WTA Guadalajara: Kvitova e Bencic protagoniste nella serata messicana

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WTA Guadalajara: Kvitova e Bencic protagoniste nella serata messicana

Osorio sorprende Alexandrova, Mertens batte Muhammad: gli aggiornamenti dall’importante torneo in corso di svolgimento

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Belinda Bencic – ATP Ostrava (Photo by Jimmie48/WTA)
 

Il WTA 1000 di Guadalajara è entrato ormai a pieno regime: ecco i risultati della notte messicana, dopo quelli della sessione giornaliera del primo giorno di tabellone principale. In grande spolvero Marta Kostyuk che al primo turno del Guadalajara Open Akron batte Aliaksandra Sasnovich con il punteggio di due set a zero, 6-1, 6-3 in 1he08’. Match mai in discussione con l’ucraina che ha sfruttato la serataccia al servizio della bielorussa, capace di raccogliere il 40% dei punti complessivi con la prima di servizio, il 38% con la seconda. Sasnovich che solo in una circostanza è riuscita a mantenere il suo turno di battuta, in un match caratterizzato da continui break, ben dieci su sedici giochi disputati. Kostyuk domina il primo set chiudendo 6-1 in 29’. Nel secondo set gara più equilibrata con l’ucraina che perde smalto con la prima di servizio.

Agevole il compito di Mertens che batte l’americana Muhammad in due set: 6-3, 6-2. La belga conferma il suo ottimo momento di forma e comincia bene nel tabellone messicano.

La sessione notturna ha visto anche la vittoria di Camila Osorio che fa fuori la testa di serie n. 15 Ekaterina Alexandrova in due set molto combattuti. In 1he50′ la colombiana chiude la pratica con il punteggio di 6-4, 7-6(8). Partita senza grandi regole e in cui ci sono stati ben 17 break su 23 giochi disputati. Alexandrova più volte avanti di un break nel corso del primo parziale, ma troppo fallosa nel suo turno di servizio. Il nono gioco è quello decisivo: Osorio tiene a 15 il servizio, e strappando il turno di battuta alla russa chiude 6-4. Nel secondo set Osorio scappa 4-1, ma sul più bello subisce la rimonta della russa. La colombiana va a servire per il match ma si incaglia e Alexandrova ne approfitta per una mini-rimonta che la porta sul 6-5. La russa subisce il controbreak e si trascina al tiebreak dove ha anche due set point, prima di uscire sconfitta al secondo match point.

 

Rapidissima la gara di Petra Kvitova che batte Bernarda Pera 2-0, 6-3, 7-5, in 1’25’. Fa la differenza la ceca in un match in cui è costretta a recuperare un break di svantaggio nel corso del primo set. E’ sempre Kvitova a comandare le operazioni anche nel secondo parziale dove ha il demerito di non sfruttare al meglio le occasioni avute. Per Petra, ora, la sfida con Andreescu.

Molto più combattuta la situazione tra Bencic e Fernandez: la svizzera vince 7-5, 6-7(12), 6-3, in una maratona durata 2he46′. Fernandez non sfrutta tre set point nel primo parziale e si ritrova 7-5 sotto all’improvviso, mentre è brava ad annullare cinque match point alla sua avversaria nel corso del tiebreak del secondo parziale. Dopo una maratona di nervi, la spunta Bencic più tonica nel terzo e decisivo set, malgrado i cinque doppi falli commessi.

Stephens, invece, lascia solo due game a Fruhvirtova e in 54′ chiude 6-0, 6-2. Americana a sua agio sul cemento messicano e pronta alla sfida con Bencic. Nell’ultima gara di serata, tutto facile per Tomljanovic che debutta contro la padrona di casa Contreras Gomez. Al di là dei convenevoli, tre soli game concessi alla messicana e un più che positivo 6-2, 6-1 in 1he03′.

