamo. Inoltre vivono bene, hanno soldi, sponsor ovunque. Gli ho detto che non sarebbe arrivato da nessuna parte in quel modo. Se vedi Alcaraz, si uccide. Il ragazzo era felice, ma quando i genitori iniziano a mettersi in gioco è impossibile”. Parole a cui Shang aveva già replicato in passato: i due, insomma, non si sono lasciati molto bene. E ora, Rios tornerebbe al tour come allenatore? “No. Non allenerei nessun altro, anche se, se Federer mi chiamasse, non potrei dire di no. Mi occuperei anche dei suoi bambini”.
ATP
Berrettini, Miami per ripartire: “Momento complicato, ma ho fiducia nel mio team”
In un’intervista all’ATP Matteo Berrettini parla del suo momento e della gran voglia di riscatto che si è portato con sè a Miami

Camera a Miami con vista sul futuro di questo 2023. Mettersi alle spalle sconfitte, rabbia e delusioni, ripartire dalle certezze. Sono questi i buoni propositi di Matteo Berrettini. Il tennista azzurro giunge a Miami nel pieno di uno dei momenti più delicati della carriera. Da quel quasi drammatico “Portatemi via dal campo, sono inguardabile” di Phoenix al riscatto che deve passare attraverso colpi vincenti sul cemento di questo Masters 1000.
“Ho avuto dei momenti un po’ complicati, ma fanno parte del processo e della vita che ho scelto. Adesso sto bene” ha detto Berrettini in una video-intervista rilasciata ad atptour.com. Troppi alti e bassi, troppi infortuni a seminare difficoltà qua e là nella vita tennistica dell’azzurro. Come testa di serie, beneficia di un bye; nel secondo turno affronterà il vincente della sfida tra Galan e McDonald: “Ho piena fiducia nel mio team, stiamo lavorando per stare bene mentalmente, poi fisicamente, poi tutto il resto. So che il livello c’è, come in tutte le carriere ci sono momenti in cui le cose vanno meno bene. Ma sto facendo tutto il possibile per tornare al livello che mi compete. Sono contento – ha affermato Berrettini – di essere qui, l’anno scorso non ho potuto giocare questo torneo. Adoro Miami, qui ho tanti amici”.
Dopo l’Australian Open aveva cercato di stare lontano dai campi per recuperare la forma migliore, ma il nuovo infortunio di Acapulco, anche se non grave, gli ha amplificato le sensazioni negative. “Ho cercato dopo l’Australia di stare qualche settimana fuori dal circuito, per allenarmi. Ad Acapulco è iniziata bene, ho raggiunto i quarti poi ho sentito di nuovo qualcosa al polpaccio. I continui up and down non ti permettono di avere continuità – ha concluso Berrettini –. Poi ho giocato qualche partita a Phoenix e ora mi sento pronto. Un buon risultato qui mi darebbe fiducia per la stagione sul rosso, una delle più importanti per me“.
Il tennista romano chiude così: “Quando senti il supporto del pubblico, quando gli amici vengono a vederti giocare è sempre bello. Ti dà più energia ed è importante sentirla, assorbirla. E’ quello che cercherò di fare“. Nel box di Matteo a Miami è attesa anche la nuova fidanzata Melissa Satta: una spinta emotiva in più per motivarlo a tornare il Berrettini competitivo che tutti apprezzano.
ATP
Andy Murray: “Credevo di fare meglio, ora penso alla terra. Alcaraz nei top finché ne avrà voglia, impossibile dire quanto vincerà”
L’asso britannico non si schiera sulla questione-palline: “Meglio però se non cambiano troppo tra torneo e torneo”

Andy Murray esce per mano di Dusan Lajovic al primo turno del Miami Open in due set 6-4 7-5. Dopo alcune incredibili imprese compiute in questo inizio di stagione, soprattutto in termini di resistenza fisica, questo stop ha destato sorpresa ed è stato oggetto di discussione durante la conferenza stampa post-match.
Sul fisico e le condizioni
Il campione britannico ha fatto riferimento alla condizione fisica ma anche ad altri fattori. “Ho lottato” – ha detto Murray – “ho servito molto bene, ma negli altri aspetti del gioco ho avuto alcuni problemi”. Murray ha raccontato di non essersi mosso bene come in altre occasioni, e i diversi errori che non si sarebbe aspettato di commettere, come nella risposta, sono arrivati proprio da qualche problema negli spostamenti.
Inoltre, le condizioni ambientali diverse hanno giocato il loro ruolo. “Le palline rimbalzano molto più velocemente qui” – ha poi proseguito – “e in alcune occasioni ho perso il timing giusto. Campi diversi, condizioni diverse. Certo mi aspettavo di fare meglio anche perché mi sono allenato in maniera decente”.
Murray è stato successivamente sollecitato in merito alla propria preparazione off-season, e ha confermato il ruolo del proprio programma di training nei faticosissimi match vinti nel primo scorcio di stagione: “durante il torneo non posso fare tutti gli esercizi previsti, come per esempio quelli con i pesi, ma molto del lavoro che ho fatto nelle settimane precedenti mi sta aiutando proprio adesso. Anche se oggi non è andata come pensavo”.
Sulla questione palline
In merito alla querelle sollevata da Medvedev sulla consistenza delle palline, che ha trovato un alleato in Tsitsipas, il due volte medaglia d’oro olimpica glissa e non vuole prendere una posizione netta, pur riconoscendo che “ovviamente, in ottica anti-infortunio per noi, sarebbe bene che le caratteristiche delle palline non cambiassero troppo settimana dopo settimana. Non credo le palline siano le stesse dello scorso torneo. Credo sia lo stesso produttore”. Sullo stesso argomento ha poi dato spazio ai ricordi: “abbiamo tempo tra i diversi eventi per abituarci alle diverse condizioni. E’ per me interessante, perché ricordo come agli inizi della carriera le caratteristiche fossero opposte. A Indian Wells il gioco era assai vivace e le palline fendevano l’aria molto facilmente. Poi arrivavo a Miami e nei primi giorni mi sembrava sempre di colpire corto. Le palline non viaggiavano”.
Alla domanda sui programmi per l’immediato futuro, Murray ha risposto di non essere sicuro se fermarsi qualche giorno ed iniziare sul posto la preparazione sulla terra, ma di sapere dove recarsi per proseguirla. “Andrò in Spagna per la fine del mese, più precisamente a sud. La mia famiglia mi precederà lì, e mi allenerò sul posto per una settimana almeno”.
Su Alcaraz
Per finire una domanda su Carlos Alcaraz: cosa ha di diverso rispetto a tutti i giovani che si sono affacciati al grande tennis negli ultimi dieci anni? Su di lui Sir Andy unisce le sue parole a quelle di molti altri esperti, non risparmiando un monito a chi si lascia andare a trionfali previsioni. “Si muove in maniera incredibile” – dice Murray – “ha un gioco a tutto campo che si può adattare facilmente a tutte le superfici. Non è altissimo, ma serve veramente bene. Ha un gioco vario ed eccitante; certo, so per esperienza che è più facile sostenere uno stile come il suo a 18 o 19 anni, quando non ci sono cicatrici nei tessuti muscolari. Gli auguro di riuscirci a lungo”.
“Sicuramente” – conclude Murray – “sta facendo meglio a diciannove anni della maggior parte dei suoi colleghi; tanta gente si aspetta che chiunque possa vincere 20 titoli Slam, come fosse la normalità. Io non farei questa previsione per nessuno. Sicuramente lui può restare al top finché avrà voglia di giocare”.