QUI IL TABELLONE AGGIORNATO DEL WTA 1000 DI GUADALAJARA

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Gael Monfils: “Spero di poter scendere in campo a Montecarlo”

Il francese ha dato aggiornamenti sulle sue condizioni dopo l’infortunio al polso

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Gael Monfils - Indian Wells 2022 (foto Twitter @bnpparibasopen)

Gael Monfils sta lentamente facendo il suo ritorno sul circuito. A causa di un infortunio al piede, l’ormai trentaseienne francese era rimasto fermo per ben sette mesi, dagli ottavi di finale della Rogers Cup 2022 al recente Indian Wells. 

Il rientro non è stato dei migliori: nel torneo che un anno fa l’aveva visto battere l’appena proclamato numero uno del mondo Daniil Medvedev, il francese ha racimolato soltanto quattro giochi contro l’australiano Jordan Thompson, giocatore esperto ma certamente alla portata di un Monfils anche solo in forma discreta. Gael si è allora spostato a Phoenix, quel prestigioso Challenger che ha visto la partecipazione, fra gli altri, di Matteo Berrettini. Come il romano, anche il francese ha trovato sulla sua strada il finalista Alexander Shevchenko, che in una settimana si è tolto una doppia prestigiosa soddisfazione nel battere entrambi.  

 

Il momento più preoccupante del fallimentare sunshine double è stato tuttavia quello conclusivo: sceso in campo a Miami contro il connazionale Humbert (anche lui in una crisi, la sua quasi perenne) è stato costretto a ritirarsi dopo appena sei giochi, a causa di un nuovo infortunio, questa volta al polso. Molti allora, fra la stampa e gli addetti ai lavori, hanno cominciato ad interrogarsi sul prosieguo della carriera del francese.  

Ma a spazzar via l’aria di ritiro che aleggiava da giorni ci ha pensato lo stesso Gael, con un articolo pubblicato sul suo blog personale. “Sì, è deludente” ha esordito il francese, “ma non è nemmeno una catastrofe”, e qui il riferimento al mondo giornalistico è esplicito: “Puoi dire che ho giocato male, che ho perso al mio ritorno, non preoccuparti. Ma non definirmi demoralizzato, finito o pronto a rinunciare solo per ottenere più clic2. Una reazione piccata, dunque, quella di Monfils, che ci ha tenuto a far sapere che è invece “entusiasta di essere tornato”. 

 Il francese ha inoltre aggiornato sulla situazione del nuovo infortunio: “Non è una lesione grave: è un’infiammazione, legata a un problema neuro-muscolare. Infiltrazioni, ultrasuoni e terapia TECAR dovrebbero rimediare.” Infine, le prospettive sul rientro in campo: “Con un po’ di fortuna, sarò in campo tra due settimane, a Montecarlo”

Dunque Monfils non si sbilancia, ma risponde alle critiche e rilancia. Se la sua speranza di tornare sulla terra di Montecarlo si tramuterà in realtà tangibile lo scopriremo nelle prossime settimane. 

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ATP Miami: discontinuo ma cinico, Medvedev batte Khachanov ed è in finale

Khachanov prova a prendere l’iniziativa ma Daniil prende il controllo del match nei momenti importanti: affronterà Sinner o Alcaraz

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Daniil Medvedev - Miami 2023 (foto Ubitennis)

[4] D. Medvedev b. [14] K. Khachanov 7-6(5) 3-6 6-3 

 

Fra alti e bassi, errori e blackout, un discontinuo ma cinico Daniil Medvedev ha la meglio su Karen Khachanov, amico-rivale che ha disputato un match coraggioso, tentando di spezzare la ragnatela del suo avversario, riuscendoci, per altro, soprattutto nel secondo set; Ma non basta: Daniil raggiunge la prima finale a Miami, Karen manca il ritorno in top ten. L’avversario del numero cinque del mondo verrà deciso stanotte nel nuovo capitolo della recente ma promettente saga Sinner-Alcaraz

Primo set 

Prima semifinale del Miami Open. Nel giorno dell’annuncio della revoca del bando a Wimbledon, in campo due tennisti russi: Daniil Medvedev, in striscia positiva (se si esclude la finale contro l’intoccabile Alcaraz ad Indian Wells) dal torneo di Rotterdam, parte nettamente favorito contro l’amico Karen Khachanov, tornato dopo anni a battere un top ten (23 le sconfitte consecutive dalla vittoria a Bercy 2018 su Djokovic) e di nuovo a ridosso dei primi dieci dopo la recente semifinale slam in Australia. Daniil è in vantaggio 3-1 negli h2h, l’ultimo quest’anno ad Adelaide. Chi vince trova Jannik Sinner o Carlos Alcaraz, in campo nella notte italiana. 

Dopo umide giornate di pioggia, il clima di Miami sembra quasi apprezzabile (al 62 per cento l’umidità). E sembra Khachanov il giocatore in grado di approfittare delle favorevoli condizioni climatiche: la testa di serie numero 14 si procura subito due palle break, ma Medvedev è bravo ad annullarle con i primi due ace della partita. I suoi turni al servizio rimarranno macchiati da qualche sbavatura, mentre intonsi saranno quelli di Khachanov, che tiene a zero i primi tre. Escluse alcune magie (non andate a buon fine) da parte di Medvedev, è calma piatta sul centrale, finchè sul 3-4, con le palle nuove, la striscia di Khachanov si interrompe all’improvviso: all’improvviso Daniil si accende, intrappola Karen nella sua tela, e basta qualche seconda che il numero cinque del mondo si prenda tutto il braccio, si procuri due palle break e si trovi a servire per il primo set.  

Come si accende in un attimo, basta poco perché l’attenzione di Medvedev cali: un doppio fallo e un nastro sfortunato non arridono al campione dello US Open 2021, che si fa recuperare immediatamente il vantaggio, mancando fra l’altro un set point sul quale commette un doppio fallo. Ora Khachanov prova a sciogliere la trama del suo avversario, prende più volte l’iniziativa e tiene con autorità i turni successivi, nonostante l’esasperata difesa di Medvedev: è tiebreak. Qui fa tutto Daniil: si prende un minibreak, lo getta via con un errore di rovescio, se lo riprende e infine, nonostante il coraggio e i tentativi di Khachanov, chiude 7-5 dopo un’ora e due minuti. I numeri sono a favore di chi rincorre: 75 percento di seconde palle contro il 33 dell’avversario, addirittura tre punti in più, ma chi passa a condurre è col suo solito cinismo Medvedev, che ora si dirige verso il bagno dove sosterà per ben sette minuti e mezzo. 

Secondo set 

Il toilet break, in realtà, sembra favorire Khachanov piuttosto che Daniil: Il vincitore di Parigi Bercy 2018 parte forte, brekkando a 15 Medvedev, scomparso dal campo (a volte letteralmente: la telecamera fatica a inseguire le sue stoiche difese). La tattica del logoramento non sortisce più alcun effetto su Khachanov, che ora esce in maniera relativamente agevole dallo scambio: dopo i primi tre giochi in cui vince 12 punti su 15, Karen tiene il suo avversario a debita distanza, sia nel punteggio che dalla linea di fondo, e chiude in breve tempo, senza particolari patemi ed in completo controllo, per 6-3. Si va al terzo e decisivo set. Medvedev è chiamato a riaccendersi un’altra volta. 

Terzo set 

Il buon momento di Khachanov continua anche in apertura di terzo set: subito palla break nel game d’apertura, ma Medvedev alza le percentuali al servizio e suggella col nono ace un game molto complicato. È la svolta: i turni di battuta di Khachanov sono ora un lontano ricordo di quelli del primo set, e, probabilmente accusando la stanchezza fisica e mentale a cui il suo avversario l’ha inevitabilmente condotto, concede due palle break e con ben tre gratuiti perde il servizio e torna a inseguire. Per la prima volta, Medvedev è davvero in controllo della partita: i suoi game di battuta seguono trame predefinite e, nonostante alcuni caparbi colpi di coda di Khachanov in scambi da venticinque punti, il numero cinque chiude 6-3 e dopo due ore e diciassette si qualifica per la quinta finale consecutiva. Un Khachanov sfinito ci prova fino all’ultimo punto ma alla fine si avvicina alla rete con il sorriso sportivo dello sconfitto. Chiunque vinca stanotte, sarà una bella finale. 

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Torino, non solo ATP Finals ma anche Piemonte Open Intesa Sanpaolo (14-20 maggio)

La forza della tradizione: storia di cinque Coppe Davis, Nicola Pietrangeli che batté Rod Laver (1961) e a maggio, un challenger (175.000 €) al Circolo della Stampa – Sporting con un probabile cast di partecipanti da ATP 250.  Fabrizio Paschina, Executive Director Comunicazione e Immagine di Intesa Sanpaolo: “Ecco un altro tassello alla nostra strategia di partecipazione…”

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a sinistra Fabrizio Paschina (direttore comunicazione e immagine Intesa Sanpaolo) e a destra Giorgio Di Palermo (direttore del torneo Piemonte Open Intesa Sanpaolo) - foto Andrea Pellegrini / FITP

Il “Piemonte Open Intesa Sanpaolo”, evento premium della neonata categoria Challenger 175, sarà il nuovo torneo ATP della città di Torino che va ad arricchire il già importante scenario e calendario tennistico offerto dal capoluogo piemontese. Dal 14 al 20 maggio saranno i campi in terra rossa del Circolo della Stampa Sporting ad ospitare i campioni affermati e le giovani promesse che vi prenderanno parte, per un appuntamento che promette di offrire grande spettacolo per tutti gli appassionati di tennis. “Essere Title Partner di questo nuovo evento che si svolgerà a maggio è fondamentale per aggiungere un altro tassello alla nostra strategia di partecipazione sia sul territorio, sia su Torino, sia verso gli appassionati di tennis” ha dichiarato Fabrizio Paschina, Executive Director Comunicazione e Immagine di Intesa Sanpaolo.

Un ritorno ai fasti del passato per l’impianto torinese, dato che lo Stadio del Tennis vanta una ricca storia avendo ospitato gli Internazionali d’Italia del 1961 e la Nazionale italiana per alcune sfide di Coppa Davis e Federation Cup tra gli anni ’60 e ’70.

Questi gli incontri della nazionale italiana di Coppa Davis disputati al Circolo della Stampa Sporting Torino:

 

1949 – Italia b. Cile 4-1 (Zona europea, quarti di finale, 9-16 giugno)
1953 – Italia b. Svezia 4-1 (Zona europea, quarti di finale, 10-14 giugno)
1960 – Italia b. Cile 3-2 (Zona europea, quarti di finale, 10-12 giugno)
1964 – Svezia b. Italia 3-1 (Zona europea, quarti di finale, 11-14 giugno)
1973 – Italia b. Spagna 3-2 (Zona europea, semifinali, 20-22 luglio)


Intervengono Pietro Garibaldi, Presidente del Circolo della Stampa Sporting Torino, Giorgio Di Palermo, Direttore del Torneo, Gianni Ocleppo, Presidente Comitato d’Onore Nitto ATP Finals, e Fabrizio Paschina, Executive Director Comunicazione e Immagine di Intesa Sanpaolo

Ed ecco la ricostruzione della famosa finale vinta da Nicola Pietrangeli su Rod Laver pubblicata da OK Tennis.

Il giorno che Pietrangeli distrusse Laver

di Raffaello Esposito

1961, gli albori dei mitici Sixties.

Mentre ad Amburgo la bionda Astrid Kircherr sforbiciava alla Giulio Cesare i capelli a quattro teddy boys di Liverpool, a Berlino prende forma concreta l’incubo della “cortina di ferro” evocato quindici anni prima da Churchill. Nella capitale tedesca ha inizio la costruzione di un muro che per quasi trent’anni separa amici e fratelli, simbolo visibile di un mondo diviso a metà. Il 26 giugno di due anni dopo è una giornata ventosa e quel muro una dolorosa realtà. Da un podio imbandierato eretto in Rudolph-Wilde-Platz il ciuffo alla James Dean di John Fitzgerald Kennedy è spettinato mentre celebra “the fighting spirit of West Berlin” con il celebre passaggio “Today, in the world of freedom, the proudest boast is Ich bin ein Berliner!”. Oggi quella è la sua piazza. Gli fu intitolata tre giorni dopo l’assassinio di Dallas.

Il loro muro gli uomini con la racchetta lo aveva costruito ben prima.

Il passaggio del grande Tilden fra “le puttane dei pro” (ipse dixit) alla fine del 1930 non poté essere ignorato e fino al 1968 una barriera, invisibile, impenetrabile, ipocrita, tagliò in due il mondo del tennis. Chi passava di là pagava l’affronto con l’esclusione dal circuito ufficiale che comprendeva Wimbledon, la Davis e tutto il resto. Il risultato fu che per decenni i campioni veri erano altrove, con pochissime eccezioni. Una di queste fu Roy Emerson, l’australiano scolpito con l’accetta che si credeva sempre il più forte di tutti.

Un’altra fu Nicola Pietrangeli, nato a Tunisi lunedì 11 settembre 1936.

“I miei nonni materni russi e nobili , quelli di mio padre tedeschi e svedesi. Insomma, sono un bel bastardo ma avrei potuto farmi chiamare conte”.

In questa dichiarazione c’è tutto il personaggio.

Cosmopolitismo, consapevolezza del proprio valore, furbizia e quel pizzico di ribalderia che quando è ben dosata non guasta.

Ma poi c’era la pigrizia, caratteristica , quella sì, tutta italiana fin dagli ozi capuani di Annibale Barca, il fulmine di guerra.

Il talento evidente gli avrebbe consentito qualunque tipo di gioco, ma quanto era più comodo governare scambi e avversari da fondocampo con quel rovescio olimpico – più forte del dritto al pari di grandi come Budge e Jimmy Connors – che era pura sinfonia?

Solo il piccolo maestro Rosewall rivaleggiava con lui in quel colpo.

Era bravo come i pro, li batteva spesso in allenamento e nel 1960 Jack Kramer riuscì finalmente a fargli firmare un contratto per passare l’Acheronte.

Ricco, ricchissimo. Faraonico.

Ma significava essere banditi dal salotto buono dei circoli più prestigiosi del mondo, nei quali il suo sguardo ceruleo faceva strage di cuori. In cambio scompartimenti di treno e sedili d’aereo per dieci mesi l’anno, arene improvvisate e spogliatoi fatiscenti con un chiodo per appendiabiti. Decise che i soldi non valevano quella vita scabra, alla quale per natura era poco incline. Preferì l’esistenza comoda del circuito ufficiale, nel quale comunque circolavano cospicui “Under the table money”, come li chiamava lo sgamato Bobby Riggs, uno che ne capiva e che forse li aveva pure inventati.

Nicola Pietrangeli fu un tennista sublime pur non sfruttando al massimo tutte le doti che possedeva. Resistentissimo e solido, sapeva essere potente ma preferì sempre l’accuratezza del piazzamento, il controllo totale della palla. La sensibilità del tocco gli consentiva comunque un’agevole frequentazione della rete, come stanno a mostrare i notevoli successi in doppio con Orlando Sirola e un giovane Panatta.

Quando si aprono gli Internazionali d’Italia 1961 Nick è considerato il più forte tennista del mondo sulla terra battuta. Ha vinto i due precedenti il Roland Garros e anche quell’anno Parigi lo vedrà in finale. Perderà al quinto contro l’astro nascente Santana, pagando forse carissima una fuga a Roma per la nascita del figlio.

“…vado dal giudice e gli dico che parto. La domenica sono partito, mio figlio è nato e ancora oggi non so perché l’ho fatto ma sono rimasto a Roma altri tre giorni”.

Novello Annibale, appunto.

Si celebra il centenario dell’Unità d’Italia e quell’anno il torneo si gioca a Torino, capitale fino al 1865, sui campi rossi del Circolo della Stampa.

I nomi sul tabellone certificano durezza e lignaggio della competizione. Oltre a Nicola e Beppe Merlo ci sono lo spagnolo Manolo Santana, inventore del lift estremo, e tre australiani uno più forte dell’altro. Nell’ordine Neale Fraser, Roy Emerson e un ventiduenne dall’occhio di falco che è solo all’inizio ma ha già fatto parlare di sé.

Il suo nome è Rodney George Laver, per tutti Rod.

Pietrangeli ci ha già perso due volte, entrambe sull’erba dove il suo tennis è certamente meno redditizio. Nella semifinale di Wimbledon 1960 però mancava tanto così… Nicola si era arreso solo al quinto per 6-4, pagando salatissimo un calo di concentrazione in battuta all’avvio del set decisivo. Adesso però si gioca sulla sua superficie preferita, è in gran forma e in quella primavera ha trionfato dal Cairo a Montecarlo e sembra non conoscere sconfitta. A Torino sorvola il torneo senza perdere un set, annichilendo in semifinale Roy Emerson, un tipino capace di dodici Slam in carriera.

Dall’altra parte dell’arena Laver deve lottare molto più duramente per arrivare alla finale di lunedì 15 maggio. Non è ancora il consapevole monarca del tennis ma il suo gioco appare comunque rivoluzionario. Anticipo estremo, uso del polso, top spin violento anche dalla parte del rovescio, assalto della rete. L’anno dopo sarà Grande Slam, il primo di due. Spende moltissime energie per domare l’orgoglio di Beppe Merlo prima e di Santana poi e quando arriva l’incontro decisivo non ne ha più.

L’australiano dà tutto nel primo set, nel quale predominano scambi entusiasmanti soprattutto perché Nicola accetta il gioco pesante per non farsi intimidire.

Laver sembra padrone quando gli strappa due servizi per un 5-1 illusorio quanto una fatamorgana. Da quel momento Rod vincerà solo sette giochi in tre set e mezzo. Pietrangeli ci ha messo un po’ a scaldare il fisico massiccio e ora tutto gira a meraviglia. Esalta i duemila spettatori presenti sul Centrale con una rimonta furiosa che lo porta al 5 pari. Si va ad oltranza e solo due rovesci lunghi – vos quoque! – consentono a Laver il break decisivo per un 8-6 sfiancante.

Ed ecco che Pietrangeli Nicola da Tunisi decide di non sbagliare più. Letteralmente. Oltre la rete c’è un combattente vero, uno che dai suoi allenatori, prima Hollis poi Hopman, è stato cresciuto nel culto della resistenza fisica, della lotta su ogni palla. Ma gli servirebbe un bazooka per sfondare il muro che gli si para davanti, non la sua misera Dunlop.

Nick adesso piazza i colpi negli ultimi cinque centimetri del campo, impedendo al suo avversario qualunque aggressione per mezzo della sola lunghezza di palla. Poi, quando decide che è il momento giusto, chiude. Sono colpi di stiletto continui che pian piano dissanguano il grande australiano, costretto ad attaccare da lontanissimo e ripetutamente battuto da passanti piazzati col mirino. I due stanno ancora giocando ma la partita non c’è più. Nello spazio di tempo occupato del primo combattuto set Pietrangeli ne vince tre col punteggio di 6-1 6-1 6-2.

È il suo secondo titolo agli internazionali d’Italia, uno degli ultimi urrah importanti di una carriera irripetibile.

Adesso tutti sapevano che poteva essere il più forte, in fondo a lui bastava così.

“Parva sed apta mihi”.

15/05/1961

Internazionali d’Italia, Torino – Finale

N. Pietrangeli b. R. Laver 6-8 6-1 6-1 6-2

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